DEL CASSERO, Martino

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 36 (1988)

DEL CASSERO, Martino (Martino da Fano)

Filippo Liotta

Le prime notizie su di lui provengono da fra' Salimbene da Parma che fu suo contemporaneo, in relazione con lui e ospite, per essere stato nascosto nella sua casa a Fano nel 1229. Di nobile famiglia fanese il D. nacque a Fano intorno al 1190. Nelle fonti è ricordato sempre come Martino da Fano ed è stato supposto che il cognome Del Cassero derivi alla famiglia da toponimo (Sarti-Fattorini). Secondo l'attestazione dell'Amiani, il padre del D. aveva nome Palmiero e la famiglia Del Cassero, guelfa, fu a lungo in contrapposizione con la famiglia ghibellina dei Carignano (pp. 192, 209). Dallo stesso Amiani ricaviamo la notizia della precoce versatilità del D. nella "scienza legale" tanto da essere "riputato superiore ad ogni altro". Egli comunque compì gli studi di diritto alla scuola di Azzone e fu contemporaneo di Iacopo Baldovini e di Accursio, che insieme con Azzone e Bonifacio egli chiamava suoi maestri (Meijers, p. XXVIII n. 1). Nel 1229 (secondo il Savigny) o nel 1238 (secondo Sarti-Fattorini) è segnalato come professore di diritto a Fano sulla fede di Salimbene nel passo sopra ricordato, mentre era sicuramente professore ad Arezzo sino al 1255, da dove venne chiamato per insegnare a Modena stante il buon nome che si era acquistato in Emilia come mediatore nelle controversie tra Reggiani e Bolognesi prima, Modenesi e Bolognesi poi. Durante il suo dottorato ad Arezzo il D. fu rettore di quello Studio e partecipò alla commissione dei professori deputati alla formazione degli statuti che furono confermati nel febbraio 1255.

Dal Savigny è stata riscontrata una qualche affinità, per quanto riguarda l'istituzione dei "repetitores" (figura intermedia fra il professore e lo studente, ignota nello Studio di Bologna), tra questi statuti aretini e un regolamento napoletano del 1336 (Savigny, I, p. 619 n. c). Questa constatazione del Savigny assume particolare significato se la si collega con le attestazioni addotte dal Meijers sulla presenza del D. a Napoli come professore in quello Studio tra gli anni 1234 e 1254. Sembra inoltre che il D. sia stato a Milano, dove avrebbe quanto meno tenuto una lettura, "presente toto collegio mediolanense", sulla l. Edita actio (C. 2.1.3) (Meijers, p. XXVIII n. 1). Notizia di un soggiorno e insegnamento del D. a Bologna ci dà il giurista fanese Adriano Negusanzio (sec. XV exeunte), i cui testi cita il Masetti (pp. 575, 577). A favore della tesi del soggiorno e insegnamento bolognese del D. sarebbe ancora una testimonianza di Alberico da Rosate ricordata dal Masetti (p. 575) senza riferimenti.

Il D. fu impegnato altresì nei pubblici uffici: fu podestà in una città di Romagna (Alberico da Rosate, in D. 1.1.10.1, f. 29rb) e due volte podestà di Genova, nel 1260 e nel 1262. Al termine della podesteria genovese, il D., già in età avanzata, entrò nell'Ordine dei frati predicatori e fra' Salimbene racconta di averlo incontrato a Rimini con l'abito domenicano. Un'altra testimonianza della conversione religiosa del D. è fornita da Bartolo da Sassoferrato nel commento al C. 6.26.1.

Come data di ingresso del D. nell'Ordine domenicano, il Masetti (p. 575) indica il 1261 sulla testimonianza di un documento dell'Archivio di S. Maria sopra Minerva; ma di questo documento non è fornita alcuna indicazione e non se ne hanno altre tracce. Del resto la data proposta dal Masetti contrasta con l'attestazione degli Annali genovesi... (p. 48) che indicano il D. podestà a Genova per la seconda volta nell'anno 1262. Verosimile è, invece, che il D. sia entrato nell'Ordine dei predicatori subito dopo la podesteria genovese, ossia intorno al 1264 (Tiraboschi).

