MAGNETISMO

Enciclopedia Italiana - II Appendice (1949)

MAGNETISMO (XXI, p. 922)

Giorgio MONTALENTI
Mario TENANI

Fatti sperimentali fondamentali. - Per lunghissimo tempo con la denominazione fenomeni magnetici si intese indicare quel gruppo di fatti causati dai magneti permanenti esistenti in natura; i fenomeni magnetici, cioè, si consideravano caratteristici delle sostanze classificate poi come ferromagnetiche, anzi addirittura di una sola parte di esse. Oggi si suddivide lo studio del magnetismo in tre parti: il diamagnetismo, il paramagnetismo ed il ferromagnetismo. Infatti, sfruttando i campi particolarmente intensi che si possono ottenere con gli elettromagneti Faraday (1825), si riuscì a dimostrare sperimentalmente che i corpi esistenti in natura possono dividersi in due grandi categorie: quelli che sono attratti dalle calamite e quelli invece che ne sono respinti, o, se si vuole, quelli nei quali il magnetismo indotto è nello stesso senso od in senso inverso a quello del ferro. I primi si chiamano paramagnetici, i secondi diamagnetici. I corpi ferromagnetici sono una particolare categoria dei corpi paramagnetici: quelli nei quali il fenomeno si manifesta con particolari intensità e con peculiari caratteristiche. Per le definizioni delle più usuali unità di grandezze magnetiche nei diversi sistemi di misure si veda le voci: elettricità; elettromagnetismo; magnetismo; misura. Nelle pagine che seguono, salvo avviso contrario, si adotterà il sistema Giorgi razionalizzato.

Diamagnetismo. - Le proprietà diamagnetiche dei materiali non hanno notevole importanza tecnica, ma lo studio delle loro proprietà ha grande interesse scientifico.

Se definiamo la suscettività atomica XA mediante la relazione

ove A è il peso atomico e d la densità, e la suscettività molecolare mediante la relazione

ove M è il peso molecolare e d la densità, moltiplicando la prima e la seconda per il campo agente H si ottiene rispettivamente il momento magnetico di un grammo-atomo e di una grammo-molecola di sostanze; dividendo invece rispettivamente le due grandezze per il numero di Avogadro si ottiene la suscettività media di un atomo o di una molecola, ove si supponga che i momenti magnetici dell'atomo e della molecola siano disposti secondo una direzione parallela al campo.

Le classiche ricerche di P. Curie (1895) hanno dimostrato che il diamagnetismo è usualmente indipendente dalla temperatura e che il cambiamento di stato fisico ha, nella maggioranza dei casi, una influenza trascurabile sulle proprietà diamagnetiche. Proseguendo i lavori di Curie, K. Honda e H. Owen, nel 1910 e nel 1912, hanno misurato la suscettività di molti elementi. Nella fig. 1 (1) sono riportati i dati raccolti da Selwood, nella fig. 2 (2) la variazione della suscettività atomica di alcuni materiali in funzione della temperatura. La suscettività è misurata nel sistema CGS. Caratteristico il comportamento del bismuto.

Il diamagnetismo dei composti chimici è stato studiato soprattutto da Henrichsen e da Pascal (1912), i quali hanno sperimentalmente dimostrato che in tutti quei composti chimici ove gli atomi sono legati secondo le rispettive valenze principali vale la proprietà additiva: la suscettività molecolare è la somma della suscettività atomica degli atomi costituenti la molecola. Nel caso invece che si tratti di composti aventi legami anormali questa regola non vale più. Ciascun legame chimico anormale produce una certa variazione del diamagnetismo. Il termine additivo λ di correzione caratterizza il legame. Nella tab. 1 sono riportati alcuni dati delle suscettività atomiche e dei termini correttivi tratti dai lavori di Pascal. Nel caso dell'etil bromide C2 H5 Br occorre sottrarre dal valore della somma delle suscettività atomiche il valore del termine correttivo λ eguale, iu questo caso (come si ricava dalla tab.1), ad -4,1. 10-6.

Una interpretazione molto semplice del diamagnetismo si può fare supponendo che l'elettrone descrive un'orbita circolare intorno al nucleo. sia r il raggio dell'orbita, u la velocità angolare, e ed m rispettivamente la carica e la massa dell'elettrone. L'elettrone sarà sottoposto da parte del nucleo, ad una attrazione F; la sua forza centrifuga è eguale ed opposta all'attrazione, quindi:

Si supponga ora di fare agire un campo magnetico di intensità H perpendicolare al piano della traiettoria. L'elettrone sarà sottoposto ad una forza d'intensità μo He wr diretta secondo il raggio ed avente un senso che dipenderà dal senso relativo del campo e del movimento dell'elettrone. La velocità angolare dell'elettrone subirà un aumento Δω tale che sia soddisfatta l'equazione:

Supponendo Δω piccolo rispetto ad ω e comparando le due equazioni precedenti si ottiene:

Una traiettoria abbracciante un'area S descritta n volte per secondo da un elettrone possiede, per il principio dell'equivalenza fra lamina magnetica e circuito percorso da corrente, un momento magnetico M = μoneS, perpendicolare al suo piano.

La variazione ΔM del momento magnetico della traiettoria elettronica causata dalla variazione Δω di ω è dunque:

Dividendo ΔM per H si ottiene la suscettività media per atomo di un elemento in cui si abbia un solo elettrone ruotante intorno al nucleo. Langevin (1905) ha svolto una teoria completa, abbandonando l'ipotesi dell'orbita circolare, ed ha trovato per la suscattività atomica la seguente espressione:

ove N è il numero di Avogadro e dove la sommatoria deve intendersi estesa a tutti gli elettroni ruotanti intorno al nucleo dell'atomo considerato. L'accordo tra i dati teorici ottenuti dalla teoria di Langevin e quelli sperimentali è buono, eccezione fatta per il bismuto. Con la meccanica ondulatoria si sono ottenuti risultati in buon accordo coi valori sperimentali soltanto in qualche caso.

Paramagnetismo. - Come è noto si chiamano paramagnetiche quelle sostanze che poste in un campo magnetico H acquistano una magnetizzazione J (il vettore J viene definito dal rapporto

del momento di dipolo dM di un volume dV, al volume dV stesso) proporzionale al campo e diretta nello stesso senso; la suscettività è dunque positiva ed il suo valore è sempre notevolmente più elevato di quello delle sostanze diamagnetiche. Vedi fig.1. Per spiegare il paramagnetismo si ammette che ogni molecola di per sé stessa possieda un momento magnetico permanente. Il campo esterno orienta i singoli magnetini elementari. La magnetizzazione risultante può considerarsi come un equilibrio statistico tra l'effetto direttivo del campo magnetico esterno e l'effetto contrario dell'agitazione termica. Il diamagnetismo permane sempre; esso infatti è dovuto, come si è visto, ad un momento magnetico determinato dalla perturbazione nel moto degli elettroni dell'atomo posto in campo magnetico. Il paramagnetismo maschera il diamagnetismo.

