MAGONZA

Enciclopedia dell' Arte Medievale (1997)

MAGONZA

L. Speciale

(lat. Mogontiacum; ted. Mainz; Mogontia, Moguntia, Meyntz nei docc. medievali)

Città della Germania, capoluogo della Renania-Palatinato, situata lungo la riva sinistra del Reno, a poca distanza dal punto di confluenza del Meno.M., il cui nome deriva probabilmente da quello della divinità celtica Mogon, sede di un accampamento romano sino al sec. 4°, venne conquistata nel 411 dai Burgundi; tra il 436 e il 450 fu soggetta a varie incursioni da parte degli Unni, durante una delle quali subì il martirio il vescovo Aureo.La questione relativa alla continuità dell'insediamento magontino durante l'età delle Migrazioni rimane in sostanza irrisolta. Gli edifici religiosi situati all'esterno della cinta muraria, probabilmente in corrispondenza di aree cimiteriali, attestati nelle fonti, come pure la sede vescovile, testimoniano comunque un legame con l'insediamento romano, confermato anche dai numerosi ritrovamenti di epoca franca, nonché dalle monete merovinge e dalle citazioni nelle fonti scritte; non risulta però tramandata l'esistenza di una residenza regia. La storia medievale della città si rivela strettamente connessa con quella della diocesi, attestata fin dalla Tarda Antichità, e del suo ampliamento ad arcidiocesi (782-1793), il che significa nello stesso tempo, per l'area germanica, un legame diretto con la storia dell'Impero.L'inglese Winfrid, meglio noto con il nome latino di s. Bonifacio, negli anni 747-754 fu vescovo di M. e ricevette il titolo personale di arcivescovo della Germania, titolo da cui più tardi derivò quello di Primas Germaniae. Durante il governo del suo successore, s. Lullo (705-786), M. fu elevata in modo definitivo a sede arcivescovile, costituendo fino al 1344, con le sue quindici diocesi suffraganee, la più ampia provincia ecclesiastica dell'Occidente, che si estendeva tra Worms a S e Treviri a N e arrivava a E fino all'Assia e alla Turingia. A partire dal primo quarto del sec. 12° andarono inoltre ampliandosi i territori di proprietà dell'arcivescovado, il cui nucleo originario era costituito da donazioni del sovrano e della nobiltà, dislocate in maniera disomogenea; centri nodali si trovavano nell'od. Assia renana, nella valle del Reno, nel Wetterau, nelle regioni del basso Meno, nell'Assia e nella Turingia. L'arcivescovo Villigiso (975-1011), in qualità di consigliere di sovrani e imperatori e amministratore dell'impero, fu la personalità di maggior spicco dopo quella di Bonifacio; a lui si deve anche l'avvio della funzione, sviluppatasi nel corso del Medioevo, di arcicancelliere dell'impero.Già nel sec. 11° è documentata a M. una comunità ebraica, la cui presenza rivela la crescente importanza assunta dalla città come centro di commercio lungo il corso del Reno. I sovrani ottoniani, sali e svevi soggiornarono spesso a M. e più di frequente che altrove vi tennero diete, feste di corte e sinodi imperiali. Il primo privilegio di indipendenza per la città, concesso dall'arcivescovo Adalberto I, è attestato nel 1119-1121 e confermato nel 1135; i ministeriali e i 'cittadini' costituivano evidentemente, gli uni accanto agli altri, i cives della comunità. La quasi completa autonomia dal dominio esercitato dagli arcivescovi sulla città fu raggiunta nel 1244; nel 1254 a M. venne affidato il comando della lega delle città renane, accanto a Spira e Worms. M. fu anche centro amministrativo dello stato elettore laico sviluppatosi nel Tardo Medioevo.Al principio del sec. 14° la città contava tra i ventimila e i venticinquemila abitanti, godendo di una fioritura economica grazie al commercio - in forte concorrenza con la vicina città di Francoforte sul Meno - sulla lunga distanza e all'esportazione di prodotti agricoli, nonché di tessuti e lavori di oreficeria.Il perimetro della città vecchia di M. corrisponde a un ovale irregolare, tagliato a E da una corda che indica quello che un tempo doveva essere il tracciato della sponda del Reno. L'andamento delle mura medievali, conservatesi solo in parte, segue quello tardoromano, mentre la rete viaria di epoca romana dell'insediamento civile non trova riscontro nell'andamento irregolare di quella medievale. Delle porte urbiche turrite risalenti all'epoca medievale si sono conservati due esempi notevoli lungo il fronte del Reno: lo Holzturm, del 1400 ca., a sei piani e tetto con ripidi spioventi, e l'Eisenturm lungo il versante settentrionale, la cui parte inferiore risale ancora al sec. 13° e che presenta un arco d'accesso completato da una ricca decorazione plastica con leoni laterali, assimilabile a un grande portale di chiesa.Il duomo di M., dedicato a s. Martino e a