RUMOR, Mariano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 89 (2017)

RUMOR, Mariano

Piero Craveri

– Nacque a Vicenza il 16 giugno 1915 da Giuseppe e da Tina Nardi. La madre era di famiglia vicentina liberale, ma quella paterna, che lasciò in lui l’impronta decisiva, era cattolica e aveva nel nonno Giacomo (Rumor non prese il suo nome, ma quello del figlio di Antonio Fogazzaro, morto allora precocemente) una figura emblematica nello sviluppo delle iniziative sociali di Leone XIII a Vicenza: titolare di una tipografia e promotore del periodico locale, L’operaio cattolico, aveva svolto ruoli di rilievo nella vita civile e politica locale. La densa atmosfera culturale e religiosa della sua città esercitò un influsso determinante sulla giovinezza di Rumor, disegnando un percorso differente da quello dei giovani che, negli stessi anni, si formavano nei ranghi dell’Azione cattolica, di cui pure Rumor era membro assiduo, nutrendosi subito di consapevolezze ulteriori, avendo la sua famiglia militato nel Partito popolare ed essendo rimasta decisamente antifascista.

Fece i suoi studi presso il patronato Leone XIII e il liceo ginnasio Antonio Pigafetta di Vicenza, per iscriversi nel 1933 alla facoltà di lettere dell’Università di Padova. Fu il rapporto intrinseco della sua famiglia con Antonio Fogazzaro e probabilmente l’influenza di Pietro Nardi, fratello della madre e studioso di letteratura italiana, a spingerlo verso quella scelta piuttosto che agli studi di giurisprudenza, essendo il padre avvocato (sul padre si veda lo scritto di Rumor, Giuseppe Rumor nel primo anniversario della sua morte, Vicenza 1955).

La facoltà patavina aveva allora una cerchia illustre di docenti, tra cui Manara Valgimigli, Concetto Marchesi, Diego Valeri e Roberto Cessi. Rumor si laureò con il massimo dei voti e la dignità di stampa, essendo titolare di letteratura italiana Natale Busetto, con una tesi su Giuseppe Giacosa (Padova 1940), in cui spicca la costante polemica, ricolma di motivi moralistici cattolici, non privi di assonanze fogazzariane, in difesa del realismo borghese del commediografo canavesano, contro i diversi giudizi espressi da Benedetto Croce in uno dei suoi saggi della Letteratura della nuova Italia. E quest’ultimo ebbe poi a notare «l’intenzione buona» del lavoro di Rumor, ma «affatto ottuso a intendere i problemi della bellezza e dell’arte, e dell’idealità e moralità intrinseca all’arte» (Croce, 1940, p. 173).

Per quanto dichiarato non idoneo, si arruolò nel 1941 da volontario, prestando servizio come allievo ufficiale e poi come sottotenente di artiglieria a Mantova, Sabaudia, L’Aquila e Cecina, dove lo colse l’8 settembre 1943. Raggiunse Vicenza entrando subito nella Resistenza e mostrandovi doti organizzative. Divenne così membro del Comitato di liberazione nazionale (CLN) locale, in rappresentanza della Democrazia cristiana (DC), dirigendo Il Momento, giornale clandestino. Con la Liberazione il retaggio familiare, la rete di rapporti costituiti durante la guerra, l’attività subito intrapresa con la costituzione delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (ACLI), l’elezione a consigliere comunale di Vicenza, ne fecero subito un esponente politico di primo piano nel Vicentino e lo portarono, il 2 giugno 1946, a essere eletto alla Costituente.

