MONTINARI, Mazzino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 76 (2012)

MONTINARI, Mazzino

Giuliano Campioni

MONTINARI, Mazzino. – nacque a Lucca il 4 aprile 1928 da Adalgiso, agente di commercio nel ramo tessile di origine pugliese, e da Margherita Pozzi, nata in Australia da emigranti contadini della Valtellina. Valente storico della cultura tedesca e filologo, il suo nome, con quello del filosofo Giorgio Colli, è legato prevalentemente all’impresa dell’edizione critica delle opere e dei carteggi di Friedrich Nietzsche.

Studente del liceo classico N. Machiavelli di Lucca, dal 1942 al 1944 ebbe come giovane professore di filosofia Giorgio Colli, che aveva aggregato, con la sua forte personalità, un’anticonformista comunità di amici e discepoli cui insegnava a gustare direttamente i classici, a discutere liberamente e ad apprezzare un Nietzsche ‛greco’, lontano dall’ipoteca ideologica dominante. Montinari, negli anni di liceo, manifestò più volte e in più modi la sua avversione al regime, fino a organizzare nel dicembre del 1943 uno sciopero di studenti contro le milizie fasciste che gli costò l’espulsione dalla scuola. Nella primavera successiva, per le vie dei contrabbandieri della Valtellina, accompagnò Colli, costretto a riparare in Svizzera a causa del suo antifascismo.

Vinto il concorso di ammissione, fu allievo dal 1945 al 1949 della Scuola normale di Pisa dove, tra gli altri, ebbe compagni di studi e fraterni amici lo storico Giorgio Giorgetti, il filologo classico Fausto Codino e Angelo Pasquinelli, allievo di Colli a Lucca e studioso della filosofia presocratica. Dopo un anno di studi filosofici, Montinari passò allo studio della storia sotto la guida di Delio Cantimori con cui, nel novembre del 1949, si laureò in Filosofia della storia con una tesi intitolata La questione della Riforma protestante in Lucca. I risultati scientifici di questo lavoro rimasto inedito, frutto di accurate ricerche in archivi e biblioteche di Lucca e di Roma, furono ripresi e utilizzati da altri storici che si occuparono dello stesso problema (Renzo Ristori, Giampiero Carocci, Marino Berengo, leandro Perini). Nel clima della Scuola normale trovarono alimento e maturazione da una parte gli studi storici e filologici, attraverso una scuola rigorosa attenta in particolare all’ermeneutica dei testi, dall’altra l’impegno sociale e civile, che portò il giovane, dopo la laurea, a un’attività di carattere politicoculturale a tempo pieno nell’organizzazione del Partito comunista.

In tutte e due le direzioni fu importante la lezione di Cantimori, che Montinari frequentò anche nei primi anni Sessanta e di cui si riconobbe più volte allievo, anche per il lavoro filologico e storico relativo all’edizione di Nietzsche. Da Cantimori procedeva pienamente, infatti, l’atteggiamento metodico: la volontà di Montinari – per la sua pratica di editore – di «essere un buon “lavoratore”, come un calzolaio bravo fa delle buone scarpe» (lettera a G. Colli, 29 settembre 1967, cit. in Lettere e appunti inediti, in Campioni, 1992, p. 436) era in ideale consonanza con le affermazioni di Cantimori che aveva insistito sull’aspetto «artigianale » del «mestiere di storico» contro le filosofie della storia, le astrazioni, le scorciatoie e contro i miti ideologici che prevaricano e fanno violenza alla «concreta, rugosa e rilevata realtà storica » (D. Cantimori, Appunti sullo “storicismo” [1945], in id., Studi di storia, 1959, p. XXXVII). Da Cantimori, che si era occupato nei suoi anni giovanili di Nietzsche, derivava dunque l’esigenza di uno studio storico del filosofo tedesco e soprattutto della sua fortuna. Montinari riconobbe d’altronde con chiarezza alcuni forti limiti dell’interpretazione che Cantimori, più interessato agli effetti postumi del filosofo, dava di Nietzsche: un’immagine «piuttosto convenzionale e non sufficientemente “rugosa” [...] non rispecchiava cioè la complessità, la storia della vita intellettuale di Nietzsche» (Delio Cantimori e Nietzsche, 1979, p. 19).

Dopo aver usufruito di una borsa di studio a Francoforte sul Meno nel 1950, Montinari, dal novembre di quell’anno fino alla fine del 1957, lavorò per il Partito comunista: a Roma presso le Edizioni Rinascita e a Berlino Est, quindi, dopo il servizio militare a Bari, di nuovo a Roma, dove fu direttore della «libreria Rinascita» (settembre 1955-settembre 1956) e ancora redattore alla casa editrice (ottobre 1956-dicembre 1957).

In quel periodo tradusse classici del marxismo e di storia del movimento operaio (K. Kautsky, Etica marxista e concezione materialistica della storia, Milano 1958; F. Mehring, Storia della socialdemocrazia tedesca, Roma 1961; A. Cornu, Marx e Engels, dal liberalismo al comunismo, Milano 1962 e, con l’amico Codino, il libro di G. Lukács, Prolegomeni a un’estetica marxista, Roma 1957). Organizzò inoltre mostre, dibattiti, presentazione di testi con la «libreria Rinascita» e con il «Centro Thomas Mann», da lui fondato nel 1957.

Gli avvenimenti politici del 1956 accelerarono in Montinari il processo di crisi e di revisione delle sue certezze ideologiche già in corso da qualche anno e lo indussero a ritirarsi dalla vita politica attiva, senza abbandonare l’impegno civile e l’atteggiamento di apertura verso i problemi sociali. Negli anni Settanta partecipò attivamente all’edizione italiana delle Opere complete di Marx ed Engels (Editori Riuniti), di cui curò in particolare i carteggi. Si ritrovò così a lavorare con i vecchi amici della normale, attivi nel Partito comunista, Codino e Giorgetti sotto la direzione di Giuseppe Garritano (anch’egli normalista).

Particolarmente importanti, a partire dai primi anni Cinquanta, furono la lettura e l’approfondimento di Thomas Mann: un’altra via per avvicinarsi al mondo culturale di Nietzsche in quanto, per gli esiti democratici del suo percorso, lo scrittore tedesco rappresentava una mediazione non «proibita» per un militante comunista verso i temi culturali della decadenza, la possibilità di arricchire la tradizione attraverso l’esperienza del «tragico». Per Il Contemporaneo, Montinari curò la traduzione e il commento di Otto lettere inedite di Thomas Mann (II, 31 dicembre 1955, 52, p. 3). In un saggio del 1975, Appunti su Thomas Mann, Nietzsche (e Goethe), fece una critica del suo atteggiamento giovanile nei confronti di Mann e della pretesa, comune a molti intellettuali comunisti, «di collocare Thomas Mann in uno schema storico di salvazione, per cui egli si sarebbe svolto fino a presentire le “magnifiche sorti e progressive” dell’umanità avviata verso il socialismo, o – quanto meno – auspice Goethe si sarebbe gradualmente affrancato dall’influenza malefica di Nietzsche». Uno schema pregiudiziale di questo tipo impediva di cogliere la reale specificità di Mann e di Nietzsche. Nel saggio Montinari pose l’esigenza di «un minuzioso lavoro filologico e storico» che indagasse il complesso rapporto dello scrittore con il filosofo e analizzasse quanto l’ «immagine convenuta» e il mito di Nietzsche, irradiato dall’Archivio di Weimar e da Ernst Bertram, condizionassero la valutazione di Mann (in Studi germanici, XIII, giugno-ottobre 1975, pp. 2-3; poi in Su Nietzsche, 1981, con il titolo: Lo scolaro di Goethe, pp. 66 s.). Anche in questo caso si avvertiva la prudenza e la consapevolezza storica che caratterizzarono l’atteggiamento critico di Montinari.

La morte di Pasquinelli (avvenuta il 13 giugno 1956), il ritrovarsi con Colli in quella dolorosa occasione e l’apertura di un discorso filosofico con lui, la proposta esplicitata di un’‘azione Nietzsche’ legata a coraggiose iniziative editoriali, portarono Montinari alla maturazione della scelta decisiva per la sua vita: dal 1° gennaio 1958 si trasferì a Firenze, dove Colli viveva, dando inizio a un’intensa e fruttuosa attività culturale.

L’‛azione Nietzsche’ – forza critica «inattuale », attraverso la valorizzazione dell’intima e spontanea produttività della cultura come «vita vivente», nella direzione indicata da Jacob Burckhardt – doveva essere affidata, più che all’insegnamento universitario, verso cui Colli conservava una diffidenza di matrice schopenhaueriana, principalmente a un’attività editoriale controcorrente, con la cura di testi «inattuali» per «l’intellettualità accademico-politica dominante », promossa e portata avanti da una ristretta comunità di «spiriti liberi» (Ricordo di Giorgio Colli, 1983, p. 14). Il primo momento di tale azione fu la fondazione, presso la Boringhieri, dell’«Enciclopedia di autori classici», a cui Montinari collaborò intensamente a partire dalla traduzione di Schopenhauer come educatore, lo scritto di Nietzsche con cui Colli inaugurò la collana. Inoltre tradusse e curò testi di Nietzsche , Goethe, Schopenhauer, Burckhardt; scrisse note introduttive, lavorò sulla revisione dei testi e tenne i contatti con i collaboratori occupandosi della maggior parte della corrispondenza. Sempre per Boringhieri, tradusse S. Freud, Lettere 1873-1939 (1960); Sommario di psicoanalisi (1962); Lettere alla fidanzata 1882-1886 (1963); più tardi curò il carteggio tra Freud e Lou Andreas Salomé, Eros e conoscenza (1983). In particolare l’edizione delle lettere di Nietzsche a Erwin Rohde (1959) e dei carteggi con Richard Wagner (1959) e con Jacob Burckhardt (1961), per il loro ricco e serio apparato di note e lo sguardo storicocritico, costituivano una novità assoluta nella trattazione di Nietzsche nell’ambito della cultura italiana. Altro centrale momento dell’azione Nietzsche fu l’edizione critica degli scritti del filosofo.

Fin dal 1958 Montinari aveva cominciato a lavorare a una traduzione completa delle opere di Nietzsche per la casa editrice Einaudi, su una proposta di Colli fatta agli inizi degli anni Cinquanta. La non attendibilità dei testi dell’edizione canonica (allora dibattuta vivacemente dopo la pubblicazione dei Werke a cura di Karl Schlechta, che aveva avuto il merito di proporre la questione della Volontà di potenza come arbitraria compilazione, senza darne però una soluzione adeguata) rendeva necessaria la verifica dello stato dei manoscritti. Colli propose a Montinari il viaggio di ricognizione a Weimar nell’aprile del 1961, presso l’archivio Goethe-Schiller dove è conservato il Nachlass del filosofo. Iniziò così l’appassionante viaggio di scoperta per la realizzazione di una delle più rilevanti imprese culturali del novecento. Già la prima ricognizione dello stato dei manoscritti di Nietzsche fece maturare la consapevolezza della necessità di una nuova edizione completa. In una lettera «programma», scritta durante il secondo soggiorno weimarense, Montinari mostrava la piena contezza della grossa mole di lavoro da intraprendere, in particolare della necessità di una rilettura integrale dei manoscritti da rendere nel loro ordine cronologico: «ora ho un’idea molto più precisa e alla fine di questo periodo avrò chiarito molte cose. Mi pare però che una cosa sia certa: i manoscritti vanno decifrati e trascritti per intero, studiati come gruppo, come singolo manoscritto, come singola pagina (in molti casi!), quindi ordinati cronologicamente [...]. Se ciò è importante per i postumi di un’opera pubblicata da Nietzsche, lo è sommamente di più per la massa di mss. non utilizzati. Cioè la lettura e trascrizione di tutto ci mette sotto gli occhi l’elaborazione di un pensiero da un taccuino a un quaderno, da questo quaderno a un altro e così si ottiene con criteri interni la cronologia, o meglio la successione. Tutto ciò finora non è stato fatto! […] è chiaro che Schlechta, il quale pretende di avere ristabilito la “situazione di partenza” ha lavorato male» (lettera a G. Colli, 21 agosto 1961, cit. in Campioni, 1992, pp. 263 s.).

La consapevolezza dello sforzo necessario sortì l’effetto di far cadere, presso l’Einaudi, non solo il progetto di un’edizione completa in lingua originale ma anche quello della traduzione: una scelta editoriale dettata dall’accresciuto impegno finanziario ma anche da una «politica culturale» ostile al progetto. Luciano Foà, che nel luglio del 1961, lasciò l’Einaudi per fondare l’Adelphi, rilevò i diritti delle traduzioni di Nietzsche in cantiere e accettò di sostenere l’ambizioso progetto editoriale di Colli e Montinari. Il lavoro intenso sui manoscritti rese necessari frequenti soggiorni a Weimar, finché, nel 1963, Montinari non si trasferì nella città tedesca, dove visse fino alla fine del 1970 e dove si sposò con Sigrid Oloff, che gli dette quattro figli.

Fin dall’inizio l’Adelphi, senza successo, cercò contatti con case editrici tedesche per la pubblicazione dei testi originali di Nietzsche: inizialmente solo l’appoggio di Gallimard per l’edizione francese permise la continuazione del lavoro. Il primo volume della nuova edizione, Aurora e Frammenti postumi (1879-1881), uscì nell’ottobre 1964 presso l’Adelphi.

La ricerca dell’editore tedesco, pur nell’urgenza di uscire dal paradosso di una traduzione italiana e francese condotta su un testo critico ristabilito ma non pubblicato in lingua originale, era comunque strettamente legata al rispetto dell’‘azione Nietzsche’: di qui le diffidenze verso l’editore Beck di Monaco – presso cui, a partire dal 1933, era iniziata l’edizione storico-critica legata al culto nazista del filosofo – e ancor più verso l’editore Kröner, presso il quale era ancora attivo Alfred Baeumler, interprete di Nietzsche in una direzione «eroica» e germanica (Nietzsche der Philosoph und Politiker, leipzig 1931), ed esponente di primo piano del Partito nazionalsocialista: «il mio stato d’animo è nettamente ostile a quella casa editrice: se penso che stampano tranquillamente – “perché ha un bel titolo” – la Volontà di potenza – mi prende una gran rabbia» scrive Montinari a Colli (13 aprile 1964, cit. in Campioni 1992, p. 304), e ancora: «la nostra edizione sostituisce tutta l’edizione Kröner» (23 aprile 1964, cit. ibid., pp. 308 s.). La soluzione maturò, dopo vari tentativi, con l’interessamento e la mediazione, presso l’editore de Gruyter, di Karl Löwith, che ebbe modo di apprezzare il lavoro svolto dai due studiosi italiani in occasione del Colloquio internazionale di Royaumont (4-8 luglio 1964). Come emerge dall’intervento État des textes de Nietzsche, l’importanza della nuova edizione non viene fatta derivare da un aprioristico quanto astratto piano di pubblicazione, né da puntigliosi criteri metodologici, né da una discussione di principio sull’importanza o meno del Nachlass, ma da saldi risultati concreti (omissioni rilevanti, errori di lettura, frammenti non pubblicati, il grave arbitrio della compilazione Wille zurMacht ecc.), tali da togliere ogni dubbio sui limiti e sull’impraticabilità delle edizioni di Nietzsche già esistenti.

