PLASTICHE, MATERIE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1981)

PLASTICHE, MATERIE (XXVII, p. 493; App. I, p. 492; II, 11, p. 555; III, 11, p. 428)

Mario Baccaredda Boy

Produzione e impieghi. - La produzione annua mondiale di m. p., che aveva raggiunto nel 1960 i 7 milioni di t e superato i 28 nel 1970, è andata gradualmente crescendo fino al 1974, anno nel quale è stata stimata pari a circa 43 milioni di t; nel 1975 la produzione, a causa della recessione economica mondiale aggravata dal rincaro dei prodotti petroliferi, non ha mantenuto il ritmo di aumento degli anni precedenti e si è ridotta a 36,5 milioni di t, per risalire a 46 nel 1976.

Negli Stati Uniti, di gran lunga il maggior produttore mondiale, la produzione del 1974 è ammontata a 13.350.000 t, distribuita come segue in base al tipo di prodotto (in milioni di t): polietilene a bassa densità 2,769; polistirene e suoi copolimeri 2,328; polivinilcloruro e suoi copolimeri 2,180; polietilene ad alta densità 1,275; polipropilene 1,061; schiume metacriliche 0,622; resine fenoliche 0,587; resine ureiche e melamminiche 0,475; resine poliestere 0,425; resine viniliche (escluso polivinilcloruro) 0,420; resine alchidiche 0,388; resine acriliche 0,243; resine cumaroniche 0,160; resine epossidiche 0,106; resine poliammidiche 0,088; resine cellulosiche 0,076; poliacetali, policarbonati, fluoroplasti e altri 0,147.

Per il 1973 la produzione dell'Europa occidentale è stata valutata a 16,5 milioni di t, quella dell'Europa orientale a 5,1, quella del Giappone a 6,5 e quella del resto del mondo (escludendo quella degli SUA, circa uguale alla produzione del 1974) è stata valutata a circa 2 milioni di tonnellate.

La produzione italiana del 1977 può essere ritenuta pari a 2,3 milioni di t. Il consumo negli otto settori di applicazione più importanti è rappresentato dalle seguenti percentuali: imballaggio 29,6; edilizia 17,5; arredamento 7,2; elettrodomestici 4,2; calzature 4,3; trasporti 4,0; agricoltura 4,0; radio-TV 1,0; oltre agl'innumerevoli altri impieghi industriali e civili, che assorbono il restante 28,2%.

Peso molecolare. - È nota l'importanza della determinazione del peso molecolare medio per la previsione delle caratteristiche di lavorabilità e d'impiego degli alti polimeri che costituiscono le m. p. (App. II, 11, p. 556). Dal rapporto tra il valore del peso molecolare medio determinato per via osmometrica Mn (che corrisponde a una media numerica) e quello determinato per via viscosimetrica Mw (che corrisponde a una media ponderale) si calcola il "grado di inomogeneità" del polimero. Tuttavia una conoscenza completa del prodotto dal punto di vista della dispersione dei pesi molecolari si può avere soltanto in base alla curva di distribuzione dei pesi molecolari.

La determinazione di quest'ultima presentava fino a qualche anno fa gravi difficoltà; si doveva infatti ricorrere al frazionamento del polimero, cioè alla sua suddivisione, per mezzo della precipitazione o della dissoluzione frazionate, in diverse frazioni di peso molecolare più o meno omogeneo e alla determinazione di quest'ultimo in ogni frazione. Solo la sedimentazione delle soluzioni forniva, generalmente mediante l'impiego dell'ultracentrifuga, e comunque con esperimenti di lunghissima durata, delle curve che, peraltro sotto molte ipotesi semplificative più o meno approssimate, potevano essere ritenute rappresentative della reale distribuzione dei pesi molecolari nel campione.

