Mercurio

Enciclopedia on line

Chimica

Elemento chimico, di simbolo Hg (dal lat. Hydrargyrum), di numero atomico 80, peso atomico 200,61, di cui si conoscono sette isotopi stabili.

Il suo nome deriva da quello del pianeta Mercurio, con cui gli alchimisti mettevano in relazione il metallo. Il m. è citato per la prima volta da Teofrasto nel 300 a.C. ma è stato ritrovato in tombe egizie del 15° sec. a.C. ed era noto in età altrettanto antiche in Cina e India; già nei primi tempi del suo uso erano conosciute alcune sue proprietà terapeutiche. Le miniere di Almadén (Spagna), ancora oggi fra le più importanti, erano note prima di Cristo.

Generalità

Il m. è il solo metallo che si presenta alla temperatura ambiente sotto forma di liquido, di color argenteo, mobilissimo: da cui anche il suo nome di argento vivo.

Il m. solidifica a −38,87 °C (dando una massa duttile, malleabile, che si può tagliare con il coltello), bolle a 356,9 °C, ha densità di 13,546 g/cm3 a 20 °C. Il calore specifico varia sensibilmente con la temperatura, ma non regolarmente (tanto che esso ha lo stesso valore sia a −70 °C, sia a 210 °C), e così pure la tensione di vapore; la tensione superficiale è molto alta. È un metallo abbastanza stabile agli agenti atmosferici; a temperatura ordinaria all’aria umida si ossida lentamente; per prolungato contatto con l’ossigeno a caldo forma un ossido rosso; non è attaccato a freddo dagli acidi cloridrico e solforico diluiti, con l’acido solforico caldo sviluppa anidride solforosa, reagisce debolmente a freddo con l’acido nitrico diluito; reagisce facilmente con lo zolfo e con gli alogeni. Forma facilmente complessi con gli alogeni, con gli anioni cianuro e ossalato e con l’ammoniaca.

Molti metalli si sciolgono nel m. formando leghe che prendono il nome di amalgami, che sono fluidi in presenza di forte eccesso di m., altrimenti sono solidi; formano amalgami l’oro, l’argento, lo zinco, lo stagno ecc., non il ferro, il cobalto e il nichel. Per molti metalli gli amalgami sono semplici miscele, mentre per alcuni (sodio, potassio, tallio) si formano veri e propri composti (➔ amalgama).

Estrazione e impieghi

In natura il minerale di m. più abbondante è il cinabro, che si rinviene in Spagna, in Italia (Monte Amiata), in Slovenia (Idria), in Perù, in California. Il m. nativo si trova solamente in piccole goccioline d’origine secondaria entro il cinabro a Idria in Slovenia, a Mochellandsberg nel Palatinato e in poche altre località.

L’estrazione del m. dal cinabro si fa mediante arrostimento in ambiente ossidante: HgS + O2 ⇄ Hg + SO2. La reazione avviene in due stadi: si ha dapprima la formazione di HgO che alle temperature di esercizio dei forni (600-700 °C) si dissocia completamente in Hg e O2. I vapori di m. trasportati dai gas possono poi essere condensati mediante raffreddamento. In questo modo si trattano anche minerali poveri, ricchi di ganga, che però vengono di solito preventivamente arricchiti mediante cernita o flottazione. Per l’arrostimento si possono usare forni verticali, ma si preferiscono forni a piani sovrapposti del tipo di quelli usati per bruciare le piriti, o, negli impianti più moderni, forni rotativi che consentono elevate potenzialità. I gas uscenti dai forni d’arrostimento attraversano separatori di polvere e poi sono raffreddati a temperatura per quanto possibile bassa, per limitare la quantità di m. che può rimanere allo stato di vapore nei gas. I condensatori sono costituiti da tubi verticali a forma di U capovolta, che sono esposti all’azione raffreddante dell’aria esterna e pescano in vasche sul cui fondo si raccoglie il metallo liquido notevolmente puro (con contenuto in m. del 99,5%) mentre in superficie si formano i cosiddetti neri di m., cioè fanghi costituiti da m. (fino al 40%), solfuro e solfato di m., fuliggine, catrame, polveri di minerale. Il recupero del m. da questi fanghi avviene tramite aggiunta di calce che reagisce con il solfuro e mette in libertà il m., 4HgS + 4CaO ⇄ 4Hg + 3CaS + CaSO4, cui segue una pressatura (generalmente in filtropresse); i panelli residuati dalla pressatura sono riciclati nei forni di arrostimento. Il m. destinato ad applicazioni scientifiche è sottoposto a un trattamento aggiuntivo di purificazione consistente in un lavaggio con soluzioni acquose contenenti l’1% di acido nitrico che rimuovono le tracce di zinco e di altri metalli estranei ancora contenute nel m. liquido, che viene successivamente distillato sotto vuoto. Le rese di estrazione non sono sempre alte, però in molti forni moderni raggiungono anche il 90-95%. Il m. condensato si raccoglie in genere in contenitori di ferro.

