Pantaleóni, Maffeo

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Economista e uomo politico (Frascati 1857 - Milano 1924), figlio di Diomede. Rielaboratore geniale della scuola marginalistica austriaca, nella sua prosa, economica e politica, breve, nuda, tagliente, vi è aderenza perfetta della forma al contenuto. Diagnosi acutissime, smascheramenti senza pietà, intuizioni felici sono le caratteristiche di P. giornalista e politico. E giornalista di classe fu, anche per la visione realistica e sintetica degli avvenimenti. Come a P. economista non può porsi un'etichetta di scuola, così il suo pensiero non è riducibile a schema. Pensiero vasto e umano, che può intendersi e valutarsi solo attraverso la conoscenza diretta e che ha soprattutto il grande pregio di stimolare il pensiero altrui. Le sue opere, trattino di economia pura o applicata, di scienza delle finanze o di politica, costituiscono sempre un apporto personalissimo.

Vita e attività

Dopo aver compiuto gli studi classici a Potsdam (Berlino), si laureò in diritto all'università di Roma (1881). Poliglotta e fornito di vasta cultura classica, si dedicò agli studi economico-finanziari e nel 1884 prese la libera docenza in scienza delle finanze. Prof. nelle univ. di Camerino, Macerata, Venezia, Bari, Napoli, Ginevra, Pavia e (dal 1901) Roma; socio corrispondente dei Lincei (1892). Deputato radicale nel 1901, approdato in seguito al nazionalismo, fu interventista e, dopo Caporetto, fondò il Fascio parlamentare di difesa nazionale, contro i partiti sovversivi e pacifisti; finita la guerra, fu tra i massimi difensori della vittoria. Diresse le finanze dello Stato libero di Fiume con G. d'Annunzio, visse un periodo d'intensa passione e di lotta e gli articoli di quegli anni (in parte raccolti: Tra le incognite, 1917; Note in margine alla guerra, 1917; Politica: criteri e eventi, 1918; La fine provvisoria di un'epopea, 1919; Bolscevismo italiano, 1922) testimoniano la sua passione politica. Senatore nel 1923, presiedette il Comitato per le economie e quello per la ricostruzione finanziaria della Repubblica austriaca. Come economista non appartenne a nessuna scuola, sebbene sia stato spesso classificato tra i massimi assertori dell'edonismo e apprezzato come rielaboratore geniale della scuola marginalistica austriaca. Lo sforzo di aderenza alla realtà fu in lui costante e la stessa economia pura fu da lui considerata strumento per lo studio del fenomeno storico, di cui il fenomeno economico è soltanto un aspetto. Tra le opere che inaugurano lo studio sistematico delle teorie finanziarie nelle loro ripercussioni economiche ricordiamo: Teoria della traslazione dei tributi (1882); Contributo alla teoria del riparto delle spese pubbliche (in Rassegna italiana, 1883); Teoria della pressione tributaria (1887); Identità della pressione teorica di qualunque imposta a parità di ammontare e la sua semeiotica (1910). Inoltre: Dell'ammontare probabile della ricchezza in Italia (1884) e gli articoli su argomenti affini (in Giornale degli economisti, 1890 e 1891), che contribuirono alla formazione della scuola statistica italiana; Principi di economia pura (1889, 3a ed., 1931), che, sulla base della premessa edonistica e attraverso una magistrale attuazione del metodo deduttivo, espongono organicamente il problema del valore, conciliando con sintesi geniale gli apporti di H. Gossen, K. Menger e A. Marshall con la teoria ricardiana del costo di produzione; numerosi saggi di economia teorica e applicata, di sociologia e di finanza, raccolti in gran parte in Scritti vari di economia (3 voll., 1904-1910) e in Erotemi di economia (2 voll., 1925), che meglio di tutti forse permettono di apprezzare il poliedrico ingegno di Pantaleoni.

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