DELLA TORRE, Marcantonio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 37 (1989)

DELLA TORRE, Marcantonio

Gino Benzoni

Nacque, nel 1531, a Verona, da Antonio (n. 1511 - m. dopo il 1560 circa. Membro, dal 1542, del Consiglio cittadino, fu investito, il 6 dic. 1551, dei titolo coalitale del castello di Cona nella Valpolicella) di Giulio e da Diamante Bevilacqua (1511-1546), primo d'una nutritissima figliolanza.

In un implacabile ritmo di parti ravvicinati - causa, con tutta probabilità, della scomparsa prematura della madre - nascono, infatti, dopo di lui: nel 1533 Ippolito; nel 1534 Guido, futuro canonico nella cattedrale, da non confondere coll'omonimo e coevo "legum doctor"; nel 1535 Anna che s'accaserà con Gianbattista Pindemonte, nel 1537 Antonia, sposa ad un cavalier Serenello; nel 1538 Flaminio, iscritto nel 1566 nel Consiglio cittadino e membro, dal 24 apr. 1561, dei locali Filarmonici (cfr. G. Turrini, L'Accad. filarmonica..., Verona 1941, p. 266), ove più di lui brilla un altro Della Torre, Gianbattista; nel 1539 Isotta, destinata ad entrare nelle dimesse; nel 1540 Lucia, maritata a Giulio Candin; nel 1542 Paolo, ascritto nel 1570 al Consiglio cittadino; nel 1544 Camilla. Prestigiosa, nella prima metà del '500, la famiglia Della Torre, per il dotto mecenatismo illustrante la signorile dimora nella contrada di S. Fermo frequentata, oltre che da Sanmicheli (cui s'è fatto risalire, con relativo fondamento, il disegno del palazzo), da Bandello, Berni, Marcantonio Flaminio, Navagero, il poeta Girolamo Verità, il medico Gianbattista da Monte cultore d'antichità e numismatica, Onofrio Parivinio. Cornici d'animate conversazioni e d'appassionate discussioni anche le ville, sempre dei Della Torre, di Fumane (la cui paternità è ancora oggetto di dibattito: s'è fatto il nome del Sarimicheli, di Barolomeo Ridolfi, di Giulio Romano) e di Mezzane, dalla quale ultima proveniva il grosso della raccolta antiquaria vanto della famiglia. Né i Della Torre erano solo accoglienti ospiti di riunionil generosi promotori di convegni, ma ánche, per qualche o più versi, capaci di distinguersi per impegno personale, per qualità professionali. R bisnonno paterno del D. il Girolamo, apprezzato docente di medicina. Sono suoi figli, quindi prozii del D., Marco Antonio, il Raimondo, letterato e cultore d'astronomia e matematica che muore nel 1541, il Giovan Battista, studioso d'astronomia e filosofia, corrispondente di Gasparo Contarini e amico, come d'altronde anche Raimondo, di Giovanbattista Ramusio, che inuore nel 1528.

Certo ché, quando il D. era adolescente, s'era ormai appannato l'antecedente prestigio familiare; né il palazzo, nella contrada di S. Egidio, ove suo nonno aveva voluto installarsi, poteva rilanciare i fasti di quello di S. Fermo. Il tenore di vita di cui il D. godeva era agiato, ma non più splendido. Lo si può dedurre dal fatto che, nel 1545, nella residenza di S. Egidio risultano presenti due precettori, un "massaro", undici "servitores", sei "servitrices".

