MONTAGNA, Marco Tullio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 75 (2011)

MONTAGNA, Marco Tullio

Maria Barbara Guerrieri Borsoi

– Figlio di Lucantonio e Vittoria, è definito originario di Velletri in tutti i documenti e la data di nascita, sulla base delle indicazioni degli Stati delle anime e del referto del decesso, si può collocare intorno al 1594 (Guerrieri Borsoi, 2006, p. 79).

Non è nota la data dell’arrivo a Roma ma il 16 ott. 1616 vi sposò Caterina di Giovan Battista Verri, dalla quale ebbe almeno sette figli, conviventi con il padre nel 1643: Margherita, Orsola, Fabrizio, Girolamo, Giovan Battista, Francesco, Giuseppe (Bartomioli).

Nel 1617 partecipò alle congregazioni dell’Accademia di S. Luca (Lafranconi), dove nel 1634 fu stimatore dei pittori ordinari e dei doratori; nel 1640 fu proposta la sua associazione alla Congregazione dei Virtuosi al Pantheon.

Ebbe certamente una bottega e dei collaboratori, come testimonia Ludovico di Cesare Rossetti che affermò di averlo frequentato per imparare a disegnare perché era un buon pittore (Arch. di Stato di Roma, Trenta Notai Capitolini, Uff. 36, 104, cc. 659 ss., 2 maggio 1661).

Si è spesso confuso il M.  con il pittore  di cui parla G. Baglione (Le vite, 1642, pp. 92 s.), probabilmente da identificarsi con Marco Tullio Onofri. Il supposto alunnato con Federico Zuccari deriva dalle affermazioni del biografo e non può sussistere per motivi cronologici né lo confermano documenti antichi. Il M. fu invece certamente molto influenzato da Giuseppe Cesari (Röttgen) e il suo stile è in effetti caratterizzato da forti accenti arpineschi sui quali si innestano lentamente e prudentemente delle componenti cortonesche, riscontrabili soprattutto dagli anni Trenta in poi. L’affermazione che il M. abbia dipinto nelle Grotte vaticane nel 1617 è errata e nasce dal fraintendimento dei testi antichi (Spagnolo).

Nel 1617 il M. era al servizio del duca Alessandro Sforza per opere non ancora identificate. L’anno successivo eseguì delle pitture in varie camere nel palazzo di Tarquinio Capizucchi con Giacomo Gallo detto Spadarino, che appare preminente per compensi e durata dell’impegno (Arch. di Stato di Roma, Monte di Pietà, Mastri, 33, cc. 281, 604), ma l’edificio, situato nell’area di largo Argentina, tra i palazzi Origo e Cesarini, è stato distrutto.

Nel 1618 lavorò altresì in S. Agnese fuori le Mura per il cardinale Paolo Emilio Sfondrato, realizzando innumerevoli Sante tra gli archi della navata centrale, quindi continuò a dipingere in quella chiesa per il successivo abate, il cardinale Fabrizio Veralli, affrescando sull’arcone absidale al centro l' Incoronazione di Maria, tra  S. Agnese fatta trafiggere dal tiranno e S. Emerenziana lapidata mentre prega sul sepolcro di s. Agnese, anch’esse distrutte, ma visibili in incisioni antiche. Restano invece la rovinata scena della Madonna appare a s. Agnese, con le sottostanti Virtù cardinali, e due figure di Angeli nel locale dello scalone di accesso al convento, del 1619 (Guerrieri Borsoi, 2006).

Nel 1620 il cardinale Veralli gli affidò anche l’intera decorazione della vicina S. Costanza, un lavoro che avrebbe trasfigurato l’intero edificio.

Il M. doveva dipingere nella cupola il Paradiso con le gerarchie angeliche, nel deambulatorio un finto colonnato e nelle nicchie di quello le figure di Cristo e degli Apostoli. Nel tamburo dovevano trovar posto dodici scene con la Vita di s. Gallicano e s. Costanza e anche la facciata doveva essere trasformata da una finta prospettiva graffita e dipinta. Per il cospicuo lavoro, da eseguire in un anno di tempo, fu pattuito il compenso di 250 scudi. Di questo esteso ciclo sopravvivono alcune parti della decorazione della cupola, frammenti delle figure nel deambulatorio, mentre le scene del tamburo, documentate da fotografie, sono state distrutte, salvo due conservate nella sede della Soprintendenza per i beni  architettonici e per il paesaggio del Lazio (ibid.).

Nel 1624 il M. e Giacomo Scaccia dipinsero i vani di cinque finestre nella galleria di palazzo Mattei con paesaggi, grottesche, Storie di Sansone e il Sacrificio di Manoah.

