GATTINARA, Mercurino marchese di

Enciclopedia Italiana (1932)

GATTINARA, Mercurino marchese di

Carlo BORNATE

Nato a Gattinara da Paolino e da Felicita Ranzo il 10 giugno 1465, morto a Innsbruck il 5 giugno 1530. Orfano del padre a 14 anni, fu mandato a Vercelli presso lo zio paterno Pietro di Gattinara, ove stette un triennio, poi fu per alcuni anni in casa del giureconsulto Bartolomeo Ranzo, dal quale fu avviato allo studio della giurisprudenza. Compiuti gli studî universitarî a Torino, Mercurino prese ad esercitare l'avvocatura a 28 anni e per il suo valore acquistò presto larga clientela.

Rifiutò un posto nel consiglio privato del duca Filiberto II (1497-1504), ma nel 1501 accettò l'ufficio di consulente della duchessa Margherita d'Asburgo. Questa, rimasta vedova nel 1504, affidò al G. la tutela dei suoi interessí nella lite contro il cognato Carlo II, per il riconoscimento dei suoi diritti dotali. Dopo la morte del fratello Filippo, re di Castiglia (1507), Margherita assunse la tutela dei nipoti e il governo della contea di Borgogna e dei Paesi Bassi. Mercurino venne elevato alla carica di presidente del parlamento di Borgogna e incaricato di varie missioni diplomatiche presso Luigi XII e presso Ferdinando il Cattolico. L'imperatore Massimiliano I nel 1513 lo creò conte di Gattinara.

Per l'imparzialità e l'energia con cui represse gli abusi della nobiltà borgognona, sostenne aspre lotte col maresciallo De Vergy e, piuttosto che moderare il suo zelo, preferì farsi destituire (1517).

Pochi mesi dopo egli venne reintegrato nel suo ufficio e anzi, in seguito alla morte di Giovanni Sauvage, nominato gran cancelliere del re di Spagna. L'elezione di Carlo d'Asburgo a re dei Romani (28 giugno 1519) fu il primo trionfo della politica del nuovo gran cancelliere, il quale intuì che la lotta elettorale non era che il preludio di un'ostilità ben più cruenta e accanita fra la casa di Asburgo e la monarchia francese. L'esaltazione di Carlo V al trono imperiale doveva essere, secondo il G., preparazione alla monarchia universale; e, poiché la Francia era l'unica potenza europea che avrebbe potuto ostacolare l'effettuazione di questo disegno, il gran cancelliere diresse tutta la sua operosità a isolarla e ad umiliarla. Opera del G. fu l'alleanza di Carlo V con Leone X (8 maggio 1521), la guerra contro Francesco I e la cacciata dei Francesi dall'Italia.

Dopo la battaglia di Pavia (24 febbraio 1525), durante la prigionia di Francesco I, il consiglio imperiale apparve diviso in due parti: dell'una era capo il G., che consigliava l'imperatore a tenersi amica l'Italia, con l'aiuto della quale avrebbe ridotto all'obbedienza il re di Francia; dell'altra era capo Carlo di Lannoy, viceré di Napoli, che esortava Carlo V a liberare il re prigioniero e ad allearsi con lui per opprimere l'Italia. Le pratiche del papa, di Venezia e di Milano per un accordo con la Francia ai danni dell'imperatore, rivelate da Gerolamo Morone dopo il suo arresto, opportunamente travisate ed esagerate dai nemici d'Italia, contribuirono a far prevalere il partito del Lannoy. Il G., affermando che non bisognava fidarsi dei Francesi, voleva che si esigesse la restituzione del ducato di Borgogna e la riabilitazione piena e assoluta del principe di Borbone prima di liberare Francesco I dalla prigionia; i Francesi opponevano che soltanto dopo la liberazione del re avrebbero eseguito le clausole del trattato. Nel consiglio imperiale vinse il partito favorevole al re di Francia: Mercurino protestò che egli non intendeva sottoscrivere né apporre i sigilli a un trattato, che non approvava, e consegnò i sigilli all'imperatore. Come il G. aveva preveduto, Francesco I, fatto libero, dichiarò che non intendeva eseguire clausole che gli erano state estorte con la violenza, sottoscrisse la lega di Cognac (v.), e iniziò la nuova guerra.

Sempre alla direzione della politica imperiale, il G. si adoperò per indurre Andrea D'Oria a passare al servizio di Carlo V; diresse le discussioni e concluse la pace tra il papa e l'imperatore a Barcellona il 29 giugno 1529. Nell'agosto 1529 fu creato cardinale. A Bologna trattò, a nome dell'imperatore, e concluse la pace col duca di Milano e con Venezia (29 dicembre 1529), cooperò all'accordo del papa con Alfonso d'Este, si occupò delle pratiche del divorzio di Enrico VIII, ma non poté prendere parte alle cerimonie dell'incoronazione imperiale, perché ammalato di gotta. Aggravatosi, mentre era in viaggio da Bologna ad Augusta, morì.

Bibl.: C. Bornate, Historia vitae et gest. per dominum Magnum Cancellarium (Mercurino Arborio di Gattinara), in Miscellanea di storia italiana, s. 3ª, XVII, Torino 1915, p. 233 segg.; id., L'apogeo della Casa di Asburgo e l'opera politica di un gran Cancelliere di Carlo V, in Nuova rivista storica, anno III, (1919), fasc. 3-4; id., La politica ital. del gran cancelliere di Carlo V, in Boll. st. per la prov. di Novara, anno XXIV (1930), fasc. 4°.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata