ROSTAGNO, Mauro

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSTAGNO, Mauro

Maria Pia Bigaran

ROSTAGNO, Mauro. – Nacque a Torino il 6 marzo 1942 da Guido e da Gina Berruti, entrambi dipendenti FIAT, che dopo quattro anni ebbero un’altra figlia, Carla.

Studiò dai salesiani e poi al liceo scientifico; a diciassette anni si sposò con una coetanea conosciuta in vacanza, Maria Teresa Conversano; con lei ebbe una figlia, Monica, nata il 18 aprile 1961. Il matrimonio finì presto e in seguito fece l’operaio in Germania, l’addetto alle pulizie della metropolitana e lo scaricatore di frutta in Inghilterra, poi, a Milano, lavorò per otto mesi come operaio all’Autobianchi. Al principio degli anni Sessanta conseguì la maturità liceale e cominciò a occuparsi di politica nell’area del Partito socialista italiano di unità proletaria (PSIUP).

Nel 1963 Rostagno si iscrisse alla neonata facoltà di sociologia, a Trento, quando, contemporaneamente alle rivolte montanti nelle università americane, francesi e tedesche, stava nascendo il movimento studentesco. La comunità degli studenti sperimentava innanzitutto nuovi modi di essere, incontrarsi e organizzarsi, in un clima da «stato nascente» che in seguito ricordò come un’esperienza esistenziale preziosa e «irraccontabile» (La memoria dell’Università, 2014, p. 98). Divenne «leader carismatico», come affermano molti protagonisti di quella stagione; le testimonianze delineano il profilo di una personalità coinvolgente, giocosa, libertaria. La prima occupazione dell’istituto, nel gennaio 1966, intendeva rivendicare il riconoscimento giuridico della laurea in sociologia, allora a rischio di essere sacrificata in quella di scienze politiche, e si sviluppò attraverso la messa in discussione del sapere sociologico e dell’autoritarismo accademico; Rostagno, con Marco Boato e Luigi Chiais, nel 1966 fu nella commissione che interloquiva con l’istituto in merito alla definizione dello statuto e del piano di studi. Nell’autunno del 1967 con Renato Curcio, a cui lo legò un’immediata simpatia e con il quale coabitò per un certo tempo, si fece promotore dell’«università negativa», gruppo di studio che rileggeva testi ignorati nei corsi di laurea e ne redigeva di originali; in seguito, dopo che a dirigere l’istituto fu chiamato Francesco Alberoni, diede vita con il movimento studentesco all’«università critica», una forma di cogestione in chiave riformatrice che si sviluppò nella messa a punto di forme e contenuti alternativi della didattica.

Nel corso del 1969 la protesta si riversò fuori dall’università, indirizzandosi contro l’imperialismo e la guerra del Vietnam, cercando il collegamento alle lotte operaie. In un contesto politico già mutato in cui appariva urgente la presenza in altri luoghi caldi dello scontro sociale, molti esponenti del movimento lasciarono Trento. Tra questi c’era Rostagno, che tornò a Milano prima della laurea. Nell’autunno del 1969, insieme all’altro leader del movimento universitario trentino Boato, ai protagonisti della contestazione studentesca torinese (Luigi Bobbio, Enrico Deaglio, Guido Viale) e a militanti dell’organizzazione Potere operaio toscano (Adriano Sofri, Giorgio Pietrostefani), fu tra i fondatori del gruppo della sinistra extraparlamentare Lotta continua. Inizialmente la formazione si caratterizzò per la capacità aggregante e la forte impronta spontaneistica, operaista e di critica radicale nei confronti delle organizzazioni storiche del movimento operaio. Mauro si occupò del giornale e fece ‘lavoro politico’ nelle grandi fabbriche.

Fu un dirigente anomalo, disinteressato alle gerarchie. «In Lotta continua il prestigio di Mauro era fortissimo, e altrettanto forte l’affetto per lui: ma nella divisione dei ruoli tenne sempre una posizione un po’ eccentrica» (Sofri, 1988, p. 103).

Nel luglio del 1970 si laureò con una tesi intitolata Rapporto tra partiti, sindacati e movimenti di massa in Germania dal 1880 al 1914; nella commissione erano presenti Norberto Bobbio, Beniamino Andreatta, Francesco Alberoni e il voto, dopo una discussione provocatoria, fu 110 e lode. A Milano, a un concerto dei Led Zeppelin, conobbe Elisabetta (Chicca) Roveri, che divenne la sua compagna per gli anni a venire. Dal 1972 Lotta continua si diede una struttura più articolata e di partito; nel settembre di quell’anno Mauro si trasferì con Chicca a Palermo, dove svolse attività politica come responsabile regionale. Insieme a Peppino Impastato (ucciso dalla mafia il 9 maggio 1978) organizzò la protesta dei disoccupati senza tetto e l’occupazione della cattedrale di Palermo. Nel frattempo svolse l’incarico di assistente di sociologia alla facoltà di architettura.

