MATTEO di Giovanni

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 72 (2008)

MATTEO di Giovanni

Michela Becchis

MATTEO di Giovanni. – Nacque a Borgo San Sepolcro da Giovanni d’Agnilo (o Agnolo) di Bartolo Manni e da Francesca di Matteo Agniluccio. L’anno di nascita non è documentato, ma poiché M. ricevette un pagamento a Siena nel 1452, per questa data doveva essere maggiorenne, avere cioè venticinque anni. Dovette quindi nascere tra il 1425 e non oltre il 1430, poiché intorno a questo anno suo padre morì e poco dopo la madre si sarebbe risposata avendo altri tre figli. M. fu affidato, come da prassi, alla famiglia del padre, più precisamente a ser Francesco di Bartolo, notaio a Siena dove risultava allirato già poco dopo il 1431 (L. Paardekooper, in M. di G. e la pala d’altare…, p. 90). M. dovette, quindi, giungere in quella città entro la prima metà degli anni Trenta. Fu a Siena infatti che si svolse tutta la sua formazione avvenuta tra un possibile primo contatto con Pietro di Giovanni Ambrosi, pittore senese ben noto a Sansepolcro, e un più lungo e influente legame con Lorenzo di Pietro, detto il Vecchietta, forse direttamente nella bottega di quest’ultimo.

L’effettiva presenza di M. presso il Vecchietta è ancora oggetto di discussione critica: infatti, se nelle sue prime opere certe il dato stilistico inoppugnabile è l’assoluta aderenza allo stile di quello, e in particolare alla personalissima lettura che egli offrì della lezione di Donatello e delle sue opere senesi, è pur vero che il Vecchietta giocò un ruolo forte e capillare nella formazione degli artisti della stessa generazione di M. seppure non tutti presenti nella sua bottega.

I primi documenti relativi all’attività di M. sono, come accennato, del 1452 e riguardano la pittura e doratura di una statua lignea eseguita anni prima da Iacopo della Quercia (Iacopo di Piero); in questi documenti M. risulta essere in società con Giovanni di Pietro con cui, l’anno successivo, nella denuncia alla Lira, dichiara di condividere una piccola bottega, le masserizie relative alla professione di pittore, ma anche l’assoluta mancanza di qualsiasi guadagno. Questa difficoltà sembra essere confermata dall’atto in cui lo zio, sempre nel 1453, dichiarava di avere ancora a carico e residente presso di sé il nipote Matteo.

La società con questo Giovanni di Pietro ha dato luogo a varie ipotesi, poiché parte della critica ritiene il socio di M. un fratello del Vecchietta, noto però ai documenti come Nanni di Pietro (e questa parentela renderebbe più probabile l’apprendistato di M. presso il Vecchietta: P. Palladino, in M. di G. e la pala d’altare…, pp. 49-56); mentre altri pensano si tratti di Giovanni di Pietro da Corsignano, pittore minore e privo di opere certe (A. Angelini, in M. di G.: cronaca…, p. 14).

Sempre nel 1452 M. dipinse per il Comune la tavola di Biccherna, conservata ad Amsterdam (Museo nazionale, n. 392D2), e ritenuta l’opera più antica del suo catalogo. Nel 1457, ancora in società con Giovanni di Pietro, ricevette dei pagamenti riguardanti la decorazione della cappella di S. Bernardino nel duomo. In questo periodo vanno collocate anche le prime commissioni importanti relative a opere di più ampio respiro. Risalgono infatti ad anni compresi tra il 1458 e il 1460 dei pagamenti che l’ospedale di S. Maria della Scala versò al solo M. per conto della chiesa di S. Pietro a Ovile; tali documenti, pur non facendo riferimento ad alcuna opera, debbono essere messi in relazione con la pala dell’Annunciazione, eseguita poco prima per quella chiesa (Pecci) e oggi smembrata tra il Museo diocesano di Siena (Annunciazione e laterali con S. Giovanni Battista e S. Bernardino), il Museo del Louvre a Parigi (Natività della Vergine) e la collezione Johnson, Philadelphia Museum of art (Sposalizio e Ritorno a casa della Vergine).

Nella pala, che doveva essere una sorta di copia quattrocentesca della celeberrima Annunciazione di Simone Martini, elemento che fuorviò anche parte della critica che riteneva opera di epigoni trecentisti, riescono già a emergere elementi caratteristici della prima fase della pittura di M.: uno sperimentalismo spaziale ed espressivo che verte intorno alla lezione di Donatello elaborandone una lettura monumentale e caricata, dotata già di una certa originalità rispetto alla lezione offerta dal Vecchietta.

