METALLOGRAFIA

Enciclopedia Italiana (1934)

METALLOGRAFIA

Iginio Musatti

. Disciplina che ha lo scopo di esaminare la struttura dei metalli e delle leghe metalliche e di porla in relazione con le loro proprietà fisiche, meccaniche e chimiche. Si distingue dalla metallurgia, la quale precipuamente si occupa dei metodi di fabbricazione dei metalli e delle leghe metalliche. Integrano queste due discipline quella della resistenza dei materiali e la cristallografia, alle quali esse devono fare spesso ricorso.

Alla metallografia si devono i rapidi progressi conseguiti nella produzione di nuove leghe aventi proprietà interessantissime, come gli acciai speciali e gli acciai rapidi, le leghe non corrodibili, le leghe leggiere e ultraleggiere, le leghe resistenti a temperature elevate, quelle dotate di elevate proprietà elettriche e magnetiche, quelle poco dilatabili, ecc., che hanno portato un rivolgimento talvolta radicale nella tecnica delle costruzioni. La conoscenza delle leggi che regolano i mutamenti di stato fisico (allotropia) dei metalli, gli eqitilibrî e le condizioni d'esistenza dei costituenti strutturali delle leghe metalliche sta a fondamento dei trattamenti meccanici e termici, i quali ultimi costituiscono oggi uno dei rami più progrediti della tecnica.

Con lo studio del comportamento dei metalli nelle più diverse applicazioni, come sotto l'azione di sollecitazioni statiche e dinamiche a caldo e a freddo, degli agenti corrosivi sia soli, sia accompagnati da sollecitazioni, la metallografia è venuta a fornire nuove conoscenze tanto per la loro scelta quanto per la loro migliore utilizzazione; con lo studio delle deficienze, delle rotture, e delle loro possibili cause, è riuscita spesso a chiarire se queste deficienze e rotture siano insite nella natura del prodotto, nel processo di fabbricazione o nelle condizioni in cui esso si trova a lavorare; ha recato infine un prezioso contributo allo studio dell'uniformità dei prodotti ottenuti industrialmente.

I rapidi progressi che la metallografia ha conseguito nel volgere di pochi anni si devono soprattutto all'applicazione del microscopio e del pirometro allo studio dei metalli e delle loro leghe e al sapiente uso che, di questi due strumenti, studiosi e ricercatori hanno fatto. Osservazioni di metalli con il microscopio fecero R. Hooke nel 1665 il quale osservò superficie levigate di barre di acciaio e Réaumur nel 1722, che esaminò la frattura degli acciai e delle ghise e notò la natura poliedrica dei cristalli, il Widmanstätten nel 1808, che studiò le meteoriti, tagliandole, levigandole e attaccandole con un acido o per ossidazione. Ma la prima sistematica applicazione del microscopio allo studio della struttura dei metalli fu fatta da H. C. Sorby nel 1864; seguirono le ricerche del Tschernoff, che studiò la disposizione microscopica dei cristalli nell'interno dei lingotti d'acciaio e pose in relazione l'aumento di durezza che subiscono gli acciai temprati con una temperatura singolare che egli riscontrò durante il raffreddamento di un acciaio riscaldato e che designò con la lettera A; quindi i lavori di A. Martens nel 1878, che destarono la più viva attenzione degli studiosi, quelli di F. Osmond, il quale con l'aiuto del pirometro termoelettrico inventato da H. Le Chatelier, integrando e precisando l'osservazione di Tschernoff, stabilì i punti di trasformazione del ferro.

A. Matthiessen nel 1860 e G. Gore nel 1870 ricorsero ad altri metodi fisici di ricerca nello studio del ferro e delle leghe metalliche, come la determinazione della densità e della conducibilità elettrica, del magneti smo, del calore specifico, del potere termoelettrica. H. W. B. Roozeboom, applicando alle leghe metalliche la legge delle fasi di Gibbs e giovandosi dei dati sperimentali di W. C. Roberts-Austen, costruì nel 1899 il diagramma di equilibrio delle leghe ferro-carbonio, mentre G. Tammann ai primi del secolo stabilì il metodo dell'analisi termica. Altri studiosi che contribuirono allo sviluppo della metallografia furono J. E. Stead in Inghilterra, J. L. Howe e A. Sauveur in America, N. Parravano e F. Giolitti in Italia.

L'esame microscopico dei metalli. - L'esame microscopico dei metalli e delle leghe metalliche richiede una tecnica speciale, che si è andata evolvendo negli ultimi decennî e ha raggiunto un'altissima perfezione nei metodi di preparazione delle sezioni da osservare, nei reattivi di attacco, negli strumenti che si adoperano per le osservazioni e nei procedimenti fotografici.

Metodi di preparazione. - I metalli, non essendo trasparenti, devono essere osservati per riflessione. È necessario pertanto preparare superficie perfettamente piane e speculari. La scelta della zona da osservare va fatta con discernimento, i metalli e le leghe metalliche non essendo materiali omogenei e isotropi. Di grande ausilio in queste ricerche è il cosiddetto esame macrografico (v. appresso), il quale permette di avere un quadro d'insieme della struttura macroscopica del pezzo allo studio e di scegliere le zone più caratteristiche sulle quali portare l'osservazione: è quindi buona norma far precedere questo esame a quello micrografico.

Per l'esame micrografico, nella maggior parte dei casi, sono sufficienti campioni di mm. 15 × 15 × 10. Nei materiali lavorati (laminati, fucinati o trafilati) occorre anche tener conto del senso della lavorazione meccanica: senso della fibra o senso a essa normale (v. acciaio). Allorché s'abbiano da eseguire osservazioni su zone molto estese, è preferibile ridurle in diverse parti, perché la preparazione di grandi superficie riesce più laboriosa e difficile. Il taglio dei pezzi da osservare si fa preferibilmente con la sega, la quale altera meno di altri mezzi (trancia, taglio al cannello, ecc.). Se il metallo è assai duro è conveniente l'uso di una mola di carborundo; se molto fragile si può romperlo col martello. I pezzi assai piccoli si pongono entro un supporto metallico.

I campioni ottenuti devono essere perfettamente spianati e levigati: ci si giova a questo scopo di carta smerigliata a grano via via più sottile, compiendo tutte le operazioni successive o a mano o mediante pulitrici adatte. La levigazione finale si fa a umido. L'abrasivo - allumina, rossetto, ossido di cromo, magnesia - viene sospeso in acqua e versato sopra un panno morbidissimo o un velluto in seta e la levigazione viene fatta a mano. Per accelerare l'operazione, si può fare uso di dischi rotanti a velocità elevata ricoperti di panno o di velluto ben disteso. La tecnica metallografica insegna procedimenti speciali per preparare gli abrasivi: il loro grado di finezza dev'essere tanto maggiore quanto più il metallo è molle e quanto più perfetta deve essere la levigazione.

La preparazione delle leghe leggiere e ultraleggiere è assai più difficile e richiede determinati accorgimenti; talvolta è necessario eliminare l'acqua e ricorrere a liquidi speciali (alcool, olio di vaselina, paraffìna, ecc.).

Allorché le superficie levigate non presentano più righe visibili al microscopio, l'operazione è finita. Prima di procedere all'attacco, è utile un'accurata osservazione microscopica dei campioni semplicemente levigati: essa può dare utili insegnamenti sulla quantità, natura e ripartizione delle inclusioni non metalliche, sulla loro origine, sulla presenza di costituenti metallografici speciali, come grafite e carbonio di ricottura nelle ghise, ossidulo di rame nel rame metallico, ecc., sull'esistenza o meno di fessure, cavità di ritiro, soffiature, ecc.

Reattivi d'attacco. - I metalli sono costituiti di conglomerati cristallini. Si tratta quindi di porre in evidenza le particolarità di questi cristalli: orientamento, dimensioni, natura, specie presenti, distribuzione, ecc.

