ROSSI, Mario Vittorio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 88 (2017)

ROSSI, Mario Vittorio

Paolo Trionfini

– Nacque il 25 settembre 1925 a Costa di Rovigo da Jolanda Rossi, all’anagrafe Maria.

Cresciuto senza il padre in un nucleo familiare allargato solo alla nonna, ebbe la possibilità di studiare grazie al lavoro sartoriale della madre, che incise anche sulla sua formazione religiosa. Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie nel paese natale, passò nel 1939 al liceo scientifico di Rovigo, conseguendo la maturità nel 1944. Entrato in contatto con il movimento resistenziale, aderì al circolo Don Bosco della GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica) di Costa di Rovigo, arrivando a ricoprire in successione l’incarico di delegato aspiranti, delegato juniores e presidente.

Si iscrisse, quindi, alla facoltà di medicina e chirurgia dell’Università di Padova, dove si laureò nel 1949, per poi conseguire la specializzazione nel 1951. Durante il periodo universitario partecipò alle attività della Federazione universitaria cattolica italiana. In estate, per mantenersi agli studi, continuò il lavoro come analista presso lo zuccherificio di Costa di Rovigo, approfondendo il rapporto con il mondo operaio.

Contestualmente coltivò gli studi musicali, una passione nata nell’età infantile che lo avrebbe accompagnato per tutta la vita, conseguendo il diploma in pianoforte al conservatorio a Bologna nel 1947.

Nel 1948 fu nominato presidente della GIAC della diocesi di Adria-Rovigo, trovando una sintonia profonda con l’assistente Mario Basaglia.

Durante il mandato mostrò un’attenzione viva per la condizione giovanile, esposta allo sfruttamento intensivo della manodopera. Rossi si fece interprete delle inquietudini della generazione che aveva vissuto la Resistenza. Sostenne, inoltre, una riflessione, per quanto acerba, sull’impegno nelle realtà temporali del laicato, abbozzando la necessaria distinzione tra piano apostolico e politico.

Il ramo incrementò le adesioni di oltre un migliaio di soci. In questa veste, si fece notare a livello nazionale iniziando la collaborazione con la testata dell’associazione Gioventù, per cui scrisse con una certa frequenza a partire dal 1950. Nel 1952 fu invitato a tenere una relazione alla ‘quattrogiorni’ per i presidenti diocesani.

Nella circostanza, manifestò un debito di riconoscenza nei confronti di Arturo Paoli, viceassistente centrale della GIAC, e di Giovanni Battista Montini, sostituto alla Segreteria di Stato. Sottolineò l’esigenza di non appiattire la vita associativa su un «piano a cliché» che assorbisse in moduli organizzativi lo slancio apostolico. Per contro, occorreva rivisitare «tutta la nostra impostazione di lavoro alla [...] realtà ambientale che è diversissima da luogo a luogo» (Esame della vita di associazione, in L’apostolato dei laici, pro manuscripto, p. 84). Il presidente veneto, inoltre, contestò il metodo fondato sulla centralità dell’adunanza, che doveva lasciare spazio all’«orizzonte a tu per tu», basato sul «colloquio personale» (p. 86).

In seguito alla crisi che investì i vertici della GIAC per l’insofferenza crescente verso gli indirizzi del presidente generale dell’Azione cattolica Luigi Gedda, Rossi, su indicazione di Paoli, fu chiamato nel 1952 a sostituire alla presidenza Carlo Carretto, indotto alle dimissioni. Il nuovo presidente rilanciò la riflessione sulle specializzazioni interne all’associazione, che dovevano promuovere l’apostolato d’ambiente, secondo un modello sviluppato in Francia e in Belgio, per incarnarlo nella storia degli uomini «come partecipazione vitale e quotidiana».

Non mancarono critiche pungenti contro un apostolato ridotto a «crociate», «campagne», «formule», che rendeva gli associati dei «propagandisti» immessi in una «taylorizzazione» dell’impegno (Equivoci e responsabilità, in M. Rossi, La terra dei vivi, 1954, p. 103). Recuperando le suggestioni sull’autonomia del laicato, Rossi non esitò a parlare di «rivoluzione», rimarcando: «Il nostro impegno soprattutto [...] non è “contro” qualcuno. È “per” qualcuno. È un impegno per l’uomo, anche oggi come ieri. Perché non lo si riduca a pensare per procura, perché non lo si riduca a ingranaggio economico, a numero politico!» (Meditazioni della vigilia, II, 5 giugno 1953, ibid., p. 57). Puntualizzò l’improcrastinabile distinzione di ambiti: «I giovani cattolici vogliono che la politica si faccia con scelte politiche e non con scelte religiose: la religione deve ispirarsi alla politica senza sostituirsi ad essa. Perciò i laici facciano i politici a loro rischio personale senza usare della Chiesa a sostegno di una tesi di partito» (Gli italiani hanno votato, in Gioventù, 14 giugno 1953).

Un’inchiesta di Nicola Adelfi, apparsa su L’Europeo del 3 gennaio 1954 sui settori più aperti del mondo cattolico mise in difficoltà la GIAC. Paoli fu spinto a mettersi in disparte, in attesa di disposizioni superiori. Rossi presentò le dimissioni a Montini, che sul momento non le trasmise al papa.

Il presidente esplicitò i motivi del disagio: «Prima tentazione: ritenere se stessi la Chiesa. Seconda tentazione: considerare la Chiesa una parte politica. Terza tentazione: ridurre la Chiesa ad un rapporto di consolazione cultuale privata. Quarta tentazione: dogmatizzare il contingente. Quinta tentazione: volere una Chiesa trionfante nel mondo» (La nostra certezza, in Gioventù, 28 febbraio 1954).

