MATERIALI

Enciclopedia Italiana - IX Appendice (2015)

MATERIALI.

Claudio Caneva

– Nanomateriali. Metamateriali. Grafene. Fullerene. Nanotubi di carbonio. Nanocompositi. Sistemi nanoelettromeccanici. Vetro di alte prestazioni. Nanotecnologie e biomateriali. Bibliografia

La scoperta e la produzione di nuovi m. è stata sempre sollecitata dalle continue richieste dell’evoluzione della tecnologia che sostiene le esigenze delle attività umane. Il diffondersi nel secondo dopoguerra del trasporto, soprattutto aereo, ha, per es., richiesto m. leggeri e resistenti. Ciò ha consentito non soltanto lo sviluppo di leghe leggere (soprattutto di alluminio), ma anche quello dei m. compositi, in genere a matrice polimerica. Negli anni Sessanta i metallurgisti hanno ideato, realizzato e caratterizzato centinaia di nuove leghe per il progetto Concorde, l’aereo passeggeri supersonico poi costruito da un consorzio franco-inglese. Parallelamente, nello stesso periodo, si è registrato un grande sviluppo dei m. ceramici sia per soddisfare le esigenze della ricerca nel settore aerospaziale (per es., per la protezione dei veicoli di rientro nell’atmosfera), sia per altri settori tra i quali il medicale, la meccanica calda, i generatori di energia. Ai nostri giorni, la globalizzazione e le esigenze di comunicazione, anche per via satellitare, hanno portato a sviluppare i m. per il settore elettronico e spaziale, esasperando prestazioni e miniaturizzazione. I nuovi m. hanno anche consentito di sviluppare strumenti di ricerca più sofisticati (per es., SEM, Scanning Electron Microscope) e le apparecchiature di produzione di prodotti di alta tecnologia (per es., computer, smartphone, microrobotica, micromeccanica, meccatronica). Oggi la tendenza è quella di non sostituire i m. tradizionali (acciai, legno, polimeri, ceramici), tuttora validi e consolidati nelle tipiche applicazioni che si conoscono, ma di arricchirli per migliorarne le prestazioni e renderli disponibili per futuri impieghi attualmente non realizzabili. Il fine di massimizzare le prestazioni che si richiedono, non deve avere però l’effetto di sacrificarne altre, come avveniva in passato con i m. tradizionali. Per es., ottenere elevata durezza e resistenza senza sacrificare tenacità, come invece avviene con la tempra dell’acciaio o con l’impiego dei m. ceramici. Le conoscenze acquisite consentono di operare sulla struttura dei m. a livello atomico-molecolare, intervenendo sui legami, e sull’energia interna, producendo modificazioni dosate e mirate a livello atomico: si è entrati nell’era delle nanotecnologie, ovvero nella scienza genetica dei m., nello studio del loro ‘DNA’, ossia un’ingegneria della materia a livello molecolare (v. nanotecnologia). Esempi di queste innovazioni sono il grafene, il fullerene, i nano tubi di carbonio (CNT, Carbon Nano Tube) che afferiscono alle nanotecnologie, ovvero alle tecnologie che operano a livello nanometrico (10-9 m). Inoltre assume sempre più rilievo il concetto di efficienza dei materiali, che consiste nell’utilizzarne al meglio le prestazioni riducendo il più possibile quantità utilizzate e peso, per diminuirne anche il consumo energetico unitario di produzione e di impiego. Per es., sistemi di trasporto più leggeri, motori meno inquinanti, allungamento dei cicli di vita compatibilmente con le obsolescenze tecnologiche. Il successo delle nanotecnologie è in parte dovuto alla necessità di soddisfare queste esigenze, ormai improcrastinabili in un mercato globale. Questi concetti hanno determinato un nuovo modo di utilizzo dei m., sempre più dedicati e specifici per l’insieme di caratteristiche e prestazioni che devono soddisfare. Frequentemente le conoscenze scientifiche e tecnologiche consentono di realizzare il m. più idoneo per la funzione richiesta, la durata, il ciclo di vita, lo smaltimento, il riciclo. Quando questo non si realizza lo si deve essenzialmente a motivi di costi e di opportunità. Un problema che si presenta con i nanomateriali è quello della tossicità per l’ambiente umano. Le polveri contenenti particelle o fibre delle dimensioni nanometriche non sono trattenute dai filtri naturali delle vie respiratorie e passano direttamente nei polmoni. È il caso, per es., dei nanotubi di carbonio. Questi possono impiantarsi negli alveoli polmonari e creare stati infiammatori permanenti che tendono a evolversi verso forme a rischio per la salute. Tale aspetto ne rende più problematico l’uso, la produzione, lo smaltimento, e richiede pertanto una specifica tecnologia di gestione e una normativa dedicata.

