KARMITZ, Marin

Enciclopedia del Cinema (2003)

Karmitz, Marin

Clarice Cartier

Regista, produttore, distributore ed esercente cinematografico romeno, naturalizzato francese, nato a Bucarest il 7 ottobre 1938. è stato a partire dal 1963 fino al 1972 un regista politicamente impegnato e una figura di notevole spicco del cinema d'autore, e successivamente un produttore e un distributore sensibile e intuitivo.

Cresciuto in una famiglia di origine ebraica, emigrò con i genitori in Francia nel 1947. Tra il 1957 e il 1959 frequentò un corso di operatore presso l'IDHEC. Lavorò poi come aiuto regista di Yannick Bellon, Jean-Luc Godard, Agnès Varda, Jean-Charles Tacchella, Pierre Kast, Jacques Rozier. Passò alla regia con alcuni cortometraggi, di genere documentario (Les idoles, 1963; Adolescence, 1966) o a soggetto (Nuit noire, Calcutta, 1964, tratto da una sceneggiatura di Marguerite Duras; Comédie, 1965, da una commedia di S. Beckett). Dal 1966 finanziò le proprie opere tramite la compagnia da lui creata, MK Productions (dal 1967 MK2 Productions). Debuttò nel lungometraggio con Sept jours ailleurs (1968), girato alla vigilia del Maggio francese, sui vagabondaggi di un musicista che rifiuta la società dei consumi. Una problematica ampliata da K. negli anni successivi, quando, come membro di organizzazioni di estrema sinistra, si dedicò al cinema militante con due film a cavallo tra fiction e documentario, Camarades (1970), in cui un giovane scopre la lotta sindacale e la solidarietà operaia, e soprattutto Coup pour coup (1972), su uno sciopero in una fabbrica di sole donne. Erano film nati per dare voce agli sfruttati in lotta e opporsi alla borghesia dominante, anche rompendo il monopolio della distribuzione cinematografica: a differenza delle opere politiche realizzate nel 1968, necessariamente riservate a un pubblico ristretto, uscirono infatti anche nelle sale più commerciali. Uno degli elementi 'rivoluzionari' di Coup pour coup, che lo differenziava dalle opere della Nouvelle vague, fu il lavoro di gruppo, che ne fece un'autentica opera collettiva (non a caso nei titoli di testa venivano citate le cento operaie che avevano partecipato alla realizzazione).

In seguito K. ha abbandonato la regia, ma non il cinema. Come esercente, a partire dal 1974 ha creato a Parigi un proprio circuito di sale (denominato 14 Julliet, e MK2 dal 1998), che con i suoi 58 schermi è oggi il terzo della città. Come distributore, nello stesso anno ha fondato la società MK2 Diffusion, attraverso la quale, proseguendo la sua battaglia per un cinema diverso, ha fatto conoscere film militanti come El chacal de Nahueltoro (1969) e La tierra prometida (1973) di Miguel Littín, ma anche d'autore come Matti da slegare (1975) di Marco Bellocchio e altri, Il sospetto di Francesco Maselli (1975) di Francesco Maselli, Padre padrone (1977) di Paolo e Vittorio Taviani, Akahige (1965; Barbarossa) di Kurosawa Akira, Jalsaghar, noto anche come The music room (1958), di Satyajit Ray, e molti dei film di Wim Wenders.Come produttore, dal 1974 ha finanziato oltre 60 lungometraggi a soggetto, in maggioranza di elevata qualità, mediante la complessa struttura verticale da lui gestita, attraverso la quale egli sceglie un progetto, produce il film, lo distribuisce, lo proietta e lo vende all'estero. In Francia ha lavorato con autori affermati come Bellon (L'amour violé, 1977), Godard (Sauve qui peut, la vie, 1979, Si salvi chi può, la vita), Alain Resnais (Mélo, 1986, Melò), Louis Malle (Au revoir les enfants, 1987, Arrivederci ragazzi), e soprattutto Claude Chabrol, di cui ha prodotto a partire dal 1986 quasi tutti i film; ha inoltre consentito l'esordio nel cinema di nuovi talenti come Romain Goupil (Mourir à trente ans, 1981), Jacques Doillon (La tentation d'Isabelle, 1985), Claire Denis (Chocolat, 1988), Étienne Chatillez (La vie est un long fleuve tran quille, 1989, La vita è un lungo fiume tranquillo). Ha anche finanziato molti esponenti della produzione mondiale più coraggiosa, facendo in modo che le loro opere ottenessero il giusto spazio e la possibilità di essere proposte al pubblico: tra di essi Bellocchio (Salto nel vuoto, 1980), i Taviani (La notte di San Lorenzo, 1982), Ken Loach, Lucian Pintilie (Terminus Paradis, 1998), Yılmaz Güney (Yol, 1982), Theo Anghelopulos (O melissokomos, 1986, Il volo), Mohsen Makhmalbaf (Sokout, 1998, Il silenzio), Arturo Ripstein (Profundo carmesí, 1996), Pavel S. Lungin (Taksi blijuz, 1990, Taxi blues), Abbas Kiarostami (Bād mā rā khāhad bord, noto anche come Le vent nous emportera, 1999, Il vento ci porterà via), Krzysztof Kieślowski (la trilogia Trois couleurs: Bleu, Blanc, del 1993, e Rouge, del 1994, Tre colori ‒ Film blu, Film bianco, Film rosso), Amos Gitai (Kedma, 2002, Verso Oriente), Michael Hanecke (La pianiste, 2001, La pianista).

Nel 1994 ha pubblicato un libro di memorie, Bande à part, e nel 2003 uno di interviste, Profession producteur.

Bibliografia

J. Tonnerre, Francs-tireurs, Marin Karmitz, in "Cinématographe", 1984, 100, pp. 69-73; S. Toubiana, Marin Karmitz, la marge et le centre, in "Cahiers du cinéma", 1987, 395-96, pp. 18-20.

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