CAPUTO, Massimo

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 19 (1976)

CAPUTO, Massimo

Bona Pozzoli

Nacque a San Salvatore Monferrato (Alessandria) il 29 luglio 1899 da Eugenio e da Eleonora Prevignano. Si laureò in giurisprudenza all'università di Torino nel 1920 e subito intraprese la carriera giornalistica entrando nella redazione della Stampa, il giornale diretto da Alfredo Frassati, come corrispondente da Vienna. L'anno dopo si trasferiva alla redazione romana dello stesso giornale e vi rimaneva fino al 1924. L'allontanamento dalla direzione della Stampa di Frassati fu probabilmente la causa del passaggio del C. al Secolo, di cui fu corrispondente da Berlino (1925). Nel '40 rientrò in Italia e lavorò a Torino alla Gazzetta del popolo fino al 25 luglio 1943.

Fino a tale data il C. non si occupò di politica interna; egli costruì la sua carriera di giornalista come corrispondente estero. Fu probabilmente un modo per prendere le distanze dal fascismo, di cui non fu un oppositore, ma neppure un apologeta. Quello del C. è un caso che segna bene i limiti che il regime oggettivamente poneva alla carriera giornalistica, quando questa voleva essere proseguita con scrupolo professionale. Il C., che fu ancora a Vienna dal 1927 al 1935 e nuovamente a Berlino dal 1397 al 1940 come corrispondente della Gazzetta delPopolo, nelle sue corrispondenze, informate, oggettive, mette in luce la sua formazione liberalconservatrice e la ricerca, nella vicenda europea tra le due guerre, di un filo di continuità col passato, che in Italia gli sembrava essersi rotto, ma che invece soprattutto si era spezzato nel contesto internazionale ed europeo. Questa sfasatura di giudizio doveva fargli guardare al Patto d'acciaio con gli occhi della Triplice e farlo incerto nel commento della nuova guerra mondiale (si vedano ad es. le corrispondenze da Helsinki e i suoi fondi sulla Gazzetta tra il 1941 e il 1943).

Alla caduta del fascismo entrava nuovamente alla Stampa di Torino, come capo dell'ufficio romano. Tornato nell'Italia settentrionale, dopo l'8 sett. passava alla vita clandestina, per divenire poi direttore della Gazzetta del Popolo il 4 luglio 1945. Sotto la sua direzione il quotidiano torinese tenne una linea conservatrice, specie in politica economica, ove si può stabilire un filo di continuità dall'appoggio a Corbino, a quello alla linea Einaudi del '47 e in seguito alla gestione del ministro del Tesoro G. Pella. Non mancano tuttavia spunti polemici in tema di politica istituzionale. Il C. svolse ad esempio una polemica coerente e appassionata sulla libertà di stampa e una netta opposizione nel '53 alla legge elettorale maggioritaria, dalla cui approvazione notava che "l'istituto parlamentare" era uscito "assai malconcio".

Proprio questa riproposizione, nel secondo dopoguerra, d'una linea rigorosamente conservatrice, ma insieme liberale nella sua attenzione al funzionamento delle istituzioni e della democrazia, poneva la Gazzetta e il suo direttore in una posizione di isolamento rispetto alle regole ormai consolidatesi dal giuoco politico. Così il C., dopo essersi presentato nelle liste liberali candidato alla Camera dei deputati, proprio nelle elezioni del 1953, ed essere stato sopravanzato di pochissimi voti dall'on. Giovanni Alpino, qualche mese dopo era costretto a lasciare la direzione del giornale.

La fine della gestione del C. alla Gazzetta è il primo caso vistoso nel secondo dopoguerra di passaggio della proprietà di un'azienda giornalistica, a seguito di intervento politico. La S.I.P., società proprietaria della Gazzetta, cedeva infatti le sue azioni al senatore democristiano Guglielmone, che esonerava il C. dalla gestione, senza preavviso, sostituendolo con Francesco Malgeri.

Il C. tentava una nuova impresa giornalistica, con il settimanale Tutti, che malgrado il suo impegno personale aveva breve vita (1953-1955). Si ritirò a Salò, da dove collaborava occasionalmente al Corriere; vi morì il 1º marzo del 1968.

Bibl.: Necrol. in Il Corriere della Sera, 2 marzo 1968; Il Tempo, 3 marzo 1968; Chi è? 1957, ad vocem; V. Castronovo, La stampa ital. dall'unità al fascismo, Bari 1971, ad Ind.; P. Murialdi, La stampa italiana del dopoguerra,1943-1972, Bari 1973, pp. 70, 85, 109, 130, 219 s.

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