Il m. serve alla preparazione di molti composti, come detonanti, pigmenti per pitture antivegetative (per carene di navi), fitofarmaci ecc., per l’estrazione dell’oro e dell’argento (con il metodo dell’amalgamazione), per la preparazione della soda in celle elettrolitiche (cosiddette a catodo di m.), nella fabbricazione di numerosi apparecchi di fisica (barometri, manometri, termometri ecc.), di pile e di alcuni tipi di lampade (a vapori di m.), per fabbricare specchi, in odontoiatria ecc.

Sali

Il m. forma due serie di sali, funzionando da monovalente (nei composti mercurosi) e da bivalente (nei composti mercurici). In genere i composti mercurosi in soluzione acquosa sono meno solubili e meno idrolizzati dei corrispondenti composti mercurici. Tranne pochi, sia i composti mer;curosi sia quelli mercurici sono tossici.

Composti mercurosi. - L’acetato mercuroso ha formula HgOOCCH3; si prepara per reazione di una soluzione di nitrato mercuroso con una di acetato sodico; si presenta in scaglie incolori, insolubili in alcol ed etere, solubili in acqua; si decompone per azione della luce, imbrunendo e dando m. e acetato mercurico. L’arsenito mercuroso è sale dell’acido arsenioso, contenente quantità variabili di m. e alquanto instabile; si presenta come polvere bruna, solubile in acido nitrico, insolubile in acqua, velenosa. Il bromuro mercuroso ha formula Hg2Br2; si presenta in svariate forme (polvere bianca, cristalli incolori, scaglie tetragonali, o massa fibrosa); inodore, insapore, diviene giallo se riscaldato e riassume il colore originario (bianco) per raffreddamento; si scioglie negli acidi nitrico e solforico concentrati e nelle soluzioni calde di carbonato di ammonio, con difficoltà in acqua; ha proprietà analoghe a quelle del cloruro mercuroso (➔ calomelano). L’ossido mercuroso è una miscela intima di m. e di ossido mercurico; si presenta come polvere nera, solubile negli acidi, insolubile in acqua, che si può preparare trattando il nitrato mercuroso con un idrossido alcalino. Il solfato mercuroso, formula Hg2SO4, si presenta come polvere cristallina bianca, solubile in acido nitrico diluito, quasi insolubile in acqua; si può preparare trattando il m. con acido solforico e riscaldando con cautela; si usa come catalizzatore in miscela con acido solforico, per es. nell’ossidazione della naftalina ad acido ftalico; è anche un componente di alcune celle standard da laboratorio, come per es. la pila Weston.

