MERIDA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

Vedi MERIDA dell'anno: 1961 - 1995

MÉRIDA (Emerita Augusta)

A. García y Bellido

Centro dell'Estremadura il cui nome attuale è la trasformazione di quello antico.

La città venne fondata nel 25 a. C. da Augusto, con veterani e soldati emeriti delle legioni V Alaudae e X Gemina, che a quell'epoca prendevano parte alle dure guerre cantabriche (29-19 a. C.). M. nacque dunque come avamposto o presidio militare, destinato non soltanto a colonizzare quelle ricche terre delle sponde della Guadiana, ma a sorvegliare le popolazioni indigene di quella parte della Lusitania, la cui romanizzazione era appena stata iniziata con Cesare. Emerita Augusta divenne tosto capoluogo dell'omonimo Conventus Iuridicus, e quindi capitale di tutta la Provincia Lusitania. Si può ancora intravedere nell'odierna area urbana la pianta generale dell'antica colonia. Dei suoi monumenti sussistono resti assai importanti e il suolo ha fornito e continua costantemente a fornire materiale di scultura, di architettura e d'epigrafia. Per tutti questi motivi la ricchezza archeologica di M. è, allo stato attuale, la più considerevole di tutta la penisola, e supera quella di Tarragona, di Italica, di Cordova, ecc., tanto per la grandiosità e l'importanza dei monumenti architettonici quanto per l'abbondanza dei pezzi di scultura; questi tuttavia sono in genere di valore un po' inferiore, ma pur sempre notevole, molto superiore alla media di quella che si suole chiamare arte provinciale romana.

Tra i monumenti architettonici è da citare il ponte sulla Guadiana che, con la sua estensione di 792 m e i suoi sessanta archi, è uno dei più lunghi del mondo romano. Il circo, l'anfiteatro e il teatro sono anch'essi assai ben conservati; tutti e tre vennero eretti nella stessa zona fuori le mura. Gli ultimi due sono esemplari grandiosi; fa spicco l'imponenza del teatro, del quale si è conservata tutta la scena, oggi in corso di integrale ricostruzione. Dei tre acquedotti che servivano la città sussistono resti grandiosi di due: quello di "Los Milagros" e quello di "San Làzaro". Meglio conservato è il primo, coi suoi 37 giganteschi piloni di 25 m di altezza, composti di filari alternati di granito e di mattoni, e uniti gli uni agli altri da tre corsi sovrapposti di archi che si snodano per un percorso di 830 m di lunghezza. L'acquedotto portava l'acqua dal bacino che viene oggi chiamato di Proserpina (da una lapide romana ivi trovata recante tale nome), anch'esso opera romana, ancor oggi in uso; è notevole per la grande diga che chiude il bacino stesso. L'acquedotto di San Làzaro è forse più elegante di quello di Los Milagros, ma se ne è conservato un tratto assai più piccolo. Entro la città sussistono resti di templi, con gruppi di colonne ancora ritte, e altri monumenti architettonici importanti, come il cosiddetto Arco di Traiano. Per quando riguarda la scultura, sono notevoli i ritratti funerarî provenienti dalle necropoli di M., le quali hanno fornito una numerosa serie di busti e di stele iconiche che vanno dalla nascita della colonia fino al ben avanzato secolo III. Sono opere eccellenti, uscite dalle botteghe indigene. Sono anche importanti le serie di sculture fornite dagli scavi del teatro (ritratti imperiali, sculture di divinità, torsi di imperatori con corazza, ecc.) e dalla scoperta di un santuario di Mitra sulla collina di San Albin, prossima alla città. Questo santuario ha fornito un abbondante complesso di sculture di marmo che, oltre all'interesse iconografico (Serapide, Mitra a testa leonina, portatori di fiaccole, Mitra col serpente, Hermes, una divinità fluviale, ecc.), presentano quello, non meno prezioso, che sono datate da una iscrizione (155 dell'èra cristiana); una di esse reca la firma, in greco, di uno scultore greco, Demetrios; si tratta probabilmente di un pellegrino o di uno scultore ambulante, che però dovette lavorare alquanto a M., a giudicare dalle sculture del Mitreo e da altre della sua stessa tecnica ritrovate nel teatro. Vi sono anche resti di una villa urbana con un'abside dipinta a figure, un sepolcro con immagini pure dipinte e un'enorme quantità di resti epigrafici e di materiale archeologico minore; è tutto raccolto presso il museo. In esso si trova anche il mosaico con scene bacchiche di Annius Ponius, come si legge nella firma. In epoca cristiana primitiva e in epoca visigotica M. continuò ad avere importanza nella vita nazionale, come si desume soprattutto dalle testimonianze storiche e dai resti epigrafici e architettonici. Sono degni di nota i pezzi decorativi visigotici del Conventual, forse il più importante insieme esistente nel genere in Spagna.

Bibl.: J. R. Mélida, Mérida, Barcellona 1929; A. García y Bellido, Esculturas Romanas de España y Portugal, Madrid 1949. Per il Mitreo: M. Vermaseren, Corpus Inscr. Monum. Religionis Mithriacae, I, L'Aja 1956, n. 782-786; 789-90, con bibl. precedente.