Mente

Dizionario di Medicina (2010)

mente


Il complesso delle facoltà umane che si riferiscono al pensiero, cioè quelle intellettive, affettive, volitive e mnemoniche. La m. caratterizza l’essere umano, anche rispetto alle specie animali più evolute, in quanto luogo dell’elaborazione personale, soggettiva, delle informazioni, che si può o meno rivelare nel comportamento.

Mente e neuroscienze

Per la sua peculiare complessità la m., sin dall’inizio pè stata studiata partendo da apporcci disciplinari diversi che via via si stanno sempre più integrando, costituendo un insieme articolato che va sotto il nome di neuroscienze. Così il sistema ‘fisico’ di base è oggetto degli studi  neurobiologici, mentre la neuropsicologia, nata per i disturbi di comportamento legata a specifiche patologie cerebrali, ha dato l’avvio a una progressione tumultuosa di studi e di discipline, volte a integrare m. e cervello. Le neuroscienze  ricorrono sempre più alla biologia molecolare e all’immunologia (con la quale sono stabiliti fecondi interscambi legati a modelli funzionali simili), e indagano i processi mentali a livello genetico, bio-evolutivo e neurofisiologico.

Modelli neurofisiologici

Lo sviluppo delle neuroscienze ha codificato e modificato nel tempo vari modelli generali e varie interpretazioni  della mente. Uno dei primi modelli stabiliva analogie strette tra il funzionamento della mente e quello di un elaboratore: la m. veniva intesa come il software di un calcolatore biologico, il cui hardware sarebbe dipeso a sua volta da un altro programma, quello genetico. La rigidità del modello, che non dava conto della plasticità delle funzioni del cervello, ha promosso altri modelli, per es. il connessionismo, per i quali l’intelligenza del sistema m. non starebbe in un programma preordinato, ma nello schema di interconnessione tra ‘nodi’ circuitali, capaci di modificarsi spontaneamente con l’esperienza; anche il cosiddetto darwinismo neuronale ipotizza che il cervello sia  un tipo speciale di elaboratore il cui successo selettivo sia dovuto alla sua capacità di automodificarsi e di autoapprendere. Secondo un approccio diverso, che fa riferimento alla teoria  fisico-matematica della complessità,  deve essere abbandonata l’idea che le facoltà alte della  m. siano  riducibili alla sommatoria dei correlati fisiologici neuronali che la sottendono; in tal senso la m. rappresenterebbe una ‘proprietà emergente’ dall’insieme di detti correlati  con proprietà funzionali e organizzative proprie, gerarchicamente poste a un livello superiore di complessità. Secondo questa impostazione, gli elementi appartenenti a un certo livello gerarchico determinano le caratteristiche di un singolo elemento del livello superiore: le biomolecole (quali geni, proteine, enzimi, neurotrasmettitori, recettori), ad es., appartengono a un livello; a un livello superiore si collocano le cellule nervose e le sinapsi; seguono le reti neuronali, i nuclei cerebrali, le organizzazioni morfo-funzionali complesse, ecc., e, infine, a livello ancora superiore, le aree corticali e le altre componenti morfo-funzionali corporeee correlate (come il sistema neuroendocrino). Un attuale limite agli studi della m. è legato alla estrema variabilità delle risposte di ogni m. agli stimoli ambientali, dipendendo queste dagli aspetti emozionali, di memoria, culturali  specifici che caratterizzano l’individualità di ciascun essere umano.

© Istituto della Enciclopedia Italiana - Riproduzione riservata