MESONE

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

MESONE

Giacomo MORPURGO

. Nel 1937 C. D. Anderson e S. H. Neddermeyer fecero notare come i dati sperimentali (ottenuti a mezzo della camera di Wilson) relativi alle perdite di energia delle particelle facenti parte della radiazione cosmica, potevano essere interpmtati nel modo più semplice se si ammetteva, in detta radiazione, la presenza di un gruppo piuttosto numeroso di particelle aventi carica circa eguale a quella dell'elettrone e massa intermedia fra quella dell'elettrone e quella del protone. Successive accurate osservazioni di P. M. S. Blackett e coll. (sempre a mezzo di camera di Wilson), confermarono l'ipotesi di Anderson e Neddermeyer; si poté anche vedere che del gruppo di particelle in questione facevano parte tanto particelle con carica positiva, quanto particelle con carica negativa; alle particelle stesse fu dato il nome di mesone (positivo e negativo). Le numerose esperienze eseguite per la misura della carica e della massa della nuova particella (esperienze di importanza invero fondamentale in quanto il loro accordo giustifica completamente l'introduzione della particella stessa) conducono ad attribuire ai mesoni, tanto positivi quanto negativi, una massa pari a circa 210 volte quella dell'elettrone ed una carica pari (in valore assoluto) a quella dell'elettrone.

Il mesone possiede una proprietà molto notevole: esso è una particella instabile. Nello studio della radiazione cosmica una questione a cui, prima della scoperta del mesone, non si sapeva dare risposta, era quella del cosiddetto "assorbimento anomalo". Consideriamo il numero NΔx,h, (E) dE di particelle della radiazione cosmica (per unità di superficie, per unità di tempo e in direzione verticale) sotto uno strato di materiale assorbente di Δx cm. di spessore (disposto verso il basso a partire da una certa quota h), e corrispondenti a particelle incidenti sullo strato assorbente con energia compresa tra E ed E + dE; e supponiamo, per fissare le idee, di eseguire: 1) una misura di NΔx,h (E) dE con h = 4000 m. s. l. m., Δx = 20 cm. di piombo, F sufficientemente grande perché le particelle traversino il piombo; 2) una misura di NΔx,h (E) dE con h = 4000 m. s. l. m., Δx = uno spessore di aria equivalente agli effetti della perdita di energia dai 20 cm. di piombo sopra detti, E pari al valore precedente. Mentre ci si potrebbe aspettare che le due misure dessero lo stesso risultato si vede che in effetti ciò non è; il risultato della misura 1) ha un valore maggiore del risultato della misura 2). Se si esaminano tutte le possibilità che si presentano per render conto di questo fatto (a cui fu appunto dato prima della scoperta del mesone il nome, attualmente improprio, di assorbimento anomalo), si vede che una spiegazione particolarmente semplice di esso si avrebbe ammettendo l'esistenza, nella radiazione cosmica, di particelle le quali si disintegrino, dando luogo ad altre particelle, le quali o non sono rivelabili, o sono più facilmente assorbibili della particella originaria. Orbene, studiando la radiazione cosmica con la camera di Wilson, E. Y. Williams riuscì a trovare per primo (nel 1939) una traccia, che, dopo una dettagliata analisi, si è rivelata rappresentare un mesone il quale si disintegra emettendo un elettrone e qualche altro ente non ionizzante e perciò non visibile. Poiché ulteriori esperienze di F. Rasetti hanno confermato la instabilità del mesone, l'assorbimento anomalo ha potuto così essere spiegato, le particelle che ne sono responsabili essendo proprio i mesoni. Ed anzi, sviluppando quantitativamente le cose, si è potuto far uso dell'assorbimento anomalo stesso per la misura della "vita media" τ del mesone, ossia del tempo τ che occorre (in un riferimento in cui il mesone è in riposo) affinché la probabilità di trovare il mesone ancora presente, quando lo si sia osservato ad un certo istante, si sia ridotta ad

(e = base log. naturali). I valori e di τ che si trovano facendo misure del tipo ricordato differiscono sensibilmente da quelli che si ottengono con un altro tipo di esperienze che non possiamo qui descrivere. La ragione di questa differenza è una questione sinora aperta; comunque si assume generalmente per la vita media τ = 2,15•10-6 sec. Per quanto riguarda la disintegrazione del mesone è ancora da notarsi che la massima incertezza sussiste sulle modalità della disintegrazione stessa; la cosa è dovuta al piccolo numero di fotografie che si possiede in cui è stato possibile osservare l'evento. È in ogni caso notevole che la conservazione della carica sia rispettata.

Riguardo alla distribuzione dei mesoni nell'atmosfera, le esperienze si compiono, come è noto, usando sia la tecnica dei contatori (di Geiger e Müller), sia quella della camera di Wilson. I risultati delle due tecniche sono in buon accordo per quanto riguarda mesoni di energia superiore a circa 165 gr/cm2 di Pb. Per energie inferiori, anche a causa della difficoltà di separare con la tecnica dei contatori la componente mesonica da quella elettronica, le divergenze fra i due metodi sono invece apprezzabili.