Diversi metodi sono stati all'uopo escogitati, di cui i più importanti sono: a) la pulitura in bassorilievo, la quale consiste nel protrarre la levigazione su un supporto adatto: essa consuma per abrasione i costituenti più molli e lascia in rilievo i più duri; b) lo sviluppo dei colori di rinvenimento: riscaldando la superficie levigata all'aria, si formano pellicole di ossidazione i cui colori d'interferenza, a cagione delle proprietà dei singoli costituenti strutturali di ossidarsi più rapidamente di altri, possono differenziarli; c) l'attacco chimico: reattivi chimici differenti attaccano con intensità diversa i costituenti strutturali, per cui quelli meno attaccabili si presentano in rilievo e riflettono diversamente i raggi luminosi incidenti sul campione, il che permette di differenziare gli uni dagli altri. Anche i metalli puri e le soluzioni solide omogenee si comportano in modo analogo, poiché l'attacco avviene con velocità diversa a seconda dell'orientamento dei cristalli rispetto alla regione che si osserva. Spesso il reattivo di attacco colora anche diversamente i diversi costituenti strutturali, il che ne facilita l'esame e il riconoscimento. Il metodo di attacco con reattivi chimici liquidi è più diffuso degli altri (attacco elettrolitico, attacco gassoso, ecc.). Il reattivo si fa agire gradualmente sulla superficie levigata sino al punto desiderato. Dopo ogni attacco il campione si pulisce, si lava con acqua e con alcool e si asciuga.

Nella tav. I sono riportati i reattivi fondamentali adoperati nell'esame microscopico delle leghe commerciali più comuni e i risultati che con essi si conseguono. Occorre però una lunga e particolare esperienza per poter trarre tutto il partito possibile da queste osservazioni.

Il microscopio metallografico. - Il campione attaccato va dapprima esaminato a occhio nudo o a mezzo d'una lente: si possono così apprezzare forti differenze strutturali e difetti, come liquazioni, decarburazione superficiale, strati cementati, ecc. Poi s'incomincia l'osservazione microscopica sotto piccoli ingrandimenti, per passare a quelli maggiori, se i primi non dànno i risultati desiderati.

Per piccoli ingrandimenti un vetro piano parallelo inserito tra l'oggetto e l'obiettivo o un fascio obliquo di raggi luminosi è sufficiente a illuminare la superficie da osservare. Gl'ingrandimenti più forti, che costringono ad avvicinare di molto l'oggetto all'obiettivo, richiedono dispositivi d'illuminazione speciali; si usano a tal fine un prisma a riflessione totale (fig. 1), oppure uno specchio piano parallelo inclinato di 45° rispetto all'asse del microscopio (fig. 2). Per i forti ingrandimenti l'illuminazione con lo specchio è preferibile; per piccoli ingrandimenti si può usare luce naturale. Per forti ingrandimenti si adoperano generalmente lampade ad arco o lampade a filamento concentrato o a punto luminoso.

Come microscopî possono servire quelli a tavolino, su cui si pone l'oggetto con la superficie levigata rivolta verso l'alto e normale all'asse ottico dell'apparecchio, o i grandi apparecchi microfotografici, di cui il più diffuso è il tipo cosiddetto invertito di Le Chatelier. In esso l'obiettivo è disposto verticalmente in posizione invertita e la piattaforma, destinata a ricevere il campione con la sua faccia lucidata rivolta in basso, è situata al di sopra dell'obiettivo; l'oculare, disposto orizzontalmente, permette di fare le osservazioni molto comodamente, anche rimanendo seduti. La fig. 3 indica il cammino dei raggi luminosi; la lampada L dà un fascio luminoso che viene concentrato dalla lente l, traversa il diaframma D e la lente l′, incide sulla faccia lenticolare di un prisma a riflessione totale P, traversa l'obiettivo O e incide sulle facce levigate del campione M; riflesso dalla superficie del campione, traversa nuovamente l'obiettivo, incide sul secondo prisma a riflessione totale P′ disposto al di sotto del primo e, attraverso l'oculare di proiezione o, incide sulla lastra fotografica p. Se il prisma P′ si fa girare di 90°, i raggi luminosi entrano nell'oculare che serve per l'osservazione diretta.

La fig. 4 mostra un grande apparecchio microfotografico posseduto dall'istituto scientifico tecnico E. Breda. Esso è del solito tipo invertito di Le Chatelier, ma diversifica dagli altri essenzialmente in ciò, che il tavolino è disposto su un robustissimo supporto che rimane fisso. In tal modo si rende possibile sovrapporre al tavolino anche pezzi assai pesanti senza che tutto il sistema ne soffra. Per la messa a fuoco, una sola parte del tubo ottico (quella che contiene l'obiettivo e il dispositivo d'illuminazione) è spostabile a mezzo di cremagliera e di vite micrometrica. Per rendere entro certi limiti trascurabile l'influenza che la variazione della lunghezza del tubo ottico ha sull'ingrandimento e sulla nitidezza dell'immagine, è stata inserita tra l'obiettivo e l'oculare una lente adatta. Gli obiettivi sono stati anch'essi opportunamente corretti. L'apparecchio è munito d'illuminatore di Beck e d'illuminatore di Nachet perfezionato (illuminatore di Dach) facilmente intercambiabili; un altro dispositivo permette anche di avere luce normale o luce obliqua a piacimento.

Come obiettivi sono da preferirsi gli apocromatici agli acromatici, perché meglio corretti. Si contraddistinguono con numeri che dànno la distanza focale, come ad es. 2, 4, 8, 16, 32, ecc. Come oculari sono preferiti quelli di compensazione e di proiezione; essi sono distinti da numeri, come 2, 4, 6, 8, 12, 18, che indicano di quanto ingrandiscono l'immagine data dall'obiettivo. Per la riproduzione fotografica si usano in generale ingrandimenti unificati, come un 1, 2, 5, 10, 25, 50, 100, 200, 500 e 1000.

L'esame microscopico dei metalli e delle leghe metalliche serve anzitutto a illuminare sulla loro struttura, ma fornisce anche una quantità di altri insegnamenti preziosi.

I metalli puri, allorché si trovano in equilibrio strutturale, sono costituiti di una sola fase omogenea e si presentano come un conglomerato di poliedri; una sezione ha perciò aspetto di poligoni diversamente orientati. Per l'aspetto del ferro puro v. acciaio (figg. 2 e 3); quello del rame puro ricotto e dell'alluminio puro ricotto risulta dalle figg. 5 e 6.

Le leghe metalliche hanno invece struttura più complessa, e l'aspetto metallografico ne è differente non solo nei diversi casi, ma a seconda del modo di formazione dei costituenti strutturali. Nel caso delle soluzioni solide totalmente miscibili (v. leghe) la microstruttura non diversifica sostanzialmente da quella dei metalli puri, poiché si è in presenza di una sola fase (fig. 7). Se due metalli formano soluzioni solide parzialmente miscibili, si avrà una sola fase sino a che il limite di solubilità di un metallo nell'altro non sia superato, e la comparsa di una seconda fase al di là di questo limite: così nelle leghe argento-rame - i cui limiti di solubilità allo stato solido sono rispettivamente del 0,1% circa di argento nel rame e del 2% circa di rame nell'argento alla temperatura ordinaria - si avranno poliedri di una sola delle soluzioni solide al di sotto di questi limiti, la comparsa dell'eutettico con un eccesso di uno dei due metalli per leghe comprese entro questi limiti, eutettico puro delle due soluzioni solide per una composizione di circa il 28%, di rame (figg. 8 e 9).

Nel caso in cui due metalli formino un composto intermetallico, si avrà presenza di una sola fase quando la composizione della lega corrisponda a quella del composto puro, di due fasi allorché sia presente uno dei due metalli in eccesso. Una delle due fasi sarà costituita di uno dei due metalli se vi è insolubilità allo stato solido, di una soluzione solida se il composto intermetallico è parzialmente solubile allo stato solido; si avrà eutetico puro tra uno dei due metalli e il composto, a seconda che la composizione delle leghe corrisponda all'uno o all'altro eutettico nel diagramma di equilibrio. Così nelle leghe alluminio-ferro, ricche in alluminio, nelle quali non v'è solubilità allo stato solido, i costituenti metallografici sono alluminio e FeAlgie, per una concentrazione di circa 2% in ferro, eutettico puro (figg. 10, 11 e 12); nelle leghe alluminio-rame, ricche in alluminio, ove esiste solubilità allo stato solido, si è in presenza di sola soluzione solida se la concentrazione del rame nella lega è inferiore a quella di saturazione (a temperatura ordinaria circa il 0,5%), e si ha comparsa del composto CuAl2 al di sopra di questa concentrazione. Per una concentrazione del 33% di rame si ha eutettico puro Al-CuAl2 (figure 13, 14, 15). Osserviamo ancora che i cristalli primarî o extraeutettici, che si separano per primi dal liquido, hanno in generale forma dendritica e che i conglomerati eutettici hanno forma, dimensioni e disposizioni diverse a seconda della composizione della lega e delle condizioni di raffreddamento: così A. Portevin distingue eutettici a cristalli regolari di uno dei due costituenti o in "colonie eutettiche" o in grani tondeggianti.

Ma durante la solidificazione si può anche avere reazione tra il solido prima separatosi e il liquido con formazione di un'altra fase solida (reazione peritettica). Si ha allora trasformazione dei cristalli di prima consolidazione. Questo fenomeno si è riscontrato nella formazione di molti composti: così, ad es., nelle leghe antimonio-ferro in seguito a formazione del composto Fe3Sb2. Questa reazione è spesso incompleta perché i nuovi cristalli inviluppano quelli primitivi, onde la reazione si arresta (figg. 16 e 17).

Se, dopo completa solidificazione, esistono nel diagramma di stato altre curve di equilibrio, in corrispondenza di esse si separano nuove fasi solide, il cui aspetto è più o meno diverso da quello delle fasi solide che si separano dal liquido. Allorché la nuova fase inviluppa i giunti tra i grani preesistenti, si ha una struttura cellulare (fig. 18); se si isola nei piani di facile segregazione, si hanno lamelle orientate (struttura di Widmanstätten: fig. 19). Naturalmente, si possono avere strutture intermedie tra queste due estreme e grani delle dimensioni più diverse, a seconda delle condizioni di raffreddamento. Se le linee di equilibrio sono orizzontali, in corrispondenza di esse la struttura primitiva viene distrutta per far luogo a un miscuglio intimo dei due costituenti, il quale viene a essere tanto più fine quanto maggiore è la velocità di raffreddamento (es. perlite glabulare, perlite lamellare, troostite degli acciai: v. acciaio).

La microstruttura delle leghe a più di due componenti è naturalmente più complessa, potendo contemporaneamente trovarsi presenti più di due costituenti.

Non è però a credere che l'esame microscopico si limiti al controllo, come negli esempî riportati, delle relazioni che intercedono tra diagrammi di costituzione e microstruttura delle leghe metalliche. Esso serve altresì a risolvere una quantità di problemi di natura sia teorica sia tecnica. Può dire se, nel caso della formazione di una soluzione solida, l'omogeneità sia stata raggiunta: così nel caso della fig. 20 si ha un esempio di questa mancanza d'omogeneità (liquazione cristallina). Con esso è possibile riconoscere se un metallo sia grezzo di fusione o lavorato a caldo o a freddo (formazione della fibra, struttura a bande); se, dopo la solidificazione, abbia subito un trattamento termico e quale; se il trattamento termico sia stato tale da condurre la lega all'equilibrio strutturale, o se con esso si siano invece fissati costituenti strutturali in equilibrio metastabile, come nel caso della tempra, o della tempra seguita da rinvenimento (v. rinvenimento; tempra); se il metallo sia stato sottoposto a qualche trattamento speciale, come cementazione, calorizzazione, coperture metalliche in genere, malleabilizzazione, come nel caso della ghisa (v. cementazione; ghisa), se i grani cristallini di cui il metallo o la lega sono costituiti siano grossi o piccoli (e la tecnica metallografica ha insegnato anche a misurarne le dimensioni), ecc.

L'esame microscopico si applica altresì allo studio di una serie di casi che si possono definire patologici; natura, quantità e distribuzione delle inclusioni non metalliche, segregazione; presenza di cavità, soffiature, ecc.; inquinamento od ossidazione durante la fusione o durante le operazioni che si accompagnano alla lavorazione meccanica (ossidazione, decarburazione oppure carburazione superficiale, ecc.).

Per esempio di applicazioni dello studio della microstruttura a casi del genere, v. acciaio; tempra; rinvenimento.

Esame macrografico. - Esso si può fare a occhio nudo o sotto piccoli ingrandimenti dopo pulitura più o meno sommaria e attacco appropriato della superficie o di una sezione opportunamente scelta del pezzo allo studio. Questo metodo di esame si presta quindi assai bene per scoprire od osservare difetti superficiali dovuti alle operazioni subite dal metallo (laminazione, fucinatura, stampaggio, trafilatura, ecc.), differenze nella composizione chimica dovute alla segregazione, cavità di ritiro, profondità di cementazione, ecc.

L'esame della superficie si fa semplicemente attaccandola con un opportuno reagente (per gli acciai si può usare acido cloridrico) che libera la superficie dagli ossidi e mette in evidenza i difetti superficiali. L'esame delle sezioni interne si fa con una più accurata preparazione del campione. Il grado di finitura della superficie da osservare dipende dalla natura dell'osservazione e dal reattivo che si usa per l'attacco. Il tempo di attacco va accuratamente determinato per porre in evidenza tutte le particolarità che interessano: se troppo breve, queste possono non rivelarsi; se troppo prolungato, si può avere una corrosione generale che le fa scomparire. Dopo l'attacco il campione va accuratamente lavato, pulito e asciugato. Nella tav. II sono riportati i principali reattivi usati nell'esame macrografico.

Nell'esame macrografico hanno importanza speciale i risultati oftenuti nell'osservazione delle sezioni interne, mettendo essi in evidenza l'eterogeneità del metallo allo studio.

Le cause le quali producono tale eterogeneità si sogliono raggruppare in tre fondamentali categorie:

1. Eterogeneità cristallina. - È bene osservabile qualche volta anche a occhio nudo, nei metalli e nelle leghe chimicamente omogenei e compatti, fusi o ricotti e raffreddati non troppo rapidamente; nei metalli lavorati e raffreddati assai rapidamente i grani sono molto più piccoli e occorrono ingrandimenti maggiori oppure l'uso del microscopio per renderli visibili.

Le figure 21-24 rappresentano esempî di eterogeneità cristallina. Le prime tre mostrano grani cristallini più o meno sviluppati secondo la natura del metallo e le condizioni di raffreddamento; la fig. 24 mostra dendriti bene formate. Per altri esempî v. acciaio.

2. Eterogeneità meccanica. - È noto che, a parità di composizione chimica, una lega incrudita si attacca più velocemente di una che non lo sia; se si ha incrudimento irregolare o locale, si potranno osservare differenze di attacco: così nei metalli che abbiano subito un lavoro a freddo o deformazioni a temperatura inferiore a quella di ricristallizzazione. Le figure 25-26 contengono esempî di eterogeneità meccanica. Si vedono due regioni di un corpo di caldaia deformato meccanicamente per azione del lavoro di chiodatura: il reattivo di Fry rivela le cosiddette linee lungo le quali si esercita un'azione corrosiva preferenziale per parte dell'acqua di alimentazione.

3. Eterogeneità chimica. - Essa è la causa più importante tra quelle che producono ineguaglianze di attacco, e perciò la più facilmente rilevabile: infatti, la velocità di attacco è funzione della composizione chimica. Negli acciai, le regioni più impure reagiscono per prime; le inclusioni (solfuri, ossidi, silicati, scorie) costituiscono altrettanti centri di reazione sia perché più attaccabili, sia perché, meno attaccabili del metallo, formano con questo altrettanti elementi di pila, che attivano la corrosione delle regioni adiacenti. Per tutte queste ragioni, le parti impure, porose e contenenti inclusioni presentano la corrosione maggiore.

