MAIOLICA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

MAIOLICA

D. Whitehouse

La m. è una terracotta ricoperta da uno smalto vetroso opacizzato attraverso l'addizione di ossido di stagno; lo smalto, di colore bianco se non sono presenti altri ossidi metallici, può recare una decorazione dipinta. Nell'Italia dei secc. 14°-15°, il termine m., che deriva da Maiorca (Maiorica, Maiolica nei docc. medievali), isola delle Baleari da dove venivano importate ceramiche spagnole provenienti prevalentemente da Valencia, era proprio di quei prodotti decorati a lustro che venivano dalla Spagna e dal mondo islamico.La materia prima dello smalto (essenzialmente silice, una sostanza alcalina, e ossido di stagno nella percentuale del 5-10% ca.) viene macinata finemente e mescolata con acqua fino a ottenere un composto fluido distribuito sul manufatto ceramico che ha subìto la prima cottura, il c.d. biscotto, che assorbendo l'acqua resta coperto in superficie da un deposito di materiale vetroso. La superficie così ottenuta può essere dipinta dopo che l'oggetto è stato fatto asciugare. Le sostanze usate per la decorazione consistono della medesima base vetrosa mescolata con ossidi metallici con i quali si ottengono i diversi colori: per es. dal cobalto il blu, dal rame il verde e dal manganese il color bruno violaceo. Il manufatto viene sottoposto poi a una seconda cottura, nel corso della quale vernice vetrosa e colori si fondono aderendo al corpo ceramico.La m. può anche essere decorata a lustro con un effetto di scintillio metallico che richiede un'altra tecnica decorativa e una terza cottura. Viene mescolato a tal fine ossido di argento o di rame con ocra e zolfo; questa mistura, conservata nell'aceto o in un altro acido organico fino a quando i componenti metallici si dissolvono, è in seguito stesa sulla superficie smaltata e il manufatto viene sottoposto a un'ulteriore cottura, a temperatura relativamente bassa, che giunge ad ammorbidire lo smalto permettendo allo zolfo di ridurre l'ossido, riconducendolo a metallo puro o quasi puro. Dopo il raffreddamento, la superficie deve essere strofinata per rimuovere l'ocra, lasciando aderente allo smalto la pellicola metallica: l'argento produce una colorazione gialla o verdastra, mentre il rame una gialla, arancione o bruna.Le prime produzioni di m. su larga scala ebbero luogo nel mondo islamico nel 9° secolo. Per molti anni lo studio della ceramica del primo periodo islamico fu incentrato sulle scoperte compiute nel corso degli scavi della città di Samarra (Iraq), fondata dal califfo al-Mu῾taṣim nell'836, che ricoprì il ruolo di capitale della dinastia abbaside fino all'892. Sarre (1925) giunse alla conclusione che la maggior parte dei reperti ceramici provenienti da quello scavo appartenesse a tale periodo. Questo materiale comprendeva pezzi con copertura vetrosa stannifera, presumibilmente di produzione locale e in qualche caso decorati con pigmenti colorati, blu e verde in particolare, o a lustro. I ritrovamenti comprendevano anche porcellana bianca e altre ceramiche importate dalla Cina. La presenza della m. di produzione locale accanto alla porcellana importata, unitamente alla presunta datazione dei reperti, condusse molti studiosi (per es. Lane, 1947) a concludere che i ceramisti iracheni avessero adottato nel corso del sec. 9° una vetrina stannifera bianca per imitare le ceramiche cinesi. Questa ipotesi trovava conferma nella presenza nella Grande moschea di Kairouan (Tunisia) di mattonelle smaltate con decorazione a lustro, che si credevano importate dall'Iraq nell'862-863.Tuttavia altre scoperte indicano che alcuni tipi di m. trovati a Samarra rimasero in uso, o vennero prodotti per la prima volta, dopo il sec. 9°: da Susa (Iran) per es. proviene una brocca smaltata con decorazione a lustro (Parigi, Louvre), che richiama da vicino i reperti di Samarra, contenente monete del sec. 10°, la più recente delle quali coniata nel 955-956. A tale proposito Miles (1954) richiamò l'attenzione degli studiosi sulla sopravvivenza della zecca di Samarra almeno fino al 953 e su alcune