Nanomateriali. – I nanomateriali presentano caratteristiche specifiche del tutto inedite che si basano sugli effetti di superficie e quantistici. In particolare l’elevato rapporto superficie/volume e la grande energia superficiale che ne caratterizzano la microstruttura hanno grande influenza sull’attività di interazione tra le diverse fasi presenti. A questo effetto si deve il conseguimento di proprietà meccaniche e fisiche più elevate. Tipicamente si è visto che i metalli nanocristallini presentano una resistenza meccanica 10 volte superiore rispetto ai macro/microcristallini. Il nichel con grani cristallini di circa 40 nm ha carichi di rottura superiori a 1700 MPa. Si è anche osservato che i meccanismi di deformazione improntati sul movimento di dislocazioni, ben conosciuti per i metalli a granulometria normale, non sono completamente validi per i grani cristallini di scala nanometrica. In particolare al di sotto dei 20-10 nm di diametro, l’effetto sulla resistenza della diminuzione dimensionale del grano sembra divenire trascurabile, senza una ragione evidente, e costituisce quindi un campo di ricerca ancora da esplorare.

I nanomateriali hanno origini antiche anche se non ne era no ben noti i principi fisici del comportamento e non se ne intravedeva l’importanza per un’estensione generalizzata. La gomma dei pneumatici, caricata con carbon black (nerofumo) allo scopo di migliorarne le proprietà meccaniche, ne è un tipico esempio. I nanomateriali hanno suscitato notevole interesse negli ultimi anni, perché aprono un canale di sviluppo di enormi possibilità nel quale trovano riscontro applicazioni industriali in una vasta gamma di settori. Oltre a quello della meccanica, dell’elettronica, e sanitario, si possono citare quello dei tessuti sintetici che incorporano nanopolveri per ottenere effetti antibatterici, ignifughi, idrorepellenti o proprietà autopulenti. Rivestimenti estremamente sottili di nanopolveri proteggono dalla corrosione o dalla erosione le turbine dei propulsori aeronautici. Altre applicazioni si hanno nelle costruzioni civili, nel settore automobilistico e aerospaziale, in quello della protezione ambientale e dello stoccaggio di energia (idrogeno in particolare). Nanomateriali sono anche impiegati per la formazione di elettrodi attivi per le batterie agli ioni di litio, per i dispositivi emettitori di luce, e per assorbire agenti chimici e biologici.

Metamateriali. – I metamateriali, termine coniato da Rodger M. Walser (Università del Texas, Austin) nel 1999, sono m. compositi in grado di interagire con onde acustiche e luminose e più in generale con le onde, secondo modalità non accessibili ai m. convenzionali. Il comportamento dei metamateriali è determinato dalle proprietà delle loro unità costitutive e dalla loro integrazione. Hanno proprietà elettromagnetiche particolari e sono utilizzati in ottica e fotonica. La loro principale caratteristica è di avere un indice di rifrazione negativo, non presente in nessuno dei m. naturali. I metamateriali sono attualmente utilizzati in applicazioni d’avanguardia. Tra queste vi sono certamente il mantello per l’invisibilità, in grado di deflettere i raggi di luce che incidono sulla sua superficie in modo da annullare la diffusione della luce stessa, creando così un effetto di trasparenza, e le iperlenti, che superano alcuni limiti fisici intrinseci delle lenti convenzionali, come il limite diffrattivo, ovvero l’impossibilità di ottenere immagini di oggetti più piccoli della lunghezza d’onda della luce impiegata.

