GIGANTE, Marcello

Dizionario Biografico degli Italiani (2018)

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GIGANTE, Marcello

Francesca Longo Auricchio

Ottavo di nove figli, nacque a Buccino (Salerno), l’antica Volcei, il 20 gennaio 1923 da Domenico e Concetta d’Acunto. Il padre era commerciante, la madre casalinga. A Buccino rimase sempre molto legato; si adoperò intensamente affinché venisse creato il Museo archeologico nazionale di Volcei (ora a lui intitolato) che conserva il cratere raffigurante la parodia del ratto di Cassandra del pittore pestano Assteas. «Il paese natio è l’aria di cui abbiamo bisogno fino alla morte, ma è soprattutto il confine, il limite, la frontiera che dobbiamo superare; […] è l’invito ad andare verso il mondo, a viaggiare nell’universo, ad amare la conoscenza, la scienza in qualsiasi forma a noi piaccia», sono queste le parole con cui rese grazie in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria il 9 gennaio 1988 (cfr. Via, in Nazzaro, 2003, p. 10).

La formazione e i primi anni di ricerca scientifica

Dopo aver frequentato il ginnasio a Eboli e il liceo a Sala Consilina, si iscrisse all’Università di Napoli, dove si laureò in lettere classiche nel 1944, con Vittorio De Falco, discutendo una tesi su Le Elleniche di Ossirinco di cui fu correlatore Giovanni Pugliese Carratelli; questi che, con Adolfo Omodeo, considerava suo maestro, gli trasmise alcune pagine provenienti dal Catalogue of the Greek and Latin Papyri in the John Rylands Library, da cui trasse la sua prima pubblicazione: Frammenti di un’epitome di Φιλιππικά (PRyl. 490), che apparve a stampa nella rivista La Parola del passato, fondata a Napoli da Pugliese Carratelli nel 1946, per i tipi di Gaetano Macchiaroli, nell’entusiasmo della ripresa del dopoguerra, anche con l’auspicio e il sostegno di Benedetto Croce, che aveva appena dato vita all’Istituto italiano per gli studi storici.

«Chi non ha vissuto a Napoli gli anni del dopoguerra, non può immaginare il fervore intellettuale che vi era stato acceso dalle vicende di un tragico quotidiano, in cui cronaca e storia erano continuamente annodate […] Anche ‘La Parola del Passato’ è frutto di quel mondo» (cf. F.P. Casavola, in Id.- M. Gigante - F. Zevi, La Parola del passato. 300, Napoli 2000, p. 8). Gigante iniziò, appena due anni dopo la laurea, l’intensa collaborazione con la rivista, di cui successivamente divenne redattore e membro del comitato scientifico. In quegli anni, insieme a un gruppo di giovani universitari, nella suggestione delle lezioni di Omodeo, da poco scomparso, cominciò a frequentare gli incontri che si tenevano presso la Biblioteca di Croce, divenendo uno fra i primi titolari delle borse di studio dell’Istituto (cfr. Pugliese Carratelli, 2002, p. 6).

A Roma, nel 1949, apparve l’edizione delle Elleniche di Ossirinco, preceduta da uno studio sull’autore (Lo storico di Ossirinco, in La Parola del passato IX [1948], pp. 228-244) e sui frammenti fiorentini dell’opera (in Maia, II [1949], pp. 208-231). Su questo testo ritornò molti anni dopo in una recensione critica alla nuova edizione di Vittorio Bartoletti (in Gnomon, XXXVII [1965], pp. 245-253), che aveva giudicato severamente la sua (ibid., XXII [1950], pp. 380-384).

Dal 1949 al 1960 fu professore di latino e greco nel liceo classico «A. Genovesi» di Napoli, un’esperienza che gli rese «familiari» i testi dei classici, facile il dialogo con i giovani e che visse con dedizione quasi religiosa. Verso la scuola, per tutta la vita, mostrò interesse e disponibilità (v. La mia esperienza liceale, in Fenomenologia e filosofia del linguaggio. Studi in memoria di Raffaele Pucci, a cura di D. Jervolino - R. Pititto, Napoli 1996, pp. 9-15). Sin da questi anni la sua attività scientifica rivela una molteplicità di interessi: dagli storici, ai poeti, al teatro, agli oratori, senza distinzione tra testi greci e latini. Gli era già ben presente la concezione della unità della civiltà classica, che fu a fondamento della sua ricerca.

