MARE

Enciclopedia Italiana - IV Appendice (1979)

MARE (XXII, p. 264; App. II, 11, p. 263)

Adolfo Maresca

Diritto internazionale. - Il diritto internazionale del m. ha rivelato nell'ultimo quindicennio tendenze evolutive profonde, destinate a superare, e per certi riguardi a sconvolgere, gli schemi giuridici marittimi tradizionali. Converrà considerare siffatte tendenze negli sviluppi più recenti della normativa, e in quelli tuttavia in corso, con riferimento alle nozioni fondamentali - antiche e nuove - dello stesso diritto del mare.

Alto mare o mare liberum è lo spazio marino, che si estende di là dai limiti delle acque oggetto della sovranità degli stati costieri. Le caratteristiche giuridiche dell'alto m. possono così indicarsi: 1) esso costituisce un bene comune a tutti gli stati (res communis omnium), e non già res nullius, appropriabile da uno stato o da un gruppo di stati, o suscettivo di essere oggetto di un condominio; 2) esso è aperto alla libera navigazione delle navi di tutti gli stati; 3) sulle navi in esso già naviganti, lo stato della bandiera è titolare di una potestà esclusiva, onde tutti i fatti avvenuti e gli atti compiuti a bordo delle navi sono retti dalle leggi dello stato medesimo, e rientrano nell'ambito giurisdizionale di esso; 4) conseguentemente, le navi battenti la bandiera di uno stato sono, in alto m., immuni da qualsiasì atto d'imperio (visita, controllo, cattura, ecc.) da parte delle navi di qualsiasi altro stato.

Siffatta situazione giuridica dell'alto m. costituisce una regola generale, cui il diritto internazionale pone, peraltro, alcune deroghe. Confermate dagli avvenimenti dell'ultimo quindicennio, tali deroghe appartengono a due distinti gruppi. Possono ricondursi nel primo gruppo le situazioni giuridiche restrittive derivanti alle navi in alto m. dall'esercizio di speciali poteri degli stati. Cioè: a) in tempo di guerra, gli stati belligeranti sono titolari, rispetto alle navi mercantili naviganti in alto m., di un diritto di visita, inteso ad accertare se rechino merci di contrabbando bellico; b) in ogni tempo, le navi in alto m. possono essere oggetto di visita se indiziate di pirateria, di tratta di schiavi o di donne; c) rispetto alle navi stesse in alto m. lo stato costiero può esercitare un diritto d'inseguimento, per infrazioni commesse dalle navi stesse nelle sue acque territoriali. La condizione giuridica del mare liberum implica che ogni stato, oltre al diritto della libera navigazione, è titolare di un'eguale possibilità giuridica di uso e di sfruttamento dell'alto m.: l'immersione di cavi sottomarini, la costruzione di areodromi o di isole artificiali galleggianti, e soprattutto l'esercizio della pesca.

Di natura affatto diversa dalle deroghe, delle quali è sin qui cenno, possono considerarsi quelle del secondo gruppo: le limitazioni, cioè, alla piena libertà dell'alto m. che si sono di recente affermate nella prassi internazionale: alcune di esse sono già state consacrate nel diritto positivo; altre non sono, per ora, se non tendenze evolutive.

Sull'assoluto principio della libertà dell'alto m., inteso nella sua tradizionale significazione sopra accennata, non può non riverberarsi la recente normativa internazionale della piattaforma continentale (plateau continental, continental shelf).