Se un gas ha suscettività eguale a zero vuol dire che il momento magnetico intrinseco di ciascuna molecola è uguale e contrario al momento magnetico dovuto alla perturbazione che il campo esterno genera nel moto degli elettroni. È opportuno studiare dapprima il paramagnetismo dei gas perfetti e delle soluzioni diluite; si ammette cioè che le molecole siano in media così distanti le une dalle altre che si possono trascurare le loro mutue azioni. P. Curie ha sperimentalmente dimostrato che in questi casi vale la relazione:

La costante C porta il nome di costante di Curie; T è la temperatura assoluta, J la intensità di magnetizzazione riferita all'unità di volume.

Langevin ha anche dato una elegante interpretazione termodinamica di questa legge, oltre una teoria più completa che consente di calcolare a priori la suscettività di una sostanza paramagnetica se si suppone noto il momento magnetico della singola molecola. L'ipotesi che si ammette è che la sostanza su cui si esperimenta non si discosti troppo da un gas perfetto. Quando il gas si trova in un campo magnetico questo tende ad orientare tutti i momenti magnetici parallelamente a sé stesso; a questa azione si oppone l'agitazione termica che tende invece a distribuire i momenti in tutte le direzioni. Tra le due azioni contrastanti si stabilisce un equilibrio statistico in cui i momenti pur essendo orientati in tutte le direzioni sono raffittiti intorno alla direzione del campo per modo che, in media, si ha una magnetizzazione del gas parallela al campo; si ha così la spiegazione del paramagnetismo.

Per esprimere in forma quantitativa questo ragionamento si applicano i risultati della meccanica statistica classica (v. meccanica statistica, in quest'App.). È noto dai lavori di Boltzmann che se si ha un gran numero di particelle in equilibrio termico alla temperatura T e l'energia potenziale ε(x) dipende da una sola coordinata il numero di particelle comprese tra x + dx è

dove c è una costante determinata dal numero totale di particelle. N = Sdn; K è una costante universale chiamata di Boltzmann ed eguale a 13,7 × 1024 Joule per grado centigrado. Questo risultato è immediatamente applicabile al problema di Langevin: basta sostituire nell'equazione precedente ad ε(x) l'espressione dell'energia di un dipolo magnetico di momento m posto in un campo H che, come è ben noto, è dato dalla

ove ϑ è l'angolo compreso fra il vettore H ed il vettore m.

Si ha:

ove si è posto

La quantità mN indicata con Jo rappresenta, riferita all'unità di volume, l'intensità di magnetizzazione che si avrebbe qualora tutte le molecole fossero parallele al campo. Essa si indica col nome d'intensità di magnetizzazione di saturazione assoluta.

La funzione

si indica normalmente col simbolo L (a) e si chiama funzione di Langevin. L'indice sta a ricordare che essa risulta dall'ipotesi di un'infinità di orientazioni possibili per i singoli magnetini.

Sviluppando in serie l'espressione di L (a), per piccoli valori di a si ottiene come primo termine il valore di

Sostituendo nella [7] si ha:

espressione che coincide con la già ricordata legge sperimentale di Curie. Inoltre, l'equazione consente di calcolare la costante C della [6], supposto noto m.

L'espressione della suscettività per atomo diviene:

Kamerlingh Onnes e Perrier ed altri ricercatori hanno verificato la validità della legge di Curie (precisione 1%) in un vasto campo di temperature e su varie sostanze.

La modificazione che la teoria dei quanti porta nello studio del gas paramagnetico consiste sostanzialmente nel fenomeno della quantizzazione spaziale. Per effetto di questa, la componente del momento magnetico nella direzione del campo può prendere soltanto certi valori discreti compresi tra due estremi corrispondenti alle orientazioni del momento parallelo o antiparallelo rispetto al campo. Più precisamente se si indica con I il numero quantico interno dell'atomo, il quanto magnetico m, cioè la proiezione di I sopra la direzione del campo, potrà prendere soltanto 21 + 1 valori.

Il problema di Langevin diventa dunque quello di studiare il comportamento del gas ammettendo come fisicamente possibili soltanto 21 + 1 orientazioni delle molecole rispetto al campo. Eseguendo i calcoli si ottiene la seguente espressione della suscettività per atomo:

Nella fig. 3 sono riportate le due curve di Langevin L (a);

in funzione di a L'indice

sta a indicare che sono ammesse come fisicamente possibili solo due orientazioni.

Al limite, se I diventa infinito, scompare l'effetto della quantizzazione spaziale e si ottiene la formula classica di Langevin [8].

Quando si sperimenta con materiali che non sono assimilabili a gas perfetti, l'equazione di Curie non è più soddisfatta. Essa deve essere sostituita dalla

ove la costante C è quella che avrebbe la sostanza se fosse allo stato di gas perfetto e ϑ porta il nome di punto di Curie paramagnetico. Giova osservare che l'esistenza di un punto di Curie nell'equazione precedente non vuole affatto dire che il materiale sia ferromagnetico al di sotto della temperatura T = ϑ.

L'equazione di Weiss-Curie or ora scritta esprime bene, in generale, le proprietà delle sostanze paramagnetiche. Tuttavia si osservano anomalie se si opera a basse temperature e nelle vicinanze del punto di Curie.

Ferromagnetismo. - Il ferromagnetismo può essere considerato come un caso particolare del paramagnetismo. Condizione necessaria perché si manifesti è che il materiale sia allo stato solido cristallino e che almeno uno degli elementi costituenti la lega sia paramagnetico. Gli elementi ferromagnetici noti sono il ferro, cobalto, nichelio, gadolinio; inoltre sono ferromagnetiche varie leghe contenenti i predetti elementi ed anche altre (leghe Heusler) che non contengono alcun elemento ferromagnetico. In tab. 2 sono riportati alcuni dati fondamentali relativi agli elementi ferromagnetici. I materiali ferromagnatici sono caratterizzati, rispetto ai paramagnetici, dall'avere una permeabilità elevata e non indipendente dal campo agente, dal presentare fenomeni di isteresi, ben marcata saturazione a temperatura ambiente e dall'avere una temperatura critica al di sopra della quale il materiale perde le proprietà ferromagnetiche per comportarsi come paramagnetico. Questa temperatura critica si chiama punto di Curie.

Ewing tentò di spiegare i fenomeni ferromagnetici in termini di mutue azioni fra gli atomi. La teoria, svolta quantitativamente non concorda coi fatti. Un interessante tentativo per l'interpretazione teorica del paramagnetismo delle sostanze che si trovano lontane dallo stato di gas perfetto, e del ferromagnetismo fu fatto da Weiss nel 1914. Nel primo caso (paramagnetismo) si ammette che l'azione dell'insieme delle molecole dotate di momento magnetico su una di esse possa considerarsi equivalente ad un campo magnetico proporzionale all'intensità di magnetizzazione ed avente la medesima direzione.

In simboli:

NW è detta costante di Weiss, J è l'intensità di magnetizzazione. Nessuna ipotesi è fatta sulla natura di tali forze; esse possono essere magnetiche o elettriche o di altra natura.

