ZANUSO, Marco

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 100 (2020)

ZANUSO, Marco

Annalisa Viati

Nacque a Milano il 14 maggio del 1916, quintogenito di Francesco, medico ortopedico, e di Antonia Saladino. Dopo aver conseguito la maturità classica, nell’anno accademico 1934-35 si iscrisse al Politecnico di Milano, dove si laureò nel novembre del 1939. Fra i corsi frequentati nell’indirizzo architettura, ancora connotato da un’importante presenza delle arti plastiche accanto a materie più scientifiche riconducibili all’alveo dell’ingegneria, egli ricordava quelli tenuti da Francesco Wildt, Tomaso Buzzi, Gian Giuseppe Mancini, Gaetano Moretti e Piero Portaluppi. La tesi di laurea, dedicata alla Sistemazione di una zona urbana di Milano, meritò nel 1943 la pubblicazione su Costruzioni-Casabella diretta da Giuseppe Pagano (n. 184-185, p. 58). Già durante gli anni di formazione universitaria, Zanuso si misurò con il progetto di sistemazione di aree urbane: nel 1937 partecipò al concorso per il rifacimento della piazza del Duomo (con Gianni Albricci, Alberto Magnaghi, Mario Terzaghi e Pier Italo Trolli), l’anno in cui Enrico Agostino Griffini prese a insegnare urbanistica I e a introdurre nel progetto, dalla scala domestica a quella urbana, i criteri funzionalisti derivati dalla metodologia di Alexander Klein.

Nel 1938 Zanuso partecipò al concorso per il Sacrario dei martiri fascisti a Milano (con Albricci e Mario Tevarotto), che sarebbe stato realizzato nel 1940 con l’apporto di Lucio Fontana, e vinse i Littoriali di architettura, una competizione destinata ai giovani studenti bandita dal Politecnico, e quell’anno dedicata al progetto per un albergo-rifugio alpino (con Albricci), lodato da Giuseppe Pagano per la chiarezza dell’impianto e la giusta misura delle proporzioni (Casabella, 1938, n. 127, p. 3).

L’anno della laurea segnò anche la pubblicazione del suo primo scritto, La casa, da cui traspare già quell’attitudine umanistica, poi confermata nella pratica professionale, che lo condusse a riflettere sulla spazialità di una dimora «comoda, bella e serena», che risolvesse le necessità materiali e spirituali dell’uomo («con la U maiuscola», come precisò nel 1985; cit. in Marco Zanuso. Scritti…, 2013, p. 270): attitudine condivisa con i protagonisti del razionalismo italiano, con alcuni dei quali Zanuso entrò in contatto molto giovane. A diciotto anni varcò la soglia dello studio di Giuseppe Terragni e Pietro Lingeri per partecipare come disegnatore all’importante progetto di concorso per il palazzo del Littorio, luogo di collaborazione fra gli architetti e gli artisti Marcello Nizzoli e Mario Sironi. Con i BBPR (Gian Luigi Banfi, Lodovico Barbiano di Belgiojoso, Enrico Peressutti, Ernesto Nathan Rogers) il rapporto si consolidò durante la guerra, che Zanuso trascorse nella Marina militare, dove fu richiamato alle armi nel dicembre del 1939 come guardiamarina per essere congedato nel 1945 come tenente di vascello. A partire dal 1944 frequentò lo studio dei colleghi milanesi per aiutare Peressutti a portare avanti i progetti in corso, e Julia Banfi a tenere i rapporti epistolari con il marito 'Giangio', dapprima internato a San Vittore e a Fossoli, poi deportato a Gusen. Con l’«amico» e «maestro» Rogers, Zanuso condivideva la necessità di adottare «una precisa tecnica» nel processo progettuale che avrebbe reso le opere «concrete», e avviava l’esperienza di pubblicista dal 1946 al 1947 nella rivista Domus diretta da Rogers stesso, di cui fu capo redattore, tenendo una rubrica «teorico-poetica sui temi della prefabbricazione e sull’innovazione produttiva» (M. Zanuso, Ricordi di lavoro con Rogers, 1993, in Marco Zanuso. Scritti…, 2013, p. 304).