Nel mese di aprile del 1965 i primi contatti con de Gruyter si ebbero attraverso la mediazione di Karl Pestalozzi, destinato a diventare un grande amico di Montinari e a proseguirne il lavoro. I primi volumi dell’edizione tedesca uscirono nel 1967; a partire dal 1975 Montinari curò 21 volumi di opere e 16 di carteggi, oltre agli apparati critici alla quarta (1969) e alla settima Abteilung (1984 e 1986). Nel 1980 uscirono quindi i 15 volumi della Studienausgabe (dtv München/de gruyter Berlin), una tappa importante nella storia dell’edizione completa delle opere in quanto, oltre a riprodurre cronologicamente tutti i frammenti postumi dal 1869 al 1889, l’edizione anticipò, nei volumi 14 e 15, i risultati del commento e dell’apparato critico in fieri.

L’edizione portò alla luce preziosi inediti e arricchì (per gli anni 1869-89) di circa 1500 pagine i frammenti postumi disponibili, correggendo errori di decifrazione e arbitri compilativi delle precedenti edizioni. Basti ricordare anche l’uso spregiudicato di brani significativi del Nachlass da parte di Elisabeth Försternietzsche «per dare qua e là un po’ di sapore al brodo lungo e insipido della sua biografia» (Che cosa ha detto Nietzsche, 1999, p. 174), o le gravi e irreparabili censure cui fu sottoposto Ecce homo, pubblicato solo nel 1908.

Ai primi di novembre del 1970 Montinari tornò in Italia e si stabilì a Firenze, dove visse fino alla morte. Nell’anno accademico 1971-1972 gli fu conferito un incarico di lingua e letteratura tedesca presso la facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Urbino. Nell’ottobre 1972 vinse il concorso per una cattedra di lingua e letteratura tedesca. Il periodo di straordinariato, iniziato a Urbino (1973-1974), si concluse nel 1975-1976 alla facoltà di magistero dell’Università di Firenze, di cui fu preside dal 1976 al 1980. Nel 1980- 1981 fu Gastprofessor alla Freie Universität e nel 1981-1982 fellow del Wissenschaftskolleg di Berlino. Nel novembre del 1984 fu quindi chiamato a Pisa per l’insegnamento di lingua e letteratura tedesca presso la facoltà di lettere e filosofia. Negli ultimi anni della sua carriera accademica ricevette inoltre molti riconoscimenti internazionali per la sua attività di editore e di germanista, tra cui il prestigioso Gundolf-Preis.

La sera del lunedì del 24 novembre 1986 la morte lo sorprese, per un infarto, nella sua abitazione di Settignano (Firenze).

La prima interpretazione di Nietzsche da parte di Montinari venne proposta nel 1967, in una collana di alto livello e di ampia divulgazione (Nietzsche, Milano 1967). L’impostazione storica, l’uso delle fonti, l’accuratezza filologica segnavano una radicale novità nell’approccio al filosofo tedesco, destinata a consolidarsi negli studi successivi. Dal 1968 al 1986, Montinari pubblicò molti articoli e saggi in riviste specializzate internazionali. I suoi interessi spaziarono da Nietzsche e dai problemi e metodi dell’edizione, a Goethe, Wagner, Lou Salomé, Mann, Lukács, Baeumler, Cantimori e infine Heine, di cui curò, negli ultimi anni di vita, un volume per l’edizione critica (Späte Prosa: 1847-1856, Berlin-Paris 1988). Introdusse inoltre singoli volumi delle Opere e scritti di Nietzsche apparsi nella Piccola Biblioteca Adelphi, per cui aveva già curato nel 1977 una raccolta di scritti biografici giovanili. Tra le altre introduzioni da lui redatte si ricordano quella a R. Musil, Sulle teorie di Mach (Milano 1973), di cui curò anche la traduzione, e quella a R. Kunze, Sentieri sensibili (Torino 1982). Due raccolte, l’una in italiano (Su Nietzsche, Roma 1981) e l’altra tedesca (Nietzsche lesen, Berlin/new York 1982), testimoniano di questa feconda attività, parallela all’impegno scientifico quasi totale richiesto dall’edizione critica. Partecipò inoltre a vari congressi, convegni, seminari di germanistica, critica del testo, filosofia, in Italia, Germania, Inghilterra, Svizzera, Israele e, nel 1986, negli USA. Fu fondatore (1972) e codirettore dell’annuario internazionale Nietzsche-Studien e della serie Monographien und Texte fur die Nietzsche-Forschung (de Gruyter).