A un periodo che giustamente è stato collocato intorno al 1456 risale il completamento del polittico per S. Giovanni in Val d’Afra a Borgo San Sepolcro la cui parte centrale era costituita dal Battesimo di Cristo di Piero della Francesca (Londra, National Gallery). Fu il medesimo committente di Piero, don Nicoluccio Graziani, a dare l’incarico a M., come dimostrano gli stemmi dipinti sui pilieri del polittico.

M. eseguì le ante con S. Pietro e S. Paolo, i Santi nei pilastri, i tondi nelle cuspidi e la predella con Storie di s. Giovanni Battista (Sansepolcro, Museo civico). Il costante raffronto con la rivoluzionaria parte centrale di quel polittico, elemento che dovette pesare non poco anche negli sforzi di M. per il raggiungimento di fisicità quasi ipertrofiche e spazi perfettamente misurabili, ha spesso diminuito l’effettivo valore delle parti spettanti a M. che invece si mostrano come il momento di maggiore slancio interpretativo che l’allora giovane pittore offrì di tutte le complesse istanze delle ricerche artistiche rinascimentali.

Intorno al 1458, M. ricevette un’importante commissione da parte del ricco mercante senese Iacopo Scotti per un’altra pala d’altare da porre nella chiesa di S. Agostino ad Asciano (ora conservata ad Asciano nel Museo di Palazzo Corboli).

Nella forma dell’opera si legge bene la progressiva, moderna trasformazione del polittico in pala centinata, messa a punto da M., forse sulla scorta delle idee di Piero, ma poste in essere secondo la caratteristica versione senese; tramite il tipico colorismo senese lucido e smaltato l’artista propone arditi scorci e fughe prospettiche sempre riferibili all’arte del suo più famoso concittadino. Secondo una convincente ipotesi basata sulla incongruenza iconografica della predella posta al di sotto di questa pala, nonché sulla lettura del testamento di Iacopo Scotti, appare molto probabile che questi abbia commissionato a M., sempre in quel torno di anni, un’altra pala che doveva trovarsi sull’altare della S. Croce sempre in S. Agostino.

Il capolavoro di questa prima fase dell’attività di M. è la pala, firmata e datata 1460, per la cappella di S. Antonio da Padova nel battistero senese (Siena, Museo dell’Opera del duomo) in cui i ricordi pierfrancescani diventano dotte citazioni. Fra il 1460 e il 1462 vanno collocati anche la Madonna col Bambino e quattro angeli della Galleria degli Uffizi di Firenze e i dipinti con la Madonna col Bambino e cherubino e la Madonna col Bambino, santi e angeli, entrambi a Washington, National Gallery.

Nel 1458 era stato eletto papa Enea Silvio Piccolomini; e nello straordinario fervore artistico che investì Siena, il contado e la nuova Pienza, anche M. fu convocato dal pontefice, certo entro il 1462, affinché eseguisse ben due pale per gli altari del duomo di quella città. Rispettando le precise indicazioni che, come è noto, Bernardo Rossellino fornì a tutti gli artisti relativamente alla forma che queste pale dovevano avere, M. eseguì quella di S. Girolamo per la navata sinistra e quella di S. Matteo per il transetto destro.

Nella prima egli continuò le ricerche volumetriche e prospettiche già presenti nei lavori precedenti; nella seconda, eseguita entro il 1464, pur mostrando un riavvicinamento allo stile del Vecchietta, in particolare alle sculture di questo, emerge un’attenta interpretazione dell’arte di Antonio Pollaiolo, elemento che M. ripropose di frequente anche in opere successive, associata a un gusto antiquario tipico della Siena piccolominiana.

L’intensa attività di questi anni, svolta in prevalenza per autorevoli committenti, aveva dato a M. un certo benessere e una buona rilevanza sociale, tanto che, entrato nella Compagnia di S. Girolamo, cui sarebbe rimasto iscritto fino alla morte, nel 1463 ne divenne camerlengo. Tuttavia nel 1465, sempre nella dichiarazione alla Lira, risulta abitare ancora con lo zio.

Il 1470 apre un decennio ampiamente documentato e scandito da una corposa serie di opere tutte di alta risonanza. Questa è la data apposta, insieme con la firma, sull’imponente polittico eseguito per la cappella Della Ciaia a S. Maria dei Servi e di cui rimane la parte centrale con la Madonna in trono col Bambino e quattro angeli (Siena, Pinacoteca nazionale).