Grafene. – Il grafene, scoperto nel 2004 da Andrei Gejm e Kostantin Novoselov (due fisici dell’Università di Manchester), è un m. costituito da uno strato monoatomico di atomi di carbonio, dotato di resistenza e flessibilità molto elevate. La struttura è formata da atomi di carbonio ibridati sp2, per cui si dispongono con legami a 120° formando una rete di esagoni regolari. In presenza di difetti, la disposizione a celle esagonali può contenere strutture di tipo pentagonale o ottagonale. Nel primo caso, lo strato planare del grafene si deforma fino ad assumere forme coniche o sferiche (fullereni). Nel secondo caso può accadere che vi siano deformazioni fino a formare strutture molto complesse. I nanotubi di carbonio possono essere considerati dei cilindri di grafene e anche presentarsi chiusi alle estremità con superfici emisferiche di fullerene. Si comprende quindi che si tratta di strutture molto versatili che possono dare origine a diverse famiglie di componenti con proprietà anche molto differenti. Il grafene è estremamente leggero (con una densità di 0,77 mg/m², espressa in questi termini in quanto m. bidimensionale) e con eccezionali proprietà meccaniche sia di resistenza sia di elasticità (con un carico di rottura intorno a 42 N/m e modulo di Young attorno a 1 TPa). Presenta una resistenza meccanica da 100 a 300 volte maggiore di quella dell’acciaio. Nei m. compositi può costituire un valido agente di rinforzo e di tenacizzazione delle matrici, sia polimeriche sia ceramiche. La sua efficacia è dovuta anche alla configurazione planare che gli consente un maggior ostacolo alla propagazione delle cricche nella matrice.

Il grafene ha le migliori proprietà di conduttore, sia termico sia elettrico, oggi conosciute, ed essendo praticamente formato, in una delle dimensioni, da un solo atomo, si presenta bidimensionale e costituisce il m. più sottile oggi esistente (0,35 nm di spessore). Se depositato su una superficie risulta perfettamente trasparente e quindi invisibile. In campo elettronico con la complessità e la miniaturizzazione dei circuiti diviene sempre più importante smaltire il calore che si produce nei circuiti integrati, per cui il grafene può esplicare bene la funzione di efficace dissipatore termico e stabilizzare la funzionalità dei dispositivi. Come conduttore elettrico viene usato nei semiconduttori. Nel 2011 la IBM (International Business Machines) ha realizzato transistor al grafene con frequenza di funzionamento fino a 155 GHz e lunghezza del gate di 40 nm, mentre la University of California, Los Angeles (UCLA) è giunta a 300 GHz. Si ricorda che analoghi transistor realizzati con arseniuro di gallio non superano i 40 GHz. Il grafene potrebbe relegare il silicio al dominio dei ricordi del passato e i transistor potrebbero ridursi alle dimensioni di 5 nm. Sfruttandone l’elevata conduttività elettrica, si potranno costruire microprocessori più veloci, più piccoli e più efficienti di quelli attuali a base di silicio, anche se in tempi non brevi. Sono comunque già disponibili monitor sottili come fogli e facilmente arrotolabili in borsa. Va rilevato tuttavia che il grafene ha proprietà di conduttività elettrica più complesse rispetto ai semiconduttori tradizionali in quanto manca di una banda proibita di energia e sovverte tutte le regole riguardo al movimento degli elettroni attraverso un dispositivo da esso costituito. Ciò significa che le costruzioni tradizionali di dispositivi elettronici verosimilmente non potranno funzionare con il grafene, e le nuove architetture per dispositivi evoluti dovranno essere completamente riprogettate. Sempre a causa dell’ottima conduttività elettrica il grafene trova applicazione nel foto-voltaico migliorandone prestazioni ed efficienza. Altra interessante applicazione si trova negli impianti di desalinizzazione, utilizzando il grafene come filtro salino in un processo di osmosi inversa. Rispetto agli impianti tradizionali si ottiene un notevole risparmio energetico, con un’efficienza di gran lunga superiore. Sfruttando la capacità del grafene di assorbire piccole molecole, si potrebbero costruire sensori ultrasensibili, per rivelare tracce microscopiche di vari gas e avere un controllo fullerene dell’inquinamento ambientale.