s. Stefano, è uno dei monumenti più importanti della Germania. Dopo il duomo di Spira, esso costituisce la più grande e una delle più antiche tra le basiliche coperte a volte; inoltre custodisce una collezione unica di scultura tedesca dal sec. 13° al 16°, giacché vi si sono conservati quasi tutti i monumenti sepolcrali vescovili.Un edificio di dimensioni analoghe al duomo attuale e nella medesima posizione fu eretto all'epoca dell'arcivescovo Villigiso, mentre il complesso vescovile precedente, ubicato più a O, fu trasformato nel monastero di St. Johannis. Alla consacrazione nel 1009 seguirono un incendio, nello stesso anno, e una nuova consacrazione nel 1036. Il coro principale e il transetto, che in questa prima fase era molto sporgente, si trovavano a O, sul modello dell'antica basilica di S. Pietro a Roma. Dell'edificio si sono conservati i quattro piani inferiori delle torri scalari di impianto circolare, collocate a E, così come parti del corpo trasversale orientale, davanti al quale si trovava un ampio atrio. L'aspetto attuale del duomo di M. è il risultato di un'opera di rinnovamento che proseguì nel corso del tempo, articolandosi in diverse fasi. L'inizio delle trasformazioni fu segnato dalla costruzione dell'abside orientale, finanziata intorno al 1100 dall'imperatore Enrico IV (1084-1106) e ispirata al modello del duomo di Spira; nello stesso tempo il corpo trasversale orientale venne profondamente modificato e inglobò anche, nella parte alta, le più antiche torri scalari. La torre centrale ottagonale al di sopra del coro orientale fu demolita nel 1870 e ricostruita con un'altezza doppia, in forme liberamente ispirate allo stile dell'epoca di origine. Fino al 1137 ca. si procedette al rinnovamento del corpo longitudinale, ma limitatamente alla sola navata centrale, progettata come basilica a volte su sistema alternato, benché le volte non siano state portate a compimento. In questa fase fu edificata anche la Gotthardkapelle, cappella privata dell'arcivescovo, articolata su due piani, in origine annessa alla facciata settentrionale dell'antico transetto, che venne consacrata nel 1137.L'attività del cantiere riprese solo sul finire del sec. 12° con il rinnovamento dei muri delle navate laterali e le relative volte di copertura; per la navata centrale fu adottato il sistema, all'epoca moderno, delle crociere costolonate; vennero inoltre realizzati il transetto con bracci raccorciati, il triconco del coro occidentale e, in ultimo, la torre-lanterna occidentale, collocata in corrispondenza dell'incrocio e riccamente articolata. Anche la sala del Capitolo, detta Memorie, quadrata e posta sul lato meridionale del corpo longitudinale, nell'angolo con il transetto occidentale, appartiene a questa stessa fase di intervento. Quando nel 1239 ebbe luogo la consacrazione definitiva, il pontile occidentale gotico doveva probabilmente già essere concluso.Tra il 1279 e il 1291 venne edificata, lungo il lato nord, una serie di cappelle gotiche, cui seguì, tra il 1300 e il 1319, una seconda serie a S, per cui si dovette rinunciare alla costruzione di un'ala del chiostro. Nel 1361 la torre del coro orientale fu dotata di un piano per le campane, realizzato in stile gotico, mentre nel 1482 si provvedette anche alla torre di incrocio occidentale. Intorno al 1410 vennero rinnovate le tre gallerie del chiostro, articolate su due piani.Il duomo presenta un impianto basilicale a doppio coro orientato verso O, con copertura a volte su pilastri a sistema alternato, con transetto occidentale su campate approssimativamente quadrate e coro principale occidentale dal profilo triconco intorno a un presbiterio quadrato; al di sopra dell'incrocio si imposta la torre ottagonale con finestre e cupola costolonata e sui contrafforti, collocati in corrispondenza degli angoli del triconco, si innalzano slanciate torrette ottagonali. Il corpo orientale sporge di poco rispetto alle navate laterali e consta di un presbiterio quadrato al centro e di bracci laterali, articolati in più piani, in cui si aprono portali sul lato orientale. Le torri scalari, più antiche, se osservate dal lato della fronte risultano disposte in modo asimmetrico; l'abside semicircolare aggettante è sormontata dalla torre ottagonale del coro, dotata di finestre, che fa da contraltare a quella dell'incrocio occidentale.L'esterno della zona est, caratterizzato da un'abside con archetti ciechi e galleria nana, come anche da due portali fortemente strombati, osserva i canoni formali propri delle regioni altorenane, segnati dal modello di Spira; le parti occidentali, nei contrafforti insolitamente massicci, testimoniano invece già la fase più tarda del Romanico. Anche