L'equazione [7] di Langevin può scriversi:

Se la quantità

non supera il valore 0,40 (cioè se la temperatura del materiale non è troppo bassa) si può, nell'approssimazione dell'i%, fermarsi al primo termine dello sviluppo in serie della [7 bis] e si ottiene:

ove N è il numero di molecole contenute nell'unità di volume. La [11] coincide con la ben nota legge di Curie valida per i gas paramagnetici perfetti.

Si applichi ora alla [11] la [10]; (cioè il campo totale agente sarà He + Hm ove He è il campo esterno, Hm il campo molecolare di Weiss che equivale alla mutua azione fra le molecole) e si ottiene

da cui

ϑ = Nw C porta il nome di temperatura di Curie.

A quest'ultima equazione soddisfano molte sostanze paramagnetiche e quelle ferromagnetiche quando la temperatura alla quale si trova il materiale è al di sopra di ϑ. In questo caso, infatti, come l'esperienza conferma, scompaiono le proprietà ferromagnetiche e il comportamento è paramagnetico.

Per rendere conto della variazione dell'intensità di magnetizzazione di saturazione dei materiali ferromagnetici in funzione della temperaura, è necessario ammettere che vi siano due sole orientazioni fisicamente possibili fra i magnetici elementari: quella parallela e quella antiparallela al campo (la meccanica quantistica giustifica ed ampiamente questa ipotesi); inoltre si deve ammettere che il campo molecolare di Weiss soddisfi alla relazione:

ove, a differenza della [10], Jw denota una magnetizzazione che esiste anche se il campo esterno agente è nullo, essa si vuol chiamare "magnetizzazione spontanea". Il suo valore coincide con l'intensità Js di magnetizzazione di saturazione, quella cioè che si misura quando il campo esterno è sufficientemente elevato.

La prima ipotesi (due sole orientazioni possibili per i magnetini elementari) modifica la [7 bis] nella:

tenendo conto della [10 bis] e supponendo di avere portato il materiale a saturazione, si ottiene:

Il campo esterno H per quanto sia intenso è sempre trascurabile rispetto al campo molecolare, cosicché si può porre H = 0 nella (12 bis] senza sensibile errore; se poi si pone ancora:

e si tiene conto che il valore di Jw coincide con Js, si ottiene:

Nella fig. 3 sono riportate la curva teorica [13] e quelle ricavate sperimentalmente per alcuni materiali ferromagnetici. L'accordo è buono. La curva (A) di fig. 3 è quella che si sarebbe ottenuta se si fosse impiegata la [7 bis] in luogo della [12]. Come si vede, per rendere conto dei fatti sperimentali è necessario ammettere che due sole orientazioni di magnetini elementari rispetto al campo siano fisicamente possibili, e che il campo molecolare di Weiss soddisfi alla [10bis]. Questa ultima ipotesi costringe ad ammettere, come logica conseguenza, che l'intensità di magnetizzazione non è nulla anche se è nullo il campo esterno, come si vede immediatamente dalla [10bis]. Le considerazioni matematiche ora svolte ci inducono a familiarizzarci con una "magnetizzazione spontanea" sempre esistente in ogni frammento di materiale magnetico, che anche se l'esperienza fa conoscere la magnetizzazione come conseguenza dell'applicazione di un campo. Tuttavia rimane da spiegare il fatto che pezzi di materiale magnetico possano esistere allo stato neutro. Weiss ammette che in ogni frammento di materiale esistano delle regioni, denominate "dominî di Weiss" nelle quali l'intensità di magnetizzazione è quella data dalla [12] e funzione soltanto della temperatura. Quando il materiale è allo stato neutro (cioè non si ha magnetizzazione rilevabile macroscopicamente) vuol dire che la disposizione geometrica dei dominî è tale da dar luogo ad una magnetizzazione nulla. L'azione di un campo esterno tende a orientare i dominî (senza mutare peraltro l'intensità di magnetizzazione del singolo dominio) nella direzione del campo. A saturazione, tutti i dominî sono paralleli al campo, cosicché non è arbitrario ammettere che la Iw abbia valore eguale ad Js. Compare così l'effetto macroscopico (fig. 4; a e b).

Il motivo per il quale un pezzo di materiale non tende a trasformarsi in un dominio solo, non è ben noto; si ritiene sia dovuto a tensioni interne, impurezze, ecc.

Barkhausen nel 1919 è riuscito a dimostrare sperimentalmente l'esistenza dei dominî di Weiss. Su un filo di ferro (od altro materiale ferromagnetico) si infila una bobina di filo di rame nella quale le variazioni di magnetizzazione provocano delle correnti indotte; queste, amplificate opportunamente, sono applicate a un rivelatore (p. es. cuffia telefonica). Ebbene, se si magnetizza il filo di ferro, p. es., avvicinando un magnete permanente, si avverte in cuffia un caratteristico crepitio: la magnetizzazione avviene per salti bruschi detti "salti di Barkhausen", in modo discontinuo. Bozorth ed altri autori hanno misurato, da uno studio approfondito dell'effetto Barkhausen, la grandezza dei dominî di Weiss ed hanno trovato essere dell'ordine di 10-9 cm3. Esiste anche un metodo diverso, dovuto a Bitter, che rivela l'esistenza dei dominî. Se si lasciano depositare delle particelle di ossido di ferro (Fe2 O3) aventi il diametro di circa 10-4 cm. su una superficie ben levigata di una sezione di materiale ferromagnetico e poi si osserva al microscopio, si constata che le particelle si sono disposte in modo da addensarsi lungo linee ben determinate. Questo accade perché lungo la superficie di separazione di due dominî si ha un addensarsi del flusso e quindi un addensamento della polvere magnetica. In fig. 5 è riportata una fotografia ottenuta da Williams. Si supponga di avere due dominî l'uno vicino all'altro, con magnetizzazione diretta in senso opposto. Bloch ha dimostrato che per avere una configurazione stabile deve esistere una regione, compresa fra i due dominî, nella quale gli atomi hanno i momenti magnetici diretti in modo da ruotare progressivamente dalla direzione del primo dominio alla direzione del secondo. Bloch calcola che lo spessore di tali regioni, dette "muri di Bloch", è dell'ordine di circa 1000 diametri atomici. L'esistenza di tale regione di separazione fra dominio e dominio è di fondamentale importanza nello studio delle proprietà dei materiali sottoposti a valori di campo bassi rispetto al campo coercitivo e nella teoria del campo coercitivo.

Un altro fenomeno che tanta luce ha irradiato nella comprensione del ferromagnetismo è l'effetto giromagnetico. Per descriverlo è necessario richiamare alcune nozioni fondamentali. Un elettrone che descrive una orbita intorno al nucleo è equivalente ad una spira di filo conduttore percorso da corrente; quindi, per il principio di equivalenza fra lamine magnetiche e circuiti percorsi da corrente, al moto degli elettroni intorno al nucleo deve essere associato, oltre al momento meccanico della quantità di moto un momento magnetico. La teoria di Bohr dimostra che il momento magnetico deve sempre essere un multiplo intero di un momento magnetico elementare detto "magnetone di Bohr" ed eguale a:

(ove μ0 = permeabilità del vuoto, h = costante di Plank).