L'eterogeneità chimica può essere intenzionale come per esempio nel caso della cementazione, può provenire da un modo particolare di fabbricazione, come nelle saldature, nell'acciaio saldato, nel ferro a pacchetto, oppure da fenomeni di liquazione e di segregazione che accompagnano la solidificazione.

Durante la solidificazione si producono due fenomeni, l'uno fisico, il ritiro, l'altro chimico, la segregazione. Il passaggio dallo stato liquido allo stato solido è generalmente accompagnato da diminuzione di volume: la solidificazione avviene a cominciare dalla periferia, in contatto con le pareti fredde della forma, e prosegue verso l'interno portando alla formazione di una cavità nella regione centrale superiore, l'ultima a solidificare (v. acciaio). Inoltre, salvo casi eccezionali, in cui la solidificazione ha luogo a temperatura costante, le leghe solidificano entro un intervallo più o meno ampio di temperatura, e la composizione della fase solida differisce da quella della fase liquida; man mano che il processo si compie, il liquido si va a raccogliere verso il centro e si va arricchendo di quegli elementi che ne abbassano il punto di solidificazione (manganese, zolfo, fosforo) donde un accumulo di questi elementi e delle impurità in genere nella parte ultima a solidificare, e specialmente intorno alla cavità di ritiro. Naturalmente, l'entità della segregazione dipende dalle condizioni in cui la solidificazione si compie; ma se si hanno mezzi per diminuirla, è difficilissimo, per non dire impossibile, eliminarla, anche con la lavorazione meccanica e con trattamenti termici ripetuti e profondi. Lo studio dell'eterogeneità chimica può quindi esser messo a profitto anche per studiare sistematicamente il susseguirsi di una deformazione o per conoscere il procedimento di lavorazione o di saldatura adoperati nella fabbricazione di un dato pezzo.

Un esempio di eterogeneità chimica prodotta da cementazione si vede alla fig. 27 in cui si distinguono le zone di perlite pura da quelle ad aghi brillanti di cementite e a ferrite. Osservazioni analoghe si possono fare sui materiali nitrurati, calorizzati, ecc. Alla fig. 28 si vede una zona saldata con saldatura elettrica ad arco, alla fig. 29 una zona saldata con saldatura alla fiamma ossiacetilenica: sono nettamente visibili le regioni di metallo di apporto a grani assai più grossi e gli effetti prodotti dal riscaldamento nelle regioni a esse adiacenti. Alla fig. 30 è rappresentata la macrostruttura di due ferri a pacchetto: a sinistra si hanno strati giustapposti e saldati, a destra fibre che rassomigliano a quelle del legno. Alla fig. 31 si ha un esempio di forte segregazione di zolfo e fosforo. Finalmente alla fig. 32 viene dato un esempio di come si possa modificare la forma della segregazione attraverso la modificazione della forma di un profilato nelle diverse fasi della sua lavorazione a caldo; da queste successive modificazioni si possono trarre conclusioni di notevole importanza sul lavoro di laminazione e sugli strati di materiale che possono esserne più o meno interessati.

Analisi termica e apparecchi. - Lo studio dei fenomeni termici che accompagnano sia la solidificazione o la fusione dei metalli, sia il riscaldamento o il raffreddamento dopo completa solidificazione è di fondamentale importanza per chiarire la loro costituzione e le trasformazioni che in essi possono avvenire. I diagrammi di equilibrio delle leghe (v.) sono basati soprattutto sui dati che fornisce l'analisi termica.

Perché quest'analisi possa dare risultati attendibili, devono però essere soddisfatte certe condizioni: così la velocità di riscaldamento e di raffreddamento deve essere opportunamente scelta e il più che possibile uniforme. Si usano perciò di preferenza forni a riscaldamento elettrico, controllando l'energia di corrente a essi erogata mediante reostati appropriati. Un altm dispositivo interessante è quello del Rosenhain che mantiene inalterata la temperatura del forno per tutta la durata della prova: il forno consta di un lungo tubo verticale avente un'estremità alla temperatura più elevata richiesta, l'altra quasi fredda, il campione da sperimentare si fa muovere con velocità uniforme dalla parte più fredda a quella più calda allorché se ne studia il comportamento al riscaldamento, e viceversa. Variando la velocità di salita o di discesa del campione si possono variare a piacimento la velocità di raffreddamento e quella di riscaldamento.

Per la misura della temperatura sono ormai di uso generale le coppie termoelettriche a filo di platino-platinorodio per temperature sino a 1500% circa; per temperature più basse si possono adoperare anche coppie di chromel-alumel, ferro-costantana, rame-costantana, ecc. Esse, se riscaldate nel loro punto di saldatura, dànno una forza elettromotrice che è funzione della differenza di temperatura tra la saldatura calda e la saldatura fredda (i due estremi della coppia collegati all'apparecchio di misura), donde la possibilità di misurare la temperatura di un corpo in cui sia immersa la saldatura calda, mantenendo costante quella della saldatura fredda e misurando la forza elettromotrice. La saldatura calda si pone perciò al centro del campione da esaminare, quella fredda nel ghiaccio fondente. I fili della coppia termoelettrica debbono essere isolati e la saldatura calda protetta dal contatto immediato col metallo ponehdola entro guaine di materiale refrattario adatto per evitarne l'alterazione. La termocoppia viene collegata con un adatto apparecchio indicatore o registratore della temperatura, che può essere un galvanometro a lettura diretta o meglio un potenziometro.

Le osservazioni termiche che si fanno possono essere rappresentate graficamente in varî modi. Il più semplice consiste nel fare le letture a determinati intervalli di tempo, portando le temperature in ordinate e i tempi in ascisse di un sistema di coordinate cartesiane: si ottengono così le curve tempi-temperature. Fino a che la temperatura del metallo aumenta o diminuisce con veloeità uniforme, la curva ha un andamento regolare; una deviazione della curva ("anomalia"), quando siano state osservate le cautele di cui sopra è cenno, indicherà che nel metallo è avvenuto un assorbimento o uno sviluppo di calore. Alla fig. 33 sono riportate tre curve tipiche temperature-tempi di cui la prima si riferisce a un metallo puro, la seconda a una lega binaria formante una soluzione solida, la terza a una lega binaria formante un eutettico. Nella prima, il tratto orizzontale indica la temperatura di fusione (o di solidificazione), che, per un metallo puro, si compie a temperatura costante; nella seconda il punto 1 indica l'inizio della solidificazione e 2 la fine della solidificazione, la quale avviene non già a temperatura costante, come nel primo caso, ma entro un intervallo di temperatura (la velocità di raffreddamento diminuisce durante la solidificazione per effetto dello sviluppo del calore latente dì solidificazione); nella terza si ha nel tratto 1 l'inizio della solidificazione, che avviene anche in questo caso in un intervallo di temperatura, e in 2 la fine della solidificazione, la quale avviene a temperatura costante; si può ancora aggiungere che il tratto 2 a temperatura costante è tanto più lungo, quanto maggiore è la quantità di eutettico.

Ciò dipende dalla composizione della lega: se questa corrisponde all'eutettico, il tratto 1 manca e il tratto 2 è massimo (v. leghe).

Se le anomalie termiche sono poco rilevanti, come nel caso di trasformazioni che avvengono allo stato solido, si possono adoperare mezzi di rappresentazione più atti a porle in evidenza. Con il metodo di Osmond si notano, ad esempio, gl'intervalli di tempo che un metallo impiega perchè la sua temperatura vari di successive eguali differenze di temperature: si portano allora in ascisse i tempi impiegati per successive eguali differenze di temperature (di qualche grado) e in ordinate le temperature. Finché non si hanno variazioni nelle velocità di raffreddamento o di riscaldamento, questo intervallo di tempo per ogni successiva variazione di temperatura resta costante; si ha quindi un andamento rettilineo; se vi è ritardo dovuto a emissione o ad assorbimento di calore, si ha un'inflessione assai pronunciata o un gomito. Si può ancora osservare che se la velocità di raffreddamento o di riscaldamento è uniforme, l'area di questo gomito è proporzionale alle quantità di calore sviluppato o assorbito nella trasformazione (fig. 33).