in questo caso il triconco è coronato da una galleria nana, che tuttavia dipende dalla tipologia bassorenana, con balaustra, piccole aperture e copertura a botte; altrettanto può dirsi per l'articolazione della torre-lanterna sull'incrocio. In tal modo l'edificio attesta una commistione di elementi altorenani e bassorenani che, coerente con la sua collocazione geografica, potrebbe avere tuttavia anche un rapporto con la pretesa di universalità degli arcivescovi di Magonza.All'interno del duomo il sistema dell'alzato del corpo longitudinale è particolarmente degno di attenzione, dato che vi appare il modello di Spira, modificato però in maniera più ingegnosa attraverso la riduzione della zona ad archetti ciechi nella parte alta, che permette l'inserimento di un terzo piano; rinunciando alla ricca decorazione scultorea caratteristica dell'epoca, le parti occidentali, più recenti, si connettono al corpo longitudinale, più antico, dando vita a un effetto spaziale unitario.I portali orientali, l'ambiente di entrata e la galleria nana orientale mostrano una ricca decorazione che si rifà, nell'uso antichizzante della foglia di acanto, al modello di Spira e suggerisce l'attività di maestri scalpellini italiani; nell'ambito dei soggetti figurati essa sembra anche raffinarsi ulteriormente indicando contatti diretti con l'ambiente artistico dell'Italia settentrionale.La porta in bronzo del portale c.d. del mercato, priva di figurazioni, con semplici cornici che la dividono in pannelli, risale all'epoca di Villigiso, intorno al Mille (datazione comprovata dall'iscrizione), e nel sec. 12° venne arricchita con protomi leonine.La Johanniskirche, già chiesa monastica, situata a O del duomo attuale, secondo quanto desumibile dalle fonti scritte è assai probabile fosse l'antico duomo. L'edificio fu eretto dopo l'893, al tempo dell'arcivescovo Attone (891-913). Di quest'epoca si sono conservati solamente la campata d'incrocio, la navata centrale e il muro orientale del coro. L'aspetto originario, che è tuttavia facilmente ricostruibile, è caratterizzato da una forma insolita: l'incrocio occidentale quadrato è separato dai bracci trasversali da due arcate di piccole dimensioni, collocate in posizione non centrata; i bracci del transetto seguivano l'allineamento delle navate laterali; anche la navata centrale, con quattro arcate su pilastri, era quadrata e, insieme alle ampie navatelle, formava un corpo longitudinale a rettangolo trasverso; absidi semicircolari si trovavano a E e a O. È dunque ricostruibile un impianto a doppio coro con transetto occidentale, che anticipa le caratteristiche del futuro duomo. Al principio del sec. 14° l'abside occidentale venne sostituita da un coro gotico rettangolare.La chiesa di St. Stephan, già collegiata, venne fondata prima del 992 dall'arcivescovo Villigiso e ricostruita completamente dopo il 1257. Si tratta di un interessante esempio di chiesa 'a sala' della prima età gotica, che nella sua disposizione rispecchia probabilmente ancora elementi dell'edificio precedente. Il corpo longitudinale a tre navate si articola in sole tre campate e i muri perimetrali disegnano perciò in pianta un quadrato. Insolito per una chiesa 'a sala' è il transetto orientale con campata d'incrocio quadrata e coro a navata unica, su una sola campata con terminazione a 5/8. Nella parte occidentale dell'edificio si trova una campata quadrata, come d'incrocio, cui corrispondono lateralmente non bracci di transetto, ma semplici campate di navatella più corte; una torre ottagonale, elemento comune nell'architettura romanica, priva di aperture, si eleva in corrispondenza dell'incrocio; il coro occidentale quadrato è caratterizzato da una volta costolonata eptapartita. L'impianto a doppio coro, assolutamente insolito per l'epoca gotica, è di per sé sufficiente a dimostrare che l'edificio insiste su una struttura di epoca precedente.St. Quintin è la più antica parrocchiale di M., ricordata già nel 744, ma totalmente ricostruita fra il 1288 e il 1330. Significativa chiesa 'a sala' gotica, che segue semplificandolo il modello del St. Stephan, presenta corpo longitudinale di impianto quadrato a tre navate di larghezza diversa e varia profondità delle campate (quattro tipi di sostegni). La campata orientale è molto più profonda, al punto di creare l'effetto di un incrocio e di due bracci di transetto, che tuttavia sono completamente integrati nello spazio 'a sala'. Al di sopra dell'angolo sudoccidentale, con pilastro rafforzato, si innalza asimmetrica una singola torre, in corrispondenza del punto di intersezione di importanti assi viari. Il coro orientale di St. Quintin è più profondo di una campata rispetto a St. Stephan