MARIA Stuart, regina di Scozia

Enciclopedia Italiana (1934)

MARIA Stuart, regina di Scozia

Florence M. G. Higham

Nacque la notte dal 7 all'8 dicembre 1542, da Giacomo V di Scozia, che morì due giorni appresso in un accesso di follia dopo la disfatta di Solway Moss. I nobili scozzesi e Maria di Lorena, regina madre, si unirono per resistere al progetto di Enrico VIII che voleva fidanzare la piccola regina al proprio figlio Edoardo; ma dopo la morte d'Enrico il protettore Edward Seymour duca di Somerset invase la Scozia e vinse la battaglia di Pinkie; egli rimase tuttavia deluso, perché M. venne fidanzata al delfino di Francia e colà inviata immediatamente per esservi educata insieme con i figli di Enrico II (agosto 1548). Nella lieta corte francese, ella divise il proprio tempo tra le frivolezze della gioventù e lo studio, mentre la guida e l'esempio dei suoi parenti, il duca di Guisa e il cardinale di Lorena, approfondivano in lei la devozione alla fede cattolica. Nell'aprile 1558 ebbe luogo il suo matrimonio col delfino Francesco.

L'avvento di Elisabetta al trono d'Inghilterra fu seguito, il 28 giugno 1559, da una formale rivendicazione che M. e Francesco fecero dei loro diritti alla corona inglese, basando le loro pretese sul fatto che Elisabetta era figlia illegittima, e sulla discendenza di M. da Margherita Tudor, moglie di Giacomo IV. Elisabetta non perdonò mai a M. quell'affronto.

Subito dopo, morto Enrico II, Francesco divenne re di Francia. L'influsso che M. o, meglio i Guisa per il tramite di M. esercitavano sul debole re, aveva alienato a M. l'animo della regina madre, Caterina de' Medici, sicché alla morte di Francesco (dicembre 1560), M. si trovò senza amici e senza casa.

In Scozia la reggente, sua madre, era morta al principio dell'anno, dopo lunghe lotte con i lord della Congregazione, capeggiati dal fratello uterino di M., lord James Stuart, e ispirati dal riformatore John Knox. Dopo molte esitazioni, Elisabetta si era decisa a prestare aiuto fattivo ai ribelli protestanti in Scozia e aveva mandato una flotta a Leith per bloccarvi le truppe francesi della reggente. Il trattato di Edimburgo, firmato nel luglio 1560, poche settimane dopo la morte di Maria di Guisa, aveva assicurato l'espulsione dei Francesi ed era stato seguito, nell'agosto, da un'assemblea dei maggiorenti del regno che aveva stabilito in Scozia la religione protestante.

Tale era la situazione al momento della morte di Francesco M. rifiutò di ratificare il trattato di Edimburgo, ma saviamente non seguì il consiglio di sbarcare in Scozia con truppe francesi; preferì accettare le profferte dei lord della Congregazione, rimasti delusi sul conto d' Elisabetta. Nell'agosto 1561, dopo un colloquio con lord James, M. tornò a malincuore in Scozia.

Durante i primi tre anni in Scozia, M. si affidò al consiglio di lord James, divenuto conte di Moray, riuscendo a ottenere una relativa tranquillità. Poiché le sue simpatie per il cattolicesimo erano piuttosto personali che politiche, ella si limitò a istituire la tolleranza religiosa senza sconvolgere l'ordine esistente; ma insistette per far celebrare la messa. Fece anche profferte amichevoli a Elisabetta, ma non ne ottenne il riconoscimento del proprio diritto di successione al trono inglese. Nel frattempo la sua politica moderata le guadagnò í lord, determinando una scissione tra questi e il partito protestante estremista. Fu a questo punto, tuttavia, che sopraggiunse il disastro, provocato dal matrimonio di M. Amaramente delusa, per l'opposizione dei Guisa, nelle sue speranze di un'alleanza con Don Carlos, figlio di Filippo II, M. respinse l'assurdo consiglio di Elisabetta che le suggeriva un matrimonio col proprio favorito, Robert Dudley conte di Leicester, e prese invece in considerazione un matrimonio con Enrico lord Darnley, figlio del conte di Lennox, e, per il tramite della propria madre, nipote di Margherita Tudor. Le pretese di Darnley alla corona inglese si aggiunsero così a quelle di Maria stessa. Le nozze furono avversate dai lord moderati a causa della religione di Damley che era il capo dei cattolici inglesi; in tal senso, il matrimonio riuscì doppiamente sgradito a Elisabetta che era alleata e sostenitrice del Moray. La stessa scarsa intelligenza e l'instabilità morale di Darnley era un altro forte motivo d'opposizione. I conti di Moray e di Argyll sollevarono in rivolta le contee occidentali, ma attesero invano aiuti da Elisabetta. Con un'incredibile leggerezza M. sposò Darnley alle 6 di mattina del 29 luglio 1565, sfidò Elisabetta e marciò con un esercito all'inseguimento di Moray costringendolo, dopo una caccia ignominiosa (Runabout Raid), a rifugiarsi in Inghilterra.

