MARKETING

Enciclopedia Italiana - V Appendice (1993)

MARKETING

Gianni Cozzi

Termine inglese (derivato dal verbo to market "mercanteggiare", "vendere") usato anche in italiano per indicare, con riferimento alle imprese produttrici di beni di consumo, il complesso dei metodi atti a collocare col massimo profitto i prodotti in un dato mercato, attraverso la scelta e la programmazione delle politiche aziendali più opportune relative alle caratteristiche, al prezzo, alla distribuzione, alla vendita, alla pubblicità e alla promozione di un prodotto, dopo aver individuato, attraverso analisi di mercato, il gruppo di potenziali consumatori.

Dal concetto generico di marketing al concetto di marketing management. − Da un punto di vista più rigorosamente concettuale il m. può essere considerato, in prima approssimazione, come l'insieme delle attività economiche finalizzate allo scambio di beni e servizi (o di ''valori'') tra due o più unità sociali. Per meglio individuare la natura specifica di tale scambio, va rilevato che affinché possa svilupparsi un processo di m. (Kotler 1972) è necessario: che un'unità sociale (soggetto attivo di m.) che si propone di scambiare valori, sia alla ricerca di un'altra unità sociale (soggetto passivo di m.) che sia disponibile a dare una risposta specifica ai valori che si propone di scambiare (oggetto di scambio), valori che non necessariamente devono avere una contropartita economica; che la risposta specifica abbia carattere aleatorio nel senso di risposta volontaria, non obbligata; che le azioni svolte dal soggetto attivo, anche in sede di definizione preliminare dei valori oggetto di scambio, siano finalizzate a suscitare una risposta specifica da lui ritenuta desiderabile. Tenendo ferme queste condizioni generali, possono essere individuate numerose tipologie di m., in relazione alle finalità perseguite dai soggetti attivi e passivi e ai ''valori'' oggetto di scambio (m. aziendale, m. sociale, m. politico, ecc.).

Il marketing aziendale. − Il m. aziendale si qualifica come una tipologia di m. caratterizzata da soggetti attivi che perseguono una finalità di sopravvivenza e di sviluppo in condizioni di redditività soddisfacente (almeno nel lungo periodo). Questi scambiano beni o servizi dotati di un valore economico con contropartite monetarie, nell'ambito di mercati la cui forma non è comunque riconducibile ai modelli teorici della concorrenza perfetta e del monopolio, e che si rivolgono a specifici gruppi di acquirenti o utilizzatori (attuali o potenziali) dei loro prodotti o servizi, in grado di esprimere preferenze e di sviluppare comportamenti di acquisto o di utilizzo razionali, ossia coerenti con le loro aspettative, anche se non necessariamente ispirati a criteri di massimizzazione dell'utilità economica.

Il m. aziendale presenta in genere un'impostazione prevalentemente normativa, ossia è orientato principalmente a individuare i comportamenti che possono rendere efficace lo scambio di specifici beni o servizi offerti da specifiche imprese in specifici mercati. Ciò non esclude, ovviamente, che esso si basi su un corpus di teorie positive di carattere economico e socio-comportamentistico. Il m. aziendale privilegia i riferimenti microeconomici, assume in ogni caso una concezione restrittiva dei rapporti di scambio tipica delle transazioni organizzate da soggetti (le imprese) che perseguono istituzionalmente uno scopo di lucro e che competono con altre imprese. Gli studi di m. aziendale s'ispirano inoltre prevalentemente (specie nelle loro formulazioni di derivazione statunitense) a giudizi di valore che postulano una convergenza tra gli interessi di lungo periodo delle imprese e dei consumatori.