e mostra uno dei primi esempi di decorazione a traforo.M. possedeva una serie di importanti chiese mendicanti del tipo diffuso nelle regioni dell'Europa settentrionale, alcune delle quali sono però scomparse. L'esempio più significativo, appartenente all'antico Reichklarenkloster (od. Naturhistorisches Mus.), è costituito da una chiesa oggi sconsacrata, completamente rifatta all'interno e divisa in piani, che tuttavia conserva all'esterno le strutture dell'originario corpo longitudinale, costruito intorno al 1300 con impianto basilicale con basso cleristorio, coro allungato a una navata e terminazione a 5/8.Maggiormente conservata è la chiesa del convento carmelitano fondato nel 1275, che venne realizzata tra il 1326 e il 1400 ca.; essa presenta un corpo longitudinale di breve estensione, in origine reso ancora più corto da un pontile in posizione fortemente avanzata. Il coro allungato ha profilo rettangolare in basso, mentre nella parte alta si trasforma con schema a 5/8 e presenta un piccolo sporto al centro; tale particolare impianto è stato spiegato con il fatto che in quel punto correva la cinta difensiva della città. La decorazione pittorica delle volte è testimoniata da copie.La Armklarenkirche, che era in origine convento degli Ospedalieri di s. Antonio, conserva il semplice coro con terminazione a 5/8, forse realizzato intorno al 1330, anche in questo caso annesso a un corpo longitudinale molto corto, tozzo e quadrato; degne di nota sono le pitture che decorano le volte.Molte importanti parrocchiali e fondazioni monastiche vennero trasformate, nel corso del sec. 18°, in nuovi edifici di stile barocco. Delle parrocchiali più antiche si è conservato per es. St. Emmeran, che si connette per tipologia alle chiese degli Ordini mendicanti, ma con corpo longitudinale più pronunciato e torre tardoromanica sul lato settentrionale, di chiaro influsso bassorenano. Come monumento commemorativo, ridotta in ruderi nel 1945, si è mantenuta la chiesa di St. Christoph, con campanile in stile bassorenano e corpo longitudinale del tipo adottato nelle chiese mendicanti, sebbene con proporzioni allungate e pilastri con semicolonne incassate negli spigoli, che indicano come epoca di costruzione la fine del 13° secolo.L'importante chiesa monastica di St. Alban si trovava a S della città, nella zona destinata ad accogliere in seguito gli impianti difensivi, certamente in corrispondenza di un cimitero tardoantico, in cui era stato sepolto anche il martire Albano (m. nel 406 ca.). L'impianto a tre navate, insolitamente grande, che in origine prevedeva un'unica abside, venne realizzato alla fine del sec. 8° e nel 794 la terza moglie di Carlo Magno, Fastrada, dovette essere sepolta in un edificio non ancora portato a compimento; nella chiesa si trovavano anche le tombe dei primi vescovi di M., come pure quelle di tutti gli arcivescovi fino a Villigiso. Il successivo ampliamento - che comportò absidi laterali, un transetto e torri occidentali - è noto attraverso disegni. L'edificio venne seriamente danneggiato durante le lotte cittadine nel 1329; poi, una volta ripristinato, andò distrutto nel 1552 in eventi bellici e quindi raso al suolo nel corso della costruzione delle strutture di difesa urbane.Lo Heiliggeistspital - di cui l'attuale edificio restaurato nel 1975 (nella parte esterna in alcuni casi in modo arbitrario) costituisce il più antico esempio di ospedale civile in Germania - venne fondato nel 1145 come ospedale del duomo e nel 1236 fu spostato sulla riva del Reno nella collocazione odierna, al di fuori della cinta di mura. Il corpo rettangolare su due piani risale nelle sue mura perimetrali a quest'epoca; l'articolazione all'esterno attinge al patrimonio formale del Tardo Romanico bassorenano; all'interno la costruzione si presenta come una sala gotica su pilastri, che successivamente venne sopraelevata inglobando parte del piano superiore, dotata di copertura con volte a reticolo. Il ricco portale a colonne, strombato, è una copia di quello originario, oggi collocato nel transetto meridionale del duomo.Nell'Erbacher Hof si conserva un'ala della costruzione medievale, con al piano superiore l'antica cappella dedicata a s. Anna, consacrata nel 1259, costituita da un vano rettangolare a navata unica di tre campate, con una ricca decorazione pittorica, che è stata ricostruita sulla base dei lacerti. Tra gli edifici civili si ricordano inoltre lo Haus zum Stein, casatorre di epoca romanica ampiamente rifatta, e, nella corte posteriore del Dalberger Hof antico, l'unico esempio conservato di casa-torre gotica, articolata in quattro piani con cappella voltata al piano terreno (1462-1466).A M. restano significative