MARTINEZ

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 71 (2008)

MARTINEZ

Giovanni Molonia

MARTINEZ. – Famiglia di argentieri, attivi a Messina nei secoli XVII e XVIII. Provenienti per lo più dalla regione di Valencia, molti uomini di questo nome risultano sin dalla fine del Cinquecento assoldati nella guarnigione di stanza nella fortezza peloritana del Ss. Salvatore, come si evince dai documenti parrocchiali del Seicento un tempo conservati nella chiesa di S. Lucia de Musellis (Arenaprimo). Da questo «innesto messinese e spagnolo» (Susinno) discende un cospicuo numero di argentieri tra i quali Bartolomeo, Tommaso e Antonino attivi nel Seicento.

Il più documentato è Antonino, figlio di Alfonzo (o Alonso), celebrato nel 1665 in un poemetto di Giorgio Fighera. Egli collaborò nel 1663 con Pietro Juvarra, ponendo le basi di un rapporto duraturo tra le due prestigiose dinastie di artisti. Il 2 febbr. 1665 Antonino fu tra gli estensori e firmatari del capitolo del consolato degli orefici e argentieri, a conferma della sua già solida posizione professionale acquisita grazie a una consistente produzione artistica, della quale si hanno però poche testimonianze: tra queste, il calice con patena per la chiesa messinese di S. Maria dell’Indirizzo, commissionatogli il 24 dic. 1666 e compiuto l’anno seguente. Morto prematuramente nel 1670, Antonino lasciò la moglie Antonia Fucili, appartenente a un’altra famiglia di argentieri locali, e i figli Giovan Battista e Francesco, avviati anch’essi alla professione di argentieri.

Negli stessi anni fu attivo a Messina un altro M. argentiere, di nome Giuseppe, forse fratello di Antonino, protagonista di vicende avventurose che inevitabilmente coinvolsero tutta la famiglia. Tornato in patria dopo la restaurazione del governo spagnolo, proseguì la sua attività di argentiere fino alla morte, avvenuta il 6 marzo 1707 quando aveva circa settantatré anni. La sua bottega sopravvisse con i figli Alfonso, Antonino e Gaetano, attivi nella prima metà del Settecento.

Mentre non risultano notizie sull’attività di Giuseppe e di Giovan Battista, figlio maggiore di Antonino sposato ad Agatuzza Galletta e attivo – secondo Accascina (1951) – nella chiesa di Montevergine di Messina, sufficiente documentazione si ha per il fratello Francesco, a cominciare dai legami parentali instaurati con gli argentieri Donia e, soprattutto, con gli Juvarra. Infatti il 26 dic. 1685, all’età di ventotto anni, Francesco sposò Natalizia Juvarra, la giovanissima figlia di Pietro, entrando di fatto nella bottega del suocero, che era allora la più importante di Messina, benché il suo nome risultasse ancora associato a quello del fratello Giovan Battista tra i confrati argentieri dei Ss. Elena e Costantino.

Il 22 marzo 1688, in caso di impossibilità da parte di Pietro Juvarra di ultimare alcune «ninfe» per conto del gesuita Giuseppe Sallimbene, «Franciscus Martines quidam Antonii» si obbligava a completarle e consegnarle al committente (Arch. di Stato di Messina, Fondo Notarile, Notaio Giuseppe Cardile, vol. 249, c. 413). Il 26 apr. 1689 Pietro Juvarra e Francesco, in società, promettevano al gesuita Antonio Massa, «commissionato nomine» di Giuseppe Scalmato, rettore del collegio dei gesuiti di Malta, «di farci un tosello di argento di Bulla di quell’argento però quali ci sarà consegnato dal detto di Massa di lunghezza palmi cinque», per la cui manodopera si pattuivano una spesa di 18 onze e la consegna entro il 20 giugno 1689 (ibid., cc. 471-477). In data 21 genn. 1692 i due fratelli M. si dichiaravano fideiussori di Pietro Juvarra nei confronti «venerandi oratorii Elene et Costantini» (ibid., Notaio Placido Bellassai, vol. 236, 1691-92, t. II, atto n. 145, cc. 142-147). Francesco, da solo, risultava debitore nei confronti del Monte dei Ss. Elena e Costantino di 20 onze, da restituire con rate di 2 onze mensili (ibid., c. 447v: «Introito del Monte dei Ss. Elena e Costantino», 23 giugno 1692), nonché «per 4 mesati di li ferri di lu debito di la Chiesa fatta obbligazione del nostro mastro notaro a ragione di tarì quattro per primo di mese» e «per la nostra annata onze 24» (ibid., c. 448). Entrambi i fratelli figuravano in data 26 giugno 1692 tra i confrati sottoscrittori dei «nuovi capitoli» del «Monte dell’Orefici et Argenteri delli Gloriosi Santi Elena, e Costantino» (ibid., atto n. 253, cc. 443-446). Il giorno dopo Francesco, in società con gli argentieri Pietro Donia e il cognato Francesco Juvarra, si dichiarava debitore di un prestito con il suddetto Monte (ibid., atto n. 251, cc. 439 s.).

