MARIOTTO di Cristofano. – Nacque a Castel San Giovanni, l’attuale San Giovanni Valdarno, intorno al 1395, come si deduce dai documenti catastali che lo riguardano.
Nel panorama artistico fiorentino del primo Quattrocento il linguaggio pittorico di M. è affine a quello di Lorenzo di Bicci, Giovanni Toscani e Arcangelo di Cola da Camerino, ma la notorietà di M. si deve al suo legame parentale con il conterraneo Masaccio: nel 1421 sposò Caterina, figlia di Tedesco di Maestro Feo, secondo marito di monna Jacopa, madre di Masaccio, con la quale però Caterina non aveva vincoli di sangue, essendo il frutto del precedente matrimonio di Tedesco.
Non è possibile stabilire per via documentaria quando M. arrivò a Firenze. Probabilmente la sua famiglia non vi si trasferì mai, visto che sua madre risiedeva ancora nel 1427 a San Giovanni Valdarno. È più probabile, allora, che M. sia giunto più tardi in città, forse intorno alla metà del secondo decennio del secolo o comunque non molto prima del 1419, epoca alla quale risale la prima notizia certa della sua presenza a Firenze. In quell’anno entrò a far parte della compagnia dei pittori, nella quale fu registrato come «Mariotto di Cristofano da Castello Sancto Giovanni» (Jacobsen, p. 296).
Non è noto se la sua formazione si sia svolta nel paese di origine o più plausibilmente a Firenze. Diverse sono infatti le opinioni sul rapporto di Masaccio con Mariotto.
Il 10 genn. 1419 (1418 nello stile fiorentino) M. si immatricolò all’arte dei legnaioli come «Mariotto di Cristofano Chorsi chofanaio». Dai registri risultano pagamenti a quest’arte fino al 1433. È possibile che M. abbia lavorato ancora giovanetto nella bottega del nonno di Masaccio, Mone di Andreuccio, fabbricante di manufatti in legno a San Giovanni Valdarno (ibid., p. 446).
All’8 apr. 1419 risale la prima notizia sull’attività artistica di M.: la commissione da parte di Leonardo Rustici di un affresco, perduto, raffigurante S. Giovanni Gualberto, per la chiesa di S. Remigio a Firenze, nel quartiere di S. Croce. Al 1422-25 si riferiscono alcuni documenti relativi all’eredità di Tedesco di Maestro Feo, della quale fu beneficiario anche Mariotto.
La prima fase della sua attività è documentata dalla Madonna dell’Umiltà celeste con i ss. Giovanni Battista e Giacomo, già sul mercato antiquario tedesco e collocabile ancora entro il secondo decennio, dove sono evidenti gli influssi di Gherardo di Jacopo detto lo Starnina e Lorenzo Monaco (Boskovits, 2002, p. 60).
Nella Madonna in trono fra i ss. Giovanni Battista, Pietro, Paolo, Antonio Abate, Michele Arcangelo, Bartolomeo, Onofrio e Lorenzo, ora a Roma al Museo del Palazzo di Venezia, ritenuta da Boskovits (1969) coeva di quella di Cascia, M. mostra una pittura più fusa e un’attenzione alla definizione dei dettagli decorativi che raramente si ritrovano negli anni più tardi. Fra il 1420 e il 1425 dovrebbe porsi il Christus Patiens tra la Vergine e s. Lucia, già sull’altare destro della chiesa di S. Lucia a San Giovanni Valdarno e ora nel Museo della basilica di S. Maria delle Grazie nella stessa cittadina, dove il suo linguaggio sempre più sintetico, sembra avere assimilato la lezione rinascimentale, traducendola però in forme disegnative, prive della carica espressiva e dei contenuti plastici e prospettici proposti da Masaccio.