Sembra che egli abbia trascorso gli ultimi anni della vita a Bologna, dove risulta presente come testimone nel testamento di Rolandino de' Passaggeri; e in questo documento si dice di lui "olim legum doctor". È ancora presente, sempre come testimone, in un altro testamento bolognese del 7 marzo 1272 (Sarti-Fattorini, p. 148). Dopo questa data non si trovano altre attestazioni in vita del D.; improbabile, pertanto, sembra l'indicazione del 1295 quale anno della sua morte (Masetti, p. 575; l'Amiani, p. 293, pone la morte del D. nel 1233 ma è un evidente errore).

Sono noti tre figli del D.: Palmiero che accompagnò il D. a Genova nel 1262 e prestò giuramento insieme con lui. Lo storico fanese Amiani afferma che Palmerio fu professore di diritto a Bologna, al tempo della podesteria (1296) dell'altro figlio di Martino, Iacopo, e il Masetti dice, ma senza offrire possibilità di riscontro, che le glosse di Palmerio furono apprezzate da Bartolo (p. 576 n. 8). Ma già il Sarti mise in dubbio l'insegnamento bolognese di Palmerio non avendo rinvenuto nelle fonti alcuna affermazione al riguardo. Da un terzo figlio di Martino, Uguccione, nacque Iacopo ricordato da Dante (Purg.,V, 64-84) per essere stato assassinato (1298) da sicari di Azzo VIII d'Este mentre si recava a Milano per assumere la podesteria di quella città. La lapide sepolcrale che si trova nella chiesa di S. Domenico a Fano e che è stata trascritta e studiata da quasi tutti i biografi del D., ricorda appunto il D. e il nipote ex filio di lui, Iacopo.La produzione scientifica del D. abbraccia sia il diritto civile sia il diritto canonico ed è sicuramente legata alla sua attività di professore e di pratico. Essa si svolge nel periodo della crisi del metodo della scuola dei glossatori che seguì la Giossa accursiana e perciò deve inscriversi in quella corrente di precursori del rinnovamento del metodo che culminerà nella scuola cosiddetta dei postaccursiani la cui caratterizzazione principale è quella dell'uso del tractatus monografico come genere letterario prevalente e assorbente gli altri generi, come le quaestiones, i notabilia, ecc.

Lo stato in cui ci si presentano gli scritti del D. appare tipicamente rappresentativo di questa fase di transizione. La sua produzione comprende trattazioni monografiche di sicura destinazione ai bisogni della pratica e altre di natura prevalentemente teorica e scolastica, nelle quali è difficile discernere se si tratta di glosse, quaestiones, tractatus, notabilia ecc. E da questa incertezza, che probabilmente doveva essere dello stesso autore, derivano le differenti intitolazioni che nei manoscritti e nelle edizioni vennero date agli scritti del Del Cassero. Numerosi di essi, poi, furono incorporati nelle opere della scuola più matura dei postaccursiani, come nello Speculum iudiciale di Guglielmo Durante e nelle Lecturae e nel Vocabularium di Alberico da Rosate. Certamente come opera autonoma circolarono gli scritti riguardanti il diritto processuale, e cioè il Formularium (edito in Wahrmund, I, 8) scritto intorno al 1232 durante gli anni dell'insegnamento a Fano del Del Cassero. Quest'opera è stata concepita per apprestare un formulario degli atti di diritto sostanziale di competenza dei notai nonché per fornire il formulario dei libelli litigiosi che per ognuno di questi atti potevano eventualmente essere redatti per l'esercizio delle azioni giudiziarie a tutela.

Più teorica e con intenti didascalici è l'opera Ordo iudiciorum (edita in Wahrmund, I, 7) riconducibile agli anni 1254-1264. Sono state riscontrate dipendenze di questo scritto dalle "summae" Ad summariam notitiam e Ut nos minores, ma, sul piano concettuale, il maggior debito di questo scritto del D. è verso l'Ars notarie di Ranieri di Perugia del quale adotta la tecnica (Orlandelli). Sempre tra gli scritti attinenti al processo sono da inserire il Tractatus de exceptionibus impedientibus litis ingressum (posteriore al 1234), pubblicato nei Tractatus universi iuris, II, 2, Venetiis 1584, ff. 102vb-103ra, e un trattato De positionibus (edito a cura di U. Nicolini, Trattati, 1935) che dovette avere una qualche fortuna se sotto il nome del D. furono contrabbandati almeno altri due trattati sullo stesso argomento (ibid., pp. 61-65).