Composti mercurici. - I composti mercurici volatilizzano facilmente con il calore, spesso si decompongono liberando m., si riducono facilmente a composti mercurosi e a m. metallico, tendono spesso a idrolizzarsi in soluzione acquosa e talora si sciolgono solo in presenza di eccesso di acido; alcuni sali sono solubili in solventi organici. Molti formano complessi (specie il cianuro, il solfuro, gli alogenuri ecc.). La maggior parte è incolore e tossica. L’acetato mercurico ha formula Hg(C2H3O2)2; si presenta come polvere bianca, cristallina, solubile in acqua e alcol, velenosa, talora usata come catalizzatore in alcune sintesi organiche e come assorbente dell’etilene. Il bromuro mercurico ha formula HgBr2; si presenta in cristalli rombici, bianchi, velenosi, solubili in alcol ed etere, poco solubili in acqua, sensibili alla luce. Il cianuro mercurico ha formula Hg(CN)2; si presenta in prismi incolori, trasparenti, velenosi, che divengono scuri alla luce e si sciolgono in acqua e alcol. Si usa per preparare il cianogeno (➔ cianogeno, composto) e in fotografia. Il cloruro mercurico, detto anche sublimato corrosivo o bicloruro di m., ha formula HgCl2; si presenta in forma di cristalli bianchi o in polvere, ha sapore metallico astringente ed è assai velenoso. Si può preparare per clorurazione diretta del m. in storte di quarzo riscaldate dall’esterno nelle quali il m. brucia in atmosfera di cloro e il cloruro formatosi si deposita sulle pareti e sul fondo da dove si estrae periodicamente, fermando l’impianto dopo 4-6 giorni di esercizio continuo. Si può ottenere anche per reazione fra solfato mercuroso e cloruro sodico in presenza di piccole quantità di ossidanti (pirolusite ecc.) o saturando con cloro una soluzione di nitrato di mercurio. Si può usare come disinfettante (soluzione all’1%); esercita tuttavia un’azione caustica e irritante che, in alcuni casi, ne rende sconsigliabile l’impiego. Ha invece notevoli applicazioni tecniche (nella brunitura dell’acciaio, come catalizzatore in alcune sintesi organiche, nella conservazione del legno e di pezzi anatomici, come reattivo in chimica analitica e in fotografia). È usato anche per preparare, per via umida, alcuni composti mercurici (ossido giallo, ioduro). Il nitrato mercurico ha formula Hg(NO3)2•H2O; si presenta in cristalli incolori o in forma di polvere bianca deliquescente; si decompone per riscaldamento ed è solubile in acqua e acido nitrico, insolubile in alcol. Si prepara sciogliendo il m. in eccesso di acido nitrico concentrato. Si impiega per introdurre gruppi −NO2 in composti organici e come insetticida specifico per la fillossera; è dotato di proprietà antisettiche. L’ossido mercurico ha formula HgO; si presenta, sotto forma di polvere, in due varietà, l’una gialla, l’altra rossa, che hanno identica struttura (cristalli rombici) e si differenziano soltanto per le dimensioni medie dei granuli delle polveri (ca. 2 μm per la varietà gialla, 10 μm e oltre per quella rossa). La varietà gialla è una polvere pesante, amorfa, impalpabile, di color giallo-arancio, inodore, stabile all’aria, che tende a scurirsi per esposizione alla luce e si scioglie negli acidi diluiti, in soluzioni di ioduro di potassio e, parzialmente, in acqua bollente. Si può preparare per via umida trattando una soluzione di un sale mercurico con un idrossido o un carbonato alcalino a freddo. Per riscaldamento si trasforma nella varietà rossa. Dotato di azione germicida, fungicida, pesticida, si usa in vernici per carene di navi e come materia prima per la preparazione di numerosi composti del mercurio. La varietà rossa si può preparare in modo simile a quello descritto, ma a caldo, oppure calcinando il nitrato mercuroso o per ossidazione diretta del mercurio. Si usa come depolarizzante in pile a secco e per impieghi simili a quelli della varietà gialla. Il solfato mercurico ha formula HgSO4; è una polvere cristallina bianca, assai velenosa, solubile negli acidi, insolubile in alcol, che si può preparare trattando il nitrato mercuroso con acido solforico o elettrolizzando l’acido solforico diluito con anodo di mercurio. Si usa in chimica farmaceutica, nella preparazione del calomelano e del sublimato corrosivo, nell’estrazione dell’oro e dell’argento dalle piriti, come catalizzatore in alcune sintesi organiche (aldeide acetica), come componente in alcuni tipi di pile. È noto anche un solfato basico, HgSO4•2HgO, polvere pesante gialla che, riscaldata, cambia colore divenendo di color rosso più o meno scuro. Con il calore può anche decomporsi. Il solfuro mercurico ha formula HgS; esiste in tre modificazioni allotropiche: una nera e due rosse; quella nera (detta anche etiope mercuriale), cubica, velenosa, solubile nelle soluzioni di solfuro sodico, insolubile in acqua, alcol e acido nitrico, solubile in acqua regia, si ottiene trattando con idrogeno solforato una soluzione contenente un sale di mercurio. Delle varietà rosse una soltanto è stabile, relativamente abbondante in natura come minerale cinabro. Queste forme di solfuro mercurico, oltre a costituire il minerale di base per la metallurgia estrattiva del m., sono state usate ampiamente nel passato e si usano tutt’oggi in piccola misura come pigmenti.