Nel 1951 conseguì la libera docenza in lingua e letteratura greca e, dal 1953 al 1960, gli fu affidato l’incarico dell’insegnamento di filologia bizantina nell’Università di Napoli.

Nel 1956-57 fu borsista dell’Alexander von Humboldt-Stiftung nel seminario classico della Università di Bonn: «Per la scelta di Bonn peso decisivo ebbe il rapporto di collaborazione che, a partire dal 1953, si era stabilito tra Wolfgang Schmid e me, nel comune interesse per i papiri ercolanesi». Schmid era dal 1950 professore di filologia classica nella Friedrich-Wilhelms-Universität; nel 1953 venne a Napoli per studiare il PHerc. 831, un libro dell’epicureo Demetrio Lacone; incontrò Gigante al liceo Genovesi, divenne suo ospite e insieme trascorsero «giorni molto felici, […] tra l’Officina dei Papiri Ercolanesi […] e i monumenti di Napoli e della zona flegrea […]. Da allora si fondò una fedele amicizia» (cfr.  Gigante, Marginalia Bonnensia (Bonn 1956/57), in Festgabe für Ernst Vogt zu seinem 60. Geburtstag, in Eikasmos, IV [1993], pp. 27-32; G. Leone, Wolfgang Schmid (1913-1980), in Hermae. Scholars and scholarship in papyrology, 2007, II, pp. 63-80, in partic. pp. 63-66). A Bonn il contatto con la filologia tedesca «si rivelò subito […] di straordinario interesse umano e scientifico»: ebbe rapporti con Hans Herter, Ernst Vogt, filologi classici, col filologo romanzo Harri Meier, lo storico antico Johannes Straub, con Walther Kranz, che aveva curato l’aggiornamento dei Vorsokratiker  di Hermann Diels. Visitò anche Colonia, dove incontrò Lothar Wickert, il biografo di Theodor Mommsen, e Reinhold Merkelbach e fu anche in Olanda, ospite dello storico antico Willem Den Boer e nell’allora Germania Orientale: «Fu la prima esperienza, piuttosto agghiacciante, col socialismo reale: il contatto con quel regime […] ebbe un ruolo decisivo» nel suo orientamento politico (cf. Gigante, Marginalia…, cit., p. 31).

Il suo studio più importante, forse l’opus maximum, come è stato definito, Nomos basileus, apparve a Napoli nel 1956 (rist., ibid. 1993, con un’appendice).  All’origine della ricerca è il frammento 169 Schroeder di Pindaro, νόμοϲ ὁ πάντων βαϲιλεύϲ; in realtà l’intento dell’autore parte dalla riflessione sofferta che: «V’è bensì una legge scritta che non coincide con una legge, concepita come forza valida per tutti; poi, vi sono le leggi che l’individuo crea giorno per giorno, occasione per occasione, a difesa di sé e degli altri, per giustificare l’azione più violenta, l’ingiuria più facile, il danno più agevole, la calunnia che non comporta rischio personale». Gigante rileva inoltre che nelle dottrine moderne il conflitto tra etica e diritto è «un punto fermo di indagine», ma constata che nei manuali mancava una trattazione adeguata del diritto antico a riguardo, erano ignorate le ricerche dei classicisti e trascurata la conoscenza diretta delle fonti.

Lo sviluppo del νόμοϲ βαϲιλεύϲ, legge che governa uomini e dèi, è seguito nel libro da Esiodo a Platone e «marginalmente anche oltre, fino ad Aristotele e gli Stoici». Nella concezione arcaica, νόμοϲ, da Omero e Esiodo a Solone, Pindaro e Eschilo e nella storiografia, era una legge divina di giustizia, che dominava le vicende umane superando le voglie e le violenze dei singoli. Lo stravolgimento della concezione arcaica avvenne nella seconda metà del V secolo, in seguito alla crisi dei valori, quando nel νόμοϲ non si ravvisò più l’elemento divino, ma «l’espressione umana di interessi individuali». Questa fase tuttavia ebbe un termine; dopo Platone si ritornò alla concezione arcaica del νόμοϲ e «la ricomposizione dell’unione del diritto e dell’etica» prevalse, come fondamento della concezione della Politica di Aristotele (cfr. Nomos basileus, pp. 7, 9, 12-16).