Nel giugno del 1944 sposò Marialisa (Billa) Pedroni, che avrebbe ripreso gli studi in filosofia, interrotti per la guerra, laureandosi a pieni voti con Antonio Banfi nel 1950, e perfezionato la sua formazione in psicologia e psicoterapia. Dal matrimonio nacquero tre figlie: Federica, Lorenza e Susanna. L’anno successivo diede alle stampe il volume La cucina, nella collana diretta da Lina Bo e Carlo Pagani Quaderni di Domus, un manuale di stampo funzionalista redatto seguendo il criterio dell’unione della funzionalità con l’ergonomia e dell’integrazione, nel progetto della cucina, delle logiche della produzione industriale con i modi di fruizione delle sue componenti. Questo modo 'integrale' di intendere la progettazione, che escludeva le specializzazioni disciplinari e riconosceva il progetto come luogo di confluenza dell’architettura e del design, avrebbe caratterizzato la sua produzione fin dagli esordi della professione, che avviò proprio nel 1945. Fra i primi progetti, il rifacimento del sottotetto di un palazzo storico di piazza Castello, ch’egli avrebbe trasformato in un belvedere sul Castello Sforzesco, ammobiliato con arredi storici di famiglia e mobili prodotti in serie secondo il suo disegno, e dove si sarebbe trasferito nel 1948 per restarvi per tutta la vita. In questa prima fase, gli arredamenti di negozi e appartamenti ai quali attese rivelano una spiccata sensibilità artistica che sfociò nella collaborazione con Gianni Dova, autore del disegno della decorazione a mosaico della facciata della casa d’abitazione in via Gorizia (con Albricci, 1946-51), e Lucio Fontana, autore degli inserti in gres ceramico nel prospetto principale del palazzo per uffici in via Senato (con Roberto Menghi, 1947-49), due opere celebrate nella pubblicistica, che lo imposero all’attenzione della critica nazionale e internazionale. A Fontana, Zanuso avrebbe affidato il disegno del soffitto in gesso della sala del Piccolo di via Rovello (oggi teatro Grassi), oggetto di un’ingegnosa ristrutturazione realizzata nel 1952 con Rogers, dove le soluzioni illuminotecniche assumevano una rilevante valenza estetica, collaborando, insieme alla cromia vermiglia declinata su due toni, alla realizzazione di una «unità espressiva architettonica» (G. Ponti, Rinnovamento di un teatro a Milano, in Domus, 1953, n. 285, p. 17), che Zanuso replicò nel pensionato Le Carline (1956-57). Nella cappella dell’edificio milanese egli si avvalse di nuovo dell’apporto decorativo di Fontana, di cui apprezzava gli effetti spaziali delle scelte artistiche, e più in generale «quel particolare accento di consanguineità che permette all’opera nel suo complesso di raggiungere un risultato totale che si esprime nello spazio con valori di linee, superfici, volumi, colori, luci», come ebbe a scrivere nel 1951 a proposito della forma perfetta di integrazione dell’arte nell’architettura (M. Zanuso, Architettura e pittura, 1951, in Marco Zanuso. Scritti…, 2013, p. 109).

Sul finire degli anni Quaranta strinse un rapporto di collaborazione con l’azienda Pirelli per promuovere l’impiego del nastro elastico Cord e della gommapiuma nel settore del mobile imbottito, che si risolse nella felice progettazione della poltrona Lady, uno dei primi esempi in Italia di mobili pensati per essere realizzati in serie. Prodotta da Arflex e presentata alla IX Triennale di Milano (1951), fu seguita dal divano letto Sleep-o-Matic (1953) e dalla poltrona Martingala (1954), per citare solo alcuni degli esempi più celebri del marchio.