Oggi vari metodi cromatografici e soprattutto quello della cromatografia a permeazione di gelo (GPC) permettono di risolvere rapidamente il problema. Si tratta di una cromatografia su colonna nella quale la fase stazionaria è costituita da un polimero reticolato granulare (gelo) che viene rigonfiato dal solvente non acquoso nel quale è disciolto il campione di polimero. A mano a mano che la soluzione passa attraverso i granuli del gelo, le molecole più piccole del polimero, che diffondono più rapidamente delle grandi, penetrano più profondamente in esso e, nella successiva fase di eluizione, impiegano più tempo per essere eluite; mentre per le molecole più grandi si verifica l'inverso; queste ultime pertanto passano tanto più rapidamente attraverso la colonna quanto maggiori sono le loro dimensioni. La colonna cromatografica viene tarata con campioni di polimero di peso molecolare uniforme e noto.

Nella fig. 1 è schematizzato l'apparecchio di Waters, che richiede solo poche ore per una determinazione. Il solvente è pompato in modo continuo nelle due colonne (di cui una i di riferimento e l'altra l destinata al campione) e quindi al rifrattometro differenziale m; una valvola g introduce il campione di polimero nel solvente e, richiudendosi, dà inizio alla fase successiva di eluizione. Le differenze tra gl'indici di rifrazione della soluzione e del solvente puro sono registrate attraverso una fotocella p che invia un impulso ogniqualvolta il sifone raccoglitore n scarica un determinato volume di eluito.

Copolimeri di struttura preordinata. - Ai copolimeri disordinati (random), nei quali le diverse unità monomeriche si succedono lungo la catena in modo casuale, e dei quali sono note le molte applicazioni (App. III, 11, p. 430), si sono aggiunti i "copolimeri a blocchi", "i copolimeri aggraffati" e i "copolimeri alternati".

Nei copolimeri del primo tipo si succedono lungo la catena blocchi più o meno lunghi della stessa unità, alternati con blocchi dell'altra unità, secondo lo schema

La preparazione di questi tipi di copolimeri può essere realizzata polimerizzando separatamente ciascun monomero fino alla formazione di oligomeri, cioè di prodotti a basso peso molecolare, detti anche "prepolimeri", e unendo successivamente questi ultimi tra loro attraverso i loro gruppi funzionali oppure per reazione con un composto bifunzionale. Impiegando particolari processi di polimerizzazione anionica con materie prime di partenza molto pure, si possono ottenere dei prepolimeri "viventi", cioè tali che, consumato completamente il primo monomero, sono capaci di continuare la polimerizzazione col secondo.

Tra le applicazioni dei copolimeri a blocchi si devono citare le cosiddette gomme termoplastiche, le cui catene polimeriche sono costituite da blocchi elastomerici (per es. polibutadienici) e da blocchi termoplastici (generalmente polistirolici); questi prodotti, oltre che come elastomeri (v. in questa App.), hanno interesse anche nel campo delle m. p., in quanto dotati di particolari proprietà meccaniche, quali un'altissima resistenza all'urto e un alto allungamento alla rottura. Anche i poliuretani (App. III, 11, p. 431), costituiti da macromolecole a segmenti alternati flessibili e rigidi, oltreché come elastomeri, trovano vaste applicazioni anche come m. p., soprattutto sotto forma di "schiume" più o meno flessibili o rigide.

Introducendo unità di alcole vinilico nel polietilene ad alta densità mediante copolimerizzazione si ottengono prodotti atti a sostituire la cellulosa in varie applicazioni, anche in forma di fibre.

Prodotti molto stabili all'idrolisi sono costituiti da copolimeri a blocchi di sililammine e composti poliossidrilici.

Nei copolimeri aggraffati o a innesto una delle sue unità monomeriche fa parte soltanto della catena principale e l'altra delle catene laterali o ramificazioni, secondo lo schema

I copolimeri aggraffati vengono preparati generalmente polimerizzando un secondo monomero in presenza di un prepolimero del primo monomero, nel quale si producono dei centri attivati mediante l'azione di adatti reattivi, come perossidi o sistemi di ossido-riduzione; oppure per trasferimento dell'attivazione da una catena in crescita a un prepolimero già formato; o infine per irradiazione, con radiazioni di alta energia, del polimero di base in presenza del secondo monomero.