Non fece parte della Commissione dei 75 per la redazione della Carta costituzionale, né ebbe un ruolo di un qualche rilievo nella discussione in aula di quest’ultima. Fu quello della Costituente per Rumor un periodo di apprendistato politico. Apparteneva comunque alla seconda generazione del partito cattolico, e il suo lavoro nelle ACLI vicentine lo portava naturalmente a sinistra. Tenne rapporti stretti con il gruppo dossettiano, frequentando la comunità del Porcellino, senza tuttavia immedesimarsi in essa. Rimase «a mezza strada» tra Alcide De Gasperi e Giuseppe Dossetti (M. Rumor, Memorie..., 1991, p. 26). La prima prova parlamentare che lo mise in rilievo venne con la prima legislatura, come relatore sulla legge che introduceva il piano Fanfani ‘INA case’, nell’agosto del 1948. Avendo Rumor dato prova di sé nella discussione in Commissione, De Gasperi lo volle relatore in aula. Ebbe come principale oppositore il capo della CGIL, Giuseppe Di Vittorio, e condusse con serietà e abilità la legge al voto finale. Nel marzo del 1949, in un’elezione suppletiva, entrò a far parte del Consiglio nazionale della DC. Al congresso di Venezia nel giugno di quell’anno fu, con successo, relatore sui ‘problemi attuali del lavoro italiano’ (Necessità vitali del lavoro italiano, Roma 1949) e il suo nome comparve nella lista della maggioranza degasperiana e in quella della minoranza dossettiana, riuscendo sesto tra gli eletti nel Consiglio nazionale. Iniziava così la sua ascesa nel Partito. De Gasperi, che voleva lasciare una porta aperta al gruppo di Dossetti, lo volle in direzione come ‘pontiere’, a fianco di Paolo Emilio Taviani, che era il nuovo segretario. Questo disegno non si attuò subito, intralciato dalla crisi che portò al VI governo De Gasperi, a cui non aderirono gli amici di Dossetti. Fu con le dimissioni di Taviani e l’assunzione della segreteria da parte di Guido Gonella, nell’aprile del 1951, che si poterono riannodare le fila, con una segreteria unitaria che vide Dossetti vicesegretario e Rumor vicesegretario organizzativo. Egli si impegnò a fondo in questo incarico, rinnovando profondamente l’organizzazione del Partito, con una larga immissione della generazione più giovane, tra cui molti dossettiani. Ciò lo pose al centro di un sistema di relazioni interne alla DC, mentre in Parlamento la sintonia ritrovata nel Partito rese più sollecito il corso delle riforme; una sintonia che tuttavia non maturò nelle scelte politiche di fondo.

Il debole risultato delle elezioni amministrative del 1951 spinse De Gasperi a irrigidire la sua linea. Per quanto lo scontro con la S. Sede sulle successive elezioni romane, il caso Sturzo, avrebbe portato a uno stallo nel dibattito interno con la difesa dell’autonomia del Partito da parte di tutti, il dissenso scoppiò di nuovo con la formazione del VII governo De Gasperi. La scelta di Fanfani di entrarvi come ministro dell’Agricoltura spaccò il gruppo dossettiano e portò al conseguente ritiro di Dossetti. Anche qui Rumor ebbe un ruolo non secondario di collegamento, e nel luglio del 1951 entrò nel governo come sottosegretario all’Agricoltura, al fianco di Fanfani, per iniziativa di De Gasperi.

La soluzione di governo gettò anche le premesse della costituzione di Iniziativa democratica, dove confluirono la maggior parte degli esponenti di spicco della seconda generazione, tra cui molti dossettiani. Della nascita della corrente Rumor fu il maggior protagonista.

Le ragioni dell’iniziativa sono spiegate nel suo articolo Due generazioni, comparso sul secondo numero della rivista da lui diretta, che prendeva il nome proprio dalla corrente appena costituita, Iniziativa democratica. Il punto di raccordo tra gli ex popolari e i più giovani veniva stabilito nella piena acquisizione della politica degasperiana sia all’interno, con l’allineamento alle premesse politiche del centrismo, sia nella politica estera, con la piena adesione alla politica atlantica ed europea, mantenendo tuttavia l’accento sulle riforme e la necessità di raccordarsi con i bisogni dei ceti popolari, che era stata una delle inclinazioni del dossettismo. Su questa base venne regolata la successione a De Gasperi con la scelta di Fanfani come nuovo leader. Anche il politico trentino se ne fece protagonista, creando una frattura tra lui e i suoi vecchi sodali del Partito popolare.