Un ulteriore possibile uso riguarda l’impiego della polvere di grafene nelle batterie elettriche, attualmente uno dei mercati principali della grafite, aumentandone l’efficienza grazie a un maggiore rapporto superficie/volume e a una migliore conduttività del grafene. Essendo trasparente e buon conduttore elettrico, questo m. potrebbe essere utilizzato per la produzione di touch screens e celle solari ad alta efficienza, in sostituzione sia della tecnologia al silicio sia di quelle costosissime basate su elettrodi di ossido di indio-stagno o ossido di stagno drogato al fluoro.

Il grafene interviene in termini risolutivi su uno dei problemi che riguardano la costruzione e l’impiego dei m., sia tradizionali sia avanzati, alla luce delle nuove tecnologie sostenibili e a basso impatto ambientale, attraverso la sua applicazione come m. strutturale e l’uso come rinforzo nei m. compositi a matrice polimerica. Per la sua notevole resistenza meccanica si può disporre di m. strutturali resistentissimi e allo stesso tempo sottili, elastici e leggeri, utilissimi per satelliti, aerei e dispositivi aerospaziali. L’elevato rapporto resistenza/peso può consentire vantaggiosi alleggerimenti e risparmi di carburante e di conseguenza di emissione di CO2.

Fullerene. – Scoperto nel 1985 da Harold Kroto, Robert Curl e Richard Smalley (premi Nobel per la chimica), ha struttura molecolare a forma sferica con un singolo strato di 60 atomi di carbonio disposti ai vertici di un icosaedro troncato (solido formato da 20 esagoni e 12 pentagoni). Si possono anche creare fullereni con strutture a superfici sferiche concentriche e con numero di atomi di C maggiore. Il nome deriva dalla somiglianza della struttura a quella delle cupole geodetiche progettate dall’architetto Buckminster Fuller. Sono dotati di notevoli proprietà ottiche e fotovoltaiche, in sostituzione del tradizionale silicio. Questi m. possono contenere molecole di gas o di altre sostanze. Per quest’ultima proprietà hanno interesse in campo biologico per il rilascio controllato e selettivo di farmaci nelle terapie mirate, ove si vanno a interessare tessuti specifici.

struttura

Nanotubi di carbonio. – Scoperti nel 1991 come sottoprodotto minore di sintesi del fullerene, sono lunghi cilindri di carbonio, a strato singolo o più strati. La struttura è quella a esagoni di C e può avere un rapporto lunghezza/diametro tipico di 104 e più. Si può considerare come un piano di grafene curvato a cilindro e chiuso alle estremità da due emisfere di fullerene. In generale sono ottimi conduttori di calore e con buone proprietà meccaniche ed elettriche, che variano secondo la configurazione strutturale. Per cui, in base al processo di produzione, possono essere impiegati sia come conduttori (di tipo metallico) sia come semiconduttori.