Gli studi di m. aziendale presentano una notevole difformità quanto ad approcci teorici. Schematicamente possono essere individuati i seguenti approcci che, pur di tipo cumulativo (gli approcci più avanzati non escludono, ma inglobano i precedenti), corrispondono a successive fasi di sviluppo degli studi di m. aziendale:

a) un approccio di carattere mercantile o ''merceologico'' (commodity approach), in base al quale viene considerata fondamentale, per orientare le decisioni e i comportamenti commerciali dell'impresa, l'analisi delle dimensioni, dell'evoluzione e delle condizioni di negoziazione che caratterizzano i mercati delle varie categorie di beni e servizi;

b) un approccio di carattere istituzionale, che pone al centro dell'analisi la tipologia e il funzionamento dei vari tipi di imprese (o di organi aziendali) operanti nell'area commerciale;

c) un approccio di carattere funzionale che considera principalmente le funzioni commerciali dell'impresa, ossia le singole politiche di mercato: politiche del prodotto (composizione e gestione del ''portafoglio'' prodotti), di prezzo, di differenziazione (marca, pubblicità, promozione delle vendite) e di distribuzione, nonché la loro combinazione (m.-mix);

d) un approccio di carattere manageriale (m. management) che considera anche l'organizzazione dell'insieme delle risorse aziendali e la definizione delle strategie aziendali complessive (non solo commerciali) sulla base della conoscenza, della previsione e della valutazione delle opportunità e delle minacce individuabili nell'ambiente mercato.

Il marketing management. − Nell'approccio di carattere manageriale (m. management), l'oggetto specifico del m. è quindi rappresentato dai metodi di analisi e di progettazione, e dalla prassi con cui le imprese tendono a organizzare le loro risorse e le loro strategie sulla base dell'individuazione, dell'esame, della previsione e del controllo delle variabili ambientali (in modo particolare di quelle dell'ambiente-mercato); e tendono a specificare le aspettative degli acquirenti (attuali o potenziali) cui si rivolgono in modo omogeneo con i propri obiettivi e compatibile con i propri vincoli (interni ed esterni).

Questo approccio si colloca entro un'impostazione generale di tipo normativo, assume un riferimento prevalentemente micro-economico e un concetto restrittivo dei rapporti di scambio, tipico delle profit organizations. Quanto ai giudizi di valore in esso impliciti, non dà necessariamente per scontata la convergenza degli interessi di lungo periodo delle imprese e dei consumatori. Infatti la distinzione fondamentale su cui si regge un'impostazione manageriale del m. aziendale è quella tra i processi di formazione delle aspettative dei consumatori, sui quali le singole imprese non possono influire (o, al massimo, possono influire solo marginalmente) e i processi di specificazione delle stesse aspettative (ossia di trasformazione di un insieme di esigenze, spesso polivalenti, in flussi di domanda specifica, riferiti a ben definiti beni e servizi), su cui le singole imprese possono agire discrezionalmente.

Nell'ambito della specificazione delle aspettative dei consumatori, in modo particolare in presenza di forme di mercato non concorrenziali, può manifestarsi una divergenza, anche di non breve periodo, tra gli interessi dei consumatori e quelli delle imprese. Tale divergenza, quando si manifesta, determina conflitti di interessi (palesi o latenti) tra i soggetti attivi e i soggetti passivi di marketing. Le stesse azioni di m. possono pertanto configurarsi, in tale situazione, come strumenti, peraltro unidirezionali, di composizione dei conflitti di interessi tra le imprese e i consumatori finali.

La specificazione delle aspettative. − Con l'espressione ''specificazione delle aspettative'' s'intende, in prima approssimazione, l'azione con cui le singole imprese propongono competitivamente, a determinati gruppi di consumatori, sulla base della conoscenza delle loro esigenze nonché dei fattori sottostanti alla loro formazione ed evoluzione, specifici beni o servizi che, per le loro caratteristiche d'uso e d'immagine, nonché per le loro condizioni di offerta (prezzo e distribuzione in particolare), vengono ritenuti dalle imprese stesse idonei a tradurre tali esigenze (aspettative) in definite correnti di domanda che siano coerenti con gli obiettivi dell'impresa e compatibili con i vincoli interni ed esterni (specialmente di mercato) cui l'impresa è sottoposta.

