Màssimo Confessore

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Teologo e mistico bizantino (n. Costantinopoli 580 - m. nel castello di Schemari, Transcaucasia, 662). Monaco a Crisopoli (Scutari), visse poi nell'Africa settentrionale (626-646). Ebbe parte notevole nelle dispute cristologiche, in particolare combattendo il monotelismo; passato a Roma (646), ottene la convocazione del Concilio Lateranense del 649 in cui fu condannato il monotelismo, l'Ekthesis di Eraclio e il Typos di Costanzo II. Fatto perciò arrestare dall'imperatore, fu esiliato nel Caucaso. M. è un teologo e un mistico che raccoglie la migliore eredità del pensiero greco e della patristica cristiana costituendone quasi l'ultima voce; in lui l'esperienza platonica, filtrata attraverso i grandi cappadoci e soprattutto Dionigi l'Areopagita, costituisce il fondamento d'una visione gerarchico-liturgica del mondo, che si alimenta d'una forte ispirazione metafisica di derivazione procliana. La polemica cristologica gli ispirò il nucleo centrale della sua filosofia, l'idea cioè che la realtà tutta è "incarnazione" dell'eterno nel contingente, del divino nell'umano. Gli scritti di M. sono esegetici (Questioni a Talassio sulla S. Scrittura; Spiegazione del Pater), dogmatico-polemici contro il monofisismo e il monotelismo (tra questi il più importante è la Disputa con Pirro, 645) e ascetici (Mistagogia), in parte concepiti come commento a s. Gregorio Nazianzeno (Ambigua) e a Dionigi l'Areopagita (gran parte degli Scholia a Dionigi, trasmessi sotto il nome di M., sono di Giovanni di Scitopoli).

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