La rielezione a segretario della DC di De Gasperi, nel 1953, fu così patrocinata dagli aderenti a Iniziativa democratica con l’astensione degli ex popolari, essendo regista di quella operazione Rumor. E ciò poi, al congresso di Napoli del 1954, avrebbe spianato la strada alla segreteria Fanfani, divenendo nel contempo Iniziativa democratica la corrente maggioritaria della DC. Rumor mantenne il suo ruolo di sottosegretario all’Agricoltura nell’VIII governo De Gasperi (1953) e in quello seguente di Giuseppe Pella fino al gennaio del 1954. In quell’anno fu segretario del Consiglio dei ministri nel I governo Fanfani, che non ebbe la fiducia della Camera, per tornare come ministro all’Agricoltura con il II governo Segni nel febbraio del 1959 e ancora nei successivi: Tambroni nel marzo del 1960, III e IV Fanfani dal febbraio del 1960 al giugno del 1963. Ebbe in questa attività di governo un ruolo non marginale. Già Fanfani gli aveva conferito la delega per l’applicazione della legge sulle comunità montane e sulla meccanizzazione dell’agricoltura, che accompagnavano la riforma agraria, e con il terzo governo Fanfani fu il promotore del primo ‘piano verde’ dell’economia italiana, dedicando un’intensa produzione di scritti a questo argomento (cfr. Questioni agricole, Bologna 1961).

Con la segreteria Fanfani iniziava, come Rumor avvertì subito, un nuovo ciclo della vita del partito cattolico. Rimase solidale con Fanfani anche nella vicenda che portò, contro la volontà di entrambi, Giovanni Gronchi al Quirinale. Al congresso di Trento (1956), Rumor tornò alla vicesegreteria del Partito, conservando la sua posizione demiurgica nella corrente maggioritaria e appoggiando l’inclinazione a sinistra di Fanfani e la sua iniziale cauta apertura verso i socialisti, così come, dopo il successo elettorale del Partito alle elezioni del 1958, sostenne l’esordio del II governo Fanfani (cfr. il discorso di Rumor sul Popolo del 22 dicembre 1958). La segreteria Fanfani aveva rinsaldato la struttura organizzativa, conferendole due ulteriori caratteristiche: verso la società, curando e accentuando sempre più nel dettaglio i legami con la configurazione corporativa che le era caratteristica, e verso lo Stato, attuando quella peculiare simbiosi con il Partito, definita con la formula della ‘occupazione del potere’, che venne poi a coincidere con la ‘forma partito’ della DC. Fanfani ci aggiunse, come ulteriore elemento, un’impronta autocratica nella gestione della segreteria politica del Partito, anche quale modello di gestione dell’unità interna. Tuttavia proprio l’unità interna della DC si realizzava, fin dall’epoca di De Gasperi, su due spartiti, quello partitico e quello dei gruppi parlamentari. Fu questo secondo che Fanfani non riuscì a conformare al suo disegno centralizzatore e che, quasi subito, mise in discussione la stabilità del suo governo.

Con il 1959 si arrivò così alla repentina caduta di Fanfani, prima da presidente del Consiglio, poi da segretario del Partito, vicende tutte interne alla DC, da cui emerse la segreteria di Aldo Moro. Con quest’ultima venne meno quel ruolo di Rumor come punto di riferimento della mediazione interna della DC, divenuta più complessa, essendosi Iniziativa democratica spezzata in due tronconi, quello fanfaniano e quello doroteo, di cui Rumor venne a far parte in una posizione non di leadership, in un primo tempo acquisita da Antonio Segni. Fu infine Moro a condurre ‘tutta’ la DC all’approdo del centrosinistra, dandole una direzione collegiale e trasmutando lo schema monocratico fanfaniano in uno stabilmente oligarchico.

Rumor divenne invece il garante della parte dorotea per una versione più moderata del centrosinistra. Era stato nel 1963 ministro degli Interni nel governo postelettorale presieduto da Giovanni Leone. Successe a Moro nella segreteria del Partito nel gennaio del 1964, dopo che quest’ultimo aveva assunto la guida del primo governo organico di centrosinistra. Nel giugno seguente il governo entrò in crisi per iniziativa dorotea, soprattutto per opera di Segni, dal Quirinale, e di Emilio Colombo come ministro del Tesoro. E dei dorotei Rumor fu poi il portavoce nella difficile crisi del luglio 1964, convinto, anche nella situazione estrema di ordine pubblico che si era creata (tra l’altro caratterizzata dal tentativo di colpo di Stato, noto come Piano Solo, del generale Giovanni De Lorenzo), che non vi fosse altro sbocco politico che la formula di centrosinistra, ma stringendo sui nodi del programma di governo contribuì a formalizzare quella svolta, che fu poi decisiva nel determinare l’inversione della carica riformista del centrosinistra.