Nel 1960 sposò Valeria Lanzara, che era stata sua eccellente alunna nel liceo Genovesi; pur dedita all’insegnamento di latino e greco nella Scuola superiore, continuò a coltivare lo studio delle letterature classiche, greca e latina, per il quale era naturalmente dotata, con risultati di grande raffinatezza e intuizione. A lei principalmente si deve la continuità della Parola del passato, dopo la morte dei fondatori.

Il periodo dell’insegnamento triestino e gli studi di filologia bizantina

Nel 1958 Gigante risultò vincitore di un concorso universitario di letteratura greca e, dal 1960, fu nominato professore di filologia bizantina nella facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Trieste, dove si trasferì con la moglie e la prima figlia, Giulia. A Trieste, nel 1962, nacque Mauro. Dal 1961 ebbe anche l’incarico di insegnamento di storia della filosofia antica.

Gigante si dedicò all’insegnamento della filologia bizantina che già aveva professato per sette anni a Napoli e, insieme, nella persuasione che ricerca e insegnamento si alimentano a vicenda, pubblicò, tra il 1951 e il 1953, dapprima sulla Parola del passato, poi in un volume autonomo, i testi dei Poeti bizantini di Terra d'Otranto nel secolo XIII (Napoli 1953; 2ª ed., riv. e aumentata, ibid. 1979). Nel 1957 uscì l’edizione degli Anacreontica di Sofronio. Seguirono altri saggi dedicati alla presenza del latino a Bisanzio, alla traduzione greca di Massimo Planude del Somnium Scipionis e l’edizione dei versi giambici di Eugenio di Palermo; infine gli studi per la giusta valutazione della produzione di Teodoro Metochites, critico letterario e umanista bizantino. Nel 1981 – a eccezione dell’edizione di Eugenio di Palermo – furono riuniti in Scritti sulla civiltà letteraria bizantina, per i tipi di Bibliopolis di Francesco del Franco, insieme col saggio Antico, Bizantino e Medioevo, riflessione esemplare sul ruolo della civiltà letteraria bizantina quale erede e testimone della lingua e della cultura classica, sviluppata e approfondita con un continuo ricorso ai testi.

Gigante era convinto che la civiltà letteraria bizantina fosse in ininterrotta continuità col mondo classico, cui ha apportato felici differenziazioni e accrescimenti e riteneva che se ne dovessero pubblicare e meditare i testi significativi, nell’intento di sfatare l’ipoteca che su di essi gravava dal giudizio negativo di Giorgio Pasquali. L’Ellenismo, ovvero l’Antico, è tra le componenti della civiltà letteraria bizantina sia a livello culturale sia a livello linguistico. «Non è che dobbiamo guardare ad Atene attraverso Bisanzio, ma non possiamo ignorare che la nostra conoscenza della civiltà letteraria classica è condizionata dalla selezione, dal filtro, dalla critica bizantina» (v. Premessa a N.G. Wilson, Filologi bizantini, Napoli 1990, p. 9).

Andrea Tessier sottolinea l’«impatto culturale dell’opera di Marcello Gigante su una scienza bizantinistica ancora bloccata, alla metà del secolo appena trascorso, alle sistemazioni complessive di inizio '900 di Karl Krumbacher nella storia letteraria» (v. Ricordo di Marcello Gigante bizantinista, in Primum legere, a cura di E. Amato - G. Caiazza - A. Esposito, II, 2003, p. 4; nonché Incontri triestini di filologia classica, 2003-2004, a cura di L. Cristante - A. Tessier, Trieste 2004, p. 352).