Nanocompositi. – Come i compositi tradizionali si distinguono e classificano in base alla matrice, per cui si possono avere nanocompositi a matrice polimerica, ceramica e metallica. I nanocompositi a matrice polimerica (PNC, Polymer NanoComposites) sono costituiti da polimeri o copolimeri (termoplastici o termoindurenti) che contengono m. di rinforzo (fibre o particelle) aventi almeno una dimensione inferiore a circa 100 nm. La disponibilità di grande area superficiale di interfaccia matrice-rinforzo, con quantità relativamente basse di rinforzo (qualche percento in peso), ha notevoli effetti sulle proprietà macroscopiche del composito, quali la resistenza meccanica e la resistenza al calore, che aumentano sensibilmente. Il miglioramento delle proprietà apportato dalle dimensioni nanometriche è in gran parte dovuto agli effetti strutturali prodotti all’interfaccia che intervengono sul grado di cura (nei polimeri termoindurenti), sulla mobilità delle macromolecole e sulla cristallinità, determinandone la variabilità in modo continuo con l’allontanamento dall’interfaccia all’interno della matrice. Nei tradizionali compositi carbo-epossidici l’aggiunta di modeste quantità di CNT (1-5%) migliora sensibilmente sia il modulo elastico sia la resistenza. Va rilevato tuttavia che l’efficacia delle aggiunte dipende fortemente dalla possibilità di realizzare una minuta dispersione, evitando facili agglomerazioni. Oltre ai CNT vengono impiegate, in dimensioni nanometriche, argille, m. ceramici in lamine, cilindri o fibre di origine minerale o di sintesi. In base al tipo di rinforzo (nanoparticelle, nanotubi o nanopiastrine) si può intervenire anche sulle proprietà ottiche e dieletriche. Le nanoparticelle possono anche influenzare la temperatura di transizione vetrosa (Tg) al fine di migliorare la stabilità termica del m. trattato. Sono molto utilizzati i compositi polimerici rinforzati con silicati a dimensione nanometrica, in forma di argille smectiche e mica, che sono poco costose e disponibili in grandi quantità. La resistenza e la rigidezza sono ottenute con aggiunte di solo 1-5% in volume, accompagnandosi anche a maggiore stabilità dimensionale e termica, e migliore resistenza alla permeazione di gas. Principali utilizzi si trovano nel settore dei contenitori per liquidi sotto pressione. I nanocompositi polimerici, oltre a essere impiegati come m. strutturali, possono costituire la base di mezzi porosi, colloidi, gel, catalizzatori e copolimeri. Da tempo sono utilizzate le argille-organiche di granulometria nanometrica per controllare la viscosità di vernici o come addensanti in cosmetica per la formazione di gel. Gli effetti delle nanoparticelle possono essere classificati in base alla loro dimensione: per l’attività catalitica (<5 nm); per rendere soft un m. magnetico duro (<20 nm); per i mutamenti dell’indice di rifrazione (<50 nm); per ottenere supermagnetismo, irrobustimento meccanico o limitare il movimento della dislocazione della matrice (<100 nm).

I nanocompositi a matrice ceramica (CNC, Ceramic NanoComposites) sono molto richiesti come m. strutturali per la resistenza alla corrosione, all’usura e alle alte temperature, per cui destano interesse nei settori della meccanica calda e aeronautico-spaziale. L’aggiunta di nanoparticelle alla matrice ceramica fa aumentare la resistenza, la tenacità alla frattura, la resistenza al creep, all’ossidazione e agli shock termici. Per es., l’allumina rinforzata con SiC (carburo di silicio) migliora la sua tenacità alla frattura di circa il 50%, la resistenza meccanica del 200%, la resistenza al creep di 2-3 ordini di grandezza. Nella maggior parte dei casi, il rinforzo è costituito da nanoparticelle ceramiche, come SiC, Al2O3, zirconia e nitrato di silicio, sebbene vengano utilizzate anche nanoparticelle metalliche di ferro, tungsteno, molibdeno, nichel, rame e cobalto. In generale, vengono anche aggiunti fillers metallici per migliorare le proprietà magnetiche, elettriche e ottiche, anche se si rischia in taluni casi di compromettere alcune proprietà meccaniche per la reattività di questi elementi che possono produrre composti indesiderati. Anche il settore medicale è interessato per l’impiego come biomateriali nelle protesi e negli impianti.

La metallurgia tradizionale ha reso disponibile una straordinaria gamma di metalli di alte prestazioni, ottenendo le migliori proprietà con l’alligazione, l’incrudimento, la tempra, e in generale con i trattamenti termici. Un altro modo di conseguire le alte prestazioni è quello per dispersione su nanoscala di particelle (nanocompositi a matrice metallica, MNC, Metallic NanoComposites). È infatti possibile migliorare le proprietà con l’aggiunta di quantità relativamente piccole di nanoparticelle, nanofili e nanotubi. Anche se non vi è alcuna limitazione sulla scelta della matrice metallica, in genere si prediligono le leghe a basso peso specifico (alluminio, titanio) e duttili, cui vengono aggiunti i nanorinforzi di tipo ceramico (carburi, boruri, nitruri e ossidi). Le proprietà di resistenza, usura e creep dipendono dal tenore e dall’uniformità di distribuzione delle particelle. Con i CNT si migliorano notevolmente la resistenza, la durezza e il limite di snervamento.