Nel 1626-27 il M. lavorò nel giardino della villa del cardinale Carlo Emanuele Pio di Savoia al Colosseo per interventi non meglio definiti e non identificati (Benocci).

Nel 1627, per il cardinale Scipione Borghese, eseguì dorature e modesti interventi decorativi in S. Crisogono e l’anno successivo gli furono pagati due affreschi nella sacrestia di S. Sebastiano fuori le mura raffiguranti la Madonna e i ss. Sebastiano e Lucina e l’Eterno e martiri.

I rapporti con il porporato culminarono con l’incarico di dipingere, con Agostino Tassi e con il doratore Fausto Tucci, alcune stanze nel palazzo a Ripetta. In una sala è stato identificato l’intervento di M. che vi realizzò figure femminili decorative e scene allegoriche. Su basi stilistiche e visti i legami con Tassi, è stata proposta anche la partecipazione del M. alla decorazione di palazzo Pamphilj a piazza Navona, in particolare nelle Storie di Mosè (Russell).

Nel 1631 intervenne nella cappella Veralli in S. Agostino dove restaurò i precedenti dipinti di Avanzino Nucci nella volta ed eseguì ex novo le due figure dei Ss. Giovanni Battista e Giovanni Evangelista, recentemente riemerse (Guerrieri Borsoi, 2006).

Intorno al 1631, e comunque dopo il 1629, dipinse la Caduta della manna, il Passaggio del Mar Rosso, Daniele nella fossa dei leoni con Abacuc e l’angelo nelle volte di tre stanze nella parte Rocci di villa Arrigoni (poi Muti) a Frascati, opere già attribuite a Pietro da Cortona ma strettamente affini ai dipinti nella cappella Veralli in S. Agostino.

Sempre nel 1631 il M. eseguì importanti lavori nella chiesa di S. Lucia del Gonfalone, consistenti in restauri sulle opere preesistenti e  in aggiunte d’invenzione, in particolare la decorazione parietale della cappella di S. Francesco, dipinta a secco (Arch. segreto Vaticano, Arciconfraternita del Gonfalone, vol. 510, conto 69). La chiesa è stata completamente ristrutturata nel XVIII secolo e niente sopravvive di questi lavori.

Nel 1631 fu incaricato della decorazione dell’oratorio presso la chiesa di S. Giuseppe dei Falegnami per un compenso pattuito di 200 scudi, ma saldato a 263 per varie aggiunte. I lavori si protrassero sino al 1637 e consistettero nell’esecuzione di Storie di Gesù  tra Sibille, Profeti, Re di Israele. Nel Museum of Art della  Rhode Island School of Design si conserva un disegno preparatorio per un’intera parete di grande qualità (Scrase, fig. 80). Realizzò anche il dipinto nella volta della sacrestia con S. Giuseppe in gloria tra angeli  nel 1636 (Zandri).

Probabilmente a partire dal 1633 circa cominciò un lungo periodo di collaborazione con Simone Lagi, come attestano le notizie relative all’attività di copisti di pitture antiche svolta al servizio del cardinale Francesco Barberini. Alcuni conti presentano i lavori comuni di pittura riguardanti gli anni 1634-35 e 1637-38, ma la compagnia doveva essere già attiva prima di quanto documentato. Nel 1632 fu dorato e dipinto il soffitto ligneo della chiesa dei Ss. Cosma e Damiano, al centro del quale figurava la Gloria dei ss. martiri con la Madonna e il Bambino, dipinta su tavola (riapparsa nel 1999), poi coperta da analogo soggetto realizzato su tela sempre dal Montagna. Per la seconda versione è stato anche rintracciato un disegno preparatorio, oggi conservato nella Galleria degli Uffizi. A partire dal 1634 vennero decorate le pareti con otto Storie della vita dei santi titolari e dieci figure di Santi e Pontefici, nonché trofei con strumenti del martirio. Tutti i pagamenti per il soffitto e le pareti sono intestati a Lagi, anche se il conto del 1634 precisa la partecipazione del M. ai lavori parietali e la critica è concorde nell’assegnare a lui le scene. Al M. spettano anche le due immagini centrali del soffitto per le analogie con le sue opere note (Guerrieri Borsoi, 2008).

Tra il 1634 e il 1635 i due soci dipinsero nel palazzo del Quirinale una trentina di vedute (soltanto sedici rimaste) relative alle nuove fabbriche e agli avvenimenti del pontificato di Urbano VIII.

Le scene erano collegate da decori a grottesche in buona parte perduti. Lungamente attribuite a Tassi o alla sua scuola, queste vedute palesano elementi di affinità con quest'ultimo pittore pur rimanendo più aderenti al vero. Nel palazzo sono attribuite a Lagi e al M. anche le volte delle sale delle Api e delle Dame, con putti ed emblemi araldici barberiniani.