Il rapporto tra il momento meccanico della quantità di moto ed il momento magnetico, per un elettrone che descrive un'orbita intorno al nucleo, è:

Nel 1925 Goudsmit e Uhlenbeck, per spiegare la struttura degli spettri atomici, ammisero che ad ogni elettrone sia associato un momento magnetico eguale ad un magnetone di Bohr ed un momento meccanico eguale alla metà del più piccolo valore che esso può assumere per un elettrone, descrivente un'orbita intorno al nucleo, secondo la teoria di Bohr. (Ipotesi dell'elettrone rotante, o "spinning electron"). Ne segue che il rapporto tra il momento magnetico e quello meccanico per l'elettrone rotante è il doppio del rapporto analogo per i momenti originati dal moto degli elettroni intorno al nucleo.

Si consideri ora un atomo bruscamente immerso in un campo magnetico: esso tenderà a disporsi, col suo momento magnetico, parallelamente al campo; il suo momento meccanico subirà, come conseguenza, una brusca variazione di direzione e di conseguenza tutto l'atomo subirà una rotazione che tenderà ad opporsi alla variazione del momento. Questo effetto è detto "effetto giromagnetico".

Si consideri ora una sbarra di ferro sospesa ad un filo di quarzo. Se si fa agire bruscamente un campo magnetico (nella direzione del filo di sospensione) ne nasce, a causa dell'effetto giromagnetico, un momento torcente che tende a far ruotare la sbarra. Einstein ed Hass, Barret ed altri riuscirono a determinare sperimentalmente il rapporto giromagnetico. Per i materiali ferromagnetici il rapporto è, nei limiti degli errori sperimentali, eguale a due, in perfetto accordo con la teoria precedentemente riassunta. Ciò dimostra che responsabile del ferromagnetismo è il momento magnetico dovuto allo spin piuttosto che quello dovuto al moto orbitale degli elettroni. La teoria consente di prevedere per ogni tipo di materiale il valore del rapporto giromagnetico. Nel caso della pirrotina (Fe S) il valore sperimentale o,63 è in ottimo accordo col valore teorico 0,67. Questo significa inoltre che, in questo caso, il momento magnetico orbitale è in parte responsabile delle proprietà ferromagnetiche della pirrotina.

Considerazioni di meccanica quantistica costringono ad ammettere che lo spin può soltanto assumere due orientazioni: una parallela e l'altra antiparallela al campo. Ciò spiega perché, per essere in accordo coi fatti sperimentali, fu necessario ammettere, nel dedurre l'equazione [13] di Weiss-Langevin, due sole orientazioni possibili per i magnetini elementari. Riassumendo si può asserire che il valore 2 dell'effetto giromagnetico e la validità dell'equazione [13] sono i due motivi fondamentali che consentono di concludere che lo spin, e non il momento orbitale, è responsabile delle proprietà ferromagnetiche della materia. Ne segue che soltanto i materiali formati, almeno in parte, di atomi nei quali la somma degli spin dei singoli elettroni non è nulla, possono avere proprietà ferromagnetiche. Considerazioni di spettroscopia inducono ad ammettere che un numeroso gruppo di metalli, detti "metalli di transizione", abbiano incompleto l'anello elettronico dello stato 3d. (v. atomo; metallo; Spettroscopia). Questa deficienza determina, per così dire uno squilibrio di spin, e fa sì che l'atomo nel suo complesso non sia, riguardo allo spin, magneticamente neutro. Ma si incappa in un'ulteriore difficoltà. Perché soltanto alcuni, fra i metalli di transizione, hanno proprietà ferromagnetiche? La risposta a questa questione è stata data da Bethe (1933). Per comprenderne i risultati è necessario premettere la spiegazione data da Heisenberg (1928) del "campo molecolare di Weiss". Tutti i tentativi fatti per spiegare il campo molecolare di Weiss mediante la meccanica classica portarono a clamoroso insuccesso. Con la meccanica quantistica invece è possibile spiegare il fenomeno: il campo molecolare di Weiss risulta così essere la "forza di scambio" o di "risonanza" che nasce fra due atomi sufficientemente vicini a causa della indistinguibilità degli elettroni più esterni.

Per semplicità si considerino due atomi di idrogeno a distanza tale da potere, in prima approssimazione, trascurare l'azione reciproca perturbatrice. A causa dell'identità dei due elettroni esiste una probabilità finita, per gli elettroni, di scambiarsi di posizione fra i due atomi. Questo effetto quantistico, privo di corrispondenza in meccanica classica, determina in generale le forze che spiegano i legami chimici omopolari ed in particolare le forze che orientano parallelamente gli spin nei materiali ferromagnetici.

Bethe ha dimostrato che soltanto quando il rapporto tra il raggio (R) dell'atomo (o se si vuole la metà della distanza internucleare del cristallo) e il raggio (r) dell'anello incompleto 3d è superiore ad 1,5, un metallo di transizione ha comportamento ferromagnetico, cioè l'energia di scambio è tale da mantenere paralleli gli spin. In fig. 6 è riportata la curva calcolata da Bethe.

La teoria di Bethe rende conto del fatto che solidi cristallini sono ferromagnetici e che alcuni metalli di transizioni non ferromagnetici allo stato puro divengono ferromagnetici se in lega chimica con altri elementi (Leghe Heusler). L'effetto degli altri componenti è quello di spostare, in senso favorevole, il rapporto

fra raggio atomico e raggio dell'anello incompleto degli atomi ferromagnetici.

Stoner (1938) con un semplice ragionamento è riuscito a trovare la relazione che lega la temperatura di Curie all'energia di scambio. Da essa risulta che il punto di Curie può essere interpretato come quella temperatura alla quale l'energia termica, che tende a disporre in tutte le direzioni i singoli atomi magnetici, è sufficiente a vincere l'azione dell'energia di scambio che dispone gli atomi con gli spin paralleli.

I fatti descritti sono di fondamentale importanza per comprendere l'intima natura del ferromagnetismo. Giova riassumerli brevissimamente. Responsabile del ferromagnetismo è il momento magnetico dovuto agli "spin" degli elettroni, e non ai momenti orbitali; lo dimostra il valore eguale a due dell'effetto giromagnetico e la curva di Weiss-Langevin, la quale rende conto dei fatti sperimentali soltanto se si ammette che, per ogni magnetino elementare, siano possibili due orientazioni. In ogni frammento di materiale ferromagnetico esistono delle regioni, denominate dominî di Weiss, nelle quali l'intensità di magnetizzazione è quella massima che compete a quella data temperatura. Se il materiale è allo stato neutro vuol dire che la disposizione dei dominî è tale da dar luogo ad una magnetizzazione nulla. L'effetto Barkhausen dimostra l'esistenza di tali regioni: la magnetizzazione infatti avviene per salti bruschi, con discontinuità. Il campo molecolare di Weiss non può essere interpretato dalla fisica classica: esso è dovuto alle cosidette forze di scambio, la cui natura è giustificata soltanto dalla meccanica quantistica.