Alla civiltà letteraria dei Bizantini in Italia Gigante dedicò un’ampia trattazione nel volume I Bizantini in Italia, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1982, pp. 613-651. Questi lavori mostrano che l’attenzione di Gigante era rivolta sia ai testi degli autori bizantini più antichi sia alla cultura fiorita nell’Italia meridionale. Era sua salda convinzione che fosse indispensabile, per uno studioso, e per un insegnante, concentrare l’interesse non solo sui temi generali e fondamentali della disciplina che professava, ma anche su quelli del luogo in cui egli aveva le proprie radici e operava.

Dal 1966 al 1968 fu preside della facoltà di lettere dell’Università di Trieste, succedendo a Leonardo Ferrero, improvvisamente scomparso, al quale si ispirò nella sua funzione di guida della facoltà. Come è stato ricordato (N. Zorzetti, Marcello Gigante, in Incontri triestini di filologia classica, 2003-2004, vol. 3, cit., pp. 369-372), Gigante amava Trieste, dove aveva  «preso casa e residenza», in Salita al promontorio 11, «e la regione Giulia, di cui ha dato il nome alla figlia». Fondò l’Istituto di studi bizantini e neoellenici che «riuscì a fornire di tutti i necessari mezzi di studio» (F. Cassola, Ricordo di Marcello Gigante, ibid., pp. 345-350).

Il ritorno a Napoli e la ricerca della maturità

Nel 1968 Gigante fu chiamato dalla facoltà di lettere dell’Università di Napoli come docente di grammatica greca e latina e, dal 1981 al 1995, di letteratura greca. Fece istituire l’insegnamento di papirologia ercolanese che tenne per incarico dal 1971 al 1983, fedele alla convinzione che l’Università dovesse valorizzare le risorse culturali del territorio. Fu direttore per dieci anni dell’Istituto e per dodici anni del Dipartimento di filologia classica «F. Arnaldi». Nel 1987 gli fu conferita la laurea honoris causa dall’Università di Atene; nel 1998 fu nominato professore emerito nell’Università di Napoli «Federico II». Dal 1982, per diciannove anni, fu presidente dell’Associazione italiana di cultura classica cui dette un notevole impulso, condividendo, nell’orma di Giacomo Devoto, la «visione unitaria della vita associata», consolidando i legami culturali delle singole sedi con la loro storia, promuovendo iniziative che favorissero la trasmissione della cultura antica nei nostri giorni (cfr. G. Indelli, Marcello Gigante presidente dell’AICC, in Atene e Roma, n.s., XLVI [2001], pp. 147-158).

Il ritorno nella città dove si era formato fu segnato dal dolore per la scomparsa del piccolo figlio Mauro, cui dedicò, nel quinto anniversario della morte, una delle pubblicazioni più belle, L’ultima tunica (Napoli 1973, 19882): i saggi che vi sono raccolti sono una limpida e profonda meditatio mortis, nell’accorata e lucida riflessione sulla caducità della vita umana attraverso la lettura dei testi antichi.

Nel 1970, in subsidium simul ac solacium – così si legge nel cartoncino con l’annuncio –, nacque Bruna e, nel 1972, Claudio.

Nella produzione scientifica della maturità è sviluppata la concezione, da lui fortemente avvertita sin dai primi anni, dell’unità della cultura classica. La ricerca filologica è fondata su basi storicistiche, non può prescindere dal contesto dell’autore o del testo da cui prende avvio, né dagli altri settori della scienza dell’antichità. Come la civiltà classica è incompleta senza il Bizantino, «il Bizantino senza l’Antico rimane […] inaccessibile e impenetrabile» (Antico, Bizantino e medioevo, cit., p. 37), così la cultura «in Magna Grecia e in Sicilia sullo sfondo della civiltà della madrepatria» costituisce un’unità (La cultura letteraria in Magna Grecia e nella Sicilia greca, in I Greci in Occidente, a cura di G. Pugliese Carratelli, Milano 1996, p. 499) e, a sua volta, influenza la civiltà della Grecia: «la prima eredità della Magna Grecia è nella Grecia stessa, da Archiloco a Teocrito, Callimaco e Licofrone» (I Greci primi eredi della Magna Grecia,  Napoli 1997, p. 24). È la riflessione sottesa ai saggi dedicati alla cultura del Mezzogiorno nel suo insieme, ai poeti Leonida e Nosside e al commediografo Rintone, nei quali, allo studio del testo scritto, si affianca l’indagine sulla tradizione figurata (cfr. Civiltà letteraria in Magna Grecia, in Megale Hellas, a cura di G. Pugliese Carratelli et al., Milano 1983, pp. 585-640).