Larga diffusione ebbero inoltre, soprattutto nell'Italia meridionale (Besta), i trattati De iure emphiteutico (nelle antiche edizioni sotto il nome di Guido da Suzzara; un loro breve elenco in Nicolini, Trattati, 1935, p. 44), largamente utilizzato e riprodotto anche da Guglielmo Durante nello Speculum (cfr. Giovanni d'Andrea, Additiones in Speculum, lib. IV, part. III, in pr. ad v. aliqua [ed. Lugduni 1532, f. 102va]), e il De homagiis (edito sempre nello Speculum del Durante, lib. IV, part. III, de feudis, § 2 [ed. Lugduni, cit., ff. 119ra-120rb]) secondo l'attestazione di Giovanni d'Andrea nelle Additiones. Da Alberico da Rosate (Super prima parte Digesti veteris, in const. Omnem [ed. Regii 1484, f. 8vb]) e dallo stesso Giovanni d'Andrea apprendiamo che il D. fu anche autore di un Tractatus de restitutione in integrum (Additiones in Speculum, lib. II, part. III, rubr. ad v. effectus [ed. Lugduni 1561, f. 206rb]) che tradizionalmente è stato ritenuto, male interpretando il dettato di Giovanni, incorporato nello Speculum. La verità è che il trattato del D. venne utilizzato dallo stesso Giovanni d'Andrea nelle sue Additiones al titolo de restitutione in integrum dello Speculum. Allo stesso modo Giovanni ci dà notizia (Additiones in Speculum, lib. I, part. I, § 1, ad v. viri [ed. Lugduni 1532, f. 4ra]) di un trattato De arbitris del D. che egli possedeva mutilo, e di un'altra composizione del D. in Dig. 10.4.3 pubblicata, non è chiaro se tutta o in parte, ma quasi alla lettera, nel titolo De officio omnium iudicum dello Speculum (lib. I, part. I, § Postremo, in fine [ed. Lugduni 1532, f. 60va]). Le citate Additiones di Giovanni d'Andrea inoltre mettono a conoscenza di un gruppo di quaestiones di cui è autore il Del Cassero. Dallo spoglio fatto dalla Sorrenti se ne enumerano una diecina e molte altre ci sono conservate sparse in codici manoscritti (spogli in Dolezalek) che le presentano anche come tractatus, o glossae, ecc. e che è difficile classificare per le ragioni di crisi metodologica accennate in principio. È il caso dei trattati De imploratione brachii secularis (ed. Venetiis 1567, nei Tractatus quamplures criminales nonnullorum illustrium iurisconsultorum, ff.14v-20r; Venetiis 1584, nei Tractatus universi iuris, XI, 2, f. 409 e ora Nicolini, in Studia et documenta historiae et iuris, IX[1943], pp. 43-54) e De alimentis (edito nello Speculum iudiciale del Durante secondo l'attestazione di Giovanni d'Andrea, Additiones, in lib. I, part. I, De officio omnium iudicum, § Postremo [ed. Lugduni 1532, f. 59ra] nel titolo Qui filii sint legitimi [lib. IV, part. IV] e ora Nicolini, in Atti del Congresso internazionale di diritto romano e di storia del diritto, I, Milano 1951, pp. 353-371). Il primo di questi due trattati, databile tra il 1245 e il 1254, - rilevante per essere stato il primo scritto sul tema dell'invocazione del braccio secolare (Nicolini, Il trattato De imploratione..., p. 41) - viene presentato dall'autore come glossa e sembra rivolto a scolari (auditores); ma diverse considerazioni sullo stile hanno indotto l'editore moderno a considerarlo un vero e proprio "trattatello" (ibid., p.40). Lo stesso possiamo dire del De alimentis, databile tra il 1265 e il 1272, che "era originariamente una pura raccolta, a carattere pratico, di quesiti, brevemente esposti e brevemente risolti, accostati senza un nesso sistematico" (Atti..., p. 345), mentre le indicazioni risultanti da Giovanni d'Andrea lascerebbero pensare a un trattato organico sulla materia.

