MARIA CAROLINA d’Asburgo Lorena, regina di Napoli e di Sicilia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 70 (2008)

MARIA CAROLINA d’Asburgo Lorena, regina di Napoli e di Sicilia

Renata De Lorenzo

Nacque a Vienna il 13 ag. 1752 da Maria Teresa d’Asburgo, imperatrice, e dall’imperatore Francesco Stefano I di Lorena. Alta, snella, mento leggermente prominente, intelligente, consapevole del proprio rango, ambiziosa, ebbe un’educazione raffinata, improntata a una rigida etichetta di corte. A sedici anni, con un matrimonio celebrato per procura il 7 apr. 1768, sposò, malvolentieri, Ferdinando IV di Borbone, re di Napoli e di Sicilia. Giudicò brutto il marito che, gioviale ma grossolano, parlava in dialetto, tendeva a non assumersi responsabilità, amava solo la caccia, la pesca e gli spettacoli.

Il 22 maggio 1768 insieme con il marito fece il suo ingresso a Napoli che, con i suoi 400.000 abitanti, era all’epoca la più popolosa città d’Italia e le cui bellezze naturali attiravano flussi incessanti di viaggiatori. Era inoltre uno dei grandi centri della musica e del teatro – di cui M. fu appassionata –, dell’opera buffa e della commedia dell’arte; ma soprattutto era una delle patrie dell’illuminismo europeo, frutto di una cultura locale basata sul razionalismo e sull’enciclopedismo e da tempo impegnata nel rinnovamento delle strutture del Regno in un’ottica giurisdizionalistica e di contenimento del potere baronale.

L’ambiente di corte era dominato dal toscano B. Tanucci. Molto vicina alla massoneria, M. favorì le logge e la fondazione della Gran Loggia nazionale. Dopo aver partorito il primo figlio maschio, Carlo Tito (Carlo Francesco), rivendicò nel febbraio 1776 il diritto, sancito nel contratto di nozze, di entrare a far parte del Consiglio di Stato dopo la nascita dell’erede al trono. Usò allora il suo accresciuto peso politico per rompere i legami con la Spagna e incrementare quelli con l’Austria e l’Inghilterra. Tanucci, filospagnolo, antimassone e ostile al suo «genio novatore» (Cuoco, p. 237), fu licenziato nell’ottobre 1776. Da quel momento tutti gli affari furono regolati dalla regina, a cominciare dalla nomina del successore di Tanucci nella persona di G. Beccadelli, marchese della Sambuca.

A partire dagli anni Ottanta il cambiamento fu radicale: grande influenza ebbe l’abate F. Galiani col suo antispagnolismo; si legittimò l’azione antibaronale e antiecclesiastica di D. Caracciolo, viceré in Sicilia e poi primo segretario di Stato; fu creato un Supremo Consiglio di Finanza; fu inaugurata nel 1780 l’Accademia delle scienze; venne abolito nel 1788, riprendendo un’iniziativa tanucciana, l’omaggio della chinea (ossia il dono di un cavallo, o mulo, bianco e di 7000 ducati che ogni anno veniva inviato al pontefice come atto di sottomissione); si rivendicò al sovrano la nomina dei vescovi; si sottopose il clero alla giurisdizione laica; si decretò la soppressione di numerosi conventi. Politica che, non portata avanti con la necessaria forza, fu più una spoliazione per ragioni finanziarie che un programma giurisdizionalistico, all’interno della quale fu inserita anche la limitazione di alcune prerogative baronali.

M. partecipò attivamente alle vicende internazionali orientando la politica estera napoletana in senso decisamente filoinglese. Il cinismo della diplomazia, la corruzione diffusa, il fascino delle ideologie, il condizionamento delle corti furono fenomeni europei, ma M., volubile, amante del potere e di dubbia moralità, li visse assecondando i suoi aspetti caratteriali tra i quali risaltavano la vanità, la civetteria e il bisogno di piacere. Di qui il dispotismo, il basso tono politico, le tensioni cui si trovò esposta nel suo sforzo di essere protagonista della politica internazionale, con l’intenzione di mantenere l’indipendenza e l’autonomia economica del Regno.

I giudizi negativi su M., e una costante conflittualità col re, fin dal 1775, influirono sulla vita politica, condizionata dai bisogni finanziari per il lusso della corte e per riparare agli scarsi raccolti di grano e olio con acquisti all’estero. Intensi furono i rapporti col vivace mondo culturale. Assiduo collaboratore di M. fu John Acton, che dal 1778 ebbe importanti incarichi, modernizzò la flotta e nel 1789, alla morte di Caracciolo, divenne col favore della regina il potentissimo capo del governo.