Il carattere sistemico degli studi di marketing. − Per la complessità del suo oggetto, il m. impone un ampio ricorso sia alle scienze comportamentistiche (per sviluppare l'analisi dei fattori sottostanti alla formazione delle aspettative dei consumatori), sia alla cosiddetta management science (per valutare le possibili azioni e reazioni delle imprese concorrenti) nella specificazione delle aspettative dei consumatori. Gli studi di m. presentano quindi un carattere interdisciplinare.

Nelle aree di analisi in cui il m. è pervenuto a un elevato grado di formalizzazione, il suo carattere interdisciplinare consiste, in genere, nel mettere a punto strumenti di verifica, costruiti spesso in modo eclettico, allo scopo di valutare (e quantificare) le relazioni che si vengono a stabilire tra fattori di natura diversa. Un esempio tipico è offerto dal modello di Howard e Shet utilizzato spesso come sistema generale di riferimento per l'esame delle scelte di marca da parte dei consumatori. Anche le analisi che sono più direttamente finalizzate a valutare le caratteristiche economiche dei mercati e le strategie delle imprese concorrenti tendono spesso, negli studi di m., a integrare, con procedimenti eclettici, modelli microeconomici, basati su criteri di razionalità individuale, con modelli aggregati di carattere sistemico.

In genere, per superare la dicotomia tra ''soggetti'' e ''sistemi'', negli studi di m. si considera l'impresa non solo come un'organizzazione economica strutturata (ossia come un sistema che ha, come propria meta caratteristica, la sopravvivenza e lo sviluppo di condizioni di redditività soddisfacenti e, come propria funzione, nei confronti dell'ambiente in cui opera, la produzione di un surplus attraverso la combinazione dei fattori produttivi), ma anche come un soggetto che progetta e sceglie − nel campo delle alternative potenziali ritenute possibili e operando in condizioni d'incertezza e di rischio − specifiche strategie di azione con le quali si rapporta ad altri soggetti (consumatori, concorrenti, soggetti ambientali in genere) per realizzare scambi particolari che valorizzino le sue potenzialità rispetto alle imprese concorrenti. I rapporti di scambio inoltre non sono considerati come rapporti di mero adattamento dell'offerta all'evoluzione delle aspettative del mercato di sbocco, e neppure come rapporti attraverso i quali il sistema di offerta organizza (e trasforma in una variabile del tutto dipendente) la domanda degli acquirenti.

Teoria dei sistemi e marketing management. − In base alle osservazioni precedenti, è ora possibile specificare più in dettaglio lo schema teorico di carattere generale nel quale viene in genere collocato lo studio del m. aziendale, specie negli approcci di carattere manageriale (o di m. management). Si tratta di uno schema desunto dalle teorie dei sistemi (system analysis) applicate ai problemi aziendali e, più specificamente, all'analisi dei rapporti tra l'impresa e l'ambiente-mercato.

In sintesi l'impresa viene considerata come un ''sistema cibernetico aperto'', ossia come un'organizzazione strutturata che sia in grado di:

a) prefigurarsi e perseguire una meta generale caratteristica, cioè propria di questo tipo di organizzazione e non di altri: la sopravvivenza e lo sviluppo in condizioni di redditività soddisfacente e di rischio fronteggiabile, e obiettivi specifici (la cui formulazione dipende dalle scelte del soggetto imprenditoriale) coerenti con tale meta. Tali obiettivi sono anch'essi autonomi, ovvero non imposti dall'ambiente esterno, seppure condizionati da variabili esogene o vincoli esterni (struttura del mercato e politiche dei concorrenti, comportamento dello stato, dei consumatori, ecc.), con i quali il sistema aziendale deve costantemente rapportarsi;