Un altro metodo assai usato per rilevare le anomalie che si possono avere nelle curve di riscaldamento e di raffreddamento è quello differenziale dovuto a W. e. Roberts-Austen. Con esso si misurano le differenze di temperatura esistenti tra il corpo in esame e un corpo che non presenta anomalie termiche riscaldandoli o raffreddandoli in identiche condizioni. Quando nel campione in esame si manifesta un'anomalia termica, si osserva tra i due corpi una differenza di temperatura, che è tanto maggiore quanto maggiore è l'entità di questa anomalia. Per misurare con accuratezza questa differenza di temperatura, si fa ricorso a una cosiddetta coppia termoelettrica differenziale che possiede due giunzioni, una delle quali si pone nel campione in esame, l'altra nel corpo neutro (fig. 34). Finché le due giunzioni sono alla stessa temperatura, non vi è differenza di potenziale misurabile, perché le due forze elettromotrici sono eguali e opposte; non appena vi è differenza di temperatura tra i due corpi si ha una differenza di potenziale che può essere indicata da un galvanometro. Per conoscere a quale temperatura l'anomalia si manifesti, si pone nel corpo in esame una comune coppia termoelettrica. Portando in ordinate le temperature e in ascisse le differenze di temperatura (o, il che è lo stesso, la forza elettromotrice indicata dal galvanometro connesso con la coppia differenziale), si ottiene la curva differenziale di Roberts-Austen. Se, invece di portare in ascisse le forze elettromotrici indicate dalle coppie differenziali, si portano le differenze di forza elettromotrice per successive differenze di temperatura e in ordinate le temperature, si ottengono le cosiddette curve derivate differenziali di Rosenhain.

Per rendere più facile e comoda la determinazione dei punti di trasformazione, o punti critici, che possono presentare i metalli o le leghe metalliche allo stato solido, sono stati escogitati apparecchi registratori automatici di uso assai frequente nei laboratorî di metallografia. Uno dei più noti e diffusi è l'apparecchio Saladin-Le Chatelier-Broniewski fondato sul metodo di Roberts-Austen (fig. 35). Le due coppie termoelettriche sono collegate a due galvanometri a specchio G1 e G2. Un raggio luminoso S incide sullo specchio di uno dei due galvanometri, si riflette, attraversa un prisma P opportunamente inclinato per trasformare in verticali gli spostamenti orizzontali del raggio luminoso dello specchio del primo galvanometro (quello cui fa capo la coppia differenziale), arriva sullo specchio del secondo galvanometro e viene infine riflesso sulla lastra fotografica R. A questo modo si registra sulla lastra fotografica una curva che ha per ascisse le temperature del campione e per ordinate le differenze di temperatura (o di forza elettromotrice) fra il campione e il corpo neutro. I due campioni, in forma di piccoli cilindri, sono collocati entro un forno elettrico adatto; essi sono percorsi assialmente da un piccolo foro passante per il corpo neutro e sino a metà per il metallo allo studio; i fori servono al passaggio e alla sistemazione delle due coppie termoelettriche. Completano l'apparecchiatura un reostato che consente di ottenere una velocità di riscaldamento e di raffreddamento praticamente uniforme e di variarla entro certi limiti a piacimento e altri dispositivi al fine di eseguire le operazioni in un'atmosfera di gas inerte e depurato per preservare il campione dall'ossidazione.

Alle figg. 36 e 37 si riportano a titolo di esempio le curve di riscaldamento e di raffreddamento di un acciaio extra-dolce e di un acciaio extraduro al carbonio ottenute con questo apparecchio: i punti di trasformazione sono messi in evidenza da assai nette anomalie.

I diagrammi di equilibrio delle leghe si costruiscono, come si è detto, specialmente con i dati forniti dall'analisi termica (v. leghe). Quest'analisi può darci inoltre altre preziose indicazioni, come ad esempio la quantità di calore sviluppata o assorbita nei punti d'arresto. Con il metodo di Tammann si misurano le durate dell'arresto di temperatura, con il metodo di Rosenhain le aree dei ginocchi delle curve costruite con il procedimento di Osmond o di Rosenhain stesso. Se le condizioni di riscaldamento e di raffreddamento sono mantenute il più che possibile uniformi e costanti in tutta la serie di leghe allo studio, e se di esse si adopera sempre la stessa quantità, e si usano altri speciali accorgimenti, si può ammettere in prima approssimazione che le durate di arresto o le aree dei ginocchi delle curve siano proporzionali a queste quantità di calore: si riesce così a determinare la concentrazione cui corrisponde un eutettico puro, poiché la quantità di calore sviluppata nella solidificazione eutettica è in questo caso massima e diminuisce regolarmente nelle leghe la cui composizione si sposti da un lato e dall'altro dell'eutettico (figura 38). Similmente, con questo metodo è possibile osservare se la fine di una linea eutettica confina con una linea verticale, indicante la formazione d'un composto o la separazione d'un metallo puro, o con una curva del solidus; così, allorché si forma un composto per reazione tra fase solida e liquida, la sua composizione chimica coincide con quella della lega alla quale si ha il massimo sviluppo di calore.

Sull'importanza che nello studio delle condizioni di esistenza delle leghe metalliche ha l'esame microscopico è stato detto più sopra. Questo esame è anche largamente adoperato per controllare e precisare alcune linee dei diagrammi. Con il metodo della tempra (che consiste nel riscaldare piccoli campioni della lega allo studio poco al disopra della temperatura a cui si è riscontrata un'anomalia termica e nel mantenervelo il tempo sufficiente per raggiungere l'equilibrio e poi raffreddarlo rapidamente) si arresta più o meno completamente la trasformazione al raffreddamento. Confrontando la microstruttura del campione temprato con quella d'un campione della stessa composizione raffreddato lentamente si può precisare la natura della trasformazione. In molti casi, in cui le linee dei diagrammi non possono essere individuate con l'analisi termica, il microscopio si dimostra il mezzo più adatto. Così per le linee che delimitano la solubilità allo stato solido: se si prepara una serie di campioni la cui composizione si trovi da un lato e dall'altro della supposta linea e si ricuociono a temperature determinate per sì lungo tempo da essere sicuri che l'equilibrio strutturale sia stato raggiunto e poi si osservano al microscopio, sino a una certa composizione si trova che essi sono costituiti d'una sola fase, e che, oltre questa composizione, comincia ad apparire un altro costituente; la linea di solubilità passa evidentemente tra queste due composizioni vicine. Con il metodo della tempra si può anche precisare la linea del solidus, linea che le curve termiche non indicano con precisione, poiché in esse non è nettamente individuabile la fine della solidificazione: una serie di campioni di composizione opportuna si riscalda al di sopra e al di sotto della supposta linea del solidus e si tempra rapidamente; allorché nel riscaldamento questa linea è superata, il campione comincia a fondere e nella tempra successiva il liquido, raffreddato bruscamente, solidifica, dando luogo a una struttura estremamente fine; se la comparsa di queste "aree di fusione" si pone in relazione con la composizione del campione e con la temperatura cui è stato riscaldato, si può nettamente individuare la linea del solidus. L'esame microscopico può anche indicare se si forma un composto intermetallico e quale ne è la composizione: se questo forma, ad esempio, un eutettico con i due metalli puri che lo originano, esaminando una serie di leghe a composizione variabile, allorché ci si avvicina alla composizione del composto, l'eutettico scompare per dar luogo a una sola fase omogenea. Analogamente, se per reazione tra solido e liquido si forma un composto, alla composizione a esso corrispondente si ha una sola fase omogenea. Nell'uno e nell'altro caso questa composizione corrisponde a determinati rapporti atomici dei due metalli, e ciò permette anche di concludere che realmente si tratta della formazione di un composto. Il colore, la forma cristallina, ecc., possono anch'essi dare utili indicazioni al riguardo.