fonti comprovanti che negli anni 978 e 985 alcuni quartieri della città erano ancora abitati. Evidentemente dopo l'892 Samarra visse una fase di declino, ma non venne abbandonata completamente.Non è quindi sorprendente che indagini archeologiche più recenti, come quelle condotte tra il 1966 e il 1973 a Sīrāf (Iran), abbiano rivelato che la prima fase nello sviluppo della m., il c.d. orizzonte di Samarra, sia durata ben più a lungo di quanto fosse stato supposto originariamente: tale periodo si sarebbe aperto alla fine del sec. 8° o agli inizi del 9°, quando il vasellame con copertura bianca apparve sia nella sua forma più semplice sia con decorazioni in blu o verde. Nel corso del sec. 9° entrarono in uso anche ornamentazioni bicrome, policrome e a lustro; prodotti analoghi continuarono a essere realizzati almeno fino all'11° secolo.La produzione di ceramiche smaltate proseguì nel Medio Oriente e in particolare nell'Iran settentrionale, a Rayy e Kāshān, dove nella seconda metà del sec. 12° i ceramisti producevano vasellame caratterizzato da un impasto duro e biancastro e da una vetrina bianca che poteva essere decorata a lustro o con smalti policromi applicati in uno stile noto come mīnā'ī. A Kāshān si realizzavano anche piastrelle con decorazione a stampo e dipinta, destinate a moschee e mausolei costruiti dagli Sciiti; tale tipologia, i cui primi esemplari databili vennero realizzati nel 1203, fu prodotta fino al 14° secolo.Le strette relazioni politiche e culturali che nel sec. 9° legavano Iraq ed Egitto condussero all'adozione della vetrina stannifera da parte dei ceramisti di al-Fusṭāṭ, nucleo originario della città del Cairo. La più nota tipologia di m. egiziana, realizzata dal sec. 9°, fu quella a lustro decorata soprattutto con motivi che imitavano quelli dei pezzi rinvenuti a Samarra e in altri siti del Medio Oriente. La decorazione comprendeva motivi geometrici e vegetali, iscrizioni e raffigurazioni antropomorfe e zoomorfe. Nel sec. 12° alcune delle invetriature stannifere prodotte in Egitto presentavano una leggera colorazione verde, ottenuta aggiungendo ossido di rame (2% ca.), forse nel tentativo di imitare il vasellame in grès con invetriatura verde (celadon) importato in grandi quantità dalla Cina.La conoscenza delle invetriature stannifere e della relativa tecnica di produzione si trasmise rapidamente lungo la costa dell'Africa settentrionale e nel sec. 10° la m. venne prodotta con un peculiare repertorio ornamentale in diverse parti del Maghreb e introdotta in Spagna non più tardi del sec. 11° con una preponderanza di motivi decorativi in verde e bruno, mentre nelle Baleari con una caratteristica decorazione in bruno e blu. Parte della m. più pregiata venne decorata a lustro. Nel tardo sec. 12° Malaga era divenuta il principale centro produttivo della m. a lustro e mantenne la supremazia fino alla metà del sec. 14°, quando per la maggior parte i ceramisti si trasferirono a Manises, presso Valencia. I più significativi esemplari di produzione spagnola a lustro metallico sono i vasi c.d. Alhambra: grandi contenitori dipinti con motivi elaborati, che traggono il nome dal palazzo dell'Alhambra di Granada, dove erano probabilmente usati negli appartamenti regali per conservare l'acqua potabile. La m. valenzana a lustro fu abbondantemente prodotta, soprattutto tra la metà e gli ultimi decenni del sec. 15°, per essere esportata in tutto il Mediterraneo e nell'Europa settentrionale; m. a lustro fu realizzata anche in Catalogna e in Aragona, ma in misura nettamente inferiore.Sebbene la ceramica con vetrina stannifera venisse probabilmente prodotta in Sicilia già dal sec. 11°, una produzione su larga scala ebbe inizio in Italia solo con la fine del 12° secolo. La prima m. di tipo italiano deriva da due grandi tradizioni: la protomaiolica nella Sicilia e nel Sud della penisola e la m. arcaica nel Centro e nel Nord. La protomaiolica è presente soprattutto in forme aperte con una grande varietà di motivi ornamentali (geometrici, vegetali, zoomorfi, araldici) dipinti in combinazioni di bruno, verde, blu chiaro