Sistemi nanoelettromeccanici. – I sistemi nanoelettromeccanici o NEMS (Nanoscale Electro-Mechanical Systems) sono dispositivi che operano su scala nanometrica utilizzando funzionalità elettriche e meccaniche. Costituiscono una fase di sviluppo dei MEMS (Micro Electro-Mech anical Systems) verso la miniaturizzazione. Sono in sostanza degli attuatori meccanici, pompe o motori, per formare sensori fisici, biologici e chimici. Hanno una massa molto ridotta, alte frequenze di risonanza meccanica, effetti meccanico-quantistici potenzialmente elevati come il moto puntiforme zero, e un alto rapporto superficie/volume utile per i meccanismi di rilevamento della superficie. Sono impiegati come accelerometri e rivelatori di sostanze chimiche disperse nell’aria, e trovano una specifica applicazione nelle punte del microscopio a forza atomica (AFM, Atomic Force Microscope). L’accresciuta sensibilità ottenuta dai NEMS porta alla realizzazione di sensori più piccoli ed efficienti per rilevare sollecitazioni, vibrazioni, forze a livello atomico e segnali chimici. Fra i m. più comunemente usati per la tecnologia dei NEMS si ricordano i CNT e il grafene. Ciò è dovuto principalmente alle proprietà particolarmente elevate di tali m. che garantiscono la stabilità e la resistenza strutturale richieste. Grafene e CNT sono caratterizzati da alto modulo elastico, bassa densità, basso attrito e grande area di superficie. Il basso coefficiente di attrito dei CNT consente la realizzazione di cuscinetti senza attrito per le applicazioni pratiche degli elementi dei NEMS, come nanomotori, interruttori e oscillatori ad alta frequenza. Insieme ai vantaggi meccanici i CNT e il grafene hanno proprietà elettriche in grado di soddisfare le esigenze dei componenti elettrici dei NEMS. Sono stati infatti sviluppati transistor sia con i CNT sia con il grafene. I CNT sono stati anche proposti per le interconnessioni nanoelettroniche in quanto possono sostenere alte densità di corrente. Questi ultimi m. hanno pertanto trovato largo impiego nei NEMS perché sono già stati scoperti metodi per la connessione dei nanotubi ad altre nanostrutture. Nonostante tutte le interessanti proprietà estremamente utili per la tecnologia dei NEMS, sia i CNT sia il grafene presentano lo svantaggio di un’elevata sensibilità ambientale in quanto modificano le proprie caratteristiche elettroniche quando vengono esposti in taluni ambienti, di ossigeno in particolare. Il grande rapporto superficie/volume li rende infatti molto reattivi minando la loro stabilità.

Vetro di alte prestazioni. – Un miglioramento delle prestazioni ottenute con la tempra classica del vetro è stato realizzato recentemente con un processo chimico, che prevede l’ottenimento dello stato superficiale di compressione mediante uno scambio ionico degli ioni sodio con gli ioni potassio, di maggiori dimensioni (circa il 30% in più). Il vetro viene immerso in un bagno di nitrato di potassio fuso a circa 400 °C. Si ottiene un vetro molto trasparente e particolarmente resistente ai graffi, agli urti e alle cadute, per cui trova impiego nei quadranti di orologi, negli schermi touch screens dei dispositivi elettronici portatili (telefoni cellulari, lettori multimediali portatili). Può essere ottenuto molto sottile (<0,5 mm) e quindi leggero.