testimonianze di scultura medievale. Alla fine del sec. 11° risale l'importante crocifisso in legno, proveniente da Udenheim, che si trova nella Gotthardkapelle. Oltre alla già citata decorazione plastica, che orna la parte orientale del duomo, occorre menzionare soprattutto i timpani di entrambi i portali tardoromanici: il portale c.d. del mercato e il portale c.d. del cimitero. Quasi contemporaneamente a questi portali furono realizzate, prima del 1239, le sculture del distrutto pontile occidentale, conservate oggi in stato frammentario nel Bischöfliches Dom- und Diözesanmus, da considerarsi tra le prime opere del Maestro di Naumburg. Si tratta del Kopf mit der Binde ('testa con la fascia'), dei rilievi con i beati e i dannati nel Giudizio universale e del gruppo della Déesis, che, accanto alle figure del coro occidentale del duomo di Naumburg e del duomo di Meissen, costituiscono i prodotti scultorei di maggior pregio della metà del sec. 13° in ambito tedesco. Alla medesima epoca risalgono altre sculture del duomo: la Madonna della Fuststrasse, di proporzioni superiori a quelle naturali, e il sepolcro dell'arcivescovo Sigfrido III di Eppstein (m. nel 1249), particolarmente interessante sotto il profilo iconografico; alla medesima tipologia fa riferimento, anche se di due generazioni posteriore e quindi nello stile lineare del Gotico maturo, il monumento funebre dell'arcivescovo Pietro di Aspelt (m. nel 1320), realizzato certamente intorno al 1340. Altrettanto significative testimonianze della scultura trecentesca sono i monumenti degli arcivescovi Matteo di Bucheck (m. nel 1328), Adolfo I di Nassau (m. nel 1390) e Corrado II di Weinsperg (m. nel 1396). Di particolare interesse iconografico è la raffigurazione dei sette principi elettori sui merli di quello che fu l'edificio degli scambi di commercio, della prima metà del sec. 14° (Mittelrheinisches Landesmus.). Al famoso scultore e architetto Madern Gerthner, originario di Francoforte sul Meno, sono state attribuite le tombe degli arcivescovi Giovanni II di Nassau (m. nel 1419) e di Corrado III di Daun (m. nel 1434 ca.) nel duomo, come pure il portale doppio, con figure, della Memorie, datato al 1420 circa.Della pittura murale di soggetto figurativo si è conservato a M. ben poco. Provengono dal duomo i resti di una pala d'altare in pietra dipinta, del principio del Trecento, come pure una rappresentazione della Trinità nella cappella dell'Erbacher Hof. Le pitture sulle volte nella chiesa dei Carmelitani, del principio del sec. 15°, raffiguranti angeli e profeti, sono state ridipinte nel 1924. Di particolare pregio sono le pitture che ornano le volte della Armklarenkirche, degli anni intorno al 1330: Cristo tra Maria e s. Giovanni, apostoli in trono, santi entro edicole a traforo dipinte.Il Römisch-Germanisches Zentralmus., collocato nel castello dei principi elettori, dedicato all'arte e alla cultura di epoca romana e dell'età delle Migrazioni, custodisce originali e molte copie; nel Römerschiffmus. si conservano i resti e le ricostruzioni delle dieci navi rinvenute in scavi effettuati a Magonza. Il Mittelrheinisches Landesmus. raccoglie reperti dell'epoca delle Migrazioni, ma soprattutto opere del periodo romano e medievale, oltre sculture e pitture del Tardo Medioevo.Nel Bischöfliches Dom- und Diözesanmus., che trova collocazione nel chiostro del duomo e nella sala del Capitolo, sono custodite opere d'arte dal Medioevo fino al sec. 18°, tra cui i frammenti del citato pontile occidentale, opera del Maestro di Naumburg. Del tesoro del duomo, quasi completamente disperso in seguito alla Rivoluzione francese, restano un bacino per l'acqua benedetta, un turibolo per l'incenso e un candelabro con smalti del sec. 13°; ricomposto nell'Ottocento, il tesoro accolse nella sua raccolta croci processionali del 12° secolo. Bibl.: Beiträge zur Geschichte der Stadt Mainz, Mainz a. R. 1910ss.; Die Kunstdenkmäler im Freistaat Hessen. Stadt und Kreis Mainz, II, 1, Der Dom zu Mainz, a cura di R. Kautzsch, E. Neeb, Darmstadt 1919; G. Behrens, Das frühchristliche und merowinigische Mainz, Mainz a. R. 1950; F. Arens, Die Inschriften der Stadt Mainz (Die deutschen Inschriften, 2), Stuttgart 1958; Die Kunstdenkmäler der Stadt Mainz, I, Kirchen St. Agnes bis Hl. Kreuz, a cura di F. Arens (Kunstdenkmäler von Rheinland-Pfalz, 4, 1), Mainz a. R. 1961; Deutsches Städtebuch, IV, 3, Städtebuch Rheinland-Pfalz und Saarland, Stuttgart-Berlin 1964, pp. 255-291; A.P. Brück, L. Falck, Geschichte der Stadt Mainz, II-V, Düsseldorf 1972; K. Böhner, Mainz im Altertum und frühen Mittelalter, Gymnasium 90, 1983, pp. 369-388; G. Dehio, E. Gall, Handbuch der deutschen Kunstdenkmäler, I, 2, Rheinland-Pfalz, Saarland, a cura di H. Caspary, W. Götz, E. Klinge, Berlin 1984, pp. 578-625; Die Bischofskirche St. Martin zu Mainz. Festschrift für H. Berg, a cura di F. Jürgensmeier, Frankfurt a. M. 1986; H. Büttner, Mainz im Mittelalter, in id., Mittelrhein und Hessen, a cura di A. Gerlich, Mainz a. R. 1989, pp. 1-50; s.v. Mainz, in Lex. Mittelalt., VI, 1993, coll. 131-143; D. von Winterfeld, Die Kaiserdome Speyer, Mainz, Worms und ihr romanisches Umland, Würzburg 1993, pp. 119-164.D. von Winterfeld