Nella teoria di Weiss-Langevin ci si discosta dalla realtà; non si tiene alcun conto, ad esempio, che i materiali magnetici non sono amorfi, ma, al contrario, hanno struttura cristallina, che in essi sono normalmente presenti tensioni meccaniche interne. Non deve pertanto stupire se detta teoria riesce a render conto soltanto di uno, la variazione della intensità di magnetizzazione di saturazione in funzione della temperatura, della vasta serie dei fenomeni magnetici.

Effetti magneto-elastici. - Quando un materiale passa dallo stato neutro ad uno stato magnetizzato si osserva variazione di lunghezza. Tale fenomeno va sotto il nome di magnetostrizione. La variazione relativa di lunghezza

è dell'ordine di grandezza di 10-4 ÷ 10-5, e si chiama coefficiente di magnetostrizione; in generale è funzione della intensità di magnetizzazzione.

Si dice che la magnetostrizione è positiva quando la magnetizzazione provoca aumento di lunghezza, negativa nel caso contrario. Ad esempio il nichelio ha magnetostrizione negativa, la lega di ferro al 68% di nichelio, magnetostrizione positiva. Il ferro ha magnetostrizione negativa in campi alti, positiva in campi bassi.

Si osserva anche il fenomeno inverso: una tensione aumenta la magnetizzazione se la magnetostrizione è positiva, la diminuisce se negativa. Una compressione fa l'effetto contrario. Se si opera su un monoscristallo si osserva che la costante di magnetostrizione varia al variare della direzione cristallografica secondo la quale si esperimenta. Per i monoscristalli di ferro ad esempio, al variare della direzione varia anche il segno della magnetostrizione: positiva (100), negativa (111). Vedi fig. 7.

Di natura analoga è l'effetto magneto-resistivo. La resistività è funzione dell'intensità di magnetizzazione. Normalmente essa cresce di qualche per cento se il materiale è portato a saturazione. Anche una tensione meccanica produce variazione di resistività: effetto elastico-resistivo. Per interpretare i fenomeni magneto-elastici è necessario descrivere, sia pur brevemente, le proprietà dei monoscristalli ferro-magnetici.

Se si rileva sperimentalmente la curva di magnetizzazione secondo diverse direzioni cristallografiche si osserva anisotropia. Le curve di fig. 8 relative ad un monocristallo di ferro e di nichelio illustrano chiaramente i fatti. Ne segue che per far ruotare il vettore J, intensità di magnetizzazione, da una data direzione ad un'altra occorre spendere un lavoro che, si dimostra facilmente, è eguale all'area racchiusa dalle corrispondenti curve J = f (H).

Per ogni cristallo può essere definita una costante K che risulta eguale a quattro volte l'area racchiusa dalle curve J = f (H) per le due direzioni (100) e (110). Detta costante è nota sotto il nome di costante di anisotropia ed è di fondamentale importanza. A bassi valori di K corrispondono piccole aree del ciclo di isteresi e quindi basse perdite; normalmente sia la permeabilità massima sia quella iniziale crescono al diminuire di K. Per il ferro si ha K = 4,3.104 joule/m3, per il mchelio −3,7.103, per il ferro con 3,8% di silicio, 2,80.104.

Nel grafico di fig. 10 sono riportati i valori della costante di anisotropia per le leghe del ferro nichelio. Si osservi che K è eguale a zero per lega al 70% di Nichelio. L'elevata qualità di alcuni tipi di "Permalloy" nome col quale si indicano molte leghe al Fe-Ni) è dovuto essenzialmente al basso valore della costante di anisotropia.

I risultati fondamentali della "teoria dei dominî", sviluppata principalmente da Akulow e Kersten, indicano che sotto l'effetto di una tensione meccanica, l'intensità di magnetizzazione spontanea, o meglio i singoli dominî, tendono a spostarsi in direzione parallela o perpendicolare alla trazione secondo che il segno della costante di magnetostrizione è positivo o negativo. Le conclusioni date sono anche valide per materiali policristallini. Lo schema riportato nella fig. 4; c, d, e, f illustra chiaramente le considerazioni che sono state qui svolte.

Se si calcola, a mezzo delle formule date dalla teoria dei dominî, la permeabilità iniziale, si ottengono valori alcune centinaia di volte più piccoli di quelli osservati sperimentalmente. Per rendere conto dei fatti sperimentali, se il campo agente esterno è circa 1/5 del campo coercitivo massimo, occorre ammettere che non si abbia brusco cambio di direzione dei dominî, bensì uno spostamento dei muri di Block che determinano un accrescimento delle dimensioni dei dominî già orientati in direzione del campo rispetto a quelli nei quali la magnetizzazione è perpendicolare al campo: un dominio di Weiss si accresce rispetto all'altro.

Caratteristica, per i materiali sollecitati a bassi valori di campo, è la legge di lord Rayleigh (1887): il luogo dei vertici dei cicli simmetrci di interessi descritti intorno all'origine per valori di campo compresi tra −H1 e +H1 è dato dall'espressione:

La permeabilità in funzione del campo è espressa dalla:

Soltanto pochissimi materiali anomali fanno eccezione. Nel (1942) è riuscito a dimostrare, col solo ausilio della meccanica statistica classica, che una porzione infinitesima di materiale magnetico costituito da due dominî elementari separati fra loro da una parete (muro di Bloch) segue la legge di Rayleigh. Nel 1948 è poi stato verificato sperimentalmente che tale legge vale soltanto fino a che il campo magnetico esterno è così basso da non produrre variazione brusca di direzione dei dominî. Le conoscenze teoriche sul comportamento dei materiali in campi bassi sono, a tutt'oggi, ben lungi dall'essere complete.

Le considerazioni esposte possono essere utilmente sfruttate per interpretare, qualitativamente, la curva normale di magnetizzazione; essa è definita come il luogo dei vertici superiori dei cicli di isteresi simmetrici che vengono descritti aumentando via via il valore massimo del campo. Questa curva il cui andamento è riportato in fig. 9, può essere divisa in tre parti a ciascuna delle quali corrisponde un meccanismo fisico di magnetizzazione sostanzialmente diverso. Nella prima parte, ove il materiale è sollecitato a bassi valori di campo, l'andamento è parabolico, vale la legge di Rayleigh, ed il meccanismo di magnetizzazione avviene per spostamento delle pareti di Bloch: i dominî orientati parallelamente al campo crescono a spese di quelli orientati a 90° ed a 180°. Nella seconda parte si ha brusca variazione di direzione dei dominî, nella terza ogni dominio ruota senza discontinuità e reversibilmente intorno a se stesso per disporsi al limite, parallelamente al campo. Lo schema di fig. 9 chiarisce questa interpretazione dei fatti. Le zone intermedie fra una regione e l'altra sono indicate con tratti: in esse una frazione del materiale segue un tipo di meccanismo di magnetizzazione, la rimanente frazione, un'altra.