I copolimeri aggraffati trovano la loro più importante applicazione nel campo delle m. p. nella cosiddetta plastificazione interna, che consiste nella sostituzione dei plastificanti con sostanze di grandezza molecolare e di costituzione analoga, le quali però, anziché essere semplificamente addizionate alla m. p., vengono chimicamente legate con legami covalenti al polimero che la costituisce, appunto per mezzo della copolimerizzazione per aggraffatura o innesto. Con questo metodo di plastificazione viene eliminata l'eventualità che la m. p. possa alterarsi nelle sue proprietà durante l'impiego per evaporazione o per trasudamento del plastificante. Tuttavia la plastificazione interna può risultare in certi casi meno efficace della plastificazione esterna, non avendosi nel primo caso la possibilità di quei fenomeni di aggregazione-disaggregazione di natura dinamica tra plastificante e polimero che, secondo recenti vedute, sarebbero alla base della plasticazione.

Anche la copolimerizzazione per aggraffatura può dar luogo a prodotti dotati di particolari caratteristiche meccaniche. Alcuni tipi di polistirolo antiurto (App. III, 11, p. 430) vengono prodotti per innesto di polistirolo su copolimero butadiene-stirolo; copolimeri aggraffati di esteri acrilici con cloruro di vinile o altri monomeri vinilici presentano migliore resistenza a trazione, alta tenacità e resilienza; pure alta resilienza presentano prodotti aggraffati ottenuti innestando copolimeri etilene-propilene con monomeri vinilici che presentano anche buone caratteristiche di adesività.

Impieghi molto importanti trova infine l'innesto di polimeri sintetici sulle fibre cellulosiche naturali e artificiali per migliorare la resistenza all'abrasione, alle pieghe, agli agenti chimici e ai batteri e per impartire proprietà idrofobe, idrorepellenti e ignifughe ai filati e ai tessuti.

Sono stati pure preparati copolimeri alternati del tipo

i quali, per la loro regolarità di struttura, potrebbero dar luogo a prodotti di particolari caratteristiche.

Nuovi catalizzatori stereospecifici e nuovi polimeri stereoregolari. - Oltre agli originali catalizzatori Ziegler-Natta costituiti da alogenuri di metalli di transizione e alluminio-alchili, sono stati introdotti numerosi altri tipi di catalizzatori stereoespecifici, tra i quali alcuni costituiti da alogenuri di metalli dell'8° gruppo del sistema periodico e monocloruro e dicloruro di alluminio-alchili.

Tra le nuove poliolefine stereoregolari di un certo interesse industriale possono essere ricordate il polibutene-1 isotattico, il poli-4-metilpentene-i isotattico, il poli-3-metilbutene-i isotattico che, pur essendo altamente cristallino, è trasparente e il polipropilene sindiotattico. Anche le olefine cicliche possono essere polimerizzate attraverso apertura di uno dei legami semplici dell'anello a polimeri stereospecifici del tipo cis-trans; così dal ciclopentene è possibile ottenere un polipentenamero trans-tattico che può presentare interesse sia come elastomero sia come m. p., anche per rivestimenti di fili e superfici metalliche.

Polimeri resistenti alle temperature elevate. - Le m. p. presentano temperature massime d'impiego che, rispetto a quelle di altri materiali, sono relativamente basse. Ciò è dovuto al fatto che le resine termoplastiche, già a temperature non molto elevate, rammolliscono o fondono, con immediato annullamento della loro resistenza meccanica; anche le resine termoindurenti, d'altra parte, pur essendo infusibili, sono soggette col riscaldamento ad alterarsi, anche per reazione con l'ambiente circostante e soprattutto con l'ossigeno dell'aria, e a decomporsi fino alla carbonizzazione.