Punto di arrivo di una lunga elaborazione giuridica, svoltasi sul piano del diritto nazionale e notificata sul piano diplomatico, la piattaforma continentale ha trovato la sua definizione e la sua disciplina giuridica nella quarta Convenzione di Ginevra del 1958 sul diritto del m. (Convention sur le plateau continental, Convention on the continental shelf). All'art. 1, la piattaforma continentale è così definita: "il fondo del mare adiacente alle coste, e il sottosuolo delle regioni submarine, ma situate al di fuori del mare territoriale, sino a una profondità di duecento metri, o di là da tale limite, sino al punto in cui la profondità delle acque permette lo sfruttamento di dette regioni". La Convenzione stessa definisce, altresì, la natura, le condizioni e la portata dei diritti degli stati sulla piattaforma continentale: 1) tali diritti, considerati nel loro fine di esplorazione della piattaforma continentale e di sfruttamento delle sue risorse naturali, sono diritti sovrani dello stato rivierasco; 2) se lo stato stesso non esercita siffatti diritti, nessun altro soggetto può, senza il suo consenso, intraprendere esso stesso siffatte attività né rivendicarne i diritti; 3) al fine della titolarità e dell'esercizio, da parte dello stato rivierasco, dei diritti predetti, non sono necessari determinati comportamenti dello stato medesimo, quali l'occupazione effettiva, o simbolica, o l'emanazione di proclami, ecc.; 4) le risorse naturali, delle quali è consentito lo sfruttamento, sono costituite dai minerali, dagli altri beni non viventi del fondo e del sottosuolo, e persino dagli organismi viventi sedentari del fondo del m. o mobili su di esso; 5) al fine dell'esercizio di siffatti diritti, lo stato rivierasco può costruire installazioni e altri dispositivi necessari all'esplorazione e allo sfruttamento delle risorse naturali. Tali installazioni o dispositivi sono sottoposti alla giurisdizione dello stato rivierasco, che può istituire intorno a essi zone di sicurezza. Le une e gli altri non acquistano, però, lo status di isole; e sono prive, come tali, di m. territoriale.

La Convenzione sulla piattaforma continentale, dopo aver così definito la natura e la portata dei diritti degli stati, ne stabilisce i limiti, intesi a salvaguardare la situazione giuridica dell'alto m.: 1) I diritti sulla piattaforma continentale non devono in alcun modo limitare il regime delle acque sovrastanti, in quanto acque dell'alto m. (art. 3); 2) dai diritti stessi non deve derivare alcun ingiustificato intralcio, innanzi tutto, alla navigazione; all'esercizio, inoltre, della pesca; alla conservazione, altresì, delle risorse biologiche del m.; allo svolgimento, infine, delle ricerche oceanografiche (art. 5, par. 1).

Sulla portata giuridica del m. libero tende a riverberarsi, oltre la nozione e la disciplina della piattaforma continentale ormai acquisita al diritto internazionale positivo, anche la nozione di zona economica o m. patrimoniale, delineatasi nella prassi internazionale, e ampiamente menzionata nella Conferenza sul diritto del mare del 1975.

Tale zona marina dello stato rivierasco si estenderebbe per duecento miglia di là delle acque territoriali, e troverebbe la sua giustificazione nella necessità per lo stato stesso di sfruttare, ai fini della sua economia, tutte le risorse che tale specchio d'acqua può permettergli. Difficile nella sua applicazione anche per gli stati le cui coste si affacciano sugli oceani, tale criterio lascia estremamente perplessi se invocato in un m. interno, qual è, tipicamente, il Mediterraneo. In ogni caso non si vede, allo stato attuale delle notizie, come un criterio del genere potrebbe essere considerato compatibile con il regime giuridico tradizionale del m. libero.

Mare territoriale (mare proximum) è quello specchio di acque marine adiacente alle coste di uno stato sul quale si proietta la sovranità dello stato stesso.

La ratio iuris del m. territoriale risiede nella necessità, che l'ordine internazionale riconosce agli stati, di tutelare i suoi essenziali interessi di sicurezza. La regola, che consacra la natura giuridica del m. territoriale, si è formata attraverso un lungo processo di elaborazione consuetudinaria; ed è stata riaffermata dalla prima Convenzione di Ginevra del 29 aprile 1958, che, all'art.1, così statuisce: "La souveraineté de l'État s'étend, au delà de son territoire et de ses eaux intérieures, à une zone de mer adiacente à ses côtes, désignée sous le nom de mer territoriale".