Relazione fra microstruttura e proprietà fisiche. - Si è veduto che, allorché si passa da un campo a un altro dei diagrammi di equilibrio di una lega metallica, si hanno mutamenti di fase, e quindi variazioni nella microstruttura: a esse si accompagnano parallelamente mutamenti nelle proprietà fisiche, essendo dette proprietà intimamente legate alla natura dei costituenti metallografici presenti. Si capisce pertanto come, in conseguenza di queste intime relazioni, si possano da un lato prevedere, almeno entro certi limiti, le proprietà di una lega di una data composizione in un intervallo più o meno ampio di temperatura dalla posizione che essa occupa nel diagramma di equilibrio, dall'altro individuare o confermare, con lo studio delle variazioni delle proprietà fisiche in funzione della composizione e della temperatura, alcune linee del diagramma di essa lega.

Lo studio delle relazioni che intercedono tra proprietà fisiche e microstruttura, oltre a servire a integrare e a confermare i risultati dell'analisi termica, ha permesso di trarre alcune conclusioni d'indole generale sulle proprietà fisiche che le diverse fasi presenti in una lega possiedono, il che è per le applicazioni della pratica di notevole utilità. Si accennerà perciò brevemente alle più importanti

Volume specifico. - Lo studio della variazione del volume specifico che una lega subisce col variare della temperatura è stato fatto da diversi sperimentatori (G. Charpy, L. Grenet, W. Guertler, W. Rosenhain, ecc.). Questo metodo però non ha avuto applicazioni molto estese sia per la difficoltà di trovare liquidi adatti entro i quali riscaldare le leghe oltre la temperatura di fusione, sia per le molteplici cause di errore e il notevole numero di variabili che possono intervenire a falsare le misure. Esso è stato specialmente adoperato nello studio di leghe facilmente fusibili.

Un apparecchio assai interessante, che si presta bene per questo studio è quello ideato da C. Montemartini e L. Losana. Con tale apparecchio si misura la spinta idrostatica del corpo in esame facendo variare continuamente la temperatura del liquido in cui è immerso. Consta nella sua parte essenziale di una bilancia idrostatica modificata, la quale registra automaticamente su di una lastra fotografica la variazione di volume specifico del corpo, immerso in un liquido adatto, in funzione della temperatura, che è indicata da una coppia termoelettrica connessa con un galvanometro.

Nel caso di passaggio dallo stato liquido allo stato solido, si osserva, nella quasi generalità dei casi, diminuzione di volume; talvolta però si può constatare un aumento, come nel caso del bismuto, delle leghe alluminio-antimonio, delle ghise grige (in quest'ultimo caso esso è dovuto a separazione di grafite: v. ghisa). Queste variazioni hanno una notevole importanza nel determinare il cosiddetto ritiro, proprietà interessantissima nella tecnica di fonderia. Nel caso che una lega di due metalli allo stato solido sia costituita di una miscela eterogenea di due fasi, il volume specifico è funzione lineare della concentrazione e si può calcolare con la regola dei miscugli: la variazione del volume specifico con la concentrazione è rappresentata quindi da una retta che congiunge il volume specifico delle due fasi. Nel caso che si formi una soluzione solida si ha invece una curva, ma la curvatura è spesso impercettibile. Allorché si forma un composto definito, si dovrebbe avere una discontinuità nella linea volume specifico-concentrazione: essa però si osserva in modo netto solo allorquando la formazione del composto è accompagnata da un sensibile mutamento di volume, come ad es., nel caso delle leghe stagno-argento, e delle amalgame di sodio.

Spesso non si è trovato accordo tra le indicazioni fornite da questo metodo e quelle dell'analisi termica e dell'esame microscopico, per modo che i risultati che da questo metodo si traggono vanno presi con molta riserva.

Dilatazione. - Assai meglio si presta lo studio della dilatazione, e cioè della variazione di lunghezza di una lega con la temperatura, per precisare la sua costituzione e soprattutto le trasformazioni che in essa avvengono allo stato solido. Questo metodo offre, rispetto al metodo termico descritto in precedenza, il vantaggio che la sensibilità delle sue indicazioni è indipendente dalla velocità di raffreddamento o di riscaldamento; esso quindi si presta magnificamente per studiare il comportamento di una lega metallica in funzione di questa velocità. Nel metodo di Chevenard e Portevin, il mutamento di volume che accompagna il passaggio attraverso una linea di trasformazione del diagramma d'equilibrio, come pure la lunghezza dei gomiti che si osservano in leghe di composizione differenti, sono presi come misure dell'importanza della trasformazione.

L'applicazione dell'analisi dilatometrica, specialmente allo studio delle trasformazioni che avvengono allo stato solido nelle leghe metalliche e in particolare negli acciai, si è oggi largamente diffusa in grazia della forma assai comoda e pratica che al dilatometro, attraverso successivi perfezionamenti, è riuscito a dare P. Chevenard. Di lui sono specialmente noti il dilatometro differenziale registratore ottico e l'analizzatore termico industriale. Con il primo di questi apparecchi si ottiene una curva la cui ordinata dà la differenza tra la dilatazione del metallo in esame e quella di un metallo convenientemente scelto, mentre l'ascissa dà la dilatazione di quest'ultimo, e quindi anche la temperatura, quando si conosca la legge con cui la sua dilatazione varia con la temperatura. Con questo apparecchio è stato possibile allo Chevenard, adoperando fili sottilissimi, che faceva raffreddare con velocità diversa, analizzare in ogni sua singolarità il fenomeno della tempra degli acciai. L'analizzatore termico industriale traccia sul cilindro di un cronografo le variazioni di lunghezza del metallo in esame per confronto con le variazioni di lunghezza di un'asticella di pyros, la cui legge di dilatazione è semplice ed esattamente conosciuta. Queste variazioni di lunghezza sono opportunamente amplificate da sistemi di leve. Si possono così registrare tutte le anomalie che si manifestano sia al riscaldamento sia al raffreddamento nel campione allo studio.

Conducibilità elettrica. - Lo studio della conducibilità elettrica si è dimostrato tra i mezzi più proficui per determinare o confermare alcune linee di diagrammi di equilibrio delle leghe metalliche e le trasformazioni che in esse avvengono allo stato solido. Esso fu iniziato da H. Le Chatelier, e proseguito da Guertler, Kournakoff e altri. Le misure si eseguiscono sui metalli ridotti in forma di fili. Se la lega è fragile e non si può trafilare, si colano sottili barrette cilindriche; con questa tecnica è difficile ottenere le barrette compatte e omogenee.

I metalli puri sono in genere quelli che hanno la conducibilità più elevata; piccole quantità d'impurezze, se entrano in soluzione solida, la abbassano fortemente; sollecitazioni e deformazioni meccaniche la influenzano poco. Il trattamento termico, se a questo si accompagnano modificazioni strutturali, la influenza invece notevolmente: da ciò l'utilità di ricorrere a essa nello studio delle modificazioni strutturali prodotte dal trattamento termico. Se due metalli sono completamente miscibili allo stato solido, la conducibilità specifica in funzione della composizione (in volume) assume la forma di una curva (fig. 39 a, I) se sono completamente insolubili allo stato solido, essa è funzione lineare della concentrazione (fig. 39 a, II). Se si ha solubilità parziale allo stato solido, si ottiene un'altra curva (fig. 39 b, III). La curva III è simile alla I nelle regioni di solubilità completa, alla II nella zona intermedia di mescolanza eterogenea delle due soluzioni solide limiti. La netta discontinuità che si osserva in corrispondenza dei limiti di solubilità allo stato solido rende questo metodo prezioso per determinarli esattamente. Se si forma un composto intermetallico si ha una cuspide che coincide con la composizione del composto e, a seconda che questo sia o no solubile allo stato solido, si avranno a sinistra e a destra di detta cuspide le forme I, II e III prima considerate (fig. 39 b). Dall'andamento delle curve (fig. 39 b) si osserva inoltre che soltanto allorché si abbia formazione d'un composto la conducibilità d'una lega può essere superiore a quella dei due componenti che entrano a costituirlo.