La ricerca di m. p. atte a resistere a temperature relativamente elevate aveva portato già da molto tempo all'introduzione in commercio di polimeri fluorurati come il politetrafluoroetilene (App. II, 11, p. 558; App. III, 11, p. 431), tra le resine termoplastiche e i siliconi (App. III, 11, p. 826), tra le resine termoindurenti; tali scelte erano basate sull'elevata energia dei legami chimici C−F e Si−O, rispettivamente presenti nei due tipi dei polimeri citati, rispetto a quelle dei legami chimici presenti nelle unità monomeriche, dei comuni polimeri organici. I tentativi d'introdurre m. p. contenenti altri elementi metallici, come il boro, l'alluminio, il titanio, il germanio o il fosforo, non hanno avuto successo pratico.

In molti casi è stato constatato che la scarsa stabilità termica dei prodotti era da imputarsi a impurezze in essi contenute, spesso costituite da residui di catalizzatori provenienti dalla polimerizzazione e progressi sono stati realizzati in questo senso attraverso la purificazione più spinta dei prodotti di partenza e dei prodotti della polimerizzazione. In altri casi, come in quello del poliossimetilene (App. III, 11, p. 430), è stato possibile migliorare la stabilità termica bloccando, mediante acetilazione, i gruppi terminali ossidrilici del polimero dai quali s'inizia una decomposizione che si propaga lungo la catena o anche introducendo lungo la catena piccole percentuali di unità monomeriche diverse mediante copolimerizzazione.

A parità di composizione chimica, quello che determina la resistenza di una m. p. alle temperature elevate è il grado di cristallinità. Difatti, mentre un materiale amorfo può essere impiegato solo a temperature sensibilmente inferiori a quella della transizione dallo stato vetroso (giacché, oltre questo limite, il polimero tende a trasformarsi in una massa molle e gommosa), i polimeri altamente cristallini possono essere portati a temperature poco inferiori a quella di fusione senza che presentino forti variazioni di proprietà (e il punto di fusione delle parti cristalline è quasi sempre molto più alto di quello della transizione vetrosa delle parti amorfe); ciò naturalmente sempreché, prima, non s'inizino dei fenomeni di decomposizione di natura chimica. Pertanto la scoperta della catalisi stereospecifica ad opera di G. Natta e della sua scuola e dei polimeri stereoregolari aventi grande tendenza alla cristallizzazione ha portato un importante contributo anche in questo campo.

Oltre all'entità dell'energia dei legami interatomici (ivi compresi quelli trasversali tra molecole inizialmente diverse) e alla cristallinità, influiscono pure sulla stabilità termica degli alti polimeri le forze attrattive intermolecolari (di van der Waals, dipolari, legami idrogeno); queste ultime, a differenza dei legami covalenti intermolecolari, non impediscono la cristallizzazione delle macromolecole, ma anzi, se distribuite lungo le catene in modo regolare, possono facilitarla, come nel caso delle poliammidi (App. III, 11, p. 431).

In questi ultimi anni il miglioramento della resistenza meccanica e chimica alle temperature elevate, soprattutto in vista di applicazioni missilistiche, nucleari e aerospaziali, è stato conseguito preparando nuovi tipi di alti polimeri caratterizzati da elevata rigidità delle catene e, conseguentemente, da elevate temperature di transizione dallo stato vetroso e da elevati punti di fusione. Ciò è stato ottenuto introducendo nella catena principale gruppi aromatici ed eterociclici. Tra i nuovi polimeri introdotti vanno ricordate le seguenti classi:

a) I polifenilenossidi o polifenileneteri, la cui catena è costituita da anelli fenilici collegati mediante ponti ossigeno. I prodotti più interessanti sono quelli nei quali il collegamento avviene in posizione para, cioè nel modo seguente:

Gli anelli aromatici possono contenere dei sostituenti in una o più posizioni, come gruppi metilici, atomi di alogeno e altri, la cui presenza porta a notevoli modificazioni nelle proprietà del materiale.

Questi prodotti vengono preparati per polimerizzazione ossidativa a partire dai corrispondenti prodotti fenolici in presenza di un catalizzatore a base di un sale di rame complessato con un'ammina, oppure per policondensazione dei corrispondenti parabromofenati alcalini, con catalizzatore a base di rame metallico in soluzione di piridina.