Rossi fu allora convocato dalla Commissione episcopale per l’alta direzione dell’Azione cattolica per chiarire la posizione assunta. La situazione precipitò con l’intervento del S. Uffizio. La comunicazione ufficiale delle dimissioni fu resa pubblica alla vigilia di Pasqua. La notizia provocò un terremoto con le dimissioni a catena, in segno di solidarietà, delle presidenze di numerose associazioni diocesane.

Rossi riprese gli studi, per pubblicare nel 1955 Problemi medico-psicologici dell’adolescenza. Nel 1956, dopo aver vinto il concorso alla sezione di medicina del lavoro della Comunità economica del carbone e dell’acciaio, si trasferì in Lussemburgo, occupandosi in particolare della salute in fabbrica. Fu in quel periodo che cominciò a studiare Freud e Jung. L’11 luglio 1957 sposò Suzanne Bourg, dalla quale ebbe tre figli: Marco (1958), Daniele (1959) e Viviana (1966).

Anche a distanza, Rossi non fece mancare il suo apporto ad Adesso, l’audace foglio di don Primo Mazzolari, che gli era stato vicino nel momento della crisi, offrendogli uno spazio per intervenire pubblicamente sui temi a lui cari. Nel 1959, dopo la morte di Mazzolari, assunse la direzione del quindicinale, scrivendo articoli sui poveri, la decolonizzazione, la politica e le compromissioni religiose. La linea del giornale, nel clima del pontificato di Giovanni XXIII, risultò ancora più aperta. Nel 1962, dopo un monito privato del S. Uffizio trasmesso dal cardinale Montini, il quindicinale decise di sospendere le uscite.

A Concilio aperto, Rossi prese posizione sulla questione ancora irrisolta: «La Chiesa [...] finora è stata assai interessata ad un lavoro sui laici, per i laici, ma molto meno ad un lavoro con i laici, o quando l’ha fatto ha preferito dei laici d’apologia, di garanzia ecclesiastica più che di garanzia evangelica» (Laici per tempi nuovi, 1964, p. 107). Nel 1964 fu invitato a tenere delle conversazioni nell’ambito del ciclo di conferenze animato da Yves Congar all’Università libera di La Tourette. In dirittura d’arrivo dell’assise, l’ex presidente della GIAC ebbe un confronto a distanza con Paoli, a cui contestò il primato accordato alla dimensione sentimentale, tratteggiando una figura di Chiesa aperta alla ragione critica per esorcizzare la paura che attanagliava i credenti (La paura nella Chiesa, in Testimonianze, VIII (1965), 75, pp. 341-354).

Rientrato in Italia nel 1961, lavorò presso l’Istituto nazionale assicurazione infortuni sul lavoro, per poi completare la sua formazione all’Istituto di psicoanalisi di Roma. Dopo essere stato impiegato in un ospedale della capitale, aprì finalmente uno studio privato.

Nel 1968, su invito del segretario Dalmazio Mongillo, intervenne al secondo congresso dell’Associazione teologica italiana per lo studio della morale. Nel 1973 si prodigò per avviare gli Incontri di medicina e psicoanalisi, ospitati dall’editrice Il Pensiero scientifico, offrendo un contributo fattivo al progetto attraverso i costanti interventi. Presso l’editore, fondò la collana Psiche e storia, di cui non poté seguire gli sviluppi.

Fortemente debilitato mentre si trovava ad Assisi, dove era stato invitato a un convegno, morì a Roma il 21 settembre 1976.

Opere. Tra i volumi, oltre a quelli segnalati, sono importanti: La terra dei vivi, Roma 1954; Laici per tempi nuovi, Vicenza 1964; I giorni dell’onnipotenza, Roma 1975. Suoi articoli giornalistici sono apparsi sulle riviste Gioventù, Adesso, Momento, La Rocca. Scritti più impegnativi si trovano in Testimonianze, Témoignage chrétien, Humanitas, Concilium.

Fonti e Bibl.: Parte del materiale su Rossi è depositato all’Istituto Luigi Sturzo di Roma nel fondo a suo nome. La documentazione sull’impegno nella GIAC è conservata a Roma presso l’Istituto per la storia dell’Azione cattolica e del movimento cattolico in Italia Paolo VI.

In assenza di una biografia, si rimanda al numero monografico di Testimonianze, XIX (1976), pp. 189-190; R.P. Violi, M. V. R., in Dizionario storico del movimento cattolico in Italia, III, 2, a cura di F. Traniello - G. Campanini, Casale Monferrato 1984, pp. 744 s.; M. V. R. Un cattolico laico. Significato ed attualità della sua ricerca e del suo impegno nell’Italia del secondo dopoguerra, a cura di G. Martini - S. Ferro - M. Cavriani, Rovigo 2000. L’esperienza nella GIAC è ricostruita in M.C. Giuntella, Cristiani nella storia. Il «caso R.» e i suoi riflessi nelle organizzazioni cattoliche di massa, in Pio XII, a cura di A. Riccardi, Roma-Bari 1984, pp. 347-377, e in F. Piva, «La Gioventù cattolica in cammino...». Memoria e storia del gruppo dirigente (1946-1954), Milano 2003. Per la collaborazione al quindicinale, si veda Mazzolari e “Adesso”. Cinquant’anni dopo, a cura di G. Campanini - M. Truffelli, Brescia 2000 e M. Canaletti et al., Laici sulle orme di don Primo Mazzolari, Brescia 2003.

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