Molti altri derivati mercurici hanno interesse in pratica oppure hanno avuto, in passato, un uso terapeutico per le loro proprietà antisettiche e antisifilitiche: fra questi, il cacodilato [(CH3)2AsOO]2Hg, l’ossicianuro Hg(CN)2HgO, il fenolsol;fonato Hg(OC6H4SO3)2Na2, lo iodato Hg(IO3)2, il fenato (C6H5O)2Hg, il lattato (C3H5O3)2Hg, il fluoruro HgF2, lo stearato Hg(C18H35O2)2.

Economia

L’andamento della produzione di m. ha registrato notevoli modificazioni sotto il profilo sia quantitativo sia distributivo. Il totale mondiale, che nel 1950 risultava lievemente inferiore all’anteguerra (5100 t nel 1938), crebbe sensibilmente nel ventennio successivo, toccando il massimo all’inizio degli anni 1970 (10.949 t nel 1971), ma prendendo poi a decrescere rapidamente (1830 t nel 2004) in conseguenza della diminuita utilizzazione del m. in alcuni comparti industriali (chimico e metallurgico, in particolare). Le tradizionali aree geografiche di estrazione dei minerali di m. hanno visto la produzione ridursi fortemente (così nella ex Iugoslavia), quando non cessare del tutto (le miniere italiane sono rimaste, di fatto, inattive dopo il 1977). I principali produttori – pur nella generale tendenza alla riduzione dei consumi e delle esportazioni – sono Cina, Spagna, Kirghizistan, Algeria e Russia. Le principali concentrazioni di minerale si trovano in Kirghizistan, Slovenia, Spagna e Ucraina.

Medicina

Il m. è un veleno generale del protoplasma. In passato hanno trovato impiego terapeutico, a piccole dosi e in forte diluizione, alcuni derivati del m. (genericamente indicati come preparati di m.), dotati di azione antimicrobica e disinfettante, ora caduti in disuso.

L’avvelenamento cronico da m. (mercurialismo) è malattia professionale nei lavoratori esposti ai vapori di questo elemento, oppure accidente terapeutico, per cure prolungate e mal dosate con preparati mercuriali. Decorre con disturbi digestivi, stomatite, disturbi nervosi (tremori agli arti, insonnia, irascibilità, confusione mentale), gravi lesioni renali, del cuore e anemia. Se le cure non hanno successo, si ha l’esito letale per insufficienza cardiaca e renale, oppure per uno stato di profondo decadimento.

CATEGORIE
TAG

Insufficienza cardiaca

Anidride solforosa

Idrogeno solforato

Elemento chimico

Acido solforico