Il prototipo di questa categoria di polimeri, cioè il poli-p-feniletere non sostituito, pur essendo dotato dì stabilità termica e di proprietà meccaniche eccezionali, non è stato finora molto utilizzato per le difficoltà di lavorazione. Più importante, dal punto di vista pratico, è il poli-2,6-dimetil-p-feniletere, prodotto dalla General Electric sotto il nome commerciale di PPO, della formula:

Questo materiale è termoplastico, è solubile in vari solventi e può essere foggiato con quasi tutti i metodi convenzionali. Esso non mostra sensibili abbassamenti del modulo di elasticità fino alla temperatura di 200 °C, né è soggetto a decomposizione per prolungata azione dell'aria fino a 150 °C, presenta una temperatura di transizione vetrosa di 208 °C, una resistenza meccanica a trazione di 700 kg/cm2, una temperatura di distorsione di 190 °C, elevate durezza e resilienza, limitati scorrimento viscoso e ritiro ed è autoestinguente per la fiamma; presenta pure buone caratteristiche elettriche. Il suo punto d'infragilimento è pure estremamente basso (− 170 °C), nonostante l'elevata rigidità intrinseca delle catene. In conclusione il PPO mostra un'ottima combinazione di proprietà fisiche, meccaniche ed elettriche e di resistenza al calore, ai reagenti chimici e ai solventi.

b) I polifenilensolfuri, che corrispondono ai polifenilenossidi in quanto contengono, al posto dei ponti ossigeno della catena, dei ponti −S−. Vengono preparati per policondensazione, a temperatura elevata, di para-alotiofenati alcalini. Presentano caratteristiche analoghe ai corrispondenti prodotti ossigenati, ma sono più duri, e maggiormente resistenti al calore, ai reagenti chimici e ai solventi.

c) I polisolfoni, che sono polimeri lineari le cui catene sono costituite da anelli fenilenici alternati a gruppi solfonici

Il "polisulfone" della Union Carbide presenta però la seguente unità monomerica:

e viene preparato attraverso reazione di p, p′-diclorodifenil-sulfone col sale sodico del bisfenolo A. Presenta ottime proprietà meccaniche e di resistenza al calore e agli agenti chimici, anche superiori a quelle dei polimeri precedentemente descritti, accanto a una notevole facilità di formatura.

d) I poliparaxilileni, che corrispondono alla formula

nella quale tuttavia gli anelli aromatici possono contenere sostituenti costituiti da atomi di alogeno, gruppi alchilici o gruppi arilici, in varie posizioni. Si ottengono dai corrispondenti paraxiloli attraverso un particolare metodo di polimerizzazione pirolitica in fase vapore, mediante la quale il polimero è ottenuto direttamente sotto forma di film di piccolo spessore aderente alla superficie del metallo o del vetro che si vuole ricoprire. I due principali prodotti commerciali sono il "parilene N" (poliparaxililene) e il "parilene C" della Union Carbide (polimonocloroparaxililene) e presentano le strutture

Sono prodotti che compensano, agli effetti della loro resistenza alle temperature elevate, le relativamente basse temperature di transizione dallo stato vetroso con un elevato grado di cristallinità. Il primo dei due prodotti presenta anche buone proprietà elettriche. Non è invece soddisfacente il comportamento dei parileni alle temperature elevate in presenza di aria: sono anche sensibili alla luce solare e in complesso, salvo qualche impiego particolare, devono essere considerati meno pregiati dei prodotti citati in precedenza.