Come testimoniato da recenti apporti documentari (Manfredi - Molonia), Francesco faceva parte dell’élite professionale peloritana. In base alla firma «Franc. Mart.», punzonata su argenterie messinesi, gli si assegnano due cornici di cartagloria, ora al Museo regionale di Messina; l’ostensorio del Museo di Palazzo Bellomo a Siracusa; i calici della cattedrale di Nicosia; i calici della chiesa madre di Monforte San Giorgio e dell’Assunta di Barcellona; un calice da poco acquisito dal Museo regionale di Messina; un piattino con decorazioni floreali del seminario arcivescovile di Messina; un ostensorio del Museo del Tesoro del duomo di Messina.

Nel 1691, su commissione di Francesco Bonanno mazziere senatorio della città di Caltagirone, Francesco lavorò di getto le quattro maniglie poste a ornamento della base della «cassa» argentea contenente le reliquie di s. Giacomo Apostolo nella chiesa omonima (Ragona). In qualità di console egli vidimò nel 1693 la cornice di cartagloria in argento sbalzato, inciso e passato a bulino del Museo regionale di Messina con la sigla «FMC FLV».

La sua carriera in rapida ascesa fu troncata dalla morte che lo colse a soli trentasette anni, il 3 sett. 1696 (Messina, parrocchia di S. Giuliano, Registrum defunctorum, 1678-1708, c. 114v, n. 973). Lasciava tre figli in tenera età: Antonio, futuro pittore; Simone di sette anni (nato il 28 ott. 1689), futuro scultore e orefice; Antonia, di quattro anni. I figli e la vedova si ricongiunsero con gli Juvarra e con loro si trasferirono prima a Roma e poi a Torino.

I figli di Giuseppe, Alfonso, Gaetano e Antonino, anch’essi argentieri, operarono con la loro bottega nella prima metà del Settecento. Il più attivo fu Gaetano, che spesso licenziò i suoi lavori con la collaborazione dei fratelli.

Alfonso, marito di Angelica Mangiasi e padre di Giuseppa, Giuseppe e Filippo, è menzionato in un contratto del 31 genn. 1739 (Di Bella, p. 55 n. 13) in cui gli venivano commissionati, in collaborazione con il fratello Antonino, un tosello d’argento e rame dorato e un ostensorio per la chiesa madre di San Pier Niceto. Gaetano, marito di Agata Giuliano e padre di Giuseppe, Ignazio, Antonia e Angela, fu attivo per oltre un quarantennio fino al 1743, anno in cui presumibilmente morì di peste.

In base alla sigla «G M» gli sono stati assegnati: la teca della matrice di Rometta (1694), i calici del seminario arcivescovile di Messina (1698), il calice con putto in argento del Tesoro del duomo di Messina (1703), la raggiera e l’ostensorio della chiesa madre di Alì Superiore; la mezza corona della chiesa madre di Letoianni (1715), la croce astile capitolare con lo stemma dell’arcivescovo Tommaso Vidal de Nin (1737), la stauroteca con putti in argento (1738) del Tesoro del duomo di Messina, il busto reliquiario di s. Marziano del duomo di Siracusa (1739, in collaborazione con Placido Furnari). Firmato sotto la base «Gaetanus Martines in. et fecit» è il maestoso calice d’oro (1742) con i simboli degli evangelisti del Tesoro del duomo di Messina. Insieme con il fratello Antonino è ricordato in atti degli anni 1723-29, rintracciati da P.F. Salvo (Di Natale). Nel 1731 è documentata inoltre una sua fornitura di argenti per la nuova chiesa dei teatini dedicata a S. Andrea Avellino alla quale lavorò sia da solo sia con il fratello Antonino (Molonia).

Ad Antonino si assegnano, sulla base del punzone «A. M.», un tronetto parzialmente in argento per l’adorazione eucaristica (1724) e dieci candelabri con putto in argento e rame dorato (1733) del Tesoro del duomo di Messina.

Appartennero a questa famiglia altri argentieri, attivi a Messina tra la fine del Seicento e la prima metà del Settecento: Placido, marito di Anna Arena e padre nel 1685 di Francesco Paolo, anch’egli argentiere, sposato ad Angela Recupero; il figlio di questo, Francesco, nato nel 1710, a cui potrebbero appartenere, sulla base del punzone «F. Mz 1729», le decorazioni in argento sbalzato e cesellato del paliotto ora nel Museo diocesano di Catania, ma originariamente nel monastero di S. Benedetto di quella città (Ascenti); Matteo, marito di Anna e padre di Onofria nel 1688; Giuseppe, sposato ad Anna Ferro, ricordato in un pagamento del 1724 come «aurifex huius urbis Messane» (Accascina, 1951); Andrea, che firma l’ostensorio in oro, argento e bronzo con le figure dei profeti Abacuc e Daniele della chiesa del monastero di Montevergine di Messina; Giangiacomo, individuato da Accascina (1974, p. 342), che gli assegnava, sulla base di un documento pubblicato da Agnello, 6 candelieri e 6 vasi d’argento, realizzati negli anni 1726-28 per la cattedrale di Siracusa in collaborazione con Domenico Gianneri su disegno di Pompeo Picherali.

