MARIB

Enciclopedia dell' Arte Antica (1961)

MĀRIB (Μαρίαβα, Mariaba, Maryab)

P. Matthiae

Antica capitale dello stato sabeo (Yemen), che compare nelle iscrizioni preislamiche sotto la forma mryb ovvero mrb; sorgeva in località assai elevata (m 116o sul livello del mare) e occupava un'area di circa 1 km2.

M. compare ripetutamente nelle fonti classiche: è citata da Augusto (Mon. Anc., 23) come meta della spedizione romana nell'Arabia Felix; Strabone (xvi, 4, 2; 4, 19; 4, 24) ne parla come della città principale dei Sabei, per la sua posizione elevata e boscosa; Plinio (Nat. hist., vi, 155, 159, 16o) e Stefano di Bisanzio ne ricordano la priorità tra i centri sabei e il perimetro di circa km 9. Questo ruolo preponderante di M. tra le città sudarabiche, assunto subito dopo i primi secoli del I millennio a. C. e mantenuto fino all'età di Cristo, cominciò a venir meno quando la capitale del regno sabeo fu trasferita a Ẓafār.

La località fu visitata da T. J. Arnaud nel 1843, da J. Halévy nel 1869 e da E. Glaser, che vi fece quattro viaggi tra il 1882 e il 1894. Solo di recente sono riprese le esplorazioni della zona, ove si recò dapprima A. Fakhry nel 1947, mentre una breve campagna di scavo vi fu condotta tra il dicembre 1951 e il febbraio 1952 dalla American Foundation for the Study of Man sotto la direzione di F. P. Albright; tuttavia le ricerche sono state assai parziali e incomplete.

Un importante complesso cultuale è costituito dal grande tempio detto Haram Bilqīs (Maḥ ram Bilqīs secondo la pronuncia locale), nome con cui la tradizione yemenita connetteva il racconto biblico della regina di Saba con il santuario di Mārib. Dalle iscrizioni rinvenutevi si deduce che il tempio, il cui antico nome sabeo era Awwām (᾿wm), era dedicato al dio lunare Ilumquh (᾿ilmqh).

Il santuario si sviluppava all'interno di una grande area sacra cinta dal cosiddetto "muro ovale" in calcare bianco, che doveva originariamente avere un'altezza oscillante tra m 9 e m 9,50; assai interessante è la tecnica usata, a casematte, perché lo stesso principio costruttivo si riscontra in Asia Minore, in Siria e in Palestina. Le strutture interne del santuario non sono note, sebbene E. Glaser abbia segnalato resti di muri, di cui non era possibile determinare la funzione. Il "muro ovale" fu costruito da Yadi῾¿il Dhirriḥ, figlio di Sumuhu῾alay, mukarrib di Saba, che visse probabilmente nella seconda metà del VII sec. a. C.; i primi sovrani sabei, che regnarono forse intorno alla fine del V sec. a. C., vi apportarono restauri di cui vi sono testimonianze nelle iscrizioni monumentali (C.I.H., 375; 374, Jamme 553); ulteriori opere di sistemazione sono documentate intorno al I sec. d. C. (C.I.H., 373). Sul lato N-E del grande recinto si sviluppava la "sala d'entrata", vasta corte rettangolare (asse E-O m 23,97, asse N-S m 19,15) porticata, dotata sul lato S di una singola porta che dava accesso al tempio e sul lato N di un triplice ingresso che immetteva in un altro edificio cultuale. Il muro perimetrale della corte era decorato internamente mediante nicchie rettangolari con architravi scanalati orizzontalmente; G. W. Van Beek ha notato che la tecnica costruttiva del complesso monumentale N è identica a quella usata nei restauri dei primi re di Saba al "muro ovale": è quindi probabile che l'erezione della corte sia da attribuire a Tubba῾karib (fine del V sec. a. C.), come forse indica anche un passo di incerta interpretazione dell'iscrizione C.I.H., 375. L'area cultuale situata a N della corte porticata non è stata scavata e presenta soltanto otto pilastri allineati su un asse parallelo al muro N della corte, alti m 7,65, distanti l'uno dall'altro m o,86 (tranne i due centrali separati da 1 metro); le costruzioni di quest'area sembrano tutte del I sec. d. C.