e) Poliammidi aromatiche e poliesteri aromatici, che sono costituiti da polimeri lineari corrispondenti alle unità monomeriche rispettivamente del tipo

dove Ar e Ar′ rappresentano dei nuclei aromatici semplici o condensati o del tipo del difenile. Possono essere preparati rispettivamente dalle corrispondenti dianidridi e diammine o dai cloruri dei corrispondenti acidi con composti ossidrilati. Tra questi prodotti i più interessanti sono il nomex della soc. du Pont, che è un copolimero impiegato sia sotto forma di fibre, sia sotto forma di fogli sottili, la resina MMMP della Monsanto che è un poli-1,3-fenilenisoftalammide e il DFTPA, poli-4,4′-difenilentereftalammide. Sono prodotti che presentano tutti, già a temperatura ordinaria, moduli di elasticità e resistenze meccaniche che sono più elevati di quelli del nailon e che rimangono quasi inalterati fino a temperature comprese tra 400 oC e 500 °C. Tanto le temperature di transizione dallo stato vetroso delle parti amorfe, quanto quelle di fusione delle parti cristalline sono infatti molto elevate, rispettivamente superiori a 300 e a 400 °C. I prodotti commerciali presentano concatenamenti tra gli anelli aromatici alternati in para e in meta, perché quelli a concatenamento esclusivamente in para, pur presentando migliori caratteristiche di stabilità termica, sono difficilmente lavorabili. La loro temperatura limite d'impiego prolungato può arrivare ai 250 °C e presentano anche buone caratteristiche elettriche. Si prestano perciò alla sostituzione di molti materiali come la mica e i siliconi nel campo delle applicazioni elettriche ed elettroniche e anche, sotto forma di fibre, alla sostituzione delle fibre di vetro nella fabbricazione di articoli protettivi per aeronautica, astronautica e missilistica.

f) Polimeri eterociclici, che sono polimeri lineari che contengono nella catena dei gruppi eterociclici, aromatici o no, eventualmente alternati con gruppi alifatici carbociclici, aromatici, cicloalifatici. Tali catene risultano estremamente rigide soprattutto quando gruppi eterociclici aromatici si alternano con altri gruppi aromatici a causa dell'elevato effetto di coniugazione che ne deriva e i prodotti non sono lavorabili in quanto del tutto insolubili e infusibili. Alternando invece tali gruppi con altri flessibili è possibile ottenere prodotti lavorabili.

Un tipo di questi prodotti contiene nella catena legami immidici, generalmente compresi tra due nuclei aromatici. La loro preparazione avviene in due stadi: una dianidride di un acido tetracarbossilico, quale l'anidride piromellitica (ottenuta a sua volta per ossidazione catalitica del 1,2,4,5,-tetrametilbenzene) viene condensata a temperatura moderata in soluzione con una diammina aromatica, secondo la reazione

Nel secondo stadio l'acido poliamminico così ottenuto viene disidratato per riscaldamento a circa 300 °C, o per trattamento con agenti disidratanti, dando una poliimmide insolubile e infusibile:

La formatura viene realizzata sul prodotto del primo stadio.

Il più importante polimero appartenente a questa classe si ottiene per reazione tra anidride piromellitica e 4,4′-diamminodifeniletere, che corrisponde alla unità monomerica.

Viene prodotto industrialmente dalla du Pont sotto forma di film (Kapton H) e di barre (Vespel) e anche sotto forma di fibre. Nonostante il suo elevatissimo punto di transizione dallo stato vetroso (circa 600 °C) viene commerciato in polveri che possono essere formate sotto l'azione di alte temperature e pressioni, con una tecnologia simile a quella "delle polveri" della metallurgia; le barre possono essere lavorate con le comuni macchine utensili. Presenta elevatissima stabilità termica, eccezionali proprietà meccaniche, che si mantengono buone anche a temperature elevate e buone proprietà dielettriche. Può essere impiegato per tempi illimitati fino a 250 °C in aria, fino a 300 °C in atmosfere inerti. Presenta buone caratteristiche anche a temperature bassissime, fino a −250 °C; è stabile anche alle radiazioni, ai solventi e ai reagenti chimici.