Prossimo a quest’ultima opera è il Feiertagschristus affrescato nella basilica di S. Miniato al Monte a Firenze, ovvero il Cristo Portacroce ferito dagli strumenti di lavoro e accompagnato dalla scritta che impone di riposare nei giorni di festa, nel rispetto dei comandamenti: un soggetto assai raro in ambito italiano e maggiormente diffuso nell’Europa settentrionale (Cohn, p. 67). Di qualche anno successivo alla metà del secondo decennio è il polittico raffigurante la Pietà tra i ss. Giovanni Gualberto, Nicola, Giacomo Maggiore e Bernardo degli Uberti, ora nella chiesa delle Ss. Flora e Lucilla a Carda di Castel Focognano e in origine nell’abbazia benedettina di S. Trinita in Alpe a Talla, che evidenzia un’impostazione esemplata su modelli trecenteschi.
Nel 1425 M. prese in affitto, insieme con il cognato Gabriello di Piero, una casa a San Giovanni Valdarno sulla via Maestra. Dalla sua prima portata al catasto risulta che due anni dopo risiedeva a Firenze nel quartiere di S. Croce, nel «popolo» di S. Pier Scheraggio, nella casa appartenente ai Castellani; a questi anni si riferiscono ulteriori atti privati relativi a contratti, testamenti e debiti.
Al gennaio 1429 (1430 nello stile fiorentino) risale la sua seconda portata al catasto, dalla quale risulta che aveva tre figlie. Dall’elenco dei debitori si apprende che aveva eseguito lavori artistici non specificati per il banchiere Niccolò Bellacci. Nello stesso anno fu incaricato di rifinire e dipingere il tabernacolo marmoreo dell’altare del battistero fiorentino. Dalla sua dichiarazione del 1433 risultano incrementati i suoi beni a San Giovanni Valdarno, mentre ancora al 1435 si riferisce un lodo a composizione circa la dote della madre di Masaccio.
Nel 1437 M. acquistò per 140 fiorini, dalle pinzochere dell’ospedale di S. Paolo, una casa nel popolo di S. Pier Scheraggio. Parte del costo della casa fu decurtata in ragione di lavori artistici fatti all’ospedale.
Due anni dopo il 1442, epoca a cui risale una nuova portata al catasto, si registra un pagamento dall’ospedale di S. Matteo, per modifiche fatte a una tavola di «Nostra Donna ovvero tabernacholo». È sicuramente M. quel «Mariotto dipintore» che nel 1442 tenne in affitto una bottega di proprietà dei fratelli Carducci, situata in borgo Ss. Apostoli, la via dove nel Quattrocento era la massima concentrazione di botteghe di «forzerinai e cofanai», fra le quali quella di Giovanni di ser Giovanni detto lo Scheggia e di Marco del Buono (Bernacchioni, 1992, p. 211).
Il 6 dic. 1445 fu commissionata a M. dall’ospedale di S. Matteo una tavola d’altare dipinta su due facce con la Resurrezione e la Madonna e santi, destinata al settore femminile. Il dipinto fu portato a termine l’8 sett. 1447, mentre la predella fu realizzata da un pittore di nome Berto, per 7 fiorini. Alcuni pagamenti furono riscossi anche da Domenico, figlio di Mariotto.
La commissione consentì a Cohn di identificare la personalità artistica di M., fino ad allora nota solo attraverso i documenti raccolti da Procacci.
Un anno dopo la sua penultima dichiarazione catastale del 1446-47, la figlia Piera sposò Domenico di Stefano, fabbricante di immagini di cera.
La carriera di M. si chiude con la Madonna fra i ss. Antonio Abate, Lorenzo, Giovanni Battista, Jacopo e i donatori, ora nel Museo di S. Maria delle Grazie a San Giovanni Valdarno, proveniente dalla chiesa di S. Lorenzo della stessa città.
L’attività di M. è attestata anche dalla sua ultima dichiarazione catastale, del 1451, mentre la notizia pubblicata da Milanesi ricorda come «Mariotto di Cristofano dipintore da Firenze» fu incaricato il 26 apr. 1454 di dipingere uno stendardo di panno con la figura della Vergine, per il prezzo di 2 fiorini, destinato alla Compagnia di disciplinati della chiesa di S. Maria degli Angeli a San Gimignano.
È l’ultima informazione sull’attività di M., che dovette morire di lì a poco, comunque entro il 1457, come si deduce da un ulteriore documento fiscale, risalente a quell’anno, redatto dal figlio ed erede Francesco.
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