Ancora insieme i due pittori nel 1635-36 ornarono l’Armeria vaticana con chiaroscuri, non più esistenti; nel 1635-38 restaurarono la Galleria delle carte geografiche in Vaticano; nel 1637 ridipinsero drasticamente le scene medievali di S. Urbano alla Caffarella.

Nel 1637-38 il M. e Lagi intervennero in tre stanze dell’appartamento di Giulio III in Vaticano ridipingendo parte della decorazione cinquecentesca e inserendo varie figure e belle vedute urbane di Castel Sant' Angelo con la girandola e di Piazza s. Pietro, nonché medaglioni relativi ai principali interventi di Urbano VIII.

Più modesti e di natura decorativa, dovettero essere gli interventi del M. a Castelgandolfo, dove Lagi aveva dipinto anche in anni precedenti e con altri collaboratori.

Nel 1639 il M., nuovamente da solo, firmò il contratto per la decorazione della volta, due lunettoni e le pareti laterali della chiesa della Ss. Annunziata al Foro di Augusto per un compenso di 350 scudi; si aggiunse la decorazione della controfacciata e il saldo per 500 scudi fu pagato nel 1642. La distruzione della chiesa ha comportato la perdita quasi totale di questi dipinti, ma i due lunettoni, raffiguranti la Nascita e la Assunzione di Maria, sono documentati da fotografie e ne sussistono alcuni frammenti presso il Museo di Roma. La chiesa apparteneva alla confraternita dei catecumeni di cui era protettore il cardinale Antonio Barberini che potrebbe aver favorito la chiamata del pittore.

Certamente il M. fu al servizio della famiglia anche in altre occasioni, come prova il pagamento del 1644 per lavori decorativi nel palazzo  dei Barberini poi del Monte di Pietà (Waddy).

Nel 1645 circa realizzò i lunettoni con coppie di sante – S. Caterina d’Alessandria e s. Cristina di Bolsena; S. Chiara e s. Barbara – e la cupoletta con Dio padre tra i  ss. Pietro e Paolo ad affresco nella cappella Paolini in S. Maria degli Angeli a Montopoli, che gli sono stati assegnati su base stilistica (Negro).

Nel 1649 lavorò per i Colonna nel salone del palazzo ai Ss. Apostoli, ma l’opera, del valore complessivo di 136 scudi, fu lasciata interrotta a causa della morte e completata da Giovan Battista Magni (Nicolai). Va identificata con la grande volta raffigurante Sirene, tritoni e stemmi di Casa Colonna.

Nel campo dei dipinti mobili gli sono attribuiti il S. Andrea in S. Angelo in Pescheria, per il quale si conosce anche un disegno preparatorio del Fitzwilliam Museum di Cambridge (Scrase), entrambi non certi, mentre il dipinto raffigurante La cavalcata di Taddeo Barberini lungo il Corso, della Fondazione Roma, che gli era stato assegnato in via ipotetica è stato successivamente considerato di Giovanni Ferri (Cappelletti - Testa). Una «burrasca» era nella collezione Vianelli nel 1790.

A latere rispetto all’attività di pittore si svolse quella di disegnatore, anche in questo caso associato a Lagi, con copie da opere antiche e paleocristiane, al servizio dei Barberini (Amadio).

Il M. morì a Roma il 12 giugno 1649 nella parrocchia di S. Andrea delle Fratte, secondo l’estensore del documento all’età di cinquantacinque anni.