All’attività di progettista in senso lato Zanuso associò fin da subito l’impegno culturale e sociale, esercitato in quelli che definì «i punti di applicazione delle forze architettoniche migliori italiane» (Balerna, Archivio del Moderno, fondo Marco Zanuso, Pol S 3, p. 5), dove si dibattevano le strategie della ricostruzione del Paese e della sua modernizzazione: il Movimento di studi per l’architettura – MSA, di cui fu membro dal 1945 al 1960; l’Istituto nazionale di urbanistica – INU, cui si associò tra il 1947 e il 1949; le Triennali, nell’ambito delle quali partecipò al comitato direttivo del Centro studi (1955-65) e alla giunta esecutiva della X (1954) e della XIV edizione (1968).

Dal 1953 al 1956 riprese l’impegno di pubblicista, questa volta nella rivista Casabella Continuità, che si apriva mettendo in esergo «il contenuto etico della nostra estetica, il cui modo è di ricondurre il mestiere e l’arte della sintesi originale alla tekné», come il direttore Rogers spiegava nell’articolo Continuità (1953-1954, n. 199, p. 3). Tale continuità con la tekné si era dipanata a partire dall’esperienza a bordo degli incrociatori della Marina militare, al fianco dei radiotelegrafisti, dove Zanuso apprese l’utilizzo di alcuni strumenti di precisione altamente tecnologici come il radiosegnalatore, ed ebbe modo di sperimentare macchinari e meccanismi su cui gli insegnamenti universitari non si soffermavano. Il contatto con l’ambiente internazionale a cui la rivista si apriva lo portò a partecipare ai CIAM (Congressi Internazionali di Architettura Moderna) dal 1956 al 1958, contemporaneamente all’assunzione dell’impegno politico nel Consiglio comunale di Milano dal 1956 al 1960, per difendere la sua idea di città moderna, che si radicava nei valori storici e ambientali ma anche sentimentali della città storica.

Fu un impegno civico e sociale soprattutto, che condivise con Adriano Olivetti, fra i suoi primi committenti, presentatogli da Rogers alla fine degli anni Quaranta, per il quale realizzò le fabbriche in Sudamerica (Argentina, 1954-61, e Brasile, 1955-61), e in seguito, con Edoardo Vittoria, gli stabilimenti Olivetti Italia (Crema, Scarmagno e Marcianise, 1962-72), progettati secondo il criterio dell’integrazione degli elementi tecnici nel sistema costruttivo, perfezionando le tecniche di prefabbricazione, e associando alle componenti strutturali, ormai multifunzionali, chiari valori estetici e sculturali. Questi criteri avrebbero presieduto alla progettazione di altri stabilimenti industriali, come dimostrano le testate delle travi della fabbrica Necchi a Pavia (1960-61) o i pilastri-solaio a fungo della fabbrica Brinel a Casella d’Asolo (1963-68), sede della BrionVega, che iterandosi ad altezze differenti dietro una cortina vetrata strutturano un’«opera di ‘eleganza astratta’ […] e di levigata raffinatezza», dove Zanuso tese a «stabilire una perfetta identità tra architettura dell’involucro e immagine del prodotto» (Crespi, in Marco Zanuso, 1999, p. 43). Dei prodotti ivi realizzati per la BrionVega, Zanuso ne disegnò diversi e celebri: i televisori Doney (1962), Algol (1964), Black (1969-70), la Radio TS 502 (1963-64), il Filodiffusore FD 1102 (1969), in quegli anni Sessanta contraddistinti da un investimento nel design così considerevole da convincerlo dell’opportunità di suddividere lo studio in due settori progettuali distinti, 'Architettura', gestito con Pietro Crescini, collaboratore dal 1956 e socio a partire dal 1977, e 'Design', cui collaborò Richard Sapper dal 1958 fino all’inizio degli anni Settanta.