Variazioni di magnetizzazione nel tempo. - I materiali magnetici sono soggetti ad invecchiamento. Col passare degli anni, peggiora la qualità, in modo permanente. Questo fatto, viene attribuito a lente alterazioni strutturali. Accanto a questi cambiamenti che avvengono nei periodi di tempo dell'ordine dell'anno è bene ricordare variazioni che hanno periodo molto più breve, e che non sono legate a variazioni strutturali e sono riproducibili. Se si sollecita un materiale ad un dato valore di campo occorre un certo tempo prima che si raggiunga un valore stabile di magnetizzazione. In altri termini ad un rapido cambiamento di H corrisponde un cambio di magnetizzazione che dipende dal tempo.

L'ordine di grandezza del tempo impiegato per raggiungere il valore stabile di J varia da 1/10 di secondo a 30 minuti primi, a seconda del tipo di materiale e della temperatura alla quale si trova.

Effetti magneto-termici. - Il coefficiente di espansione termica è anomalo, per i materiali ferromagnetici, nelle vicinanze del punto di Curie. L'effetto può essere considerato come il risultato della somma di un'espansione magnetica a quella normale.

In fig. 11 è riportato l'andamento del coefficiente di espansione termica per il nichelio e per alcune leghe di ferro-nichelio. Caratteristico il comportamento dell'invar, lega di ferro al 40% circa di nichelio. Tale materiale ha coefficiente di espansione termica nullo tra 0° e 400° C circa. Questa proprietà caratteristica è ampiamente sfruttata nella tecnica.

Anche il calore specifico ha comportamento anomalo nelle vicinanze del punto di Curie. Applicando opportunamente il primo principio della termodinamica si ottiene la seguente relazione che lega la variazione di calore specifico alla temperatura T:

σH e σJ sono rispettivamente i calori specifici a campo costante ed a intensità di magnetizzazione costante. Come si vede il massimo di variazione si avrà quando sarà massima la funzione

cioè, come si vede nella fig. 6, nella vicinanza del punto di Curie. In fig. 12 è descritto il comportamento del nichelio.

Se si magnetizza un materiale termicamente isolato si nota un aumento di temperatura (effetto magneto-calorico). Il contrario accade se si smagnetizza. La relazione quantitativa si ottiene applicando anche in questo caso il primo principio della termodinamica.

Si ha:

La variazione massima si avrà nelle vicinanze del punto di Curie, poiché ivi è massima la

Per il nichelio vedi fig. 13.

L'inverso di quests fenomeno è utilizzato per raggiungere le più basse temperature.

La temperatura influisce notevolmente sulle proprietà magnetiche. In fig. 14 sono riportati varî cicli di isteresi del ferro corrispondenti a diverse temperature.

Come appare chiaramente da quanto esposto fin qui, non esiste a tutto oggi una teoria completa che descriva e permetta la previsione quantitativa di tutti i fenomeni magnetici. Di volta in volta per inquadrare questo o quel fenomeno si applicano i varî principî fondamentali della fisica. Allo stato attuale molti fenomeni, particolarmente quelli che accadono in campi bassi, non si riescono ad interpretare nemmeno qualitativamente. Né è possibile "progettare" una lega che abbia caratteristiche volute. Ciò non ostante sarebbe miope giudizio ritenere prive di utilità per la tecnica le conoscenze teoriche faticosamente acquisite. Esse infatti servono per indirizzare la ricerca sperimentale e far scegliere le vie di più probabile successo tra le infinite astrattamente possibili. Per esempio chi volesse accingersi a costruire nuove leghe di tipo Heusler è ovvio che farebbe cosa stolta se non si limitasse a ricercare fra quelle che contengono un metallo di transizione. Se infatti tutti gli atomi componenti hanno la risultante degli spin nulla, è vano sperare di ottenere proprietà ferromagnetiche.

Per ridurre le perdite per correnti parassite nei nuclei sottoposti a campi alternati si usano lamierini con il loro piano contenente la lunghezza disposto nella direzione del campo magnetico.

Perdite in corrente alternata. - Gli spessori di laminazione sono normalmente compresi fra 0,5 e 0,35 mm. per frequenze acustiche e recentemente si è giunti fino a 3 micron (i micron = 1-6 m) per frequenze fino ad alcuni milioni dì Hertz. Effetto analogo si può ottenere polverizzando il materiale in forma di piccole sfere del diametro compreso, come ordine di grandezza, tra 1 e 10 micron e comprimendolo, nella forma voluta, con adatta sostanza legante.

Le permeabilità del complesso è inferiore a quella del materiale poiché la parte isolante, disposta normalmente al campo, equivale ad un intraferro che interrompe la continuità del circuito magnetico. Però il traferro tra particella e particella fa sí che questi materiali hanno permeabilità praticamente costante al variare del campo.

Materiali siffatti con μ ~ 150 μH/m sono normalmente usati in telefonia; con μ ~ 10 μ per frequenze fino a circa 50 MHz.

Altro modo per díminuire le perdite è quello di aumentare la resistività adoperando, in luogo di un elememo ferromagnetico allo stato puro, una sua lega convenientemente studiata.

Se si sommano le perdite per isteresi e quelle per correnti parassite si osserva che sono inferiori alle perdite totali sperimentalmente misurate. Queste perdite aggiuntive si sogliono chiamare "perdite residue". L'origine delle perdite residue non è nota.

Permeabilita in corrente alternata. - Si è già detto che un materiale magnetico sottoposto a campo alternato è sede di correnti elettriche indotte e se ne è valutato l'effetto nel computo dell'energia che si trasforma in calore e va dispersa nell'ambiente circostante. Ma anche le permeabilità globale del campione di materiale ne viene alterata. Infatti queste correnti parassite generano un campo magnetico che si oppone a quello applicato al nucleo. Ne segue ehe per ottenere lo stesso valore di induzione è necessario aumentare il campo applicato agente per vincere la reazione del campo parassita prodotto dalle correnti di Foucault. Se si ricorda la definizione di permeabilità:

appare chiaro che le cose vanno come se la permeabilità apparente del campione fosse diminuita. Ben si intende che con H si è indicato il valore del campo applicato e non il valore del campo effettivamente agente. In altre parole l'azione del campo perturbatore è quella di fare assumere alla permeabilità globale un valore inferiore al valore che si avrebbe in assenza di correnti parassite.

Giova osservare che nella considerazione precedentemente esposta non si è postulata nessuna modificazione del "meccanismo della magnetizzazione". I più moderni autori sono concordi nel ritenere che queste ipotesi sono valide fino a che il campo agente ha valori di frequenza inferiori a circa 300 MHz. Si ritiene oggi che tutte le anomalie segnalate da alcuni studiosi siano dovute ad errori di misura.

Molto diversamente vanno le cose quando la frequenza del campo agente supera i 300 MHz, in questo caso infatti si manifesta una progressiva diminuzione intrinseca della permeabilità. In altre parole il valore della permeabilità diminuirebbe anche se non esiste il campo di reazione prodotto dalle correnti parassite.