Miniatura

Sebbene l'esistenza della diocesi si possa far risalire al sec. 6°, le prime notizie certe circa l'esistenza di una comunità cristiana a M. devono essere riportate alla migrazione di monaci irlandesi, che riguardò la Germania a partire dalla fine del secolo successivo. Tra i missionari inviati a predicare il vangelo presso le popolazioni stanziate oltre il Reno si distinse abbastanza presto Bonifacio. Ordinato arcivescovo dell'intera regione con sede a M., nell'ultima fase della vita Bonifacio avrebbe fondato, nel 744, l'abbazia di Fulda (v.), presso la quale avrebbe trovato sepoltura dopo il martirio, avvenuto nel 754.Il legame che unì sin dall'origine la scuola arcivescovile con il monastero insediato sulle rive della Weser sembra rimanere costante anche nel corso dei due secoli successivi. Nell'arco di questo periodo accadde di frequente che sulla cattedra di M. si avvicendassero abati o monaci di Fulda. Sono questi, per es., i casi di Rabano Mauro (784 ca.-856) - divenuto arcivescovo di M. (847) dopo un lungo abbaziato a Fulda - e più tardi di Attone II (968-970), Erkanbald (1011-1021) e s. Bardone di Oppershofen (1031-1051). Altrettanto stretti, almeno nel periodo iniziale, sembra fossero i contatti tra le nuove fondazioni continentali e i centri inglesi di provenienza. Grammatico di una certa fama, Bonifacio doveva avere portato con sé una consistente provvista di codici. Parte di questo patrimonio dovette costituire il fondo dei libri scottice scripti conservati a Fulda (Hessische Landesbibl.). Altri dovettero essere importati negli anni che seguirono; tra questi si segnala una rara copia dei Carmina di Porfirio che s. Lullo richiese a Milret di Gloucester dopo il 754 (MGH. Epist. sel., I, 19552, p. 245). Il manoscritto non è conservato, tuttavia non è improbabile che a questo perduto modello insulare debba collegarsi la rinascita carolingia del poema figurato, promossa da Alcuino di York (m. nell'804) e culminata con il De laudibus Sanctae Crucis di Rabano Mauro. È da osservare, in proposito, che uno dei più antichi testimoni di Porfirio è inserito in un'antologia di poeti carolini compilata verso l'800 a M. (Berna, Burgerbibl., 212 II). All'officina grafica della scuola episcopale è certamente connessa anche la fortuna manoscritta dell'opera metrica di Rabano Mauro, composta a Fulda intorno all'810 e più volte rimaneggiata dallo stesso autore. Non è un caso che le revisioni più tarde della raccolta siano indirizzate ai due vescovi che precedettero Rabano Mauro alla guida della diocesi, Otgaro (m. nell'826) e Astolfo (m. nell'844), entrambi ricordati come destinatari di esemplari dell'opera nel carme di dedica trascritto in una delle più autorevoli copie del De laudibus Sanctae Crucis (Vienna, Öst. Nat. Bibl., 652; Müller, 1973).Il persistere delle relazioni con Fulda giustifica la forte impronta insulare che caratterizza la produzione grafica magontina fino al sec. 9° inoltrato (Bischoff, 1965). Di questo influsso mostrano segni evidenti le più antiche testimonianze manoscritte riferibili allo scriptorium della cattedrale; tra queste una miscellanea scientifica contenente una copia del secondo libro delle Institutiones di Cassiodoro (Berna, Burgerbibl., 212 I). Meno definita risulta, dalle scarne testimonianze esistenti, la fisionomia decorativa di questi primi manoscritti. In epoca carolingia, l'ornato dei codici prodotti nell'atelier della cattedrale di M. non doveva tuttavia discostarsi dallo stile della contemporanea produzione fuldense, che alle forme franco-sassoni degli esordi avrebbe rapidamente sostituito i modi antichizzanti della scuola palatina. Del resto, è opinione comune che i manoscritti liturgici di maggior pregio in uso a M. fossero eseguiti nello scriptorium di Fulda. È questo per es. il caso di un lezionario copiato intorno alla fine del sec. 10° (Aschaffenburg, Hofbibl., 2; Hoffmann, 1986).L'influsso di modelli tardocarolingi, evidente soprattutto nei fondi purpurei e nella ricercatezza antiquaria delle scritture d'apparato, riaffiora nella fase più significativa e meglio documentata dell'arte libraria magontina, che prese l'avvio fra il terzo e l'ultimo quarto