Per alcuni mesi, M. prese provvedimenti per restaurare la religione cattolica, incoraggiata dal papa Pio IV e da Filippo II di Spagna. Per questa sua politica ella divenne un pioniere della Controriforma, ma subiva troppo l'influsso dei sentimenti personali per poter condurre a buon fine il difficile compito assunto, e la sua rottura con Darnley condusse alla tragedia. Al desiderio di lui d'essere coronato come principe consorte, M., che ne spregiava la natura superficiale, si oppose; ma la causa principale del dissidio fu la relazione di lei col suo segretario straniero, l'italiano Davide Rizzio. Costui non solo condivideva gli entusiasmi religiosi di M. e ne assecondava il desiderio di sovranità assoluta, ma manteneva con lei rapporti intimi, la qual cosa provocò le ire di Darnley.

I lord protestanti non erano meno di Darnley desiderosi di sbarazzarsi di Rizzio e sui primi del 1566 fu imbastita una congiura. Vi parteciparono da una parte Lennox e Darnley, e dall'altra parte i nobili capeggiati da James Douglas conte di Morton e William Ruthven, non senza che, da lontano, vi entrasse Moray. Darnley avrebbe restituito ai lord il loro antico prestigio appoggiandone la politica religiosa, in cambio della corona di principe consorte. Per consiglio di Darnley, Rizzio doveva essere immediatamente soppresso. Il 9 marzo Morton e alcuni altri irruppero nell'appartamento di M. a Holyrood e Rizzio, che si trovava a cena con la regina, fu ucciso. Il giorno seguente Moray rientrava in Scozia.

Il contegno deciso di M. strappò tuttavia la vittoria dalle mani dei nobili. Piegando il debole Darnley alla propria volontà, ella lo staccò dai suoi innaturali alleati, fuggì con lui a Dunbar, poi tornò indietro trionfalmente fino a Edimburgo, accompagnata da James Hepburn conte di Bothwell, George Gordon conte di Huntley e John Stewart conte di Athole. Distrusse poi la concordia tra i suoi nemici: bandì quelli indirettamente implicati nell'assassinio di Rizzio e accolse invece di nuovo come consiglieri Moray e Archibald Campbell conte di Argyll. Il 19 giugno 1566 le nacque a Edimburgo il figlio Giacomo.

Cominciò a questo punto a divenir palese il crescente influsso politico e personale di Bothwell. Tuttavia, ammalatosi di vaiolo Darnley, che si era ritirato prima a Glasgow, M. si recò a visitarlo, lo accompagnò a Edimburgo, provvide a farlo installare a Kirk of Field, località desolata ma salubre, nell'immediata vicinanza della città, e lo assisté durante la malattia. I due coniugi sembravano riconciliati. Il contegno di M. fu conforme alla sua natura impulsiva e passionale e poté verosimilmente essere ispirato anche dal rimorso per le numerose umiliazioni che aveva inflitto al marito. Ma il corso degli eventi gettò sulle azioni di lei una luce sinistra. Il 9 febbraio, dopo che M. lo ebbe lasciato per presenziare a una lesta mascherata a Holyrood, Darnley fu ucciso.

I sospetti s'appuntarono immediatamente contro Bothwell che in aprile subì un processo. La sua assoluzione non dimostrò nulla: l'amore della regina per lui era palese. Senza esitare egli richiese e ottenne il 19 aprile da alcuni dei nobili un riconoscimento scritto che lo dichiarava persona adatta a sposare M.; il 24 aprile tese un agguato alla regina e la trasportò nel proprio castello a Dunbar. Negoziò poi il divorzio dalla propria moglie, lady Jane Gordon, e il 6 maggio accompagnò M. a Edimburgo.

