Mania

Dizionario di Medicina (2010)

mania


Stato psichico patologico caratterizzato da umore anormalmente euforico, espansivo o irritabile, ipertrofica stima di sé e ottimismo ingiustificato, eloquio incontrollato. Spesso vi è un flusso continuo e accelerato di pensieri che si traduce in discorsi disorganizzati e incoerenti (➔ accelerazione ideica). L’attenzione è costantemente deviata da stimoli esterni irrilevanti, e vi è un forte aumento dell’attività finalizzata (sociale, lavorativa, ecc.), oppure agitazione psicomotoria. L’eccitazione, la fuga delle idee, la sopravvalutazione di sé espongono il soggetto a un eccessivo coinvolgimento in attività che sono piacevoli, ma anche potenzialmente dannose per sé e per gli altri. Egli tende a intraprendere cioè azioni rischiose o rovinose, come affari avventati, spese eccessive, condotte sessuali provocatoriamente sconvenienti, ecc. A differenza di quanto si crede, il paziente maniacale non è di solito simpaticamente euforico: l’affermazione di sé avviene attraverso il disprezzo per gli altri, che può manifestarsi con aggressioni verbali o fisiche. Talora possono svilupparsi idee deliranti, il contenuto delle quali è, in accordo con il tono dell’umore, in genere, di grandezza, di esaltazione della propria persona; non è eccezionale però che, agli ostacoli opposti dall’ambiente e alle eventuali misure coercitive adottate nei suoi riguardi, il paziente reagisca con deliri di persecuzione di solito variabili e transitori (➔ delirio). La m. è opportunamente inquadrata nell’ambito della sindrome maniaco-depressiva (➔). Negli ultimi decenni del 20° sec. la scoperta di terapie farmacologiche specifiche per i quadri maniacali, in primo luogo i sali di litio e poi alcuni antiepilettici, tra i quali il valproato e la carbamazepina, e stabilizzatori delle membrane cellulari, cui si sono in seguito aggiunti alcuni dei nuovi antipsicotici, clozapina e olanzapina, e farmaci calcioantagonisti, ha portato a identificare tipologie diverse all’interno delle forme di disturbo bipolare dell’umore e a delineare una sorta di continuum fra quadri di livello chiaramente psicotico e quadri che si esprimono come temperamenti patologici.