Considerata un vero e proprio snodo nel catalogo di M., l’opera si mostra come un riassunto di tutte le esperienze viste e interpretate fin lì dal pittore con l’aggiunta di una personalissima riproposizione di certi moduli decorativi tipici del Trecento senese. Il successo avuto da questa pala, che M. si era impegnato a completare entro due anni, fu tale che già nel 1472 un nobile senese chiedeva per la sua tomba un dipinto che fosse in tutto e per tutto uguale a quello di M. (Trimpi, 1987, pp. 44 s.).

A conferma di un’agiatezza che si era ormai trasformata in ricchezza, nel 1471 M. pagava la tassa sul lusso per aver donato alla moglie Contessa una cinta di broccato d’oro.

Nel 1474 tornò ad Asciano per eseguire la pala che recava al centro l’Assunzione della Vergine (Londra, National Gallery) e nei laterali S. Agostino e S. Michele Arcangelo (Asciano, Museo di Palazzo Corboli).

È qui che egli mostra di aver meditato su ciò che più lo aveva colpito dei monumentali lavori miniatori compiuti a Siena dai due «nordici» Liberale da Verona e Girolamo da Cremona, in particolare nell’uso dei colori vivissimi, quasi di metallo, nella fantasia decorativa e in una nuova allungata sinuosità delle figure. Proprio intorno a questi anni, quasi a conferma di un tale interesse verso i due artisti, deve collocarsi l’attività miniatoria di M. che intervenne nei corali della chiesa senese dell’Osservanza, in particolare nei Salteri 1, 5, 11 (Siena, Museo dell’Osservanza Aurelio Castelli).

La famiglia Placidi, patrona dal 1471 di una cappella dedicata a S. Girolamo in S. Domenico, commissionò a M. una pala la cui esecuzione si protrasse tra il 1473 e il 1476 e di cui rimangono in loco la Madonna col Bambino e angeli e i laterali con S. Girolamo e S. Giovanni Battista, mentre gli scomparti della predella sono divisi fra l’Art Institute di Chicago (Storie di s. Girolamo), una collezione privata (Crocifissione) e il Lindenau Museum di Altenburg (S. Agostino e S. Vincenzo Ferrer). In parte decurtata, la lunetta con l’Adorazione dei pastori è alla Pinacoteca nazionale di Siena.

In questa opera, che ha avuto una singolare vicenda di smembramenti e accorpamenti con parti di opere di altri artisti, M. continua a reinterpretare gli spunti nordici a cui si è accennato, dispiegandoli in particolare sul paesaggio rutilante e pietroso (D. Sallay, in M. di G.: cronaca…, pp. 44-47).

Nel 1477 ricevette l’incarico dagli eredi del vescovo di Pienza, Giovanni Cinughi, di eseguire una pala per la chiesa di S. Maria della Neve a Siena.

Questo decennio di grandi opere si chiude nel 1478-79, ancora a S. Domenico, con una committenza dell’università dei fornai per cui il pittore eseguì la pala di S. Barbara, ancora oggi nella chiesa. Il livello di raffinatezza pittorica raggiunto da M., unito a un impiego d’oro davvero impressionante, rendono quest’opera quasi un gioco di astrazione, con le figure delle sante fluttuanti nei bagliori.

Durante l’ottavo decennio e i primi del nono, M., certamente aiutato da una bottega via via sempre più nutrita visto l’aumentare costante delle committenze, eseguì anche una cospicua serie di opere tra cui cassoni nuziali e tavole di formato ridotto, forse destinati a devozione privata, che mantengono una certa raffinata eleganza e tra cui spicca la Madonna col Bambino e due angeli (Buonconvento, Museo d’arte sacra della Val d’Arbia) e la Madonna col Bambino, i ss. Girolamo e Giovanni Battista e altri due santi (Firenze, Galleria degli Uffizi). In questi stessi anni cominciano con ogni probabilità a far parte dei suoi aiutanti alcuni dei protagonisti della generazione successiva come Guidoccio Cozzarelli e Pietro Orioli.

Non resta traccia della morte della prima moglie; ma il 27 luglio 1479 M. sposò in seconde nozze Orsina del Taia. Negli anni immediatamente successivi M. dovette risiedere sempre a Siena: infatti il nono decennio si apre con una serie di impegni legati al duomo. Intorno al 1480 si colloca l’esecuzione della pala per l’altare Celsi (Siena, Museo dell’Opera del duomo); sempre nel 1480 l’Opera acquistava marmi quasi certamente destinati alla messa in opera di una delle parti più celebri del pavimento del duomo (transetto sinistro), la Strage degli innocenti voluta da Alberto Aringhieri, «operaio» del duomo e cavaliere gerosolimitano. L’attribuzione dei cartoni e della peritissima direzione dei lavori a M. è unanime, benché non vi siano documenti che lo citino espressamente (A. Pezzo, in M. di G.: cronaca…, pp. 146-156).