Ciò non toglie che il D. potesse risentire della convivenza, che poté essere stimolante, con un uomo quale il nonno paterno. Anche Giulio Della Torre, infatti, è figura d'un qualche conto: docente di diritto, fu, pure, valido incisore di medaglie, cultore d'antichità romane ed autore di trattatelli. E lo è ancor più suo figlio - zio, pertanto, paterno del D. - Francesco (1506 - prima, probabimente, del 1555, quando non figura più tra i residenti della casa patema), segretario del vescovo di Verona Gian Matteo Giberti (cfr. A. Prosperi, ... Giberti..., Roma 1969, ad vocem), amico di letterati (fu, tra l'altro, destinatario d'un'affettuosa lettera di Bernardo Tasso, di versi di Fracastoro, dedicatario di carmi di Marcantonio Flaminio), caro ad Alvise Comer, e ritenuto fine letterato egli stesso stando all'ospitalità fornita alle sue prove epistolari nelle raccolte del tempo (in Lettere di diversi...,a cura di L. Dolce, Vinegia 1554, pp. 191-226 e in De le lettere di tredici... illustri..., a cura di D. Atanagi, Roma e Venezia 1554, pp. 193-226). Altro figlio di Giulio e quindi altro zio -del D. il Girolarno (1509-1573). Da non confondere coll'omonimo, figlio di Luigi del ramo di Udine della famiglia, colpito da bando titolare della prepositura - istituita da Giberti per controllare il troppo autonomo capitolo il 16 nov. 1528 e approvata dal papa il 5 marzo 1529 - e, in seguito anche arciprete, divenuto, così, un'autentica autorità ecclesiastica a Verona, seconda solo al vescovo.

Quanto al D., la posizione conseguita dagli zii Francesco e Girolamo ne consigliò l'avvio alla carriera ecclesiastica. Fu appunto Girolamo che, nel 1563, come riporta C. Libardi, "resignat" a lui "ita tamen ut uterque munus prepositi obire et redditus lucrari posset". Dalla corrispondenza del nunzio a Venezia Giovanni Antonio Facchinetti, il futuro Innocenzo IX, s'arguisce che il D. - erroneamente supposto dal nunzio fratello dei vescovo di Ceneda Michele Della Torre figlio dell'udinese Luigi -, già "referendario molto qualificato" durante il pontificato di Pio IV e attualmente, nel 1566, "uno delli sei deputati meco", col nunzio cioè, "alla tassa" delle "decime", stava smaniando per ottenere un canonicato.

Impossibile, purtroppo, risponde a stretto giro di posta il cardinal nepote Michele Bonelli, pel momento accontentarlo ché il papa s'è impegnato con un altro. Né il D. moderava per questo i suoi appetiti dal momento che fece sapere a Facchinetti che "desideraria, in caso di vacanza" dell'arcipretato - una eventualità che pareva prossima essendo lo zio Girolamo malandato di salute al punto che il nunzio, approssimativamente informato, lo reputava quasi novantenne - detta "dignità ... la prima di quella chiesa" veronese, disposto per questo a rinunciare alla "provostura". "Se parrà - insiste Facchinetti coi segretario di Stato - a Vostra Signoria impetrargli la grazia", il D., "potrà", in cambio, "dar una pensione del valore" di detta sua "provostura a quei servitori suoi che a lei parerà".

Mentre, comunque, il nunzio pare decisamente favorevole al D. in siffatta sua ambizione. non altrettanto può dirsi nella "causa particolare dell'unione del priorato" di S. Silvestro di Nogara, che vide il D. in "lite" col patrizio veneziano Marino Cavalli, grosso proprietario terriero nel Veronese e "rettore della parrocchia de Corregio diocesi di Verona". Tra il nobile di Verona e quello, più influente, di Venezia il nunzio, senza esitazione, sta dalla parte del secondo.