b) organizzare al suo interno un processo di attività utilizzando razionalmente un insieme di fattori produttivi o coinvolgendo fattori esterni, allo scopo di realizzare i propri obiettivi;

c) assumere dall'ambiente esterno gli input effettivi occorrenti (materiali, lavoro, capitali, ecc.) per realizzare il processo di attività e gli input informativi, selezionando tra le infinite informazioni possibili, quelle necessarie per orientarlo in modo conforme al raggiungimento degli obiettivi;

d) decidere le ''risposte'' non semplicemente passive, ma discrezionali e attive, da dare alle aspettative dell'ambiente, così da renderle compatibili con una soddisfacente combinazione dei fattori produttivi di cui l'impresa dispone o può disporre, e tradurre tali decisioni in attività operative e, quindi, in flussi di prodotti e/o di servizi (output) il più possibile omogenei con le aspettative dell'ambiente;

e) valutare la rispondenza dei propri output alle attese dell'ambiente, nonché l'efficacia delle proprie politiche tendenti a modificare l'ambiente in modo compatibile con i propri obiettivi e vincoli interni e, conseguentemente, autoregolarsi, modificando, se necessario, sia gli obiettivi sia il processo di attività (retroazione o feedback).

Questo schema logico pone l'accento sui rapporti d'interdipendenza e d'interazione che s'instaurano, da un lato, tra le varie funzioni all'interno del sistema aziendale e, dall'altro, tra il sistema aziendale e il più ampio sistema socio-economico ad esso esterno; sistema nel quale e per il quale l'impresa di fatto opera e dal quale trae la propria possibilità di sopravvivere in condizioni di redditività soddisfacente.

Per quanto riguarda il primo aspetto, l'impresa, per poter operare come un sistema strutturato, dev'essere dotata di sottosistemi in grado di differenziare e controllare l'azione del sistema.

In termini di teoria dei sistemi, il sistema impresa può essere suddiviso in:

a) subsistemi sensori, preposti all'acquisizione degli input e dei feedback informativi dall'ambiente esterno;

b) subsistemi decisori, preposti all'indirizzo e al coordinamento del processo aziendale, che si gerarchizzano a più livelli (dai livelli ''strategici'' attinenti le modifiche dei rapporti tra l'impresa e l'ambiente, a quelli ''amministrativi'', a quelli ''operativi'');

c) subsistemi operativi, preposti allo svolgimento delle varie attività di cui si compone il processo aziendale, nonché all'acquisizione degli input effettivi e all'emissione di tutti gli ouput aziendali;

d) subsistemi di controllo interno (costante verifica tra decisioni e coerente svolgimento del processo aziendale), ed esterno (feedback dell'attività aziendale, in concorso con i subsistemi sensori).

Ciascuna delle tradizionali funzioni aziendali, per risultare efficace, deve interagire con tutte le altre, e per essere svolta razionalmente, deve avvalersi dell'azione combinata di tutti i subsistemi di cui si compone il sistema aziendale.

Le funzioni di m., in questa prospettiva ''sistemica'', non sono configurabili infatti come funzioni esclusivamente pertinenti né al subsistema sensorio (ricerche di mercato) né ad alcuni subsistemi operativi (promozione delle vendite) né al subsistema di controllo esterno (controllo delle politiche di mercato e in particolare della pubblicità). Pur perseguendo questi (e altri) obiettivi particolari all'interno del sistema aziendale, anche le funzioni di m., per risultare efficaci, debbono interagire con tutte le altre funzioni e devono permeare tutti i subsistemi aziendali; in particolare quello decisionale a livello strategico. Questa caratteristica è propria dell'approccio manageriale e differenzia nettamente quest'ultimo da quello esclusivamente funzionale nell'ambito degli studi di marketing.