Il 15 maggio 1973 a Palermo nacque Maddalena, figlia della coppia.

«Loro tre» attraversarono molti cambiamenti, come raccontò Maddalena nella biografia del padre (Rostagno - Gentile, 2011), dove si narra di luoghi, persone, case, canzoni, della quotidianità vissuta da lei, bambina e adolescente, e poi del dolore di una vita senza di lui, infine della ricerca della verità sul suo assassinio.

Partecipò come candidato di Democrazia proletaria alla campagna per le elezioni politiche del 1976. Nel maggio dello stesso anno il congresso di Rimini sancì di fatto lo scioglimento di Lotta continua; in quella sede furono contestate, soprattutto dal movimento femminista, l’organizzazione, la gerarchia e le pratiche politiche della militanza di partito, per rimettere al centro la soggettività e i bisogni individuali. Mauro si lasciò tutto alle spalle e tornò a Torino; come affermò più tardi, le tensioni del Sessantotto e quello che seguì erano stati «una grande emersione di nuovo che si vestiva di vecchio. Non siamo neppure riusciti a inventarci un linguaggio: usavamo parole antiche, terrificanti, inutili...» (intervista di C. Fava, 1988).

Iniziò un’altra fase della sua vita, di nuovo a Milano, dove insieme a Guia Sambonet e a un’altra decina di persone diede vita a Macondo (dal nome del villaggio dove Gabriel García Márquez aveva ambientato il romanzo Cent’anni di solitudine); in via Castelfidardo 7 una fabbrica dismessa venne trasformata in uno spazio che comprendeva ristorante, discoteca, luoghi attrezzati per l’ascolto della musica, per la lettura, per manifestazioni artistiche e mercatini.

Al Macondo affluirono spontaneamente persone di ogni tipo, ma fu anche un’esperienza che rappresentò la parte alternativa, eterogenea, informale e creativa di un movimento generato dalla dissoluzione delle organizzazioni politiche della ‘nuova sinistra’ («disgregazione è bello» e «dopo Marx, aprile» furono slogan di Mauro). Inaugurato il 29 ottobre 1977 con una grande festa, fu un locale frequentato anche da uomini di cultura come Alberto Arbasino, Mario Mieli, David Cooper, André Glucksmann.

Il 21 febbraio 1978 la polizia fece irruzione nel locale in seguito a una denuncia di abitanti del quartiere preoccupati che al Macondo i figli fumassero ‘spinelli’. Nella perquisizione fu trovato qualche grammo di hashish e Rostagno e gli altri vennero arrestati con gravi accuse. Nei giorni trascorsi in carcere a San Vittore cominciò a leggere Tecniche di liberazione (Milano 1977), libro del guru indiano Bhagwan Shree Rajneesh (diventato successivamente noto con il nome di Osho Rajneesh). L’8 marzo iniziò il processo, attorno al quale si radunò una folla di amici, sostenitori e intellettuali che testimoniarono il significato dell’esperienza di Macondo, valore riconosciuto nella sentenza che emise una condanna lieve (con l’attenuante di aver agito per motivi di particolare valore morale e sociale).

Conclusa definitivamente l’esperienza di Macondo anche per la difficoltà di far fronte allo spaccio e alla circolazione crescente di ‘droghe pesanti’, continuò l’avvicinamento alla predicazione di Shree Rajneesh, da cui ricevette il nuovo nome di Sanatano (eterna beatitudine); nel 1979 andò a vivere con Chicca e Maddalena in India, nell’ashram (comunità) che Rajneesh aveva fondato a Puna, dove trascorse il tempo dedicandosi a lavori umili, al giardinaggio, alla meditazione.

Quando nel 1981 Rajneesh decise di trasferire l’ashram in Oregon, negli Stati Uniti, i tre tornarono in Italia, accettando l’invito di Francesco Cardella a stabilirsi a Lenzi di Valderice (Trapani), dove quest’ultimo possedeva un baglio. Insieme fondarono una comunità di arancioni, come si chiamavano i seguaci di Rajneesh, Saman. Nel giugno del 1984 Saman si trasformò in una struttura di recupero per tossicodipendenti, non autoritaria ma fondata su «un patto tra uomini liberi». I vestiti indossati da chi vi abitava da arancioni divennero bianchi: Cardella «era il guru che prendeva le grandi decisioni; Chicca era la mamma, colei che organizzava la quotidianità di tutti; Sanatano era l’animatore, cioè l’anima» (Rostagno - Gentile, 2011, p. 91); i metodi terapeutici derivavano dalle tecniche di meditazione indiana, spesso guidate dalla musica e dalla danza, ma per prima cosa, come Mauro sostenne in un’intervista, l’aiuto consisteva nell’essere circondati da una «rete sociale stretta, calda, vicina, pressante, quotidiana» in un luogo bello e accogliente (Una vita di lusso, 1988, p. 110)