del 10° secolo. Il centro scrittorio più attivo di questo momento sembra identificarsi nel monastero di St. Alban. Sede di elaborazione di un fondamentale riordino della liturgia pontificale, destinato a diffondersi in tutto l'orbe latino (Andrieu, 1931), la scuola di St. Alban ebbe il suo periodo di massima fioritura sotto la guida di Villigiso, che fu abate della comunità prima di accedere alla dignità episcopale. Responsabile della cancelleria imperiale già sotto Ottone I (962-973), Villigiso potrebbe essere l'ideatore di due sontuosi diplomi imperiali prodotti all'interno della stessa cancelleria rispettivamente nel 962 e nel 972, in special modo del secondo, contenente l'atto nuziale dell'unione di Ottone II (973-983) con la principessa bizantina Teofano (Wolfenbüttel, Niedersächsisches Staatsarch., 6 Urk. II).Ai caratteri decorativi di questo documento, una pergamena purpurea interamente vergata in oro e arricchita da motivi ispirati alle stoffe bizantine, può essere facilmente accostato un piccolo numero di codici di lusso, realizzati nello scriptorium dell'abbazia tra la fine del 10° e i primi anni dell'11° secolo. Tra questi sono da ricordare: un sacramentario proveniente dal monastero di St. Alban, dove sarebbe stato confezionato intorno al 1000 (Magonza, Bischöfliches Dom- und Diözesanmus., Kautsch 4; Von dem Jahr 1000, 1991), l'Evangeliario di s. Maurizio (Magonza, Stadtbibl., II.3) e un altro codice dei vangeli (Nimega, convento dei Domenicani, 12) di provenienza sconosciuta, entrambi riferibili ai primi anni del sec. 11° (Usener, 1957).L'esemplare senz'altro più interessante di questo corpus sembra identificarsi in un piccolo codice di preghiere di devozione privata, meglio conosciuto come Libro d'ore di Ottone III (Bamberga, Staatsbibl., Schloss Pommersfelden, 347; Nordenfalk, 1957). Nella facies decorativa di questo manoscritto è possibile riconoscere le principali componenti culturali che caratterizzano lo stile dei manoscritti di lusso prodotti nell'officina grafica di St. Alban intorno alla fine del secolo. La struttura testuale e il formato del volumetto sono da mettere in relazione con il solo altro esemplare altomedievale di questo genere librario attualmente noto, il libro d'ore eseguito poco più di un secolo prima per Carlo il Calvo (Monaco, Schatzkammer der Residenz). Trasparenti richiami a tipologie tardocarolinge possono riconoscersi nella tinta purpurea della pergamena e nelle forme della scrittura in oro, utilizzata per l'intera stesura del testo. Per altri versi, alcune peculiarità del ciclo iconografico - la caratteristica proskýnesis del sovrano che rende omaggio al Cristo in maestà (cc. 20v-21r) e la Déesis che occupa la parte superiore del frontespizio - evocano l'influenza dell'altra matrice culturale che innerva l'arte ottoniana: la pittura bizantina contemporanea. Di quest'ultima componente risente visibilmente anche la tavolozza, che anticipa modi stilistici propri della scuola di Colonia.La forte impronta bizantina che caratterizza la decorazione del libro d'ore riflette con buona probabilità il clima culturale della reggenza di Teofano (983-991); ciò lascia sospettare che il codice possa essere stato eseguito nell'arco di questo periodo sotto la supervisione dell'arcivescovo Villigiso, allora responsabile dell'educazione di Ottone III (994-1002; Von dem Jahr 1000, 1991).La povertà di testimonianze riferibili ai centri scrittorî di M. (i cui patrimoni librari sono stati gravemente depauperati nel corso dei secoli) e la qualità spesso disomogenea dei documenti conservati hanno pesato negativamente sulla fortuna critica della scuola. Le principali sintesi critiche (Mütherich, 1973; Mayr-Harting, 1991) le hanno in genere attribuito un ruolo relativamente marginale negli sviluppi dell'arte ottoniana. Diversi altri studi, imperniati soprattutto sulla figura di Villigiso (Nordenfalk, 1957; Lauer, 1975; 1987; Von dem Jahr 1000, 1991), hanno al contrario posto l'accento sul possibile contributo di M. alla diffusione della maniera bizantina irradiata dalla corte di Teofano, restituendole una funzione chiave nella storia della pittura tedesca tra 10° e 11° secolo.

Bibl.:

Edd. in facsimile. - K. Holter, Hrabanus Maurus. Liber de laudibus Sanctae Crucis. Vollständige Faksimile-Ausgabe im Originalformat des Codex Vindobonensis 652 der Österreichischen Nationalbibliothek (Codices selecti phototypice impressi, 33), 2 voll., Wien-Graz 1972-1973; H.G. Müller, Hrabanus Maurus. De laudibus Sanctae Crucis. Studien zur Überlieferung Geistesgeschichte mit dem Faksimile-Textabdruck aus Codex Reg. Lat. 124 der vatikanischen Bibliothek (Mittellateinisches Jahrbuch, 11), Düsseldorf 1973.