I rapporti con Madrid peggiorarono nel 1788, anno della morte di Carlo III, mentre M. cercava nuove alleanze con l’Austria, anche programmando i matrimoni delle figlie Maria Teresa e Luisa Amalia: la prima col cugino arciduca Francesco, futuro imperatore, la seconda con Ferdinando, futuro granduca di Toscana.

La rivoluzione del 1789 in Francia e il rapido accavallarsi degli eventi generarono timori nelle corti europee, acuiti dalla caduta della monarchia il 21 sett. 1792 e dalla notizia dell’esecuzione di Luigi XVI e di Maria Antonietta, sorella di Maria Carolina.

A Napoli – in un clima di crescente sospetto – si interruppero i rapporti con le forze riformiste, si chiusero le frontiere a coloro che potevano diffondere idee rivoluzionarie, fu introdotta una severa censura sugli scritti, furono accolti molti emigrati. M. frequentava assiduamente il ministro inglese a Napoli sir William Hamilton e in particolare Emma, sua giovanissima e bellissima moglie, alla quale fu legata da una profonda amicizia.

Nel luglio 1792 il Regno aderì alla prima coalizione contro la Francia contribuendo, nel settembre 1793, alla presa di Tolone, la cui successiva perdita ebbe forti conseguenze sullo spirito pubblico napoletano. Durante il soggiorno nella capitale della squadra dell’ammiraglio L.R.M. Latouche-Tréville (dicembre 1792), inviata dalla Convenzione per chiedere al re di Napoli una riparazione alle ingiurie contro la nazione francese contenute in una memoria inviata da Acton alla Porta ottomana, si formarono a Napoli clubs rivoluzionari. La scoperta del complotto provocò arresti ed esecuzioni da parte della giunta di Stato e molti furono costretti all’esilio.

In seguito all’avanzata delle truppe di Napoleone Bonaparte in Italia, la corte borbonica si rifugiò a Palermo, protetta dagli Inglesi. Alla riconquista del Regno con l’appoggio delle bande sanfediste, organizzate dal cardinale F. Ruffo, seguì, con la fine della Repubblica napoletana in giugno, una spietata repressione.

Molti attribuirono alla regina, d’intesa con H. Nelson, la responsabilità delle persecuzioni, che annullavano le promesse di onorevoli condizioni di resa fatte da Ruffo ai patrioti sconfitti. Gli storici contemporanei descrissero M. assetata di vendetta e non risparmiarono particolari sulla sua vita privata.

In realtà, mentre il re si mostrò vendicativo, M. condannò le ingiustizie e gli eccessi della giunta incaricata della repressione; quindi, forte sempre della protezione inglese e russa, cercò, dopo la presa di potere da parte di Bonaparte con il colpo di stato del 18 brumaio (9 nov. 1799), di ricucire i rapporti con l’Austria incrinati dal timore di un’espansione russa in Italia: partì per Vienna all’inizio del giugno 1800, ma andò incontro a delusioni sia sul piano politico sia nei rapporti familiari. Di lì a poco la sconfitta dell’Austria sul doppio fronte italiano e germanico aprì la strada al ridimensionamento del Regno meridionale (pace di Firenze del 28 marzo 1801).

Peggiorate le relazioni con la figlia e con l’imperatore, nel maggio 1802 la regina ripartì per Napoli. Qui si preparava il doppio matrimonio spagnolo del figlio Francesco con la cugina Isabella, figlia di Carlo IV di Spagna, e della figlia Maria Antonia con Ferdinando, principe delle Asturie. Ma l’amnistia generale del gennaio 1803 non bastò a riportare la calma nel Regno, afflitto da una crisi economica e finanziaria aggravata dai costi dell’occupazione. Consapevole della debolezza dello Stato, M. tentò, alla ripresa delle ostilità tra Francia e Inghilterra, di mantenere una prudente neutralità: ciò non valse a evitare che Napoleone, giudicasse ambiguo il comportamento dei Borboni. Con l’accordo della regina infatti cominciavano a effettuarsi sbarchi anglo-russi mentre, in cambio della neutralità, si erano ritirate le truppe francesi che occupavano la Puglia. Napoleone perciò considerò decaduta la dinastia dopo la vittoria di Austerlitz, il 2 dic. 1805, e la pace di Presburgo. Alla corte napoletana non restò che rifugiarsi di nuovo in Sicilia sotto l’opprimente protezione dell’Inghilterra.