Con la Magna Grecia la Campania è stata sempre presente nella sua ricerca. In Civiltà delle forme letterarie nell’antica Pompei (Napoli 1979) è ricostruita la vita culturale di Pompei attraverso l’esame dei graffiti presenti sui muri delle case, dei monumenti, delle tombe: la letteratura greca da Omero a Demetrio Falereo, gli autori teatrali, la letteratura latina, i poeti pompeiani, le voci della città.

La considerazione e la definizione della filologia classica come disciplina storica sono alla base dei saggi di Gigante sui grandi pensatori studiosi del passato: Giambattista Vico, Wilamowitz, Friedrich Nietzsche, Girolamo Vitelli, Manara Valgimigli, Giorgio Pasquali sono considerati quali esempi di come il filologo storicista sia «interprete di un testo antico, quale portatore di civiltà […] quale testimone dell’individualità dello scrittore nel suo tempo […]» e «per aprirsi al passato non è chiuso al presente e all’avvenire […] non dispera di confermare valori già conosciuti e di additare nuove possibilità di conoscenza e d’intelligenza, e nuove vie alla storia» (Classico e mediazione, Roma 1989, p. 13). Gigante fece tradurre in italiano la fondamentale opera di R. Pfeiffer, Storia della filologia classica. Dalle origini alla fine dell’età ellenistica (in collab. con S. Cerasuolo, Napoli 1973) e realizzò uno studio sistematico a più voci della filologia classica a Napoli nell’Ottocento (I-II, Napoli 1987-91). Il suo saggio Leopardi e la filologia classica a Napoli nell’Ottocento è riproposto in un volume dedicato al poeta, Leopardi e l’antico, apparso postumo, a Napoli, nel 2002, a cura del figlio Claudio. «Era inevitabile che un maestro della filologia, quale Marcello Gigante, dovesse incontrare, lungo il suo cammino di studioso, l’opera di Giacomo Leopardi». Tanto rileva Matteo Palumbo nella bella Introduzione in cui è sottolineato a ragione il motivo sotteso alla ricerca che Gigante ha condotto nel corso di molti anni: individuare e chiarire il legame del pensiero e della poesia di Leopardi col mondo antico, costantemente presente in molte forme. Gigante sottolinea come il poeta riconoscesse ai popoli meridionali «il possesso del bello e dell’immaginazione», e come a Napoli, che per molti aspetti considerava arretrata e «semicivile», avvertisse la presenza del mondo classico: «L’antichità medesima e la maggior naturalezza degli antichi è una specie di meridionalità nel tempo» (ibid., p. 46).

Dalla frequentazione delle lezioni dell’Istituto italiano per gli studi storici e dal magistero triestino derivò a Gigante l’interesse per la storia della filosofia antica, in particolare per Diogene Laerzio, autore della Raccolta delle vite e delle dottrine dei filosofi in dieci libri. Delle Vite laerziane Gigante avviò «ancor vivo Benedetto Croce, auspice Giovanni Pugliese Carratelli» una traduzione che rispondeva a un’esigenza dei nostri studi, offrendo un sussidio importante agli studiosi della disciplina (Bari 1962, 1998).

Nell’ambito delle celebrazioni per il bimillenario della morte di Virgilio organizzò a Napoli una serie di letture dell’opera del poeta, letture aperte alla città, cui assistette un pubblico vario e vasto e che si concretizzarono nella pubblicazione di quattro volumi di Lecturae Vergilianae apparsi a Napoli tra il 1981 e il 1983: gli parve che proporre la rilettura di tutta l’opera a Napoli dove la memoria del poeta è ancora viva, tra Posillipo, dove viveva Sirone, la grotta dove è collocato il sepolcro, Cuma sede della Sibilla, fosse «il modo più immediato e, insieme, più completo di commemorarlo». Gigante dedicò inoltre al poeta un volume, Virgilio e la Campania (Napoli 1984), un’indagine sulle località campane in cui è dato avvertirne la presenza.