R. Becker ha svolto una teoria che spiega sufficientemente bene i fattí osservati. Egli postula che l'azione delle correnti sia equivalente ad un'azione frenante i processi di magnetizzazione. I risultati sperimentali sono, a tutt'oggi, frammentarî ed incompleti, ma si può tuttavia asserire che essi confermano qualitativamente le previsioni teoriche.

Materiali magnetici di uso tecnico. - In commercio si trova il ferro silicio in lamiere di spessori compresi tra 0,1 ed 1 millimetro. Gli spessori normalmente usati sono 0,35 e 0,5 millimetri, soltanto per usi speciali si adottano spessori diversi. In fig. 15 sono riportate le perdite totali in Watt per chilogrammo per lamiere di spessore 0,5 e 0,35 mm. alla frequenza di 50 Hz ed all'induzione di 1 Wb/m2 in funzione della percentuale di silicio. La permeabilità massima varia tra 4000 ÷ 8000 microHenry/metro circa per contenuti di silicio compresi tra 0,5% ed il 4%.

Nei trasformatori è conveniente utilizzare leghe al ferro silicio anisotrope aventi cioè in una ben determinata direzione, e soltanto in questa, più elevata permeabilità e più basse perdite della corrispondente lega non direzionale. La permeabilità è superiore dal 20% al 100% secondo il valore dell'induzione; le perdite sono inferiori di circa il 30% della lamiera corrispondente non direzionale. Tali materiali sono stati posti in commercio in questi ultimi anni.

Il ferro puro trova utili applicazioni se ricavato dal ferro carbonile; in questo caso infatti si presenta in forme di piccole sferette del diametro compreso tra 1 e 10 micron. Opportunamente compresso insieme a piccole percentuali di adatto materiale isolante dà luogo ad un materiale magnetico particolarmente idoneo per essere impiegato anche a radio frequenza. I motivi di questo comportamento sono già stati spiegati quando si sono trattate le perdite per correnti parassite.

Leghe al ferro-nichelio. - Le leghe al ferro-nichelio hanno notevole interesse scientifico e pratico. Esse sono principalmente impiegate nella tecnica delle telecomunicazioni, ma rendono utili servizî anche nei trasformatori di misura, nei magnetometri, nelle mine magnetiche, nei Radar.

I primi a studiarne le proprietà furono Arnold ed Elmen intorno al 1920. Esse sono caratterizzate dal fatto di avere elevata permeabilità sia iniziale sia massima e cicli di isteresi di piccola area. La loro preparazione presenta notevoli difficoltà. Occorre partire da elementi particolarmente puri e fondere in vuoto per evitare occlusioni di gas. Anche traccie di impurezze possono peggiorare notevolmente le proprietà. Normalmente sono ricotte in ambiente condizionato. Particolare importanza ha la velocità di raffreddamento (fig. 16).

Nel grafico di fig. 17 è riportato il valore di induzione in funzione della percentuale di nichelio per determinati valori di campo.

In tab. 3 redatta da Bozorth sono riportati i parametri caratteristici delle più importanti leghe usate.

Le leghe binarie al 40 ÷ 50% di nichelio sono economiche, di caratteristiche buone ma non eccellenti. L'Hypernick, lega al 45% di Ni ha elevata permeabilità anche se sollecitata ad elevati valori di campo.

Le leghe ternarie con un contenuto di nichelio compreso tra il 70 ÷ 80% e con piccole aggiunte di Mo, Cr, Cu, Mn, Co (comprese tra il 0,5 ÷ 5%) sono più costose delle precedenti ma in compenso hanno proprietà molto migliori. La causa di questo comportamento trova la sua ragione nel fatto che il coefficiente di magnetostrizione è praticamente nullo. Fra queste ricordiamo il "Supermalloy", lega dal 79 Ni, 5 Mo, 15 Fe, 0,5 Mn ricotta a 1300° C in idrogeno e raffreddata con particolari modalità. Le perdite per isteresi sono eccezionalmente piccole 0,003 W/k e la permeabilità eccezionalmente elevata oltre 1.000.000 di microHenry/metro. Fu prodotta per la prima volta durante la guerra, nei laboratorî della Bell Telefone Company, da Bozorth.

Alcune di queste leghe vengono anche finemente suddivise per essere utilizzate nelle costruzioni di nuclei compressi nelle forme volute.

Altre vengono ridotte in lamine molto sottili. Il Supermalloy è stato ridotto in nastri della larghezza variabile tra 3 e 30 mm. ed in spessori che variano tra 350 ÷ 3 micron (i micron = 10-3 mm.). Al diminuire dello spessore peggiorano le qualità magnetiche del materiale. Questi nastri vengono isolati deponendo della silice per via cataforetica. Lo spessore dell'isolante è così piccolo che si sono ottenuti coefficienti di riempimento di circa 0,8.

Leghe al ferro-cobalto. - Le proprietà delle leghe al ferro cobalto sono riassunte nel grafico di fig. 18. Sorprendente, e non ancora spiegato, è il fatto che alcune di queste leghe possono raggiungere intensità di magnetizzazione più elevata, fino a 2,4 Wb/m2, di quella dei singoli componenti. La lega al 50% nota sotto il nome di "Permendur" è normalmente usata per espansioni polari dei magneti permanenti. L'aggiunta del 2% di vanadio consente la lavorazione meccanica in lamiere sottili.

Leghe al ferro-nichelio-cobalto. - Alcune leghe al ferro-nichelio-cobalto hanno permeabilità indipendente in un ampio intervallo di campo. Se vengono trattate termicamente sotto l'azione di un campo magnetico, presentano permeabilità costante fino a valori di campo dell'ordine di 300 Asp/m.; cicli rettangolari in alti campi di area estremamente ridotta.

Ferriti. - Particolare interesse presentano le proprietà magnetiche delle ferriti Con il nome di Ferrite si intenderà nel seguito un ossido di ferro, la cui formula chimica è del tipo: MFe2O4 ove M sta per il simbolo di un metallo bivalente, la cui struttura eristallina è uguale a quella dello "spinello". Lo spinello MgAl2O4 è un minerale che cristallizza nel sistema cubico.

Snoek (1946) ricercatore nei laboratorî di Fisica della Philips ha per primo trovato che un materiale costituito da cristalli composti di ferriti magnetiche e non magnetiche (quali la ferrite di zinco Zn Fe2 O4 e la ferrite di Cadmio Cd Fe2 O4) presentano peculiari proprietà magnetiche. La permeabilità iniziale è elevata e può raggiungere valori compresi tra 1000 ÷ 1500μ H/m. La resistività è elevatissima dell'ordine di 105/m. Permeabilità così elevate si possono ottenere sfruttando il fatto che miscele di ferriti differenti consentono di ottenere magnetostrizione sia positiva sia negativa; con opportuno dosaggio si può facilmente ottenere magnetostrizione pressappoco eguale a zero e quindi elevate permeabilità iniziali. La Philips produce nuclei di forme diverse di siffatti materiali. Il nome commerciale è Ferro cube.