Peculiarità giuridiche del m. territoriale sono le seguenti: a) la regola, che lo prevede, è autonoma rispetto a quella attributiva della sovranità dello stato sul proprio territorio: tale sovranità non è se non il presupposto affinché la norma sul m. territoriale possa applicarsi; b) una differenza concettuale e pratica sussiste tra le acque interne dello stato, o acque nazionali, e le acque territoriali, o m. territoriale, nel senso che le prime sono parte integrante del territorio dello stato stesso e oggetto immediato della sua sovranità territoriale, laddove le seconde costituiscono lo spazio marino sul quale la sovranità stessa si proietta e si dilata; c) il m. territoriale si pone, quindi, rispetto alla terraferma come un accessorio, quasi dipendenza necessaria del territorio terrestre. Siffatta condizione giuridica del m. territoriale non esclude che alcuni limiti sussistano, in favore degli stati esteri, alla sovranità dello stato costiero. Le navi mercantili battenti la bandiera di stati esteri godono, nelle acque territoriali di uno stato, del diritto del cosiddetto "passaggio inoffensivo": possono, cioè, navigare liberamente nelle acque stesse, a condizione che non minaccino in alcun modo la sicurezza dello stato costiero, e non ne turbino l'ordinamento gi uridico.

Circa l'estensione del m. territoriale, soccorrono le seguenti considerazioni: a) una norma di diritto internazionale, intesa a stabilire sicuramente la misura del m. territoriale, non si è formata né per processo consuetudinario, né in virtù di codificazione. La I Convenzione di Ginevra del 1958 sul m. territoriale e le zone contigue, stabilisce, bensì, precisi criteri idonei a misurare per alcuni riguardi l'estensione del m. territoriale (segnatamente, la linea di base normale, che dev'essere quella segnata dalla bassa marea lungo la costa; il metodo, che dev'essere seguito ove la costa sia molto frastagliata, e se lungo la costa medesima si trovi una serie di isole, ecc.). La Convenzione stessa non fissa, per contro, qual è il limite massimo del m. territoriale. Essa si limita a stabilire - definendo e regolando le "zone contigue" - che le acque territoriali e quelle delle zone contigue stesse, complessivamente considerate, non possono superare le dodici miglia (art. 24, par. 2); b) ciò significa che ogni stato resta libero di stabilire esso stesso - entro uno specchio di acque non esteso, per altro, più di dodici miglia - i limiti delle sue acque territoriali. Alcuni stati si sono valsi di tale libertà normativa loro consentita dal diritto internazionale, fissando il m. territoriale a tre miglia; altri a sei miglia, e altri a dodici miglia. L'Italia - che aveva fissato i limiti del m. territoriale a sei miglia - li ha recentemente estesi a dodici miglia; c) devesi rilevare, peraltro, che nell'evoluzione del diritto internazionale del m. si delineano due tendenze: da un lato, quella d'imprimere alla regola sull'estensione del m. territoriale una maggiore flessibilità, intesa a tener conto del particolare momento degl'interessi essenziali degli stati rivieraschi; dall'altro, quella di soddisfare siffatte esigenze non già nei limiti delle acque territoriali e di quelli delle zone contigue, ma nel più vasto ambito della cosiddetta "zona economica", suscettiva di estendersi sino a duecento miglia, e tale, quindi, da diversificarsi profondamente dalla ratio iuris dello stesso m. territoriale; d) comunque ciò sia, il problema dell'estensione del m. territoriale resta problema aperto, in attesa che la terza Conferenza del diritto del m. adotti una soluzione tale da essere in effetti recepita dalla Comunità internazionale.

Auspicata dalla dottrina e in effetti già attuata nella legislazione e nella prassi degli stati, la "zona contigua" ha trovato la sua definizione giuridica positiva nella I Convenzione di Vienna del 1958, che s'intitola, per l'appunto, "Convenzione sul mare territoriale e la zona contigua".