Nel dicembre del 1986 Rostagno fu contattato dall’editore Giuseppe Puccio Bulgarella di Radio tele cine (RTC), un’emittente privata di Trapani, che gli propose una collaborazione insieme ad alcuni ragazzi di Saman coinvolti in un progetto di reinserimento sociale. Ebbero così inizio le sue comparse alla televisione, un mezzo congeniale al suo talento di comunicatore, prima come ospite, poi come redattore. Fu un lavoro che lo coinvolse sempre di più, un nuovo approdo all’impegno civile, a contatto con la realtà trapanese e con i suoi abitanti: «Ho scelto di non fare televisione seduto dietro a una scrivania, ma in mezzo alla gente, con un microfono in pugno mentre i fatti succedono. Sociologicamente si chiama “primato dell’esistenza sul teorico”: e già questo è profondamente antimafioso» (la citazione è tratta da una lettera di Rostagno a Curcio, riportata in M. Serra, prefazione a Rostagno - Gentile, 2011, p. 16). Nei servizi, molto seguiti dai trapanesi, affrontò i problemi concreti della provincia (l’acqua, i rifiuti, il traffico di stupefacenti, l’emarginazione) e denunciò, nello specifico dei fatti di cui veniva a conoscenza, le pratiche mafiose insieme alla corruzione dell’amministrazione e del ceto politico. Riprese i contatti con Curcio, in carcere, «nello stato d’animo di chi intraprende, per scelta o per la forza delle cose, una nuova forma di vita, e sogna di associarle la nuova vita che l’altro dovrà a sua volta fabbricarsi all’uscita dal carcere» (Sofri, 2014, p. 20); la loro corrispondenza si svolse dal 1986 al 1988.

Il 26 settembre 1988, dopo aver registrato un editoriale contro gli assassini del giudice Antonio Saetta e di suo figlio Stefano, ammazzati poche ore prima vicino ad Agrigento, tornò in macchina alla volta di Lenzi assieme a Monica Serra, una giovane appartenente alla comunità.

Venne assassinato a cinquecento metri da casa, prima colpito da un fucile Breda calibro 12, poi da una pistola calibro 38. Monica, illesa, sentì una macchina partire e corse alla comunità a dare l’allarme; Chicca raggiunse subito Mauro, che trovò già senza vita.

Il giorno del funerale monsignor Antonino Adragna indicò nella mafia siciliana il mandante dell’omicidio; anche il deputato socialista Claudio Martelli parlò in un’intervista di pista mafiosa. La vicenda giudiziaria prese invece un altro corso, prima tentando collegamenti con l’ambiente di Lotta continua e con l’omicidio del commissario Luigi Calabresi, poi seguendo una pista interna alla comunità di Saman, che il 22 luglio 1996 portò al drammatico arresto, per favoreggiamento, di Chicca Roveri.

Queste ipotesi non ressero e si rivelarono frutto di una sequenza di depistaggi, costruzione di false prove, omissioni, errori, contro i quali lottarono Chicca, Maddalena, Monica e la sorella Carla, gli amici e gli ex compagni di Lotta continua. Il 2 febbraio 2011 a Trapani cominciò il processo (presidente della corte d’assise fu Angelo Pellino), concluso il 15 maggio 2014, a ventisei anni dall’omicidio: con la prova decisiva del DNA si giunse alla condanna in primo grado all’ergastolo di Vincenzo Virga, il mandante, e Vito Mazzara, l’esecutore, esponenti della mafia trapanese nel frattempo già incarcerati per altri gravi delitti. Nella città di Trento è in corso la realizzazione di un’opera dello scultore Jannis Kounellis (1936-2017) a lui dedicata.

Opere. M. Rostagno - C. Castellacci, Macondo, Como 1978; Crack! Si è rotto qualcosa, Torino, 1979; R. Curcio - M. Rostagno, Fuori dai denti, Milano 1980.

Fonti e Bibl.: F. Cardella - E. Roveri - M. Rostagno, La scuola del Sud, Lenzi 1988; A. Sofri, Mauro, un uomo libero, in MicroMega, 1988, n. 4, pp. 99-104; Una vita di lusso. M. R., intervista di N. Caracciolo, ibid., pp. 105-120; intervista di C. Fava, in King, agosto 1988, www.ciaomauro.it/ ciaomauro-king2.pdf (7 febbraio 2017); L. Gullo, Trento, amore antico. L’ultima intervista di R. in Tv, in L’Ora, 26 settembre 1989; M. Rostagno, Parole contro la mafia, a cura di S. Mugno, Ravenna 1992; M. Rostagno - A. Gentile, Il suono di una sola mano. Storia di mio padre M. R., Milano 2011; A. Sofri, Reagì M. R. sorridendo, Palermo 2014; La memoria dell’Università. Le fonti orali per la storia dell’Università degli studi di Trento (1962-1972), a cura di G. Agostini - A. Giorgi - L. Mineo, Bologna 2014.

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