Letteratura critica. - F. Falk, Die ehemalige Dombibliothek zu Mainz, Zentralblatt für Bibliothekswesen 18, 1897, pp. 56-96; E.H. Zimmermann, Die Fuldaer Buchmalerei in karolingischer und ottonischer Zeit, KJbWien 4, 1910, pp. 1-104; W.M. Lindsay, P. Lehmann, The (Early) Mayence Scriptorium, Palaeografia Latina 4, 1925, pp. 15-39; A. Boeckler, Abendländische Miniaturen bis zum Ausgang der romanischen Zeit, Berlin-Leipzig 1930, pp. 46-47; M. Andrieu, Les "Ordines Romani" du haut Moyen Age, I, Les manuscrits (Spicilegium sacrum Lovaniense, 11), Louvain 1931, pp. 494-548; C. Nordenfalk, A Note on the Stockholm Codex Aureus, Nordisk tidskrift för bok-och bibliotek sväsen 38, 1951, pp. 145-181 (rist. in Studies in the History of Book Decoration, London 1992, pp. 114-119, nrr. 245-246); id., L'enluminure, in A. Grabar, C. Nordenfalk, Le haut Moyen Age. Du quatrième au onzième siècle, Genève 1957, pp. 87-217: 126-128; K.H. Usener, Ein Mainzer Reliquiar im Bayerischen Nationalmuseum, MünchJBK, s. III, 8, 1957, pp. 57-64; J. Van der Gouw, Un évangéliaire de Laon à Nimègue, Scriptorium 11, 1957, pp. 31-36; O. Homburger, Die illustrierten Handschriften der Burgerbibliothek Bern. Die vorkarolingischen und karolingischen Handschriften, Bern 1962, pp. 85-86, 162-163, tav. LXIII; B. Bischoff, in Karl der Grosse. Werk und Wirkung, cat., Aachen 1965, p. 204 nr. 363; P. Bloch, H. Schnitzler, Die ottonische Kölner Malerschule, 2 voll., Düsseldorf 1967-1970: II, pp. 25-26, 135, tavv. 606-612 (rec.: C. Nordenfalk, Kch 24, 1971, pp. 292-309; F. Mütherich, Malerei, in L. Grodecki, F. Mütherich, J. Taralon, F. Wormald, Die Zeit der Ottonen und Salier (Universum der Kunst, 12), München 1973, pp. 85-225 (trad. it. L'arte ottoniana, in Il secolo dell'anno 1000, Milano 1974, pp. 87-225); R. Lauer, Mainzer Buchmalerei der Willigiszeit, in 1000 Jahre Mainzer Dom 975-1975, a cura di W. Jung, Mainz a. R. 1975, pp. 59-68; Die illuminierten Handschriften der hessischen Landesbibliothek Fulda, a cura di H. Köllner, I, 2, Stuttgart 1976, tavv. 17-22, 293; R. Lauer, Die Herrscherbilder Otto III. im Pommersfeldener Gebetbuch, Kch 30, 1977, pp. 68-69; R. Deshman, The Exalted Servant: the Ruler Theology of the Prayerbook of Charles the Bald, Viator 11, 1980, pp. 385-417; F. Mütherich, Die Fuldaer Buchmalerei in der Zeit des Hrabanus Maurus, in Hrabanus Maurus und seine Schule. Festschrift der Rabanus-Maurus-Schule, 1980, a cura di W. Böhne, Fulda 1980, pp. 94-125; F. Staab, Rabanus Maurus und Mainz, in Rabanus Maurus in seiner Zeit 780-1980, cat., Mainz a. R. 1980, pp. 9-16; P.E. Schramm, F. Mütherich, Denkmale der deutschen Könige und Kaiser, I, Ein Beitrag zur Herrschergeschichte von Karl dem Grossen bis Friedrich II. 768-1250 (Veröffentlichungen des Zentralinstituts für Kunstgeschichte in München, 2), München 19812 (1962), pp. 146-147; H. Hoffmann, Buchkunst und Königtum im ottonischen und frühsalischen Reich, in MGH. Schriften, XXX, 1986, pp. 97-99, 225-276, tavv. 91-116; R. Lauer, Studien zur ottonischen Mainzer Buchmalerei, Bonn 1987; C. Nordenfalk, L'enluminure au Moyen Age, Genève 1988; H. Mayr-Harting, Ottonian Book Illumination. A Historical Study, 2 voll., New York 1991: I, pp. 34-37; II, pp. 82-86, 125-126; Von dem Jahr 1000. Abendländische Buchkunst zur Zeit der Kaiserin Theophanu, a cura di R. Lauer, Köln 1991, pp. 92-102, nrr. 21-23; A. Wiener, Die Initialornamentik der deutschen insularen Schulen im Bereich von Fulda, Würzburg und Mainz (Quellen und Forschungen zur Geschichte des Bistums und Hochstifts Würzburg, 43), Würzburg 1992; Die illuminierten Handschriften der hessischen Landesbibliothek Fulda, I, 1, a cura di C. Jacobi-Mirwald, Stuttgart 1993; B. Bischoff, Manuscripts in the Age of Charlemagne, in Manuscripts and Libraries in the Age of Charlemagne, a cura di E. Gorman, Cambridge 1994, pp. 20-55.L. Speciale

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