In luogo di seguire la variazione della conducibilità con la composizione, si può seguirne la variazione con la temperatura, determinare cioè i coefficienti di temperatura della conducibilità; al momento in cui si attraversano linee di trasformazione, si hanno forti e spesso assai nette variazioni della conducibilità stessa. Nei metalli puri che non presentano punti di trasformazione, la resistenza elettrica cresce con la temperatura in modo proporzionale alla temperatura assoluta; nelle soluzioni solide, invece, il coefficiente di temperatura subisce un fortissimo abbassamento.

Da queste leggi generali si possono trarre conclusioni assai importanti ai fini della pratica. Poiché in generale i composti intermetallici sono fragili, essi, quand'anche possiedano conducibilità elevata, sono difficilmente utilizzabili. Allorché si desideri un'elevata conducibilità, occorre quindi far ricorso a metalli i più puri possibile, poiché si è veduto che, se sono presenti impurezze e queste sono solubili allo stato solido, anche piccolissime quantità possono abbassarne enormemente la conducibilità (così la conducibilità del rame viene abbassata del 30% circa dal o,02% di fosforo e del 20% dal 0,04% circa di arsenico o di alluminio). Allorché si desideri invece un'elevata resistenza o che questa vari di poco al variare della temperatura, si ricorrerà a soluzioni solide la cui composizione si avvicini al minimo di conducibilità (così le leghe costantana, cromo-nichel, cupro-manganese, ecc.).

Proprietà magnetiche. - I metalli e le leghe metalliche, posti in un campo magnetico, possono concentrare le linee di forza o disperderle: nel primo caso si dicono paramagnetici, nel secondo diamagnetici. I metalli del gruppo del ferro, ferro cobalto e nichel, sono eccezionalmente magnetici e questa loro proprietà è perciò anche detta ferromagnetismo. Essi, se riscaldati, perdono a una certa temperatura il loro magnetismo: il che ha avuto una notevole importanza nella storia della metallografia poiché è servito a dimostrare l'allotropia nei metalli. Sono state anche studiate le proprietà magnetiche di metalli poco magnetici in relazione alla loro costituzione e composizione. L'esame delle diverse grandezze magnetiche e il loro rapporto con la costituzione delle leghe sono però troppo complessi perché si prestino a una trattazione chiara e sintetica; né le conclusioni che se ne traggono possono essere generalizzate. Così si conoscono leghe fortemente magnetiche costituite da metalli amagnetici, come ad esempio quelle di Heussler (leghe di rame e manganese con aggiunte di diversi altri metalli come alluminio, stagno, antimonio, bismuto e anche arsenico) e leghe amagnetiche costituite da metalli magnetici.

In generale si può dire che la suscettività magnetica (rapporto tra magnetismo indotto e forza magnetizzante) nelle leghe debolmente magnetiche varia linearmente con la composizione allorché vi è mescolanza dei due costituenti, che si ha una curva allorché si ha formazione di una soluzione solida, e che i composti definiti si comportano come corpi aventi suscettività propria.

Ma, come si è accennato, il metodo magnetico si è dimostrato particolarmente interessante nello studio dei punti di trasformazione dei metalli ferromagnetici, poiché questi punti sono a volte caratterizzati da una caduta del magnetismo: per il ferro, questa caduta è progressiva (punto A2, v. acciaio), per il nichel ha luogo verso i 350°, per il cobalto verso i 1100°. Nelle leghe ferromagnetiche di questi metalli, la temperatura corrispondente alla caduta del magnetismo varia con la composizione secondo la linea corrispondente del diagramma di equilibrio (così per le leghe ferro-carbonio, ferro-nichel).

Potere termoelettrico. - Se due metalli si pongono a contatto in un punto e questo si porta a temperatura diversa dagli altri due estremi, si manifesta una differenza di potenziale che è funzione della natura e composizione dei due metalli e della temperatura nel punto di contatto. La misura si fa su leghe in forma di fili, se queste sono trafilabili, di barrette fuse, se la trafilatura è impossibile. Uno dei due metalli è costituito dalla lega in esame, l'altro può essere o uno dei due metalli puri della serie o un metallo neutro, come rame o platino.

Anche in questo caso la variazione della forza termoelettrica con la composizione è espressa da una retta se si forma una miscela di due fasi, da una curva, se si forma una soluzione solida. Il comportamento è quindi analogo a quello della conducibilità elettrica, con lo svantaggio però che il potere termoelettrico può avere senso positivo o negativo, il che apporta complicazioni. Poiché in corrispondenza di un punto di trasformazione si ha una discontinuità nella curva della variazione del potere termoelettrico con la temperatura, così si può trarne profitto per individuare le trasformazioni che avvengono allo stato solido.

Altre proprietà fisiche. - Il potenziale elettrolitico, il calore di combinazione, il calore specifico, la conducibilità termica e altre proprietà fisiche sono state poste in correlazione con la struttura delle leghe metalliche: ma, o perché queste grandezze sono più difficili a misurarsi, o perché queste correlazioni sono meno intime e nette, vi si fa ricorso assai raramente.

Relazione tra microstruttura e proprietà meccaniche. - Le relazioni che intercorrono tra proprietà meccaniche e microstruttura, assai più di rado di quelle che intercorrono fra proprietà fisiche e microstruttura, sono state utilizzate per stabilire o controllare le linee dei diagrammi di equilibrio delle leghe metalliche, eccezione fatta per la durezza, la cui misura è facile e rapida e può dare indicazioni utilissime. Ciò si deve al fatto che le grandezze meccaniche sono più lunghe e disagevoli a misurarsi e richiedono notevoli quantità di materiale e mezzi sperimentali complessi e costosi. Esse portano inoltre, il più delle volte, alla distruzione dei campioni, sui quali non è quindi più possibile controllare i risultati. Le proprietà meccaniche dei metalli, d'altra parte, dipendono in larga misura dai trattamenti meccanici e termici che si sono fatti loro subire, cosicché numerosi altri fattori entrano in giuoco, oltre alla composizione chimica e alla struttura. Esse sono state studiate dai punti di vista più diversi per l'enorme interesse che la loro esatta conoscenza ha per il progettista e per il costruttore.

Ciò premesso, accenniamo brevemente alle fondamentali relazioni che si sono potute stabilire tra diagrammi di equilibrio, microstruttura e proprietà meccaniche.

I metalli puri sono per la più parte duttili e malleabili; alcuni però, come l'antimonio e il bismuto, sono fragili. Essi hanno resistenza meccanica diversissima, estremamente bassa, come nel piombo e nello stagno, o relativamente elevata, come nel ferro e nel nichel.

Fra le leghe metalliche, i composti intermetallici sono generalmente duri e fragili. Soluzioni solide, la cui composizione sia prossima a quella di un metallo puro, possiedono proprietà meccaniche analoghe a questo: così sono duttili o fragili secondo che lo sia anche il metallo. È stato anche osservato che miscibilità completa allo stato solido si ha in generale soltanto allorché i due metalli sono entrambi o malleabili (es., leghe oro-argento, rame-nichel) o non malleabili (es., antimonio-bismuto). In questo caso di miscibilità, le proprietà meccaniche variano continuamente da quelle di uno dei due metalli puri a quelle dell'altro. Interessante è l'andamento della durezza: essa cresce col crescere della concentrazione di uno dei due costituenti e, nel caso di solubilità completa allo stato solido, presenta un massimo, mentre nel caso di solubilità limitata allo stato solido si hanno delle singolarità in corrispondenza della solubilità limite.

Se la lega è costituita da due fasi, le proprietà meccaniche variano linearmente con la composizione: i due estremi della retta corrispondono ai valori delle proprietà meccaniche dei due costituenti (fasi solide pure nel caso d'insolubilità completa allo stato solido, soluzioni solide limiti nel caso di solubilità limitata allo stato solido).