Dopo le elezioni del 1968, che videro un consolidamento della DC, assieme a un netto progresso del Partito comunista italiano (PCI) e a una sensibile caduta del Partito socialista unificato (PSU), si trovò a fronteggiare una prima grave crisi del centrosinistra. Si fece mallevatore della nomina a presidente della Camera di Sandro Pertini, senza superare l’indisponibilità postelettorale dei socialisti. Giuseppe Saragat, conferendogli l’incarico di formare il nuovo governo, si espresse sulla sostanza del problema politico, dicendogli testualmente: «adesso che avete fatto la frittata, tocca a voi rimediare» (M. Rumor, Memorie..., cit., 1991, p. 358). Nel dicembre del 1968 Rumor riuscì a ricomporre la maggioranza di centrosinistra – formata da DC, PSU e Partito repubblicano italiano (PRI) – con il suo primo governo, che nell’agosto del 1969 cadde per la sopravvenuta nuova scissione socialista, con la ricostruzione accanto al PSI del Partito socialista democratico italiano (PSDI). Seguì il II governo Rumor, un monocolore DC, che poco dopo fu investito dalla strage terroristica di piazza Fontana a Milano (12 dicembre 1969). Fu allora Moro, avvertito che la matrice dell’attentato era di destra, a spingere Saragat a ricostituire l’equilibrio di centrosinistra con un III governo Rumor a cui aderirono sia il PSI sia il PSDI. Moro aveva allora intrapreso la sua nuova linea di attenzione verso il PCI, contrastata all’interno del suo Partito soprattutto dai dorotei e dai fanfaniani.

Riemergeva la stessa ambivalenza tattica che aveva caratterizzato la DC nella seconda metà degli anni Cinquanta, tra destra e sinistra, a cui doveva acconciarsi anche Rumor. Alla fine dell’agosto del 1970, prendendo pretesto dalla proclamazione di uno sciopero generale della Federazione CGIL-CISL-UIL, rassegnò le dimissioni del suo governo. L’avvio degli anni Settanta segnò l’inizio di una crisi profonda degli equilibri politici, per le ambiguità e le incertezze che caratterizzavano il partito di maggioranza relativa. Il rifiuto di affrontare il problema politico dell’allargamento della base parlamentare generava un duplice movimento. Si inclinava a destra (come poi sarebbe chiaramente avvenuto con l’elezione alla presidenza della Repubblica di Giovanni Leone e i due governi Andreotti degli anni 1972 e 1973), ma nel contempo la gravità del conflitto industriale e delle tensioni sociali inducevano a non inasprire uno scontro frontale a sinistra, in particolare con il PCI. Fu così che sul terreno legislativo i primi tre governi Rumor costituirono un periodo sotto certi aspetti decisivo, segnato nel 1969 da una nuova, avanzata, legge pensionistica e in seguito dal varo dello Statuto dei lavoratori e del sistema regionale, mentre le due Camere riformavano i loro regolamenti in senso assembleare, gettando così le premesse istituzionali di quel sistema che fu poi definito consociativo.

Dopo la fallimentare prova del II governo Andreotti che nel settembre apriva una crisi valutaria difficilmente arginabile (Rumor era stato, tra il febbraio del 1972 e il luglio del 1973, ministro degli Interni nel I e II governo Andreotti, non nascondendo la sua inclinazione a essere un uomo disponibile a tutte le stagioni), la DC, essendo priva di alternative plausibili, nella necessità di risolvere il pericoloso accavallarsi della crisi economica con tensioni sociali accresciute, cercava di ricostruire la maggioranza di centrosinistra, formula di governo ormai consumata, di cui sempre meno anche i socialisti si facevano mallevatori. In quella situazione si riproponeva con Rumor il vecchio equilibrio, di cui questi rappresentava il simbolo, ormai consumato e transeunte, sostenendo il IV (luglio 1973 - marzo 1974) e il V (marzo 1974 - novembre 1974) dei suoi governi, che avevano almeno il pregio di stabilizzare la lira sul mercato dei cambi, non cauterizzando tuttavia un alto tasso di inflazione. Fanfani, dopo aver assunto la segreteria della DC, nel 1974 avrebbe nuovamente tentato di dare fondamento elettorale e politico alla linea di centrodestra, lanciandosi nella campagna referendaria contro la legge sul divorzio. Dalle macerie di quel tentativo, seguite dalla caduta elettorale della DC nelle amministrative del 1975, l’ago della bilancia tornava a sinistra in una situazione resa ancora più difficile dalla gravità della congiuntura economica nella quale l’Italia precipitava, la più grave del dopoguerra.

