MAL ROSSINO o Antrace erisipelatoso

Enciclopedia Italiana (1934)

MAL ROSSINO o Antrace erisipelatoso (lat. scient. erysipelas suis; fr. rouget du porc; ted. Rotlaufseuche; ingl. swine erysipelas)

Nino BABONI

Malattia infettiva e contagiosa dei suini a carattere generalmente setticemico, provocata dal B. erysipelatis suis. In particolari condizioni colpisce l'uomo, e senza caratteristiche cliniche il cavallo, i bovini e gli uccelli.

È una delle malattie dei suini più anticamente conosciute. Soltanto però nel 1882 venne da L. Pasteur e Thuillier chiaramente differenziata da altre malattie infettive dei suini, per i suoi caratteri clinici e anatomopatologici. Nel 1884 F. Löffler e nello stesso tempo J. W. Schütz ne scoprivano l'agente causale, il quale è un finissimo bacillo, lungo 1-1,5 μ, diritto o leggermente incurvato, immobile, asporulato, grampositivo. Cresce in modo stentato su tutti i comuni terreni di coltura; la sua crescita è favorita dall'aggiunta di siero ai terreni. È presto ucciso dal calore, mentre invece resiste a lungo nell'ambiente esterno, specie se messo in condizioni di umidità favorevoli e al riparo dalla luce.

Il mal rossino è diffuso in tutti i paesi ove si pratica l'allevamento dei suini. In Italia si riscontra specialmente in Lombardia, nel Veneto e nella Venezia Tridentina. La malattia, restando generalmente limitata nell'ambito della stessa porcilaia e dello stesso pascolo, insorge di regola per l'introduzione di suini infetti o anche sani, ma alberganti nel proprio intestino l'agente causale. Sono comunque principali veicoli di propagazione: alimenti inquinati con feci, urine, secrezioni di animali infetti; resti organici di suini morti o macellati perché malati; qualsiasi cosa che di tali materiali infettanti ha potuto essere inquinata. I pascoli sono più spesso infettati da cadaveri di suini insepolti o sotterrati in modo insufficiente. Contraggono l'infezione i suini dai 3 mesi a 1 anno di età. La malattia può sorgere per contaminazioni avvenute attraverso la cute; quasi sempre però i germi vengono introdotti con l'alimento e con le bevande nell'apparato gastro-intestinale dove in primo tempo si moltiplicano determinando fatti infiammatorî topici; in seguito, superate le resistenze locali, passano nel circolo linfatico, poi in quello sanguigno, realizzando in tal guisa la forma setticemica pressoché tipica della malattia. La durata media del periodo d'incubazione è di 3-5 giorni. La denominazione di mal rossino è giustificata dalla caratteristica comparsa di macchie rosse sulla pelle, di forma, d'estensione, di tinta variabili: sono a bordi piuttosto rettilinei che circolari, dapprima isolate, poi spesso confluenti, d'un rosso di gradazione diversa (dal rosso pallido al bluastro) in rapporto alla loro diversa età; in rari casi la cute in corrispondenza di tali placche cade in mortificazione. L'apparizione di tali macchie cutanee non è tuttavia costante, né patognomonica; nelle forme iperacute, in cui la morte può avvenire nello spazio di poche ore, esse possono-mancare (mal rossino bianco) mentre, d'altro lato, si possono manifestare anche in altre malattie (urticaria, peste suina, setticemia emorragica, ecc.). Prima ancora che le macchie cutanee si manifestino, i malati presentano febbre, depressione nervosa, anoressia. Le forme cliniche più comuni sono: quella iperacuta, in cui la morte può prodursi in 12-24 ore, l'acuta, evolvente in 3-5 giorni e caratterizzata, oltre che dai fatti descritti, da diarrea; la cronica (come evoluzione di quella acuta), che può esprimersi sotto gli aspetti di endocardite vegetante, o di necrosi cutanea, o di artrite deformante. Le lesioni delle forme iperacute e acute sono quelle delle setticemie in generale. La mucosa dello stomaco e quella dell'intestino tenue sono inoltre sede di un processo infiammatorio acuto. Le forme croniche sono in generale distinte da fatti di endocardite verrucosa o ulcerosa, da fatti di artrite di enterite cronica, di polisierosite. Nelle forme rapide la mortalità può raggiungere l'85-90%; l'aver superato il quarto giorno di malattia, rappresenta indice prognostico favorevole. La prognosi è in generale fatale anche nelle forme croniche. Qualora i reperti clinici e anatomo-patologici non fossero abbastanza significanti, la diagnosi può essere assicurata da ricerche microscopiche (strisce di tessuto splenico, renale) o colturali, o ricorrendo all'inoculazione in animali da esperimento (piccione, topo). La precipitoreazione, per l'infedeltà dei risultati, non ha qui trovato applicazione pratica. La setticemia emorragica dei suini si distingue dal mal rossino per le sue specifiche lesioni polmonari e la peste suina per quelle intestinali (colon e cieco). Nella setticemia, come nella peste, si possono formare arrossamenti cutanei, nella prima dovuti, come nel mal rossino, a iperemia (quindi scompaiono con la pressione digitale), nella seconda a emorragia. Le ricerche sperimentali valgono a differenziare queste malattie dal mal rossino.

Nelle forme acute l'intervento tempestivo con siero immunizzante dà ottimi risultati curativi. Giova associare l'uso di antisettici intestinali (calomelano, blu di metilene). Potendo il bacillo del mal rossino vivere anche a lungo allo stato di saprofita nei ricoveri, nei pascoli o nell'intestino di suini che si conservano durevoli portatori, i metodi di profilassi diretta non sono destinati a dare risultati confortanti. Il solo mezzo di profilassi capace di benefici effetti è basato sull'immunizzazione. Il metodo di vaccinazione del Pasteur consistente nell'impiego di colture viventi, attenuate per passaggi attraverso il coniglio, in Italia, come in altri paesi, è stato pressoché abbandonato per i frequenti accidenti vaccinali che poteva cagionare nei suini di certe razze molto selezionate o in quelli in stato d'infezione latente. ll metodo oggi più diffuso è quello di Lorenz e di Leclainche, consistente nell'impiego contemporaneo o simultaneo di siero specifico e di colture non attenuate (sierovaccinazione). Questo sistema si applica come misura preventiva negli allevamenti esposti a possibili infezioni. Dove l'infezione è già in atto, invece, si ricorre in primo tempo al siero (e secondo alcuni solo a questo), poi, dopo 8-10 giorni, nei suini sani, alla sierovaccinazione col metodo Lorenz o di Leclainche o alla vaccinazione col metodo Pasteur. Il mal rossino è malattia soggetta a denuncia (art. 68 e 69 del regol. di polizia sanitaria italiana).