Queste regole generali soffrono però notevoli limitazioni, poiché le proprietà meccaniche variano entro limiti assai vasti a seconda delle dimensioni dei grani: se i grani sono grossi, esse si abbassano (particolarmente elevata è con l'aumentare della grossezza del grano la caduta della resilienza), se assai fini, s'innalzano. È così che gli eutettici e gli eutettoidi, i cui costituenti strutturali sono assai fini, possono possedere proprietà meccaniche speciali, come un massimo di durezza, senza che a ciò si accompagni grande fragilità: la regola di proporzionalità, se non si osserva in questo caso per rapporto alla composizione, si osserva per rapporto alla microstruttura: essa vale cioè se ci si riferisce alla composizione tra i singoli costituenti e l'eutettico. Analogamente, la presenza di una fase non duttile né malleabile può non essere nociva alle proprietà di una lega se è presente allo stato di eutettico o di eutettoide in elementi assai fini: così ad es., il carburo di ferro, duro e fragile, non è nocivo se si presenta come eutettico ferrite-cementite, mentre lo è assai se in forma di aghi o di reticolo. Alla fig. 40 si vede che il carico di rottura aumenta linearmente sino a o,9% di carbonio, raggiunge un massimo poco al di sopra di questo valore, per poi discendere rapidamente, mentre la durezza aumenta linearmente, con il tenore di carbonio (e quindi anche con la quantità di cementite presente); gli allungamenti scendono pur essi rapidamente col crescere del tenore di carbonio, sino ad annullarsi: queste relazioni valgono naturalmente in assenza di carbonio grafitico. Negli ottoni il carico di rottura aumenta lentamente col crescere del tenore di zinco nel campo della soluzione solida α; allorché appare anche il costituente β, si ha un aumento assai più rapido del carico di rottura; l'allungamento cresce pur esso con il tenore di zinco, presenta un massimo per poi diminuire nel campo α + β. Nei bronzi di alluminio (sino al 12% di alluminio) il carico di rottura e il limite elastico crescono proporzionalmente al tenore di alluminio, gli allungamenti presentano un massimo pressoché in corrispondenza all'apparizione dell'eutettoide, per poi diminuire proporzionalmente al tenore di alluminio.

La lavorazione meccanica e i trattamenti termici hanno, come in principio si è accennato, un'influenza notevole sulle proprietà meccaniche.

La lavorazione meccanica a caldo, rendendo più compatta la lega e distruggendo la struttura di prima consolidazione, migliora in genere tutte le proprietà. I trattamenti a caldo, intesi ad affinare la struttura delle leghe metalliche, sia ricorrendo a speciali procedimenti durante la solidificazione (affinamento del silumin) sia accelerandola (getti in conchiglia, getti sotto pressione, ecc.), sia ricorrendo a trattamenti termici adatti (ricottura, normalizzazione, tempra, tempra e rinvenimento), si praticano oggi su larghissima scala. È con questi ultimi che si riesce a trasformare strutture nocive alle proprietà meccaniche in strutture cui si accompagnano proprietà meccaniche assai migliori: così si può convertire la struttura aciculare di Widmanstätten in struttura cellulare, una struttura a grano grosso in struttura a grano più fine, rigenerare un prodotto surriscaldato. Talvolta a questi trattamenti termici si fa ricorso per ottenere l'effetto opposto, e cioè per provocare la coalescenza di un eutettico o di un eutettoide, e quindi addolcire la lega per renderla più facilmente lavorabile: così un acciaio duro al carbonio, il quale allo stato lamellare ha una durezza Brinell di circa 260, può essere portato, per prolungato riscaldamento in condizioni adatte, allo stato globulare con una durezza Brinell di circa 140; a lavorazione meccanica ultimata, il grano si può nuovamente affinare e con ciò restituire al prodotto le proprietà meccaniche originarie. Naturalmente, perché i trattamenti termici siano applicabili, occorre che le leghe abbiano un punto di trasformazione e siano riscaldate al disopra di esso.

Il trattamento termico può non solo produrre un affinamento della struttura, ma la comparsa di speciali costituenti microstrutturali in equilibrio metastabile, cui si accompagnano ancora più profonde modificazioni delle proprietà meccaniche. Così una tempra assai energica eseguita al di sopra di una linea di trasformazione può in certe leghe mantenere integralmente lo stato stabile al di sopra di essa. In queste condizioni il metallo viene addolcito: il carico di rottura si abbassa, mentre la duttilità ne risulta aumentata Se la tempra produce una struttura martensitica, si ha un forte aumento discontinuo di durezza e una diminuzione di duttilità. I mutamenti di proprietà sono però funzione della composizione del metallo e delle condizioni di tempra, per cui possono formarsi miscele di costituenti diversi (troostite e martensite, austenite e martensite; v. acciaio): le proprietà meccaniche saranno allora legate ai costituenti metallografici presenti. Se una lega temprata si riscalda a temperature crescenti (rinvenimento) si hanno variazioni della microstruttura e parallelamente delle proprietà meccaniche (v. rinvenimento; tempra). È per tal modo possibile conferire a certe leghe, almeno entro determinati limiti, le proprietà meccaniche che si desiderano, o, se queste proprietà sono antitetiche, come duttilità e durezza, durezza e resilienza, addivenire a un compromesso tra esse, in modo che si possa trarre dalla lega il massimo rendimento per ogni particolare applicazione.

La tempra è stata estesa a tutta una serie di leghe metalliche, ricorrendo al procedimento noto sotto il nome di "tempra per segregazione". Questo procedimento consiste nel fissare per rapido raffreddamento lo stato stabile a temperature elevate e nel far precipitare, o per maturazione spontanea o con un leggero rinvenimento, allo stato di finissima divisione, il costituente di cui la soluzione solida è soprasatura: con che si hanno fortissimi aumenti di durezza e spesso notevoli miglioramenti di tutte le altre proprietà meccaniche. Questo fenomeno, che si credeva dapprima limitato a determinate leghe (leghe leggiere di alluminio, leghe di berillio), sembra comune a tutte le leghe nelle quali la solubilità allo stato solido di un costituente strutturale aumenta con l'innalzarsi della temperatura, poiché detto costituente può essere fatto riprecipitare per segregazione (leghe ferro-carbonio, leghe ferro-azoto, leghe ferro-rame, acciai contenenti titanio, molibdeno, tungsteno, zirconio, ecc.). Il suo stato di divisione è tale, da non essere visibile al microscopio; il rinvenimento produce coalescenza, e, con essa, un abbassamento della resistenza della lega.

La lavorazione a freddo produce un incrudimento del metallo. Le sue proprietà meccaniche variano col variare del grado d'incrudimento, cioè con la diminuzione di sezione ch'esso subisce a questo mutamento delle proprietà meccaniche si accompagna parallelamente il mutamento della struttura: i grani si orientano, si deformano, si frantumano, e in tanto maggior misura quanto più profonda è la lavorazione. Un esempio di queste correlazioni è riportato alla voce acciaio (lavorazione a freddo); un altro esempio si vede alle fig. 41 e 42 che riportano le variazioni della microstruttura e delle proprietà meccaniche con il grado di incrudimento.

Allorché questi metalli incruditi vengono ricotti, ricristallizzano, cioè riassumono la struttura a grani regolari; e le dimensioni di questi grani dipendono dal grado di deformazione che essi avevano subito e dal tempo e dalla temperatura di ricottura: con il microscopio si ha quindi il mezzo di riconoscere se un metallo è stato lavorato a freddo e quale ne è stata, almeno qualitativamente, l'entità, se è stato ricotto, dopo la lavorazione a freddo, in condizioni opportune, e se quindi le sue proprietà meccaniche sono presumibilmente quelle desiderate. Le figg. 43 e 44 costituiscono un esempio delle variazioni delle proprietà meccaniche e della microstruttura in funzione della temperatura di ricottura.

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