Questi esempi giustificano la collocazione del D. tra i maggiori esponenti della fase di transizione attraversata dalla scuola dei glossatori e spiegano anche la dispersione della sua opera in una moltitudine di trattatelli che però spessissimo si ritrovano come glosse addizionali nei manoscritti della Glossa ordinaria, dove, secondo la probabile intenzione dell'autore, avrebbero dovuto avere funzioni di glosse ad integrazione o ad interpretazione dell'apparato accursiano, come mostra l' "interpretatio" a Dig. 2.1.18 (al riguardo Colliva, pp. 456 s.). Per questo risulta pressoché impossibile redigere un repertorio esauriente del lascito del D. sul Corpus iuris civilis che egli percorse per intero. A parte gli elenchi delle opere che in qualche modo ebbero una circolazione autonoma redatti dal Diplovataccio, da Sarti-Fattorini, dal Savigny e da ultimo dal Nicolini (1935, pp. 43-47), oggi soccorrono le segnalazioni del Dolezalek (Verzeichnis, III, Auctores, sub voce; Repertorium, II, pp. 931 ss.).

Con molta cautela vanno sciolte le sigle M; M. de f.; M. de fa.; M. de fano; M. f.; M. fan.; Mar.; Mar. de fa.; Mar. de fano; Mar. fan. e simili che spesso distinguono i pezzi attribuiti dagli amanuensi al D., essendo sempre possibile uno scambio con Marino da Caramanico e con Martino Sillimani o con altri.

Le opere canonistiche conosciute del D. sono due raccolte di Notabilia: una sul Decretum di Graziano e l'altra sulle Decretali di Gregorio IX, databile quest'ultima a poco dopo il 1234 (Schulte), che doveva essere diffusa fra i maestri bolognesi, giacché compare nella lista dei libri venduti da Corrado d'Accursio al fratello Guglielmo (Colliva, che ripubblica il documento).

Una menzione a parte deve essere fatta per l'Epistola de regimine et modo studendi (ed. a cura di L. Frati), che in parte fu incorporata da Alberico da Rosate nel commento alla "constitutio" Omnem, § 5 post med. (Alberici de Rosate Super prima parte Digesti Veteris, Regii 1484, ff. 8vb-9ra) ed utilizzata dal Caccialupi (così Nicolini, I giuristi), in parte rimasta inedita sino alla edizione del Frati. Sotto forma di lettera indirizzata ad uno scolaro di nome Pietro, il D. dà consigli sul modo migliore di assolvere ai doveri dell'insegnamento e dell'apprendimento. Egli delinea in maniera del tutto inconsapevole una certa teoria di rinnovamento del metodo di studio allorché raccomanda la ricerca della ratio legis ("cur sic statutus fuerit"), la congruenza tra la fattispecie e la disposizione normativa ("casum et quamlibet partem littere concordetis"), la soluzione delle antinomie ("contraria solvatis"), un qualche distacco dalla litera e un ingenuo tentativo di astrazione sistematica ("in generale non multum adhereatis"). Non ci sono elementi per datare questo scritto.