e giallo ocra. La m. arcaica, d'altro canto, presenta un'analoga quantità di forme chiuse e aperte, la maggior parte delle quali decorata in verde e bruno. Anche se i bacini murati in alcune delle chiese di Pisa dimostrano che la protomaiolica venne prodotta dal 1200 ca., gli scavi di Otranto lasciano ipotizzare che non ebbe grande diffusione fino alla seconda metà del 13° secolo. Le varietà più note di protomaiolica sono il tipo Gela siciliano e il tipo Brindisi pugliese.La m. arcaica, che sembra aver seguito uno sviluppo parallelo divenendo anch'essa popolare nella seconda metà del sec. 13°, ebbe tra i maggiori centri produttivi Faenza, Pisa e Orvieto, ma anche molte altre città di più ampie dimensioni possedevano botteghe capaci di rifornire il mercato locale.A partire dagli inizi del sec. 14° il desiderio di manufatti di pregio cominciò a permeare soprattutto le classi più abbienti della società italiana. Espressione di questo nuovo 'consumismo' furono l'aumento della varietà dei modi in cui il cibo veniva preparato e, conseguentemente, il rapido incremento in quantità e in qualità del vasellame da mensa, con la comparsa di servizi da tavola o di piatti di qualità.Le produzioni ceramiche dell'Italia centrale e settentrionale risposero a questa nuova domanda del mercato e cominciarono a realizzare agli inizi del sec. 15° una m. ottenuta con uno smalto che risultava più bianco di quello precedente e con decorazioni in colori più brillanti. In Toscana per es. fu prodotta la c.d. famiglia verde e, in seguito, la m. ornata con la tecnica della zaffera a rilievo. Dalla metà del sec. 15° le botteghe svilupparono un nuovo linguaggio decorativo che, con una gamma cromatica ampia e articolata, univa a motivi derivati dalle ceramiche elementi desunti forse da tessuti importati dall'estero. I ceramisti toscani per es. adottarono un motivo a fiori e foglie utilizzato nella ceramica a lustro valenzana negli anni quaranta del sec. 15°, mentre quelli romagnoli produssero m. decorata con motivi 'a piuma di pavone' e 'a palmetta persiana' derivati forse da tessuti importati negli anni sessanta e settanta dello stesso secolo. Altri motivi largamente diffusi furono le foglie spiraliformi 'gotiche', i busti ritratti di profilo, gli intrecci di nastri e più in generale il gusto di riempire gli sfondi, prima lasciati vuoti, con piccoli motivi ripetitivi. Molti di questi ricorrono sulle piastrelle del pavimento (1487) della cappella Vaselli in S. Petronio a Bologna, punto fermo nella storia della m. del primo Rinascimento.Le prime m. prodotte nella Francia meridionale risalgono al sec. 13° e, come quelle della m. arcaica italiana, sono colorate in verde e bruno. La produzione, limitata in un primo tempo al vasellame da mensa, dal sec. 14° si estese anche alle piastrelle pavimentali con ricche decorazioni per le residenze papali di Avignone e di Châteauneuf-du-Pape nei dintorni della medesima città. In questo stesso secolo anche la realizzazione di vasellame con copertura a smalto stannifero ebbe un notevole sviluppo e gli scavi di Avignone e di Marsiglia hanno evidenziato un incremento sia in quantità sia in varietà di forme.Nell'Europa settentrionale la produzione di m. consistette essenzialmente in piastrelle decorate nei Paesi Bassi, in Inghilterra e in Germania. I primi esemplari noti, provenienti dall'abbazia belga di Ter Duinen e datati intorno al 1260-1280, sembrano tuttavia essere stati prodotti in una serie limitata e per breve tempo. Solo nel tardo sec. 15° la realizzazione di manufatti in m. venne reintrodotta nell'Europa settentrionale per imitare nel vasellame le m. policrome dell'area mediterranea, in particolare brocche italiane e piatti, coppe e albarelli spagnoli. Furono riprodotti in m. le coppe e le brocche in grès realizzate a Siegburg (Germania) e a Raeren (Belgio) e i vasi 'da altare' con anse circolari. La produzione locale, iniziata dopo il declino della ceramica valenzana a lustro, si diffuse da Anversa e ben presto si estese ad altre città, come Utrecht.

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