Zanuso si misurò con il disegno di oggetti tecnici molto diversi, ponendo sempre estrema cura nella forma e nell’estetica, intesa nel senso greco di aisthesis, insieme di regole che sovrintendono alla percezione mediante i sensi. Per questo i suoi oggetti tecnici recano in sé un evidente grado di artisticità, e sono spesso metaforici, come il telefono Grillo della Siemens (1962-66), il cui meccanismo di apertura-chiusura a scatto rievoca l’incedere agile e svelto del grillo. Alcuni di essi gli valsero il conferimento del Compasso d’oro: nel 1956 per la macchina da cucire superautomatica 1100/2, nel 1962 per il televisore Doney, nel 1964 per la seggiolina K1340, nel 1967 per il telefono Grillo, nel 1979 per il ventilatore Ariante. L’impegno per il riconoscimento del disegno industriale quale disciplina autonoma e dell’autonomia dello statuto giuridico della professione di designer lo portò a partecipare nel 1957 alla fondazione dell’ADI (Associazione per il Disegno Industriale), di cui assunse la presidenza dal 1966 al 1969 e che lo insignì del premio alla carriera nel 1995.

Sebbene Zanuso avesse tenuto diverse lezioni universitarie sul tema dell’arredamento a partire dal 1948, fu nel 1960 che si aggiudicò il concorso di libera docenza per la cattedra di progettazione artistica per le industrie al Politecnico di Milano, e nel 1969 fu nominato professore ordinario, assumendo, fino al 1972, la carica di direttore dell’Istituto di tecnologia. Tenne i corsi di trattazione morfologica dei materiali, di scenografia, di tecnologia dell’architettura e dal 1980 di progettazione artistica per l’industria. In parallelo svolse attività di ricerca, in particolare sulla cultura europea dell’industrial design, sull’industrializzazione e la prefabbricazione, ma anche sulla cultura dell’abitare, che sarebbero state oggetto di riflessione in numerosi convegni e seminari in Italia e in Europa, America e Sudamerica, Australia e Kenya. L’interesse per il landscape office e la teoria del microambiente maturata in ambito anglosassone e statunitense, cui Zanuso si dedicò a partire dal 1968, sarebbero stati alla base della progettazione della sede dell’IBM di Segrate (1968-75): un’opera celebrata per la sensibilità con la quale integrava il paesaggio preesistente e che Kenneth Frampton indicava, insieme allo stabilimento IBM di Santa Palomba, nei pressi di Roma (1979-82), e al citato complesso Brinel a Casella d’Asolo, come le opere più «paysagistes» della sua produzione (in Marco Zanuso, 1999, p. 32). L’attenzione al paesaggio naturale è una costante che si ritrova nei suoi scritti e che ha guidato i progetti di case per vacanza, molte delle quali appaiono ancora oggi consustanziate al luogo che le accoglie: le atemporali case ad Arzachena (1962-64), casa Press a Lydenburg nel Transvaal, che si colorava di allusioni zoomorfe (1970-75), o la casa sull’isola di Cavallo (1981-88), le cui numerose versioni di progetto attestano una colta rivisitazione della Storia, interpretabile come personale e raffinato contributo alla cultura postmoderna.

Con l’unità di emergenza Anic-Fiat, progettata con Sapper nel 1971, Zanuso ebbe modo di riflettere sul tema del mobile environment e della casa-oggetto come luogo di confluenza fra la scala dell’architettura e del design. L’unità mobile, dalla struttura metallica, involucro in fibra plastica e arredi integrati nella scocca, assumeva le dimensioni di un container, e fu presentata alla mostra «Italy the New Domestic Landscape» (New York, MoMa – Museum of Modern Art, 1972). Pensata come unità modulare di un insieme composito e multifunzionale (pronta a ospitare anche funzioni pubbliche) e come risposta 'funzionale' a eventi di tipo catastrofico, la casa-modulo avrebbe potuto essere variamente assemblata a formare paesaggi variopinti, con un giocoso richiamo alle avveniristiche proposte urbane di Archigram. Fu testimonianza di una tecnologia colta che Zanuso applicò anche nei più rari interventi di ristrutturazione e restauro, come quello del Teatro studio del Piccolo (1980-86, oggi Piccolo teatro studio Mariangela Melato) discusso con Giorgio Strehler, il cui programma sperimentale, che portò a far coincidere la scena con la platea, si sposava alla metafora domestica e urbana della casa a ballatoio affacciata su di una corte interna e intima. Contemporanea fu la progettazione della nuova sede del Piccolo (oggi Teatro Strehler, progettato con Crescini, 1979-98), un complesso polistereometrico rivestito in mattoni e di lastre verdi di rame, di cui si apprezza tutt’oggi la valenza urbana, per il suo intonarsi al Castello Sforzesco, al tessuto residenziale del foro Bonaparte e al verde del parco Sempione, armonizzandoli fra loro.