La singolarità strutturale del santuario ellittico di M. ha provocato molte ipotesi di rapporti; la più rilevante è quella formulata da A. Grohmann, il quale ritiene probabile una derivazione del tempio Awwām dai templi ovali presargonici della Mesopotamia (ed in particolare dal santuario di Khafāgiah); tali teorie non presentano grande consistenza, sia per le eccessive differenze cronologiche (bisogna ricordare che i templi ovali in Mesopotamia sono limitati ad un breve periodo intorno al 3000 a. C.), sia per la genericità delle somiglianze constatate.

Un monumento di un certo interesse è il mausoleo, che si elevava sul lato E del recinto ellittico di Awwām, su pianta approssimativamente quadrata (lato circa m 8) e con muri assai spessi; il soffitto era sorretto da quattro Pilastri centrali con capitelli; sotto il pavimento si sono rinvenute tracce di sepolture. Frammenti di iscrizioni monumentali inducono a far ritenere l'edificio funerario contemporaneo dei primi re di Saba (seconda metà del V sec. a. C.). A S dell'area del santuario Awwām si sono trovati resti di tombe disposte lateralmente ad un passaggio centrale; esse presentano sicure analogie con le tombe di Timna῾, sebbene appaiano assai antiche (circa VIII sec. a. C.). Nella città anche il tempio Bar'an (conosciuto sul posto come el-Amāyid) era dedicato a Ilumquh, ma di esso non restano che cinque pilastri con capitelli ricavati nei monoliti e costituiti da tre pannelli orizzontali segmentati in alternanza con fasce più strette e lievemente rientranti. Un'opera tecnicamente assai pregevole era la diga di M. costruita sul Wadi Dhana.

Tra i reperti più notevoli, oltre a testine umane in bronzo e a figurine marmoree di tori, sono da citare tre statue virili stanti, anch'esse bronzee. In una di esse, quella di Ma῾adkarib, datata intorno al VI sec. a. C., W. F. Albright ha creduto di poter riconoscere un elemento fenicio nel motivo della pelle leonina gettata sulle spalle; ma si tratta di un'ipotesi, mentre non sembra improbabile una datazione più tarda.

Bibl.: J. Halévy, Rapport sur une mission archéologique dans le Yémen, in Journal Asiatique, 6a S., XIX, XIX, 1872, pp. 5-98; T. J. Arnaud, Plan de la digue et ed la ville de Mareb, in Journal Asiatique, 7a S., III, 1874, pp. 1-16; E. Glaser, Reise nach Mârib, Vienna 1913; A. Fakhry, An Archaeological Journal to Yemen, I, III, Il Cairo 1951-52; F. P. Albright, The Excavations of the Temple of the moon at Mârib (Yemen), in Bulletin of the American Schools of Oriental Research, 128, 1952, pp. 25-38; W. F. Albright, Notes on the Temple 'Awwâm and the Archaic Bronze Statue, ibid., pp. 38-39; A. Jamme, Aperçu général des iscriptions copiées à Mâreb (Yêmen), in Bulletin de l'Académie Royale de Belgique, 5e sér., XXXVIII, 1952, pp. 289-306; F. P. Albright-A. Jamme, A Bronze Statue from Mareb, Yemen, in The Scientific Monthly, LXXVI, 1953, pp. 33-35; M. Höfner, Forschungen in Südarabien von 1936 bis 1952, in Archiv für Orientforschung, XVI, 1953, pp. 357-64; A. Jamme, Inscriptions de al-'Amâyid à Mâreb, in Muséon, LXVIII, 1955, pp. 313-324; W. Phillips, Qataban and Sheba, New York 1955; R. Le Baron Bowen Jr.-F. P. Albright, Archaeological Discoveries in South Arabia, Baltimora 1958, pp. 215-99.