Da numerosissimi lavori sperimentali risulta pertanto che:

1) l'intensità mesonica in direzione verticale (cioè il numero di mesoni per unità di superficie, per unità di angolo solido in direzione verticale, per unità di tempo) cresce con l'altezza, raggiungendo probabilmente un massimo ad un'altezza assai vicina al limite dell'atmosfera. Per quanto riguarda mesoni di energia superiore a 165 gr/cm2 di Pb. l'intensità in direzione verticale al livello del mare è ad es. di ~ 0,4 mesoni per minuto per cm2, mentre quella a 4350 m. s. l. m. è di ~ 1,015 mesoni per minuto, per cm2;

2) l'intensità mesonica in una direzione formante un angolo ϑ con la verticale è circa pari (per mesoni di energia superiore a circa 165 gr/cm2 Pb), e almeno per altezze inferiori a 4500 m. s. l. m, a cos2 ϑ volte quella secondo la verticale alla stessa altezza;

3) la distribuzione energetica dei mesoni presenta (ad una qualsiasi altezza), un massimo in corrispondenza di una certa energia. Tale energia che al livello del mare è ~ 6•108 e. V. (energia totale) diminuisce al crescere dell'altezza ed il massimo diventa, al crescere dell'altezza, sempre più acuto.

4) Il rapporto tra il numero di mesoni positivi e il numero dei mesoni negativi presenti ad una certa altezza è > 1 e cresce al crescere dell'altezza (fenomeno dell'eccesso positivo).

Quanto si è fin qui detto si riferisce a ricerche compiute tra il 1937 e il 1946. Nel passato e nel presente anno (1948) si sono avuti sostanziali contributi specialmente ad opera di C. M. G. Lattes, G. P. S. Occhialini, C. F. Powell e di Lattes e E. O. Lawrence.

Lattes, Occhialini e Powell hanno impiegato la tecnica delle emulsioni sensibili ad altissimo tenore di bromuro d'argento da loro stessi messa a punto. Essi hanno potuto in tal modo osservare varî fenomeni di disintegrazioni nucleari prodotti dalle particelle (specialmente protoni) facenti parte della radiazione cosmica nei nuclei della gelatina costituenti le lastre; ed hanno fra l'altro notato che in alcune di tali disintegrazioni si ha la comparsa di particelle con caratteristiche nuove rispetto a quelle delle particelle sinora note. Tali particelle che hanno carica, positiva o negativa, pari in valore assoluto a quella elettronica e massa eguale a ~ 290 volte quella elettronica, sono state chiamate mesoni π o σ (rispettivamente π e σ a seconda che la loro carica sia positiva o negativa). E per evitare confusioni, si è perfezionata la nomenclatura dicendo mesone μ(μ+ e μ-) quello che sinora era chiamato semplicemente mesone (e che tuttavia, nell'uso corrente, si continua a chiamar mesone, senza alcun suffisso). Inoltre si è visto che il mesone π è instabile, con una vita media molto inferiore a quella del mesone μ (sembra che tale vita media sia dell'ordine di 10-8 sec.); e che disintegrandosi esso dà luogo ad un mesone μ e ad un qualche altro ente non ancora identificato.

Quanto al contributo di Lattes e Lawrence, esso è parimenti fondamentale. Bombardando mediante particelle α accelerate a ~ 400 Mev mediante un ciclotrone, un blocchetto di grafite, questi autori hanno constatato la presenza, in vicinanza del blocchetto, di un numero piuttosto notevole di particelle, che, sebbene siano ancora in fase di studio, sembrano presentare le stesse caratteristiche dei mesoni π, σ, μ+, μ-. Si è ottenuta così la produzione artificiale del mesone; probabilmente le particelle che vengono fuori dal blocchetto di grafite sono mesoni π e σ quali disintegrandosi dànno luogo a mesoni μ. Su tali questioni non è possibile però insistere dato che le esperienze al riguardo sono, come si è detto, ancora in fase di sviluppo.

Alcune fondamentali questioni sussistono in relazione ai rapporti fra mesoni e forze nucleari. Prima della scoperta del mesone come particella facente parte della radiazione cosmica, Yukawa aveva avanzato l'ipotesi che le forze nucleari si esplicassero attraverso un campo analogo, sotto alcuni riguardi, al campo elettromagnetico, ma i cui quanti, a differenza dei quanti del campo elettromagnetico (fotoni), possedessero una certa massa ed una certa carica. Yukawa mostrò che, se si assumevano le equazioni di tale campo analoghe a quelle del campo elettromagnetico, si era condotti, tenendo presente il range delle forze nucleari, ad attribuire ai quanti del campo stesso una massa pari a circa 200 masse elettroniche; ai quanti in questione si diede il nome di mesone. Quando si scoperse il mesone (μ) nella radiazione cosmica si fu condotti ad identificare tale mesone μ della radiazione cosmica con il mesone teorico di Yukawa. La cosa, dopo il primo successo (coincidenza dei valori delle masse), si dimostrò alquanto problematica; ed al momento attuale l'intera questione dei rapporti fra i mesoni della radiazione cosmica e le forze nucleari è ancora aperta. Interessante sarebbe al riguardo conoscere lo spin dei mesoni della radiazione cosmica; ma su ciò regna ancora l'oscurità.

Una questione infine che non è ancora completamente chiarita è quella della generazione dei mesoni. Dal fatto che i mesoni sono instabili sembra potersi dedurre che essi non possono giungere sul nostro pianeta da regioni da esso troppo distanti e debbano quindi venir generati nell'atmosfera. In tal caso, ad una certa altezza nell'atmosfera, dovrebbe, come si può capire facilmente, esistere un massimo di intensità della componente mesonica. Ora, sebbene ci siano indizî dell'esistenza di tale massimo, la cosa non è del tutto sicura a causa delle difficoltà delle esperienze in alta quota. È in ogni modo opinione generale che la generazione dei mesoni avvenga nell'atmosfera, prevalentemente ad un'altezza corrispondente ad una pressione di qualche diecina di gr/cm2, per opera di una componente primaria costituita per lo più da protoni.

Bibl.: L. Janossy, Cosmic Rays, Oxford 1948 (con bibl.).

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