Purtroppo la "lite" tra i due o è stata commessa", con scarsa soddisfazione del Cavalli, al vescovo di Verona Agostino Valier, come spiegava Facchinetti nella lettera del 21 sett. 1566. Il Cavalli "vorrebbe, per haver, come egli dice, sospetto il detto vescovo, avocarla et commetterla ad altro giudice s, consegnando, all'uopo, a Facchinetti un "memoriale" perché venga sottoposto allo stesso pontefice e supplicando, nel contempo, sempre tramite il servizievole nunzio, Bonelli, di "volerlo haver raccomandato in questo interesse suo". Una raccomandazione che Facchinetti fa propria incalzando Bonelli perché caldeggi "in maniera la causa.... presso" Pio V che il Cavalli "ne rimanga consolato di quanto desidera". Brutalmente esplicitato il motivo di una parzialità così smaccata: il patrizio lagunare "è gentilhuomo di molta auttorità", prossimo ad entrare in Collegio come savio grande "dove nelle cose publiche potrà servire assai" agli interessi della S. Sede. Ma la questione è, evidentemente, più complessa di quanto il nunzio, nella sua ottica di mera opportunità politica, non supponga, se, il 4 dic. 1568, è costretto a riparlarne col segretario di Stato: "raccomando - egli scrive infatti - a Vostra Signoria l'ispeditione della causa..., della quale altre volte ho scritto a favore della giustitia". Forse Agostino Valier faceva, nel contempo, presenti al papa altre ragioni, per cui la "giustitia" romana pencolava più dalla parte dei D.: fatto sta che egli rimase saldo nel possesso del "priorato" di S. Silvestro di Nogara, anche se certe competenze di questo paiono essergli contestate, nel 1587, dal conte Leonardo Valmarana.

Intanto la morte dello zio Girolamo gli aveva aperto, nel 1573, l'agognato accesso al canonicato, cui, però, non dev'essersi aggiunto il pur bramatissimo arcipretato. Il D. era pertanto - così l'elogia Adriano Valerini un decantatore della Verona del tempo - il "dignissimo preposto nella ... catedrale", la "salda torre" della vita religiosa della città, "tanto amica a Dio quanto nemica mostrossi la torre di Babele". E a lui ancora come "dignissimo preposto" e. in piu, come "meritissimo viceregente" del vescovo card. Agostino Valier si rivolse, in data 27 nov. 1590, don Giulio Nicoletti, nella fiducia che egli, "torre fortissima", lo proteggesse da un non meglio precisato "fiero drago" e "Golia superbo", probabilmente un altro prete con cui Nicoletti aveva litigato e dal quale veniva minacciato. Ma, al di là di siffatti accenni elogiativi attestanti la presenza del D., nulla affiora d'ulteriore che valga a qualificarla; sicuramente, laddove Valier è trattenuto a Roma, il D. deve aver avuto una certa incidenza, anche se il vescovo si valse come procuratore del nipote Alberto che gli succederà nell'episcopato. Ma non è comunque appurabile quanto, nell'intimo, condividesse l'attivismo pedagogico e lo zelo caritativo d'un presule consapevolmente controriformista quale fu quello. Riconoscimento, in ogni caso, d'una certa rilevanza il fatto che l'arciduca d'Austria Ferdinando, desideroso d'arricchire la sua pinacoteca con l'effige di due veronesi di spicco, chiedesse, a tal fine, anche il ritratto del D.; il che offrì il destro al letterato locale Federico Ceruti di dedicargli un elogio.

Il D., che aveva fatto testamento il 23 nov. 1590, muore a Verona il 4 ott. 1591 e gli subentra nella prepositura il nipoteFlaminio, figlio del fratello Paolo, che morrà il 12 sett. 1610.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Verona, Anagrafi, nn. 211, 215, 223;Ibid., Testamenti, mazzo 184, n. 428;Ibid., Arch. Della Torre, notizie sulla famiglia in pergamene dal 1445 al 1592;Ibid., Arch. capitolare, cod. DCCLXXVI: C. Libardi, Vitae episcopum et chronica canonicorum, alle date 1563, 1573, 1591;Ibid., mazzo 143, ce. 627-647, 1418-1441;A Valerini, Le bellezze di Verona..., Verona 1586, p. 101; G. Nicoletti, Canzone..., Verona 1590; Nunziature di Venezia, VIII, a cura di A. Stella, Roma 1963, pp. 71, 74,111, 218, 433, 467; G.Valentinelli, Bibliogr. del Friuli..., Venezia 1861, n. 2607;P.Litta, Le famiglie celebri ital., s. v. Torriani di Valsassina, tav. XI.

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