Anche per le celebrazioni del bimillenario della morte di Orazio, oltre a tenere una memorabile lezione conclusiva in Campidoglio, Orazio: l’effimero diventa eterno, coordinò a Napoli una serie di letture di testi del poeta, che furono pubblicati tra il 1993 e il 1995.

I papiri ercolanesi

Sin dai primi anni Gigante si dedicò allo studio dei papiri ercolanesi, ma è dopo il ritorno a Napoli che gli si propose la necessità di intervenire per una forte ripresa degli studi su questo patrimonio culturale unico al mondo. Dopo la stagione felice della grande filologia tedesca e le edizioni epicuree di Achille Vogliano, l’unico studioso che si dedicava ai testi ercolanesi era Francesco Sbordone. La biblioteca, rinvenuta alla metà del XVIII secolo nella Villa dei papiri a Ercolano, com'è noto, contiene opere di filosofia epicurea e, in misura molto minore, stoica, oltre a testi latini molto frammentari, in poesia e in prosa. I papiri sono carbonizzati e furono per la maggior parte aperti con la macchina ideata dal padre scolopio Antonio Piaggio nel '700.

Nell’aprile del 1969, Gigante istituì il Centro internazionale per lo studio dei papiri ercolanesi (CISPE), oggi a lui intitolato, col sostegno e l’impegno di Graziano Arrighetti, Vittorio De Falco, Alfonso de Franciscis, Phillip De Lacy, Massimo Fittipaldi, Rheinhold Merkelbach, Giovanni Pugliese Carratelli, Francesco Sbordone, Wolfgang Schmid, Bruno Snell, per rinnovare lo studio dei testi e promuovere la ripresa dello scavo della Villa da cui i rotoli provengono.

Gigante realizzò la predisposizione di molti strumenti di lavoro: i papiri sono stati catalogati; ne è stata studiata la paleografia (cfr. Guglielmo Cavallo, Libri scritture scribi a Ercolano, I suppl. a Cronache Ercolanesi, XIII/1983), sono stati creati e pubblicati lessici, raccolti gli studi più importanti di carattere generale; per la lettura sono stati acquistati microscopi elettronici a illuminazione e, proprio grazie all’interessamento e all’intervento di Gigante, la Biblioteca nazionale di Napoli, dove i papiri sono conservati, è stata dotata di foto multispettrali dei testi che rappresentano un progresso indiscutibile per la loro decifrazione. Dal 1970 sono state erogate borse di studio; nel 1971 è nata la rivista Cronache ercolanesi, aperta alla collaborazione internazionale, giunta a quarantasette volumi e cinque supplementi, e nel 1978 è stata fondata la collezione «La Scuola di Epicuro», destinata a ospitare i testi maggiore estensione: sono stati pubblicati diciotto volumi e cinque supplementi. Nel 1983 Gigante organizzò tra Napoli, Ercolano e Sorrento, il XVII Congresso internazionale di papirologia che registrò un numero elevato di partecipanti, fu molto apprezzato e significò un riconoscimento dell’importanza della collezione ercolanese nell’ambito della papirologia greco-egizia.  A dieci anni di distanza, in collaborazione col Centro di studi sul pensiero antico diretto da Gabriele Giannantoni, realizzò il congresso internazionale Epicureismo greco e romano. Aveva progettato, inoltre, per l’autunno del 2002 un colloquio internazionale (I papiri ercolanesi e la storia della filosofia antica) ma non l’ha potuto portare a compimento; è stato organizzato dai suoi allievi che gliel’hanno dedicato.

Gigante studiò intensamente testi e problematiche, dedicandosi all’analisi della personalità di Filodemo di Gadara, filosofo epicureo e poeta, l’autore maggiormente rappresentato nella biblioteca della Villa, e all’indagine sui rapporti dell’Epicureismo con le altre filosofie ellenistiche.