Nel partito cattolico riemergeva la leadership di Moro. Rumor nei governi IV e V Moro fu ministro degli Esteri, tra il novembre del 1974 e il luglio del 1976, cercando anche di varare la propria candidatura alla segreteria del Partito dopo le dimissioni di Fanfani, in un contesto politico ormai completamente mutato e in cui nemmeno avrebbe raccolto il sostegno dei dorotei, che comunque avevano definitivamente perso il loro tradizionale ruolo di centralità. Non conseguendo questo obiettivo, rompeva anche lui le righe, avvicinandosi alle posizioni del nuovo segretario, Benigno Zaccagnini. La sua storia finiva per non coincidere più con il ruolo che aveva fino ad allora svolto e con le prospettive del Partito, come emerge da un suo discorso, Riflessioni e proposte per la DC, del 1981 (in Discorsi sulla Democrazia cristiana, a cura di C. Ciscato, 2010), confinato a essere un notabile tra gli altri, ai margini della dinamica politica. Eletto deputato al Parlamento europeo nel 1979, alla sua prima legislatura, fu anche senatore della Repubblica dal 1979, nelle legislature VIII, IX e X, fino alla morte, avvenuta a Vicenza, il 22 gennaio 1990.

Nel 1991 uscì, postumo e frammentario, un volume di sue Memorie, documento assai interessante sull’epoca da lui vissuta, che Rumor aveva cominciato a scrivere negli ultimi anni.

Fonti e Bibl.: Archivio del Senato della Repubblica, Carte Rumor; I Congressi nazionali della Democrazia Cristiana, a cura di C.A. Dané, Roma 1959, pp. 191 ss.; Consigli nazionali della DC, aprile-ottobre 1964, Roma 1966, passim; Atti e documenti della Democrazia Cristiana, I-II, Roma 1968, ad ind.; Antologia di Iniziativa democratica, a cura di G. Galloni, Roma 1973, pp. 30-36; M. Rumor, Memorie, 1943-1970, Vicenza 1991 (in partic. pp. 20, 26, 191 ss., 274 ss., 358); P.E. Taviani, Politica a memoria d’uomo, Bologna 2002, ad ind.; M. Rumor, Discorsi sulla Democrazia Cristiana, a cura di C. Ciscato, Milano 2010, pp. 141s. e 441ss.; R. Fornasier, M.R. e le ACLI vicentine, 1945-1958, Milano 2011.

B. Croce, M. R., Giuseppe Giacosa, saggio, in La Critica, XXXVIII (1940), 3, p. 173; G. Baget Bozzo, Il partito cristiano al potere, la DC di De Gasperi e Dossetti, Firenze 1974, ad ind.; G. Mantovani, Gli eredi di De Gasperi. Iniziativa democratica e i giovani al potere, Firenze 1976, pp. 14 ss.; P. Pombeni, Il gruppo dossettiano e la fondazione della democrazia italiana, Bologna 1979, passim; M. Spagnolo, I giorni e le opere. Storia delle ACLI vicentine, Vicenza 1984, passim; P. Bairati, Sul filo di lana. Cinque generazioni di imprenditori: i Marzotto, Bologna 1986, pp. 292 ss.; F. Malgeri, De Gasperi e l’età del centrismo (1948-1954), in Storia della Democrazia cristiana, II, Roma 1986, pp. 64 ss.; S. Casmirri, Cattolici e questione agraria negli anni della ricostruzione, Roma 1989; P. Craveri, La Repubblica dal 1958 al 1992, in Storia d’Italia, diretta di G. Galasso, XXIV, Torino 1995, p, 347; A. Giovagnoli, M.R. e la crisi del luglio 1964, in Annali della Fondazione Mariano Rumor, I (2005), pp. 57-68; Aspetti della vita sociale a Vicenza nel secondo dopoguerra. Il contributo di M. R. Atti del Convegno... 2005, II, Vicenza 2007; A. Giovagnoli, La Repubblica degli italiani, 1946-2016, Bari 2016, ad indicem.

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