Leghe per magneti permanenti. - La caratteristica fondamentale dei materiali per magneti permanenti è di avere elevato valore del campo coercitivo, dell'induzione residua, e del prodotto BH. Kersten ha dimostrato teoricamente che per ottenere siffatta caratteristica è necessario che, nell'interno del materiale, vi siano da punto a punto, elevate variazioni dell'energia, per unità di superficie, dei muri di Block. Questo si può ottenere sia agendo sulla superficie (facendo in modo che da punto a punto varî notevolmente la superficie) sia agendo sulla energia specifica dei muri. Tutti gli acciai per magneti contenenti anche piccole percentuali di carbonio appartengono al secondo tipo. Con opportuni trattamenti termici si fa sì che si abbia struttura martensitica (a reticolo cubico centrato deformato). La deformazione provoca elevate tensioni interne e forti variazioni di energia specifica dei muri di Block, da punto a punto.

Un altro gruppo di acciai contenenti Fe-Al-Ni, più piccole percentuali di Co, Ti, od altri elementi deve le sue proprietà al fatto che uno dei componenti si trova finemente disperso in forma di piccolissime particelle in una matrice di altro tipo. Queste particelle disposte a caso ed irregolarmente favoriscono la formazione dei muri di Block che vengono così ad avere superfici diverse, da punto a punto, nell'interno del materiale; si ottiene pertanto la condizione necessaria per avere elevato campo coercitivo. Recentemente sono state introdotte in commercio leghe anisotrope per magneti permanenti. Essi si ottengono trattando termicamente in campo magnetico gli acciai al Fe-Al-Ni. Si ottengono così, in una direzione preferenziale, valori particolarmente elevati dell'induzione residua. Nella tabella 4 (Bozorth) si riportano le caratteristiche principali dei materiali per magneti permanenti e l'anno del loro primo impiego.

Leghe Heusler. - Le leghe Heusler scoperte nel 1903 hanno prevalentemente interesse scientifico. Sono costituite da elementi che presi isolatamente non sono ferromagnetici. La spiegazione teorica di questo fatto è già stata data. Fra i diversi tipi giova ricordare la lega di Potter (1931), commercialmente nota sotto il nome di Silmanal; la formula chimica è Ag5 Mn Al, le sue caratteristiche magnetiche sono Br = o,05 Wb/m2; Hc = 40.000 Asp/m.; (B. H)M = 500 Joule/m3.

Per le misure magnetiche v.: elettriche, misure.

Magnetismo terrestre (XXI, p. 928).

Negli ultimi 15 anni la maggiore attenzione è stata dedicata allo studio delle variazioni diurne del campo magnetico terrestre: lo stato attuale della questione può essere riassunto come segue. È noto dalla analisi armonica delle variazioni diurne che circa due terzi o tre quarti di esse hanno cause esterne alla terra.

Il sole è troppo lontano dalla terra per avere un effetto magnetico diretto, e quindi si è constatato che la causa più logica di carattere esterno è costituita da un sistema di correnti elettriche nell'alta atmosfera. Le variazioni di queste correnti esterne inducono correnti entro la terra, che forniscono la causa interna del rimanente quarto della variazione diurna. Il sistema di correnti che potrebbe dar conto della variazione media diurna corrisponderebbe allo schema della fig. 19. Nell'emisfero nord sulla parte illuminata le correnti ruotano in senso antiorario, viste dal sole. Il sistema è fisso rispetto alla congiungente della terra col sole, mentre la terra ruota sotto di esso.

L'altezza delle correnti stesse si deduce dallo studio della ionosfera e delle sue relazioni con la trasmissione delle onde elettromagnetiche (v. ionosfera, in questa App.)

La ionosfera si comporterebbe come un conduttore che, muovendosi rispetto al campo terrestre, diventa sede di correnti indotte formate dagli ioni deviati dal campo terrestre dalla loro traiettoria iniziale.

Su tale moto iniziale esistono tre teorie che probabilmente trovano simultanea applicazione: a) la teoria della dinamo (Balfour-Stewart, 1882; Schuster, e altri) che ascrive il moto iniziale degli ioni alle masse termiche e newtoniane determinate dal sole e dalla luna, con intervento di fenomeni di risonanza, a cui sarebbero dovute le correnti di fig.1, e attribuisce l'effetto magnetico al sistema di correnti risultanti nelle regioni di minor cammino libero (e cioè sotto i 100 km.); b) la teoria diamagnetica di Ross Gunn, che attribuisce il moto degli ioni all'agitazione termica; c) la teoria di S. Chapman, che lo attribuisce, oltre che alle cause della teoria della dinamo, anche a forze gravitazionali ed elettriche agenti nell'atmosfera.

Per mezzo di osservazioni simultanee, spettroeliografiche, radio e magnetiche, si è trovato che un'eruzione cromosferica del sole può essere accompagnata da fenomeni di fading e da perturbazioni magnetiche. Si tratta di effetti di breve durata, inferiori ad un'ora, e per il 60% inferiori a 15 minuti, che avvengono solo nell'emisfero illuminato, e hanno la massima intensità dove il sole ha una distanza zenitale inferiore ai 30°. Anche questi effetti risultano della stessa natura delle variazioni diurne, cioè dovuti alla luce ultravioletta del sole. La ionizzazione delle regioni F1 e F2 rimane inalterata durante questi fading; al contrario nello strato E avvengono delle variazioni assai sensibili: ambedue i fenomeni sarebbero dovuti a un sistema di correnti nello strato E o sotto di esso, circa tra i 60 e i 100 chilometri.

Questi studî confermati da ciò che avviene durante le eclissi sia nel campo magnetico sia nel campo delle trasmissioni radiotelegrafiche, vengono proseguiti attraverso una nuova classificazione della attività magnetica. Questa viene ora espressa (dal 1939 in poi) mediante l'indice di variabilità trioraria K: ad ogni intervallo di tre ore (di T M G) si assegna una cifra da 0 a 9 destinata a esprimere che, durante l'intervallo, le variazioni dell'elemento più perturbato del campo terrestre si sono svolte entro certi limiti, scelti in modo, per ciascun osservatorio magnetico, che, durante un conveniente periodo di anni, tutti gli osservatorî presentino la stessa frequenza di numeri K superiori a 4, tenuto conto della normale ampiezza della variazione diurna nell'osservatorio stesso. Naturalmente poiché, come noto, tale ampiezza normale è diversa nei varî anni, la misura è in parte soggettiva. Sembra però che questo modo di procedere sia esente dai difetti che presentava la vecchia classificazione finora in uso (cifra internazionale: 0, 1, 2).

Progressi notevoli attualmente si registrono anche nei confronti degli strumenti di misura del campo magnetico terrestre, con l'introduzione di nuovi strumenti, a induzione, derivati immediatamente da applicazioni belliche (ricerca di sommergibili immersi, di mine, ecc.); per i quali si rimanda, per ora, alla letteratura corrente.

Durante la seconda Guerra mondiale, alle perturbazioni locali del campo magnetico terrestre prodotte dal ferro delle navi e dal campo magnetico proprio che le accompagna, è stato affidato il compito di agire su variometri locali contenuti in mine deposte sul fondo del mare o in siluri (detti magnetici), in modo da provocarne lo scoppio al passaggio delle navi stesse.

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