Fonti e Bibl.:  Roma, Biblioteca Hertziana, Schede Noack (ora consultabili online al sito http://db.biblhertz.it); Archivio di Stato di Roma, Camerale I, Giustificazioni di tesoreria, bb. 74, f. 3; 82, f. 1; Catalogo di quadri esistenti in casa il Signor D.n Giovanni D.r Vianelli, Venezia 1790, pp. 91 s.; O. Pollak, Die Kunsttätigkeit unter Urban VIII. II, Die Peterskirche in Rom, Wien 1931, pp. 197, 355, 368-69, 380, 387; G. Zandri, S. Giuseppe dei Falegnami, Roma 1971, pp. 31, 33, 65; M.L. Pozzi, Riscoperta di un pittore velletrano: M.T. M., in Lunario Romano, X (1981), pp. 111-127; D. Scrase, St. Andrew in the church of S. Angelo in Pescheria, in The Burlington Magazine, CXXVII (1985), pp. 789 s.; A. Bartomioli, M.T. M., un pittore nella Roma di Urbano VIII, tesi di laurea, Università di Roma «La Sapienza»  a.a. 1989-1990; E. Fumagalli, Guido Reni (e altri) a S. Gregorio al Celio e a S.Sebastiano fuori le mura, in Paragone, XLI (1990), 483, p. 82; P. Waddy, Seventeenth century Roman palaces: use and the art of the plan, Cambridge 1990, p. 382 n. 109; U.V. Fischer Pace, recensione a J. M. Merz, Pietro da Cortona, in Bollettino d’arte, LXXVII (1992), 76, p. 104; L. Laureati, in G. Briganti - L. Laureati - L. Trezzani, Il patrimonio artistico del Quirinale. La decorazione murale, Roma 1993, pp. 7, 177-189, 232 s., 236-239; F. Cappelletti - L. Testa, Il Trattenimento di Virtuosi. Le collezioni seicentesche di quadri nei palazzi Mattei di Roma, Roma 1994, p. 110; U.V. Fischer Pace, Disegni del Seicento Romano, Firenze 1997, p. 139 n. 89; J. M. Merz, Cortona giovane, in Pietro da Cortona 1597-1669 (catal.), a cura di A. Lo Bianco, Milano 1997, pp. 56 s.; M. B. Guerrieri Borsoi, La chiesa della Ss. Annunziata al Foro di Augusto, in Bollettino d’Arte, LXXXIII (1998), 105-106, pp. 40-42; M. Lafranconi, L’Accademia di S. Luca nel primo Seicento. Presenze artistiche e strategie culturali, tesi di dottorato, Università degli Studi di Napoli, 1999-2000, ad ind.; M. Spagnolo, in A. Pinelli, La basilica di S. Pietro in Vaticano, Modena 2000, p. 867; H. Röttgen, Il cavaliere Giuseppe Cesari d’Arpino: un grande pittore nello splendore della fama e nell’incostanza della fortuna, Roma 2002, pp. 206, 545; A. Negro, La «Impresa Manenti» e la chiesa di S. Maria degli Angeli a Montopoli Sabina. Forme e modelli del primo Seicento romano in periferia, in Il cavalier Vincenzo Manenti e il suo tempo. Atti del Convegno..., Orvinio... 2000, a cura di B. Fabjan, Roma 2003, p. 78; A. Draghi, L’oratorio di S. Giuseppe dei Falegnami: il restauro degli affreschi di M.T. M., in MdiR, I (2003), 2, pp. 144 s.; I. Campbell, Ancient Roman topography and architecture, I, London 2004, pp. 751-756; V. Tiberia, La compagnia di S. Giuseppe di Terrasanta da Gregorio XV a Innocenzo XII, Roma 2005, pp. 67, 198, 252; M.B. Guerrieri Borsoi, I restauri romani promossi dal cardinale Fabrizio Veralli in S. Agnese e S. Costanza e la cappella in S. Agostino, in Bollettino d’Arte, XCI (2006), 137-138, pp. 77-98; S. Russell, G. B. Pamphilj (1574-1655) mecenate della pittura di paesaggio come cardinale e come papa, in Archivi dello sguardo: origini e momenti della pittura di paesaggio in Italia a cura di F. Cappelletti, in Quaderni degli Annali dell’Università di Ferrara, IV (2006), p. 267; C. Benocci, Moraldi, Peparelli, Maruscelli, Sbordoni e il rinnovamento secentesco della villa … al Colosseo per i Pio di Savoia, in Il Tesoro delle città. Strenna dell’Associazione storia della città, V (2007), pp. 65, 72-75, 79; F. Nicolai, Mecenati a confronto. Committenza, collezionismo e mercato dell’arte nella Roma del primo Seicento. Le famiglie Massimo, Altemps, Naro e Colonna, Roma 2007, p. 274; L. Simonato, Medaglioni dipinti in Vaticano: un episodio di fortuna visiva della medaglistica barberiniana, in I Barberini e la cultura europea del Seicento. Atti del Convegno internazionale... 2004, Roma 2007, ad indicem; M. C. Terzaghi, Caravaggio, Annibale Carracci, Guido Reni tra le ricevute del banco Herrera & Costa, Roma 2007, p. 162 n. 83; B. Fabjan, Le vedute delle fabbriche di Urbano VIII al Quirinale. Gli affreschi staccati e il loro restauro, in Bollettino d’arte, XCIII (2008), 146, pp. 137-146; M.B. Guerrieri Borsoi, Villa Arrigoni, poi Rocci e Varese, a Frascati: la costruzione e la decorazione, in Studi di storia dell’arte, XIX (2008), pp. 98-100; S. Amadio, I «disegni Barberini» dalla pittura paleocristiana: l’équipe Lagi, M., Eclissi, in La copia. Connoisseurship, storia del gusto e della conservazione. Atti delle Giornate di studio ... Roma... 2007, in corso di stampa (con ulteriore bibliografia); U. Thieme – F. Becker, Künsterlexikon, XXV, p. 77.