Il fatto che M. ripeta in un decennio per quattro volte questa tragica iconografia è stato molto di frequente messo in relazione con la presa di Otranto da parte dei Turchi e il massacro da questi compiuto proprio nel 1480, e con l’orrore che il fatto suscitò. Tuttavia, se è vero che Pio II visse come un’ossessione la necessità di una crociata contro i Turchi e adoperò ogni modo, arte compresa, affinché tutto l’Occidente se ne convincesse, c’è da dire che una delle Stragi potrebbe essere stata dipinta prima di quel tragico 1480. Infatti, secondo parte della critica, la Strage che si trovava già alla fine del Quattrocento nella chiesa napoletana di S. Caterina a Formello, chiesa molto cara ai re aragonesi di Napoli (ora conservata a Napoli, Museo nazionale di Capodimonte), potrebbe essere stata eseguita da M. più a ridosso del viaggio a Siena dell’erede al trono Alfonso d’Aragona duca di Calabria, compiuto nel 1478 (Bologna). Tale ipotesi non può essere tralasciata anche perché l’iscrizione posta sul dipinto è stata ampiamente ritoccata tanto da lasciare autentico e parzialmente leggibile solo un difficile «MCCCC […]XVIII».

Tornando a Siena, pagamenti certi a M. si hanno in relazione all’esecuzione in duomo del perduto baldacchino per il pulpito di Nicola Pisano nel 1482 e del «disegno […] d’una Sibilla dinanzi all’altare de Chalzolari» (la famosa Sibilla Samia) tra il 1482 e il 1483 (Angelini, p. 526). Sempre nel 1482, secondo quanto recita l’iscrizione apposta sulla tavola, M. eseguì un’altra Strage degli innocenti per la chiesa di S. Agostino (Siena, Museo civico), opera che faceva parte di una pala «all’antica» successivamente smembrata e di cui rimane buona parte della lunetta (Esztergom, Museo cristiano). Nella frequente ripetizione di questo tema è opportuno notare la straordinaria versatilità e fantasia iconografica di M. che riesce in un’impaginazione fissa classicheggiante, antiquaria, spazialmente calibrata a introdurre una cospicua serie di variazioni di alto livello.

Come diretta conseguenza di tanta attività, il livello di agiatezza del pittore aumentava; e tra il 1485 e il 1489 egli acquistò diverse case in città. Inoltre, nel 1486, M. risultava essere tra gli eredi dello zio notaio. Nel frattempo riallacciò anche i rapporti con Borgo San Sepolcro: infatti una serie di documenti lo attesta nella città natale per risolvere problemi legati all’eredità materna (J.R. Baker, in M. di G. e la pala d’altare…, pp. 125-127) e, sempre in questi anni, i serviti di Borgo San Sepolcro, forse sull’onda dell’enorme successo avuto dalla pala dipinta da M. per i serviti di Siena, gli chiesero un’opera anche per la loro chiesa cittadina. Nel 1485 è molto probabile che, essendo in zona, egli attendesse anche alla pala con la Madonna in trono col Bambino per la chiesa di S. Agostino ad Anghiari. Dopo lunga trattativa, nel luglio del 1487 accettò di dipingere la pala con l’Assunzione della Vergine per i serviti di Borgo San Sepolcro che destinarono a lui un’ingente raccolta di fondi avviata già due decenni prima. La pala, completata solo nel 1492, molto probabilmente fu eseguita a Siena dove M. risulta essere autore delle tavole di Biccherna per gli anni 1487 e 1489. Nel 1491, sempre nella chiesa dei serviti di Siena, portava a termine la quarta Strage degli Innocenti per l’altare Spannocchi.

Entro il 1493 attese, con un gruppo di pittori più giovani, al ciclo di eroi ed eroine dell’antichità eseguito in occasione delle nozze di Silvio Piccolomini dipingendo la Giuditta (Bloomington, Indiana University Art Museum). Sempre nei primi anni Novanta va posta la pala con la Madonna col Bambino e i ss. Sebastiano, Guglielmo, Maddalena e Lucia per la chiesa di S. Lorenzo a Montepescali in cui gli ampi interventi di bottega mostrano una drastica riduzione del lavoro da parte di Matteo. Tuttavia nel 1493 o 1494 la potente famiglia Tancredi, ottenuto un patronato in S. Domenico, allogò al pittore l’esecuzione di una grandiosa pala d’altare; ma di questa importante commissione M. riuscì a portare a termine solo la lunetta con Cristo in pietà tra angeli, s. Michele Arcangelo e la Maddalena. La Natività sottostante è, infatti, opera di Francesco di Giorgio.