Fonti e Bibl.: Salimbene de Adam, Cronica, a cura di F. Bernini, I, Bari 1942, p. 56; Annali genovesi di Caffaro e de' suoi continuatori dal MCCLI al MCCLXXIX…, a cura di C. Imperiale di Sant'Angelo, IV, Roma 1926, in Fonti per la storia d'Italia, XIV, pp. 39, 48; G. d'Andrea, Additiones [allo] "Speculum iudiciale" di Guglielmo Durante, Lugduni 1532, ff. 4ra, 59ra, 60ra, 102va, 119ra-120rb; ibid. 1561, f. 206rb; Alberici da Rosate Super prima parte Digesti Veteris, Regii 1484, ff. 8vb, 29rb; Bartoli a Saxoferrato Commentaria in Secundam Codicis partem, Venetiis 1602, f. 23rb; Baldi Ubaldi In Primam et Secundam Codicis partem Commentaria, Venetiis 1577, f. 68ra; Thomae Diplovatatii Liber de claris iurisconsultis pars posterior, a cura di F. Schultz-H. Kantorowicz-G. Rabotti, in Studia gratiana, X (1968), pp. 119-123; P. M. Amiani, Memorie istoriche della città di Fano, I, Fano 1751, pp. 192, 195, 209, 293; G. Tiraboschi, Biblioteca modenese, I, Modena 1781, pp. 50 s.; C. Masetti, Sulla epigrafe sepolcrale di M. e Iacopo del Cassero, in Omaggio a Dante Alighieri offerto dai cattolici italiani..., Roma 1865, pp. 571-589; M. Sarti-M. Fattorini, De claris Archigymnasii Bononiensis professoribus, I, Bononiae 1888, pp. 146-151; F. C. von Savigny, Storia del diritto romano nel Medioevo, trad. it. a cura di E. Bollati, Torino 1857, I, p. 619; II, pp. 484-489; J. F. von Schulte, Die Geschichte der Quellen und Literatur des canonischen Rechts, II, Stuttgart 1877, pp. 138 s.; L. Wahrmund, Quellen zur Geschichte des römisch-kanonischen Prozesses im Mittelalter, I, 7, Innsbruck 1906, pp. VII-26 (Ordo iudiciorum); I, 8, ibid. 1907, pp. VII-136 (Formularium); L.Frati, L'epistola De regiminie et modo studendi di M. da Fano, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, VI(1921), pp. 21-29; E. M. Meijers, Iuris interpretes saec. XIII scholaribus leidensibus, Neapoli 1924, pp. XXVI-XXIX, 122, 149, 24; E. P. Vicini, Profilo storico dell'antico Studio di Modena, Modena 1926, pp. 13 s.; P. Sella, Sigle di giuristi medievali in ispecie dello Studio bolognese, tratte dai Codici vaticani, Bologna 1932, pp. 21 s.; E. Besta, Il primo secolo della scuola giuridica napoletana, in Scritti di storia giuridica meridionale [1926], Bari 1962, p. 457; Trattati "De positionibus" attribuiti a M. da Fano..., a cura di U. Nicolini, Milano 1935; P. Sella, Nuove sigle di giuristi medievali, in Studi e memorie per la storia dell'Università di Bologna, II (1935), p. 171; U. Nicolini, Il trattato "De imploratione brachii secularis" di M. da Fano in Studia et documenta historiae et iuris, IX (1943), pp. 36-54; A. Van Hove, Prolegomena, Mechliniae-Romae 1945, pp. 485, 489, 491; U. Nicolini, Il trattato "De alimentis" di M. da Fano, in Atti del Congresso internazionale di diritto romano e di storia del diritto, I, Milano 1951, pp. 339-371; G. Orlandelli, "Studio" e scuola del notariato, in Atti del convegno internazionale di studi accursiani, Milano 1968, I, pp. 88 s.; P. Colliva, Documenti per la biografia di Accursio, ibid., II, pp.445, 456 s.; U. Nicolini, I giuristi postaccursiani e la fortuna della glossa in Italia, ibid., III, pp. 879 n. 173, 882 s. n. 183, 896; G. Dolezalek, Verzeichnis der Handschriften zum römischen Recht bis 1600, III, Frakfurt am Main 1972, sectio Auctores, sub voce; N. Horn, Die legistische Literatur der Kommentatoren und der Ausbreitung des gelehrten Rechts, in Handbuch der Quellen und Literatur der neuren europäischen Privatrechtsgeschichte, a cura di H. Coing, I, München 1973, pp. 269, 275, 341 n. 3, 342 n. 5, 343, 352; K. W. Nörr, Die Literatur zum gemeinen Zivilprozess, ibid., p. 391; L. Sorrenti, Testimonianze di Giovanni d'Andrea sulle 'Quaestiones' civilistiche, Catania 1980, ad Indicem; L. Fowler Magerl, Ordo iudiciorum vel ordo iudiciarius, Frankfurt am Main 1984, pp. 144, 248; G. Dolezalek, Repertorium Codicis Justiniani, I-II, Frankfurt am Main 1985, ad Indices; Enciclopedia cattolica, VIII, col. 222; Lexikon für Theologie und Kirche, VII, col. 116; Dictionnaire de droit canonique, VI, coll. 836 s.; New Catholic Enciclopedia, IX, p.311; Repertorium fontium historiae Medii Aevi, IV, pp. 153 s.

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