Crasso, Marco Licinio

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Uomo politico romano (114 circa - 53 a. C.); figlio di P. Licinio C., console nel 97, visse una giovinezza austera e laboriosa. Divenne presto un principe del foro; sfuggito alla reazione di Cinna e Mario, partecipò alla ripresa di Silla ed ebbe parte molto importante nella vittoria sillana di porta Collina. Nel 72 ebbe il comando della guerra contro Spartaco che vinse in Lucania dopo che gli era stato associato nel comando il rivale Pompeo; gli fu concessa, però, soltanto l'ovazione. Per raggiungere i suoi scopi dovette accordarsi con Pompeo, e con lui fu eletto console nel 70, lasciando che il collega svolgesse il suo programma di restaurazione democratica. Censore nel 65, si servì della carica come fonte di ricchezza privata; sostenne l'autenticità del testamento di Tolomeo e la necessità di annettere l'Egitto; Catulo suo collega si oppose, ed entrambi finirono con l'abdicare alla censura. Nel 64 sostenne la candidatura di Catilina e fu accusato di aver preso parte alla congiura. Divenne creditore di Cesare, e nel 60 formò con Pompeo e Cesare il cosiddetto primo triunvirato, che fu dopo alcune controversie riconfermato nel 56 nell'accordo di Lucca per il quale gli fu attribuito il consolato, con Pompeo; nel 55 C. ebbe inoltre il comando della Siria per 5 anni e l'incarico della guerra contro i Parti. Partito da Roma nel 55 (dopo essersi riconciliato con Cicerone per averne l'appoggio), effettuò una prima avanzata nella Mesopotamia e occupò (54) di forza alcune città; quindi, lasciati dei presidî, tornò in Siria. Nel 53, giuntagli la cavalleria inviata da Cesare, con 7 legioni ripassò l'Eufrate e, non curando i consigli del suo questore Cassio turbato dal fatto che Artabaze, re di Armenia, non aveva mandato gli aiuti promessi, seguì il parere del principe arabo Abgaro, passato poi al nemico, abbandonando l'Eufrate e dirigendosi decisamente a oriente attraverso il deserto. I primi contatti con i Parti comandati dal Surena si ebbero a sud di Carre. C. senza preoccuparsi della stanchezza dei soldati attaccò battaglia; il suo esercito disposto in quadrato fu facile bersaglio dei dardi dei Parti. Un attacco dell'ala destra al comando del figlio fallì, e quando C. vide la testa mozza del figlio infissa sull'asta di un nemico, invano tentò con alte parole il rialzare il morale dei soldati. Calata la notte C. riparò a Carre, e di qui sfuggì nuovamente ai Parti incalzanti. Quando il Surena comprese che i Romani gli sarebbero sfuggiti definitivamente, propose a C. un colloquio. Seguito dal legato Ottavio, C. scese nel campo nemico e fu ucciso in un tumulto provocato dai Parti (53). Soltanto pochi tra i suoi soldati riuscirono a porsi in salvo. C. fu soprattutto uomo d'affari e organizzatore, riuscendo ad accumulare grandi ricchezze; possedeva un grandissimo numero di schiavi, abili e istruiti, che erano considerati la parte più preziosa del suo patrimonio. Ebbe però scarso senso politico, e rimase nettamente in secondo piano di fronte a Cesare e Pompeo.

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