Nanotecnologie e biomateriali. – Il settore della medicina riparatoria e ricostruttiva è sempre stato un ottimo utente dei m. ingegnerizzati e il primo ad approvvigionarsi di quelli più avanzati, guardando sempre con interesse ai continui progressi e sviluppi. Ne sono esempio la diffusione di protesi articolari realizzate non più in metallo, ma in m. ceramico dotato di forte biocompatibilità. In tal modo si eliminano gli effetti secondari sul metabolismo del corpo umano dovuti all’assorbimento di metalli pesanti come il cromo o il cobalto. Nelle endoprotesi ortopediche, oltre all’allumina (Al2O3), viene impiegata la zirconia (ZrO2) parzialmente stabilizzata, dotata di tenacità del tutto eccezionale per un m. ceramico. Con i ceramici si migliora la durata della protesi, realizzando una compatibilità completa con il m. osseo favorendo l’osteogenesi all’interfaccia protesi/osso. La diffusione di m. in micro e nanoscala ha fornito nuove strade per le tecnologie terapeutiche, ma anche diagnostiche. I bio materiali si sono evoluti dai prodotti off-the-shelf (per es., Dacron per protesi vascolari) ai m. che sono stati progettati con precisione molecolare per selezionare le proprietà desiderate per una determinata applicazione, imitando i sistemi biologici naturali. Uno dei problemi dei biomateriali tradizionali è stato sempre quello della scarsa biocompatibilità che spesso provoca fenomeni di rigetto e di necrosi dei tessuti. In particolare se vengono impiegati metalli, che danno spesso tossicità, e taluni polimeri; mentre per i ceramici il rischio è minore, ma il fattore limitante d’uso è costituito dalle loro proprietà meccaniche. Le nanotecnologie mettono a disposizione maggiori opportunità per innovazioni rivoluzionarie nella scienza e tecnologia associata con lo sviluppo di nuovi dispositivi biologici per le attività terapeutiche e diagnostiche. Ne sono esempio i bioimpianti formati da protesi sintetiche di ceramici o particelle metalliche con granulometrie dell’ordine di 1÷104 micron; oppure ceramici e metalli nanofasici (con componenti costitutivi inferiori a 100 nm in almeno una direzione), usati per sintetizzare impianti con rugosità superficiale simile a quella dei tessuti naturali. Un settore di vasto impiego per i m. nanofasici, polimeri, ceramiche e metalli è quello ortopedico/dentale. Un grande problema è costituito dalla longevità delle protesi attuali che hanno durata limitata per problemi di biocompatibilità (mobilizzazione, incompatibilità meccanica, rigetti, fratture, infezioni, necrosi cellulare, mancata rigenerazione del tessuto circostante). Le nanotecnologie stanno svolgendo un ruolo importante nel tamponare questa falla, intervenendo sulle caratteristiche superficiali (chimica, rugosità, bagnabilità, energia) del bioimpianto al fine di costituire interfacce perfettamente compatibili con i tessuti circostanti, in modo da controllare l’adesione delle cellule e l’eventuale rigenerazione dei tessuti. In campo diagnostico è molto importante la tempestività nel definire la prognosi di un paziente. Sono pertanto stati messi a punto dispositivi diagnostici in miniatura point of care (POC), che consentono test diagnostici (in vivo o ex vivo) presso il luogo di cura, per un’analisi abbreviata che elimina la necessità di trasporto del campione a un laboratorio. Lo sviluppo di sistemi miniaturizzati di analisi totale (μ-TAS, micro Total Analysis Systems), noti anche come dispositivi lab on a chip, ha profondamente influenzato il corrispondente sviluppo di dispositivi diagnostici POC. Tali dispositivi μ-TAS integrano microvalvole, micropompe, microseparazioni, microsensori e altri componenti per creare in miniatura sistemi in grado di realizzare analisi che richiedono tipicamente un intero laboratorio di strumenti. Con l’introduzione di questi dispositivi è possibile, in accoppiamento con sensori chimici, effettuare diagnosi in tempo reale per monitorare, in modo intermittente o continuo, la molecola biologica di interesse e fornire agenti terapeutici tempestivi e mirati, possibilmente in situ, come spesso richiesto. A tal fine la scienza e l’ingegneria in nano-scala hanno accelerato lo sviluppo di nuovi sistemi di drug delivery e hanno portato a un maggiore controllo su come un dato farmaco viene somministrato in modo temporale. Vengono impiegati microchip di silicio che possono rilasciare, sotto controllo, sostanze chimiche singole o multiple, su richiesta, per via elettrochimica mediante dissoluzione di sottili membrane-anodo che racchiudono microcontenitori. I vantaggi di questi microdispositivi sono: meccanismo di rilascio semplice, dosaggio molto preciso, possibilità di avere modelli di rilascio complessi, rilascio locale. Recentemente sono stati compiuti progressi per quanto riguarda la rigenerazione dei tessuti su nanomateriali ceramici e metallici. Va rilevato infatti che il livello dimensionale delle cellule che formano i tessuti del corpo umano è dell’ordine dei nano-metri. È pertanto evidente il ruolo fondamentale della nanotecnologia nella loro rigenerazione, perché può interagire allo stesso livello dimensionale rendendo disponibile l’intensa reattività superficiale che caratterizza i nanomateriali per stimolare la produzione di proteine.

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