A Napoli, dove i Francesi entrarono il 14 febbr. 1806 senza incontrare resistenza, il trono fu occupato da Giuseppe Bonaparte cui nel 1808 subentrò Gioacchino Murat, che si rimpossessò di Capri, scacciando gli Inglesi. Inaccettabile e scandaloso M. giudicò il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Austria. Se ne sentiva danneggiata in quanto nonna della nuova imperatrice e perché le sembrava così legittimato il trono dei Murat, parenti dell’imperatore.

In Sicilia gli Inglesi sospettavano negoziati segreti tra la regina e Napoleone. Nonostante il fallito tentativo murattiano di conquista dell’isola nel 1810, M. dovette constatare il fallimento della sua politica: lo strapotere di Acton presso Ferdinando, i contrasti col Parlamento siciliano, l’atteggiamento tracotante degli alleati Inglesi ne erano la conferma. Lord W. Bentinck costrinse Ferdinando a concedere la costituzione del 1812, a lasciare il potere per qualche tempo al figlio Francesco come vicario e ad allontanare dall’isola la regina, accusandola di connivenza col nemico.

Partita il 14 giugno 1813, giunse in Austria il 19 genn. 1814, passando per Zante, Costantinopoli, il mar Nero, Odessa, la Polonia. Abbandonata da tutti, M. morì presso Vienna nel castello di Hetzendorf l’8 sett. 1814.

Nel novembre dello stesso anno Ferdinando sposò morganaticamente Lucia Migliaccio, vedova del principe di Partanna, creata duchessa di Floridia.