Numerosi furono i riconoscimenti alla carriera di Zanuso, fra i quali ricordiamo: nove medaglie d’oro (VIII, IX, X, XI, XIII edizione), una d’argento (XII edizione) e quattro gran premi (VIII, IX, X, XIII edizione) alla Triennale di Milano; il premio per l’Architettura del Presidente della Repubblica conferitogli su designazione dell’Accademia di S. Luca nel 1984, anno in cui il Comune di Milano lo insignì della medaglia dedicata a 'le persone che hanno fatto grande Milano'; il Compasso d’oro alla carriera nel 1995; e nel 1999 la laurea honoris causa in disegno industriale al Politecnico di Milano.

Morì a Milano l’11 luglio 2001, e fu sepolto nella cappella di famiglia a Gravedona. Una lapide ne onora la memoria nel Famedio del cimitero Monumentale di Milano.

Opere

Marco Zanuso. Scritti sulle tecniche di produzione e di progetto, a cura di R. Grignolo, Mendrisio-Milano 2013 (con una bibliografia dettagliata dei suoi scritti editi e inediti); M. Zanuso, La cucina, Milano 1945.

Fonti e bibliografia

Balerna, Archivio del Moderno, fondo Marco Zanuso. E.N. Rogers, Milan: Design renaissance, in Vogue, 1949, n. 9, pp. 152-157; V. Gregotti, M. Z., un architetto della seconda generazione, in Casabella-Continuità, 1957, n. 216, pp. 59-60; G. Canella, Z., il più problematico degli architetti italiani, in Fantasia, 1963, n. 11, pp. 58-67; G. Dorfles, M. Z. designer, Roma 1971; Italy: the new domestic landscape. Achievements and problems of Italian design, a cura di E. Ambasz, Firenze 1972, pp. 190-199; P. Fossati, Il designer prima tecnico poi artista. Gli oggetti inquietanti, in Bolaffi Arte, 1975, n. 53, pp. 58-60; P.C. Santini, Incontri con i protagonisti: M. Z. in Ottagono, 1976, n. 42, pp. 70-75; A. Ubertazzi, M. Z. Una tecnologia colta per esprimersi in modo libero, in Habitat Ufficio, 1986, n. 19, pp. 24-47; V. Magnago Lampugnani, M. Z.: portare l’artificio alle sue conseguenze estreme, in Domus, 1988, n. 690 pp. 17-20; F. Burkhardt, Design. M. Z., Milano 1994; M. Z. Architetto, a cura di M. De Giorgi, Milano 1999 (in partic. L. Crespi, La fabbrica come 'topos' dell'ambiente tecnico contemporaneo, pp. 37-52; K. Frampton, Il progetto di Zanuso: una tettonica per tutte le scale, pp. 31-35); Ad Honorem. Achille Castiglioni, Gillo Dorfles, Tomás Maldonado, Ettore Sottsass, M. Z., a cura di G. Buccellati - B. Manetti, Milano 2001, pp. 103-155; M. Z. Architettura, design e la costruzione del benessere, a cura di A. Piva - V. Prina, Roma 2007; F. Burkhardt, I maestri del design. M. Z., Milano 2011; B. Reichlin, Prefazione, in M. Z. Scritti sulle tecniche di produzione e di progetto, a cura di R. Grignolo, Mendrisio-Milano 2013, pp. VII-XVI; MZ Progetto integrato. M. Z. design, tecnica e industria, a cura di A. Bassi - L. Tedeschi, Mendrisio-Cinisello Balsamo 2013; M. Burkhalter - C. Sumi, M. Z.: sette architetture industriali, in Domus, 2016, n. 1003, pp. 28-31; M. De Giorgi, M. Z. e Milano, Milano 2018; M. Z. Architettura e design, a cura di L. Crespi - L. Tedeschi - A. Viati Navone, Milano 2020.

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