Sono state sintetizzate anche altre classi di polimeri eterociclici. Le poliesteroimmidi contengono nella catena un gruppo estere e un gruppo immidico, generalmente compresi tra due nuclei aromatici:

Le poliammidoimmidi contengono almeno un legame immidico e un legame ammidico, pure generalmente compresi tra nuclei aromatici:

Infine i polibenzoimidazoli, i poliossadiazoli, i politiazoli, i politriazoli e le polichinossaline, contenenti rispettivamente i gruppi:

g) I polimeri cosiddetti ladder, cioè "a scaletta", che sono costituiti da due catene principali collegate insieme, a regolari intervalli, da legami covalenti, quale risultano, per es., dalla ciclizzazione del polivinilisocianato, per azione di un iniziatore radicalico, secondo lo schema:

Miscele di polimeri. - L'addizione di un polimero a un altro polimero di natura non troppo diversa, qualora la miscela risulti omogenea e tale si mantenga durante l'impiego, cioè nel caso di compatibilità tra i due polimeri, dà talvolta luogo a prodotti che presentano globalmente caratteristiche più favorevoli per determinati impieghi.

In alcuni casi l'aggiunta di un polimero a un altro polimero ha lo stesso effetto dell'aggiunta di un plastificante; così il polietilene, che non risulta compatibile con i normali plastificanti, può diventare adatto a molte applicazioni miscelandolo con polipropilene, gomma butile, copolimeri etilene-acetato di vinile, gomme termoplastiche stirolo-butadiene-stirolo.

In altri casi s'innalza fortemente la resilienza; miscele di polistirolo con elastomeri forniscono vari tipi di polistirolo antiurto, non inferiori, talvolta, ai corrispondenti copolimeri. Anche miscele di polivinilcloruro con elastomeri presentano buona resistenza all'urto e quelle con poliacrilonitrile presentano altre caratteristiche interessanti, come quella di forti allungamenti a rottura. Talvolta si verifica anche un innalzamento del modulo di elasticità o della resistenza a trazione nella miscelazione di polimeri.

La miscelabilità di due prodotti può essere migliorata con l'aggiunta di un terzo polimero che presenti buona compatibilità con ciascuno di essi.

Agenti accoppianti nei plastici rinforzati. - Allo scopo di migliorare l'adesione tra le fibre di vetro e la resina si realizzano dei trattamenti della prima con i cosiddetti agenti accoppianti, che sono costituiti da derivati dei silani, del tipo R−Si (OCH3)3, facilmente idrolizzabili per effetto dell'umidità; si verificherebbe la formazione di legami silossanici Si−O−Si tra la superficie della fibra e l'agente accoppiante, il quale aderirebbe contemporaneamente alla resina attraverso la fo1mazione di altri legami con i gruppi funzionali di quest'ultima.

Stampaggio rotazionale. - Nel campo della tecnologia della formatura degli oggetti in m. p. (App. III, 11, p. 431-33), specialmente per la fabbricazione di oggetti cavi, è stato introdotto lo stampaggio rotazionale. In questo tipo di lavorazione la m. p. viene impiegata sotto forma di polvere e introdotta a freddo negli stampi; questi, una volta chiusi, vengono montati in una macchina che realizza un movimento di rotazione biassiale, intorno a due assi rotanti simultaneamente, a 90° l'uno rispetto all'altro (fig. 2). In tal modo la polvere si distribuisce uniformemente aderendo alla parete interna dello stampo. Successivamente il sistema è introdotto in una camera di riscaldamento e, una volta raggiunta la fusione della massa, in una camera di raffreddamento. Si possono avere macchine con spostamento del supporto portastampo o macchine a supporto multiplo rotante, con camere di riscaldamento e di raffreddamento opportunamente disposte, a forma di galleria circolare (fig. 3).

Il riscaldamento e il raffreddamento delle camere può essere realizzato per mezzo di aria calda o fredda o per mezzo di getti liquidi; il riscaldamento, per stampi di forma semplice, anche per mezzo di irraggiamento infrarosso; si può anche raffreddare per mezzo di introduzione diretta di aria o di gas inerte all'interno degli stampi.

Lo stampaggio rotazionale, nonostante la complessità dell'apparecchiatura mobile, risulta generalmente più economico delle altre tecniche di stampaggio di oggetti cavi, specie di quelli a cavità multipla o di forma complicata, soprattutto per la maggiore semplicità degli stampi che non devono essere riscaldati e raffreddati all'interno (App. III, 11, p. 432) e per grandi produzioni continue.