Con i suoi pregi e difetti M. interpretò un modello di regalità da antico regime. Spesso al centro di complotti, anticonformista e sensibile alle novità, si oppose tuttavia ai cambiamenti politici, se lesivi del suo potere. Madre affettuosa (ebbe 17 figli di cui solo 6 giunsero all’età adulta), organizzò la vita matrimoniale della prole piegandola alle sue strategie. Ebbe molti amanti, tra i quali F. d’Aquino, principe di Caramanico, che la iniziò alla massoneria e fu suo consigliere, il primo ministro Acton, nonché, in età più avanzata, il capitano delle guardie del re, il trentenne G. Vidard de Viderey, marchese di Saint-Clair, che la seguì in esilio.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Napoli, Arch. Borbone (sul quale v. l’Inventario sommario, I, Roma 1961, ad indicem). Tra i suoi carteggi, Carteggio di M.C. regina delle Due Sicilie con lady Emma Hamilton, documenti inediti con un sommario stor. della reazione borbonica del 1799, a cura di R. Palumbo, Napoli 1877; Carteggio della regina M.C. col cardinale Ruffo nel 1799, a cura di B. Maresca, Napoli 1881; Correspondance inédite de Marie Caroline reine de Naples et de Sicile avec le marquis de Gallo (1792-1806), a cura di M.H. Weil - C. Di Somma Circello, Paris 1911; Mémoire de Marie Caroline reine de Naples, a cura di R.M. Johnston, London 1912; Correspondance entre Marie-Thérèse et Marie-Antoinette, a cura di G. Girard, Paris 1933; The Hamilton papers. Carte donate alla Soc. napoletana di storia patria, Napoli 1999. Sui primi anni di regno: Lettere di Bernardo Tanucci a Carlo III di Borbone (1759-1776), a cura di R. Mincuzzi, Roma 1969; B. Tanucci, Epistolario, XX, a cura di M.C. Ferrari, Napoli 2003, ad indicem. Confessioni in punto di morte sono riportate da G. La Cecilia, Storie segrete dei Borboni di Napoli e di Sicilia, Palermo 1860. Vastissima la bibliografia su M., alla quale si fa riferimento in tutte le storie generali: M. Schipa, Il Regno di Napoli al tempo di Carlo di Borbone, Napoli 1923 passim; Id., Nel Regno di Ferdinando IV di Borbone, Firenze 1938 passim; L. Blanch, Il Regno di Napoli dal 1801 al 1806 e la campagna del Murat nel 1815, a cura di B. Croce, Bari 1945 passim; R. Moscati, Dalla reggenza alla Repubblica partenopea, in Storia di Napoli, a cura di G. Galasso, VII, Napoli 1972, pp. 721-787; G. Nuzzo, La monarchia delle Due Sicilie tra «ancien régime» e Rivoluzione, Napoli 1972; R. Moscati, Il Mezzogiorno d’Italia nel Risorgimento, Firenze 1975, ad ind.; Civiltà del ’700 a Napoli, 1734-1799, Firenze 1980 passim; G. Nuzzo, A Napoli nel tardo Settecento. La parabola della neutralità, Napoli 1990 passim; A.M. Rao - P. Villani, Napoli 1799-1815. Dalla Repubblica alla monarchia amministrativa, Napoli s.d.; A. Simioni, Le origini del Risorgimento politico dell’Italia meridionale, I-II, Napoli 1995, passim; H. Acton, I Borboni di Napoli, Firenze 1997; G. Coniglio, I Borboni di Napoli, Varese 1999. Gli effetti contraddittori dell’azione di M. hanno inciso sulla storiografia, divisa fra elogiatori, soprattutto di parte austriaca (tra cui von Helfert) o autori come Nuzzo (1972), e coloro che la ritrassero come donna malvagia, depravata, secondo la tradizione popolare. Pesanti accuse le rivolsero storici contemporanei di vario orientamento (per es., L. Angeloni, G. Gorani, F. Lomonaco, J. Michelet, P. Colletta, nonché V. Cuoco, per cui si rimanda al Saggio stor. sulla Rivoluzione di Napoli, ed. critica a cura di A. De Francesco, Manduria 1998), riprese poi dagli storici dell’Ottocento (F. Masson, M. D’Ayala, A. Gagnière, P.I. Rinieri, A. Bonnefons). B. Croce ne sottolineò la non particolare «elevazione di mente e di animo» e l’agire impulsivo, la monarchia lazzaronesca, poliziesca e soldatesca, nonché l’ambiguità: La signora di Staël e la regina M.C. di Napoli, in B. Croce, Uomini e cose della vecchia Italia, II, Bari 1953, pp. 182-192; Id., La Rivoluzione napoletana del 1799. Biografie, racconti, ricerche, Napoli 1998-99, ad ind.; e così M. Schipa, A. Simioni, R. Bouvier, A. Laffargue. Offre infine un resoconto del «groviglio storiografico» creatosi su di lei, esprimendo un giudizio fondamentalmente negativo, R. Ajello, I filosofi e la regina: il governo delle Due Sicilie da Tanucci a Caracciolo, in Riv. stor. italiana, CIII (1991), pp. 398-454, 657-736; Id., Napoli tra Spagna e Francia, Napoli 1992, ad indicem. Parte della storiografia più recente, attenta ad alcune iniziative culturali e politiche, si è espressa più positivamente sulla gestione prerivoluzionaria di M. e di Acton. Fra le biografie: A. von Reumont, M.C. regina delle Due Sicilie e i suoi tempi, Firenze 1878; J.A. Helfert, Königin Karolina von Neapel und Sicilien im Kampfe gegen die französische Weltherrschaft, 1790-1814, Wien 1878; Id., M. Karolina von Österreich. Konigin von Neapel und Sicilien. Anklagen und Vertheidigung, Wien 1884; A. Gagnière, La reine Marie Caroline de Naples, Paris 1889; A. Bonnefons, Une ennemie de la Révolution et de Napoléon: Marie Caroline reine des Deux-Siciles, 1768-1814 ..., Paris 1905; C.M. Bearne, A sister of Marie Antoinette: the life-story of M.C. queen of Naples, London 1907; A. Bordiga Amadei, M.C. d’Austria e il Regno delle Due Sicilie, Napoli 1934 (in cui si è propensi a scagionare la regina da voci e maldicenze non documentate). Fra gli studi più recenti: A. Coletti, La regina di Napoli, Novara 1986; R. Del Puglia, La regina di Napoli: il regno di M.C. dal Vesuvio alla Sicilia, Pavia 1989; M. Lacour-Gayet, Marie Caroline, reine de Naples 1752-1814, une adversaire de Napoléon, Paris 1990; U. Tamussino, Des teufels Grossmutter: eine Biographie der Königin M. von Neapel-Sizilien, Wien 1991; L. Pulejo, M.C. di Borbone, un’austriaca all’ombra del Vesuvio, in G. Motta, Regine e sovrane. Il potere, la politica, la vita privata, Milano 2002, pp. 192-204. A carattere divulgativo si v. inoltre: M. Giannattasio, Le due Caroline. Il Regno di Napoli tra C. di Borbone e Carolina Murat, Napoli 1999; Carolinopoli. L’utopia di una regina, a cura di N. Verdile, Caserta 2004.

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