Per quanto riguarda il secondo aspetto (interazioni tra il sistema aziendale e il sistema socio-economico esterno alle imprese), ci sembra necessario ribadire che la sequenza delle relazioni

input→processo→output→feedback

propria del sistema aziendale, non può comunque risolversi in termini esclusivamente adattivi nei confronti dell'ambiente esterno.

Questo avviene perché l'impresa persegue propri obiettivi economici, autonomi rispetto a quelli di altri sistemi diversamente finalizzati, e perché il massimo soddisfacimento possibile delle aspettative espresse dall'ambiente-mercato è strumentale al perseguimento di tali obiettivi. Un altro motivo è che l'impresa è un sistema strutturato e specialistico, mentre alcuni sistemi esterni presentano gradi inferiori di strutturazione e non hanno un carattere specialistico, ossia possono esprimere aspettative ed esigenze generali, possono porre vincoli all'impresa, ma non possono, al di là di certi limiti, progettare essi stessi le modalità di soddisfacimento delle loro aspettative; questo è infatti compito dell'impresa, anche se, nei confronti delle risposte aziendali, i sistemi esterni (in particolare il sistema di domanda) esercitano un potere di scelta e di selezione.

L'esercizio di quest'ultimo potere è tanto più esteso e vincolante per le imprese: a) quanto minori sono i vincoli interni alle imprese nell'uso dei fattori impiegati nei loro processi produttivi (per es.: vincoli alla varietà e variabilità dell'offerta); b) quanto maggiore è lo stato di competizione attuale o potenziale tra le imprese offerenti (il surplus di utilità creato dalle imprese non viene mai totalmente trasferito ai consumatori, anzi, se i meccanismi competitivi sono inefficienti, si ha una situazione di ''amministrazione'' da parte delle imprese della distribuzione di tale surplus); c) quanto maggiore è la dinamica dei fattori esogeni alle imprese (in particolare del cambiamento scientifico-tecnologico da un lato e delle innovazioni negli usi dall'altro), che impedisce la stabilizzazione di stati collusivi della concorrenza.

Il sistema marketing. - Sulla base delle considerazioni sin qui svolte, è possibile delineare la composizione del sistema di m. aziendale secondo un approccio di m. management.

In sintesi il sistema di m. aziendale si compone delle seguenti aree fondamentali:

a) area delle ricerche di mercato (o degli input informativi), nel cui ambito possono essere distinte: le ricerche sui fattori esogeni (ossia esterni all'impresa e da questa non direttamente controllabili) che influiscono sulla formazione delle aspettative dei consumatori attuali e potenziali; le ricerche sulla struttura e sui comportamenti delle imprese concorrenti, che, sviluppando processi competitivi, pongono precisi vincoli esterni all'attività di m.; le ricerche finalizzate a valutare le possibilità di specificazione delle aspettative dei consumatori sulla base degli obiettivi e dei vincoli interni aziendali; le ricerche su tutte le altre componenti dell'ambiente che possono porre vincoli esterni all'attività di m. dell'impresa; le ricerche finalizzate a verificare e valutare l'efficacia delle politiche di mercato dell'impresa e, più in generale, dei processi di specificazione delle aspettative dei consumatori, al fine di pervenire a un'efficace autoregolazione dei rapporti con il mercato;

b) area di supporto alla formulazione della strategia aziendale complessiva, alla quale il m. contribuisce con la valutazione delle opportunità e delle minacce che caratterizzano l'ambiente-mercato in rapporto ai punti di forza e di debolezza interni all'impresa, con riferimento alle scelte (contestuali) che definiscono la product idea (cioè le scelte concernenti il prodotto da immettere sul mercato), la segmentazione del mercato di sbocco e il posizionamento competitivo;

c) area delle politiche di mercato (o degli output), che può essere distinta in: formulazione del m. mix aziendale (ossia della strategia funzionale di m., coerente con la strategia aziendale complessiva e rispondente a principi di ottimizzazione); programmazione, gestione e controllo delle varie politiche di mercato di cui si compone il m. mix, e cioè delle politiche del prodotto, dei prezzi, di differenziazione, e distributive.