Non si conosce la data di morte di Matteo.

Romagnoli (p. 680) lo dice morto il 1° giugno 1495, ma Trimpi (1987, p. 21), in base a una diminuzione delle imposte accordata al pittore dalla Balia nel 1496 e a un pagamento a suo nome effettuato all’Ufficio delle preste nel maggio 1497, lo ritiene morto proprio in quest’anno. Tuttavia le buone obiezioni avanzate relativamente a una certa lentezza degli uffici delle imposte senesi nella registrazione dell’avvenuto decesso di un contribuente non rendono questi ultimi due documenti definitivamente dirimenti (L. Paardekooper, in M. di G. e la pala d’altare…, pp. 30 s.); mentre l’esecuzione di una parte esigua della commissione Tancredi lascerebbe ancora propendere per la data registrata da Romagnoli.

Fonti e Bibl.: G.A. Pecci, Relazione delle cose più notabili della città di Siena, Siena 1752, p. 118; E. Romagnoli, Biografia cronologica de’ bell’artisti senesi, 1200-1800 (ante 1835), IV, Firenze 1976, pp. 623-684; G.F. Hartlaub, M. da Siena und seine Zeit, Strassburg 1910; P. Bacci, I primi ricordi del pittore M. di G. in Siena, in Riv. d’arte, XI (1929), pp. 125-130; M.L. Gengaro, M. di G., in La Diana, IX (1934), 3-4, pp. 149-185; J. Pope-Hennessy, M. di G.’s Assumption altarpiece, in Proporzioni, III (1950), pp. 81-85; F. Bologna, Napoli e le rotte mediterranee della pittura. Da Alfonso il Magnanimo a Ferdinando il Cattolico, Napoli 1977, pp. 155-158; E.S. Trimpi, «Iohannem Baptistam Hieronymo aequalem et non maiorem». A predella for M. di G.’s Placidi altarpiece, in The Burlington Magazine, CXXV (1983), pp. 457-467; Id., A re-attribution and another possibile addition to M. di G.’s Placidi altarpiece, ibid., CXXVII (1985), pp. 363-367; Id., M. di G.: Documents and a critical catalogue of his panel paintings, dissertazione, University of Michigan, Ann Arbor 1987; A. Angelini, in Francesco di Giorgio e il Rinascimento a Siena. 1450-1500 (catal., Siena), a cura di L. Bellosi, Milano 1993, pp. 126-135, 476 s., 525 s.; D. Charboneau, M. di G.’s predella from S. Maria dei Servi, Siena, now in San Francisco, in Studi storici dell’Ordine dei servi di Maria, XLIII (1993), pp. 151-155; V. Tátrai, in Christian Museum, Esztergom, a cura di P. Cséfalvay, Budapest 1993, pp. 238 s.; L. Bellosi, Due precisazioni sulla pittura a Siena intorno alla metà del Quattrocento, in Napoli, l’Europa. Ricerche di storia dell’arte in onore di F. Bologna, a cura di F. Abbate - F. Sricchia Santoro, Catanzaro 1995, pp. 79-83; S. Buricchi, M. di G. Opere in Toscana, Città di Castello 1998; P. Leone de Castris, Museo nazionale di Capodimonte. Dipinti dal XIII al XVI sec.: le collezioni borboniche e post-unitarie, Napoli 1999, pp. 68-70; M. di G. e la pala d’altare nel Senese e nell’Aretino: 1450-1500. Atti del Convegno… 1998, a cura di D. Gasparotto - S. Magnai, Montepulciano 2002; L. Martini, Tabulae pictae e altri ornamenti per la cattedrale di Pienza, in Pio II e le arti. La riscoperta dell’antico da Federighi a Michelangelo, a cura di A. Angelini, Cinisello Balsamo 2005, pp. 251-279; M. di G.: cronaca di una strage dipinta (catal.), a cura di C. Alessi, Siena 2006; R. Massagli, M. di G., in Maestri senesi e toscani nel Lindenau-Museum di Altenburg (catal.), a cura di M. Boskovits, Siena 2008, pp. 162- 170; Diz. biografico dei miniatori italiani: secoli IX-XVI, a cura di M. Bollati, Milano 2004, pp. 749 s.; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIV, pp. 256 s.

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