Materie plastiche ed ecologia. - Anche se si calcola che di tutti i residui solidi le m. p. rappresentino mediamente solo il 6%, contro il 59% di carta, il 16% di metalli, il 6% di vetro e il 13% di oggetti di varia natura, l'incidenza delle prime sui problemi dello smaltimento è molto notevole per la loro pratica indistruttibilità, mentre la carta è soggetta alla disintegrazione e alla biodegradazione, i metalli alla corrosione e anche gli altri materiali, inclusi quelli lapidei e cementizi, sono soggetti ad azioni chimiche, meccaniche e di gelificazione.

Le m. p. in generale e in particolare quelle di più largo impiego, come contenitori sotto forma di film sottili (polietilene, polipropilene, polivinilcloruro e polistirolo), non vengono attaccate da parte dei microorganismi, cioè non sono biodegradabili.

Si potrebbe pensare che per riduire la resistenza delle m. p. agli agenti atmosferici e quindi la loro permanenza nell'ambiente, sia sufficiente ridurre o sopprimere l'uso degli stabilizzanti e in particolare degli antiossidanti, cui vengono normalmente addizionati; così facendo però se ne comprometterebbero molte applicazioni, oggi divenute praticamente indispensabili.

Tuttavia un impiego più razionale degli antiossidanti può dare un contributo alla soluzione del problema; è stato dimostrato, per es., che alcuni antiossidanti come certi ditiocarbammati metallici per la stabilizzazione del polietilene, possono restare attivi solo per un limitato periodo di tempo, trascorso il quale accelerano il processo di decomposizione per azione della luce.

Più concrete possibilità di applicazione offre l'osservazione del fatto che sostanze contenenti il gruppo chetonico

sono abbastanza stabili alla luce, ma subiscono l'attivazione fotochimica da parte di radiazioni con lunghezze d'onda minori di 330 nm che sono presenti nella luce solare. Introducendo nelle catene di una macromolecola un gruppo chetonico, è quindi possibile produrre un materiale stabile alla luce visibile, ma che degrada abbastanza rapidamente per rottura della catena sotto l'azione diretta e persistente della luce solare, secondo il seguente schema:

La velocità di decomposizione dipende unicamente dall'intensità della luce ultravioletta assorbita.

In base a questo concetto è stata realizzata la fabbricazione, in America e in Europa, della "ecolite", che è una m. p. ottenuta da etilene (ecolite E) o da propilene (ecolite P) o da polistirolo (ecolite S), o da loro miscele con acrilonitrile o con altri monomeri vinilici mediante copolimerizzazione o terpolimerizzazione con un altro monomero contenente il gruppo chetonico in adatta posizione. Con polimeri di policondensazione, come poliammidi e poliesteri, è possibile realizzare prodotti analoghi partendo da monomeri bifunzionali contenenti il gruppo chetonico.

I prodotti, una volta sufficientemente degradati, diventano biodegradabili, giacché, per polimeri lineari, la biodegradabilità si verifica quando la lunghezza della catena scende sotto un certo limite. Le percentuali di monomero chetonico necessarie per ottenere tempi di biodegradazione sufficientemente brevi sono modeste e ciò fa sì che le proprietà dei polimeri così modificati non siano sensibilmente alterate rispetto a quelle del polimero originale e che l'aumento di costo sia mantenuto in limiti accettabili.

Dal punto di vista della possibilità di distruzione per incenerimento le m. p. si presenterebbero favorevolmente, se non fossero sempre presenti tra i rifiuti quantità apprezzabili di polimeri alogenati e soprattutto di polivinilcloruro, a causa delle sue vaste applicazioni; quest'ultimo svolge nella pirolisi acido cloridrico, pericoloso inquinante atmosferico e agente corrosivo per le apparecchiature d'incenerimento. È anche possibile il ricupero selettivo delle m. p. dai rifiuti, specie attraverso metodi di flottazione che permettono, entro certi limiti, la loro separazione e quindi il reimpiego, o, in alcuni casi, il riottenimento del monomero.

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