Un altro importante risultato riguardò, fin dall’inizio della sua attività filologica, le letture e la «biblioteca ideale» di Nietzsche che, come scrisse in un appunto, «non serve solo ad entrare dentro Nietzsche, ma serve ancor più ad uscirne, per cogliere nessi generali di storia della filosofia, della politica, della letteratura, della società in generale» (appunto non datato, cit. in Campioni, 1992, p. 127); mentre negli ultimi anni andò sviluppando l’analisi del rapporto di Nietzsche con la cultura francese a lui contemporanea (cfr. Nietzsche e la «décadence », 1984, e L’onorevole arte di leggere Nietzsche, in Belfagor, 1986), in merito alla quale condusse studi a Parigi durante un soggiorno nell’autunno del 1986.

Opere: Che cosa ha “veramente” detto Nietzsche, Roma 1975 (nuova ed. Che cosa ha detto Nietzsche, a cura di G. Campioni, Milano 1999; trad. tedesca Friedrich Nietzsche: eine Einführung, Vorw. Karl Pestalozzi, Berlin-new York 1991); Delio Cantimori e Nietzsche, in Belfagor, XXXiV (1979), 1, pp. 13-30; Ricordo di Giorgio Colli, in Giorgio Colli. Incontro di studio, a cura di S. Barbera - G. Campioni, Milano 1983, pp. 11-18.

Fonti e Bibl.: Carte, lettere e appunti di Montanari sono custoditi dalla moglie Sigrid Oloff Montinari. G. Campioni, M. M. in den Jahren von 1943 bis 1963, in Nietzsche-Studien, 17 (1988), pp. XV-lX; id., “Die Kunst, gut zu lesen”: M. M. und das Handwerk des Philologen, in Nietzsche- Studien, 18 (1989), pp. XV-LXXIV; id., Leggere Nietzsche: alle origini dell’edizione critica Colli- M. Con lettere e testi inediti, Pisa 1992; M. M. L’arte di leggere Nietzsche, a cura di P. D’Iorio, Firenze 1992; W. Müller-Lauter, Zwischenbilanz: zur Weiterführung der von M. Mitbegründeten Nietzsche-Editionen nach 1986, in Nietzsche- Studien, 23 (1994), pp. 307-316; V. Vivarelli, M. M.: zwischen Philologie und Philosophie, in Geschichte der Germanistik in Italien, hrsg. von H.-G. Grüning, Ancona 1996, pp. 179-190; G. Campioni, Die ‘ideelle Bibliothek Nietzsches’: von Charles Andler zu M. M., in Zur unterirdischen Wirkung von Dynamit. Vom Umgang Nietzsches mit Büchern zum Umgang mit Nietzsches Büchern, hrsg. von M. Knoche, Wiesbaden 2006, pp. 133- 142; id.‚ Der Karren unserer Arbeit ...: Sechzehn Briefe von M. M. an Delio Cantimori, in Nietzsche- Studien, 36 (2007), pp. 48-79; S. Giametta, Colli e M., Napoli 2007; K. Pestalozzi, Nietzsches Wiederkunft, in Nietzsche-Studien, 36 (2007), pp. 1-21; W. Stegmaier, Nach M. Zur Nietzsche- Philologie, in Nietzsche-Studien, 36 (2007), pp. 80-94.

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