Fonti e Bibl.: Messina, Parrocchia di S. Giuliano, Baptesimata, anni 1625-41, cc. 116v, 130v, 155v n. 68; 1642-50, c. 23 n. 88; 1667-89, cc. 236 n. 463, 298 n. 688, 347 n. 878; 1690-1700, cc. 28v n. 190, 78 n. 486; Matrimonia, anni 1673-94, c. 112 n. 327; 1678-1708, c. 115v n. 988; Registrum defunctorum, anni 1678-1708, c. 164; G. Fighera, L’Indie impoverite…, Messina 1665, p. 152 n. 43; G. Cuneo, Avvenimenti della nobile città di Messina (fine sec. XVII - inizi sec. XVIII), a cura di G. Molonia - M. Espro, I, Messina 2001, pp. 68 s.; F. Susinno, Le vite de’ pittori messinesi (1724), a cura di V. Martinelli, Firenze 1960, p. 134; A. Telluccini, Contributo alla biografia di Filippo Juvarra architetto messinese, in Arch. stor. messinese, VIII (1907), 1-2, pp. 1-36; G. Arenaprimo, Noterelle di cronaca estratte dai regesti della parrocchia di S. Lucia de Musellis, ibid., IX (1908), 1-2, pp. 203-208; G. Agnello, Argentieri e argenteria del Settecento, in Per l’arte sacra, VI (1929), pp. 151-165; D. Puzzolo Sigillo, Prospetto genealogico della famiglia di Filippo Juvara, in L. Rovere - V. Viale - A.E. Brinckmann, Filippo Juvarra, Milano 1937, pp. 40 s.; M. Accascina, Le argenterie marcate del Museo nazionale di Messina, in Arch. stor. messinese, s. 3, II (1951), pp. 93 s.; Id., La formazione artistica di Filippo Juvara, II, La famiglia, l’ambiente. Prime opere a Messina, in Bollettino d’arte, s. 4, XLII (1957), p. 56; Id., Di Pietro Juvarra e altri orafi di casa Ruffo a Messina, in Antichità viva, I (1962), 2, p. 50; Id., Oreficeria di Sicilia dal XII al XIX secolo, Palermo 1974, ad ind.; Id., I marchi delle argenterie e oreficerie siciliane, Busto Arsizio 1976, pp. 93, 103; C. Ciolino, Documenti inediti per la storia degli argenti e delle manifatture seriche a Messina nel Seicento, in Cultura, arte e società a Messina nel Seicento, Messina 1984, p. 104; S. Di Bella, Argentieri messinesi del Seicento, da documenti notarili, in Quaderni dell’Ist. di storia dell’arte medievale e moderna, XI (1987), pp. 55 n. 13, 62 n. 48; G. Molonia, La chiesa di S. Andrea Avellino e la «seconda casa» dei teatini a Messina, in Arch. stor. messinese, s. 3, XLI (1987), 50, pp. 161, 165 s.; C. Ciolino, L’arte orafa e argentaria a Messina nel XVII secolo, in Orafi e argentieri al Monte di pietà. Artefici e botteghe messinesi del sec. XVII (catal.), a cura di C. Ciolino, Messina 1988, p. 134; M.C. Di Natale, Gli argenti di Sicilia tra rito e decoro, in Ori e argenti di Sicilia dal Quattrocento al Settecento (catal., Trapani), a cura di M.C. Di Natale, Milano 1989, p. 155, fig. 40, nn. 181 s.; A. Ragona, Il tempio di S. Giacomo in Caltagirone nella storia, nell’arte, nel folclore, Catania 1991, pp. 60, 206; C. Ciolino, M., in Argenti da Messina (catal.), Roma 1996, pp. n.n.; M.P. Pavone, La collezione degli argenti del Museo regionale di Messina. Nuove acquisizioni, in Quaderni dell’attività didattica del Museo regionale di Messina, IX, Messina 1999, pp. 59 s.; Id., Arti decorative al Museo regionale di Messina. Gli argenti, ibid., X, ibid. 2001, p. 48, scheda n. 24; G. Musolino, Argentieri messinesi tra XVII e XVIII secolo, Messina 2001, p. 54; G. Molonia, La famiglia Juvarra, in Messenion d’oro, n.s., II (2004), dossier allegato, pp. n.n.; T. Manfredi - G. Molonia, I M.: una dinastia di artisti tra Messina e Roma, in Sculture nel Piemonte del Settecento…, a cura di G. Dardanello, Torino 2005, pp. 153-198; E. Ascenti, Un paliotto «policromo» settecentesco, in Ottant’anni di un maestro. Omaggio a Ferdinando Bologna, a cura di F. Abbate, II, Napoli 2006, pp. 583-585.