Il 15 dello stesso mese fu celebrato il matrimonio secondo il rito protestante, ciò che dimostra quale ascendente avesse preso sulla regina quell'uomo colto ma brutto d'aspetto e brutale.

Tuttavia Bothwell era andato troppo innanzi e i nobili, indignati dagli avvenimenti, raccolsero forze per punire l'uomo che aveva offeso il senso morale del popolo. Bothwell fuggì e M. lo raggiunse travestita in abiti maschili. Anch'essi raccolsero un esercito e il 15 giugno affrontarono i lord a Carberry Hill. Le diserzioni tra le sue truppe indussero M. a recarsi coi lord a Edimburgo, mentre a Bothwell fu consentito di fuggire. Ella fu confinata nel castello di Lochleven in grande angustia morale e delle tre alternative, il processo, il divorzio e l'abdicazione, scelse la terza, nominando Moray reggente per il proprio figlio. Nel maggio 1568, con l'aiuto degli Hamilton, M. fuggì da Lochleven; ma poco saviamente i suoi sostenitori la spinsero a scendere subito in campo contro il reggente. Ne risultò la disastrosa battaglia di Langside, tre giorni dopo la quale M. passò il confine, cercando rifugio presso Elisabetta.

In Inghilterra fu tenuta sotto stretta sorveglianza, mentre una commissione adunata a Westminster inquisiva sulle sue colpe. Ne seguì una decisione tipicamente elisabettiana, cioè che Moray non aveva commesso nulla che ledesse la propria onorabilità, ma che le accuse contro l'ex-regina non erano sufficientemente provate.

Nel 1569 M. si itovava a Tutbury, affidata al conte e alla contessa di Shrewsbury, e successivamente passò a Wingfield, a Coventry, Chatsworth, e Sheffield. Nello stesso anno il conte di Leicester consigliò un matrimonio tra M. e Thomas Howard, duca di Norfolk, e il progetto rimase in discussione fino a quando la sollevazione del Nord (1569) e la congiura di R. di Ridolfi condussero alla condanna a morte di Norfolk (1572). La presenza di M. in Inghilterra costituiva un crescente imbarazzo per Elisabetta che non desiderava immischiarsi nella punizione di una regina e che cercò invano di restituire la prigioniera alla Scozia, affinché vi fosse sottoposta a giudizio. Ben presto gl'intrighí di M. divennero più audaci e meno coerenti: gli appelli Elisabetta, i complotti con Filippo II di Spagna o con i Guisa si alternarono rapidamente, finché sir Francis Walsingham riuscì a ottenere la prova fatale che egli desiderava, offrendo a M. l'occasione d'immischiarsi nella cospirazione di A. Babington. Una spia di Walsingham convinse Babington a scrivere a M., per intrattenerla sul progettato assassinio d'Elisabetta. La risposta di M. fu portata al Walsingham e Babington venne arrestato.

L'11 ottobre 1586 M. fu processata a Fotheringay e condannata. Elisabetta esitò fino all'ultimo, prima di firmare il decreto di morte, eseguito alle 8 antimeridiane del 7 febbraio 1587.

In realtà, la situazione era giunta a un punto critico e dal punto di vista del governo inglese la soppressione di M. fu un prodromo necessario alla lotta contro la Spagna. Il fascino della personalità di lei, la dolcezza e la forza con cui sopportava le proprie sventure, avevano reso i suoi aderenti ciechi dinnanzi al fatto che un carattere forte e abile, come era il suo, aiutato dalla bellezza e dal fascino della persona, non aveva saputo compiere nessun atto di qualche valore, a causa delle passioni sfrenate e delle ambizioni esclusivamente egoistiche.

La figura di Maria Stuart è diventata celebre soprattutto a opera dei grandi poeti che ne fecero oggetto del loro canto; in particolare dell'Alfieri e dello Schiller. Più recentemente il Swinburne ha dedicato alla vita della regina tre tragedie: Chastelard, Bothwell. Mary Stuart.

Bibl.: F. A. M. Mignet, Histoire de Marie Stuart, voll. 2, Bruxelles 1853; M. Philippson, Histoire du règne de Marie Stuart, trad. franc., voll. 3, Parigi 1891; J. Skelton, Mary Stuart, Londra 1893; id., Maitland of Ilthington and the Scotland of Mary Stuart, voll. 2, Edimburgo 1887; H. Fleming, Mary Stuart, 2ª ed., Londra 1898.