Non tutte le aree di cui si compone il sistema di m. hanno la medesima rilevanza nell'agire strategico delle imprese. Questa dipende infatti dalle specifiche situazioni in cui le imprese si trovano a operare in rapporto sia alle caratteristiche dei mercati di sbocco e della concorrenza, sia agli orientamenti strategici del management, al grado di rigidità o di flessibilità dei sistemi tecnici di produzione di cui dispongono e all'entità delle risorse finanziarie che l'imprenditore ritiene conveniente destinare ad attività di marketing.

In generale, si possono avere quattro forme di m. management:

a) quella in cui il ruolo del m. è rilevante solo nella formulazione delle strategie aziendali complessive, quando essa richieda un cospicuo apporto di ricerca, valutazione e ''monitoraggio'' delle opportunità e delle minacce che si manifestano nell'ambiente generale (tecnologico, socio-culturale, istituzionale, ecc.) e/o nell'ambiente competitivo (ruolo strategico-conoscitivo del m.);

b) quelle in cui il ruolo del m. è rilevante nell'attuazione delle strategie, quando il potere di mercato dell'impresa si basi prevalentemente su alcune politiche di mercato diverse dalle politiche di prezzo e di prodotto: differenziazione del prodotto, distribuzione, assistenza post-vendita, ecc. (ruolo operativo-creativo del m.);

c) quella in cui la rilevanza del suo ruolo è elevata in entrambi i livelli, sia in quelli relativi alla formulazione, sia in quelli riguardanti l'attuazione della strategia competitiva (ruolo strategico-operativo del m.);

d) quella in cui, infine, la rilevanza del ruolo del m. è modesta (ruolo operativo di routine del m.), quando cioè l'ambiente generale e di mercato non comportano particolari sforzi di analisi e valutazione delle opportunità e delle minacce, e le politiche di mercato dell'impresa, che richiedono un'elevata capacità operativa di m., non sono critiche per l'acquisizione e la conservazione di vantaggi competitivi.

La rilevanza strategica del ruolo del m. varia inoltre nel tempo, al variare delle fasi del ''ciclo di vita'' (del settore, della classe di prodotti e del prodotto o della marca specifica con cui opera l'impresa).

Nonostante l'elevata eterogeneità delle situazioni e delle tassonomie adottabili per considerare la rilevanza del m., ciò che comunque deve rimanere ferma è la differenza concettuale che può in ogni caso stabilirsi tra il contributo del m. alla formazione della strategia aziendale complessiva (in modo particolare, alla definizione delle scelte di segmentazione del mercato e di posizionamento competitivo, nonché della product idea) e alla pianificazione, gestione e controllo delle politiche di mercato, nell'ambito della strategia funzionale di marketing.

Al livello della strategia funzionale di m. il problema di fondo che si pone all'impresa è quello della composizione soddisfacente e sinergica delle singole politiche che formano il m.-mix, ciascuna delle quali dev'essere comunque coerente con le scelte strategiche di livello superiore (segmentazione, posizionamento, product-idea). La procedura sintetica di valutazione della convenienza economica relativa di un dato m.-mix in un ''set'' di alternative di m.-mix progettabili e ritenute realistiche (per ciascuna delle quali si suppone possibile stimare sia l'ammontare dei costi e la loro specifica struttura, sia l'impatto in termini di quantità vendibili) richiede: la definizione di ciascuna alternativa in termini di politiche di mercato che la compongono (compreso il prezzo); la valutazione di coerenza con la strategia aziendale complessiva; l'analisi dei costi e l'analisi d'impatto; la determinazione della redditività del capitale investito; la valutazione del rischio; la valutazione finanziaria. In tal modo le scelte operative di m. possono essere valutate con criteri di carattere strettamente economico-aziendale.

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