Dal 1969, anno della prima edizione di Ricerche Filodemee, Gigante si è dedicato allo studio della personalità del filosofo di Gadara: da Filodemo in Italia (Firenze 1990), ad Altre Ricerche Filodemee e Filodemo nella storia della letteratura greca (entrambi Napoli 1998), a Philodemus ethicus necnon physicus (in Atti del XXII Congresso internazionale di papirologia… 1998, Firenze 2001, pp. 549-558), a Philodemus ridens, in Akten des 23. Internationalen Papyrologenkongresses… 2001, Wien 2007, pp. 239-247. Filodemo, dalla Siria, dove era nato, si trasferì ad Atene e là divenne epicureo alla scuola di Zenone Sidonio che allora dirigeva la Scuola. Successivamente fu a Roma e in Campania, a Napoli e a Ercolano, forse ospite della famiglia dei Pisoni nella Villa. Oltre a Lucio Calpurnio Pisone Cesonino, conobbe Gaio Vibio Pansa, cui dedicò un libro della Retorica, i poeti della cerchia augustea Quintilio Varo, Lucio Vario Rufo, Plozio Tucca, Virgilio, e Cicerone.

Lo studio dei rapporti dell’Epicureismo con le altre filosofie ellenistiche, condotto per circa vent’anni, sul fondamento dei testi, ha portato alla realizzazione di tre monografie dedicate, rispettivamente, allo Scetticismo (Napoli 1981), al Cinismo (ibid. 1992) e al Peripato (ibid. 1999). Tra le Scuole filosofiche, accanto al dissenso, sono emersi punti di contatto, comuni metodologie, nell’intento di affrontare, di là da schematizzazioni rigide, i problemi della condizione umana nel clima di crisi dovuto alla fine delle poleis e al declino della religione tradizionale.

Gigante morì a Napoli, il 23 novembre 2001, per una malattia rapida e inesorabile. Nell’epigrafe di Ricerche Filodemee, il libro dedicato al figlio Mauro nel settimo anniversario della morte, si legge: ἀλλ’ὅμωϲ οὐδὲν δύναταί τιϲ πρὸϲ τὰ τοιαῦτα, «Ma tuttavia niente si può di fronte a fatti come questi», riflessione ripresa da un’antica lettera restituita da un papiro egiziano del II sec. (POxy. 115, The Oxyrhynchus papyri, Part I, London 1898), che oggi sembra presaga anche della sua scomparsa.

Opere

La Costituzione degli Ateniesi. Studi sullo pseudo-Senofonte, Napoli 1953; L’edera di Leonida, ibid. 1971 (e 2011, con postfaz. di G. Guidorizzi); Rintone e il teatro in Magna Grecia, ibid. 1971; Settembrini e l’antico, ibid. 1977; Carteggio Croce-Omodeo, ibid. 1978; Il fungo sul Vesuvio secondo Plinio il Giovane, ibid. 1989; Atakta. Contributi alla papirologia ercolanese, ibid. 1993 e Atakta II, ibid. 2002; Orazio. Una misura per l’amore, Venosa 1993; Orazio: l’effimero diventa eterno, ibid. 1994; Il libro degli Epigrammi di Filodemo, Napoli 2002; Scritti sulla poesia greca e latina, Introd. di L. Lehnus, ibid. 2006; Scritti sul teatro antico, con introd. di A. La Penna, I-II, a cura di G. Arrighetti, G. Indelli, G. Leone, F. Longo Auricchio, ibid. 2008.

Fonti e Bibliografia

G. Arrighetti, M. G. e gli studi di greco, in Atene e Roma, XLVI (2001), pp. 159-170; G. Pugliese Carratelli, Ricordo di M. G., in La Parola del passato, LVII (2002), pp. 5-9; S. Cerasuolo, M. G. (1923-2001), in Maia, LIV (2002), pp. 397-414; F. Longo Auricchio, Ricordo di M. G., Napoli 2002; A.V. Nazzaro, Ricordo di M. G., Salerno 2003; Ricordo di M. G., Napoli 2004 (introd. di M. Tortorelli, pp. 7-9; saggi di: M.L. Chirico, pp. 11-19, A.V. Nazzaro, pp. 21-38); F. Longo Auricchio, M. G. (1923-2001), in Hermae. Scholars and scholarship in papyrology, a cura di M. Capasso, Pisa 2007, pp. 347-355; S. Settis, Ricordo di M. G., in Cronache ercolanesi, XLII (2012), pp. 5-16.

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