Le peculiarità della zona contigua possono così indicarsi: a) essa è, e rimane, zona di alto m., attigua allo specchio d'acqua che costituisce il m. territoriale: su di essa, quindi, la sovranità dello stato costiero non si proietta con quell'intensità e con quell'esclusività con le quali s'irradia, invece, nel m. territoriale vero e proprio; b) su tale zona di m. lo stato costiero è titolare, peraltro, di un potere di controllo a tutela del proprio ordinamento giuridico; c) siffatto potere tende, in particolare, a prevenire e a reprimere le infrazioni alle leggi di polizia doganale, fiscale, sanitaria e d'immigrazione, suscettive di essere commesse, o che sono in effetti commesse, sul territorio e sullo stesso m. territoriale dello stato costiero; d) la delimitazione della zona contigua è prevista con un criterio che tende non tanto a distinguerla dal m. territoriale, dal quale resta concettualmente e praticamente distinta, quanto a porre in rilievo la contiguità stessa della seconda rispetto al primo. In base all'art. 24, par. 2, della Convenzione di Ginevra, la zona contigua non può estendersi di là da dodici miglia, calcolate dalla stessa linea di base del m. territoriale; e) ai fini di delimitare la zona contigua di due stati, le cui coste sono limitrofe ovvero contrapposte sullo stesso m., soccorre - sempre che un accordo ad hoc non sia concluso tra gli stati stessi - il criterio della linea mediana: nessuno stato può estendere la propria zona contigua di là da una linea mediana, ogni punto della quale dev'essere equidistante dai punti più prossimi della linea di base per la misura delle acque territoriali degli stati medesimi.

Recente sviluppo del diritto internazionale del m. è il complesso di norme di formazione convenzionale intese a proteggere il m. stesso contro gl'inquinamenti:

a) nel 1962, fu emendata la Convenzione del 1954 per prevenire la polluzione delle acque marine dagl'idrocarburi. In base a tale accordo internazionale plurilaterale, gli stati contraenti si sono impegnati a prendere appropriati provvedimenti preventivi contro l'inquinamento e, segnatamente, contro il getto di idrocarburi, salvo situazioni di necessità, la valutazione delle quali compete al comandante della nave, fermo restando il controllo successivo dell'Organizzazione consultiva marittima (IMCO); in caso di violazione dei provvedimenti stessi, gli stati sono tenuti a punire coloro che le infrazioni stesse avessero commesse. Incombe, altresì, agli stati contraenti l'obbligo di comunicare all'IMCO il testo delle leggi intese ad assicurare l'esecuzione da parte degli stati stessi della Convenzione; b) nel dicembre 1969, fu conclusa a Bruxelles la Convenzione sull'intervento in alto m., in caso di incidenti suscettivi di determinare polluzioni di idrocarburi: tale strumento diplomatico plurilaterale riconosce agli stati la libertà di svolgere in alto m. l'opera che può essere resa necessaria in seguito al verificarsi di incidenti (quali, tipicamente, urti di navi) suscettivi d'inquinare il m. stesso per idrocarburi trasportati da navi private. L'intervento, così giustificato e consentito, resta sottoposto, peraltro, al controllo dell'IMCO; c) per iniziativa di altre Organizzazioni internazionali (FAO, UNESCO, AIEA, ecc.) sono allo studio forme di cooperazione internazionale rivolte al fine di evitare l'inquinamento delle acque marine per fatti diversi da quelli connessi con gl'idrocarburi: tale è, tipicamente, l'inquinamento del m. determinato dalla produzione o dall'impiego dell'energia nucleare.

Bibl.: M. Giuliano, Lo sviluppo e gli aspetti attuali del diritto del mare, Valladolid 1960; R. Monaco, Manuale di diritto internazionale pubblico, Torino 1960, p. 364 segg.; G. Balladore Pallieri, Diritto internazionale pubblico, Milano 19628, p. 423 segg.; A. Maresca, Territorio dello Stato, in Enciclopedia forense, vol. VII, 1962, p. 620; M. S. McDougal, W. T. Burke, The public order of the oceans, New Haven-Londra 1962; A. P. Sereni, Diritto internazionale, Milano 1965, II vol., p. 568 segg.; G. Cansacchi, Istituzioni di diritto internazionale pubblico, Torino 19674, p. 180 segg.; Scerni, Les espaces maritimes et les pouvoirs des Etats, in Recueil des Cours de la Haye, 1967, III, p. 162 segg.; R. Quadri, Diritto internazionale pubblico, Palermo 19685; p. 572 segg.; G. Miele, Diritto internazionale, Milano 1972, p. 184 segg.; M. Giuliano, Diritto internazionale, ivi 1974, II vol., p. 155 segg.

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