MADRID

Enciclopedia Italiana (1934)

MADRID (A. T., 37-38)

Giuseppe CARACI
José F. RAFOLS
Carlo BOSELLI
Higinio ANGLES
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Carlo MORANDI

Capitale della Repubblica spagnola e in pari tempo di una delle provincie della Nuova Castiglia: coordinate geografiche: 40°24′ 30″ lat. N. e 3° 41′ 16″ long. O. (Osservatorio astronomico); altezza s. m. tra i due estremi: 580 m. (Chiesa de la Virgen del Puerto) e 694 m. (Deposito dell'acqua).

La città sorge sopra un ampio altipiano arido, poco ondulato, al limite nord-occidentale della Nuova Castiglia, dove le alluvioni quaternarie, strappate alle pendici meridionali della Sierra de Guadarrama vengono a contatto con le sabbie, le argille e le marne gessose mioceniche, onde risulta la larga zona fra il bacino superiore del Tago e lo Júcar. Il contatto è segnato dal corso del Manzanares, che confluisce nel Tago per lo Jarama, e il Manzanares - qui più torrente che fiume, e quasi del tutto a secco d'estate - lambisce la città da ponente e da scirocco. Madrid è posta quasi esattamente al centro della penisola iberica, ed è la capitale più alta d'Europa.

Il primo ricordo del nome (Magerit) ricorre nelle fonti storiche sotto l'anno 931, quando il re leonese Ramiro, in una delle sue scorrerie, saccheggiò e distrusse le mura di quella che evidentemente doveva essere una fortezza musulmana (arabo magrīṭ di significato controverso, connesso forse con etimo che allude alla presenza di un piccolo corso d'acqua). L'origine dell'insediamento è secondo ogni verosimiglianza in rapporto con la posizione favorevole che il luogo offriva all'impianto di una cittadella (Almudaina [ar. al-mudainah]) sulla strada che, sboccando dai colli della Sierra de Guadarrama, adduce a Toledo. Gl'intagli relativamente profondi (in media una sessantina di m.), e con pareti a picco, che il Manzanares e i torrentelli ond'è alimentato si aprono nel piano su cui si è sviluppata la città si prestavano bene a tale scopo, ma, appunto per questo, il piccolo centro abitato (Almedina) che vi si era andato formando (compreso all'ingrosso fra i giardini dell'ex-palazzo reale, la P. de Moros, la P. de Isabel II e la P. de Oriente d'oggi) non poté, una volta riconquistata Toledo sotto Alfonso VI, assumere una vera importanza, se non quando, alla fine del Medioevo, cominciò ad essere frequentato come sede della corte di Castiglia (sotto Enrico II, Giovanni II ed Enrico IV). Con tutto ciò, è probabile che Madrid non oltrepassasse ancora i 25 mila ab. alla metà del sec. XVI, quando Carlo V ne fece trasformare in palazzo la vecchia fortezza: l'ampiezza della citta si può misurare dal decorso delle mura - costruite alla fine del sec. XIII e oggi del tutto scomparse - che si estendevano verso N. fino alla P. de S. Domingo, toccavano a E. la Puerta del Sol e si spingevano fino all'attuale Plaza Anton Martin, lungo la strada che adduceva all'eremo della Vergine di Atocha.

Con Filippo II, che trasferì (1561) a Madrid da Toledo la capitale del regno, s'inizia un periodo di rapido sviluppo, sì che al principio del sec. XVII la città oltrepassava ormai i 100 mila abit., ma solo con Carlo III (1759-88) si provvede a una radicale trasformazione del vecchio centro, il cui accrescimento s'era compiuto piuttosto disordinatamente (e per questo appunto la città è descritta dai viaggiatori del tempo come un povero e sudicio aggregato di case, senza alcun interesse artistico, con strade tortuose e mal tenute). Con i Borboni l'opera di urbanizzazione determina quelli che per un secolo e mezzo saranno i caratteri della nuova capitale, finalmente dotata di edifici architettonici (palazzo reale, dogana, Ospedale generale, Puerta de Alcalá), di strade ben curate e provviste di illuminazione, di parchi (Prado, Retiro), di viali (paseos de las Delicias, de S. Vicente), di servizî pubblici e tendente verso una più attiva partecipazione economica alla vita della nazione (nel 1720 viene impiantata in Madrid una manifattura di tappeti, nel 1759 una fabbrica di porcellane, condotta da operai italiani). Con la fine del sec. XIX e il principio dell'attuale, l'aumento della popolazione madrilena assume un ritmo ancora più rapido, perciò i vecchi limiti amministrativi (che risalivano in sostanza al 1625 ed erano segnati dal decorso delle rondas di Toledo e di Valencia, dai paseos di Atocha e del Prado) si dimostrano insufficienti a contenerla e la città si espande in ogni senso, ma soprattutto verso N. e verso E. (dalla parte opposta il solco del Manzanares rappresentò a lungo un ostacolo deciso), sia continuandosi lungo le grandi direttrici delle principali linee di comunicazione (Quatro Caminos, Atocha, Alcalá), sia creandosi centri satelliti (La Prosperidad, Guindalera), sia riversandosi sui comuni vicini, alcuni dei quali si trasformano in meno d'un trentennio da villaggi in vere e proprie città (Vallecas e Chamartín, passate rispettivamente da 9000 e 3500 ab. nel 1900, a 49.500 e 36.560 nel 1928). In pari tempo il vecchio centro della capitale cambia a poco a poco il suo aspetto, adeguandosi alle necessità della vita moderna, ma lo sventramento di interi quartieri (le vecchie case madrilene non si conservano ormai che nei dintorni del Rastro e del ponte di Segovia), con l'apertura di nuove arterie (la Gran Via, terminata nel 1930) e con l'adattamento e l'ampliamento di quelle ormai inadatte alla crescita mole dei traffici, ed in parte anche con l'impianto di un sempre maggior numero di stabilimenti industriali.

Attualmente la città (termino municipal) occupa una superficie di 9680 ha., dei quali oltre 1/3 (3867) sulla destra del Manzanares (quartieri Latina e Palacio); ma è da tener conto che, a parte la larga estensione degli spazî verdi, per lo più adibiti a parchi, le zone periferiche non sono ancora del tutto coperte da edifici. Nonostante le modificazioni recenti, la topografia cittadina lascia riconoscere le fasi del suo sviluppo, soprattutto per il contrasto tra il vecchio nucleo, all'ingrosso rettangolare, compreso fra il Campo del Moro e i paseos interni, caratterizzato dal solito andamento tortuoso delle vie e la pittoresca irregolarità degli spazî aperti (piazze, larghi) che le interrompono - e lo scacchiere geometrico su cui si sono impiantate le nuove costruzioni. Del primo sono rimaste, oltre che l'antico centro cittadino - la Puerta del Sol, verso la quale seguita a convergere la mole maggiore del traffico - almeno le linee maestre delle grandi calles che le nuove arterie non fanno che continuare, e che conservano ancora, nel nome, il ricordo della loro primitiva funzione extraurbana (Alcalá, Toledo, Hortaleza, Fuencarral) o di accesso ai santuarî vicini (Atocha, San Geronimo). Nonostante una certa tendenza livellatrice imposta dallo sviluppo moderno, alcune di queste strade ci riportano, con le tradizioni che sono riuscite a perpetuare, all'antica divisione della città secondo le occupazioni prevalenti: così il piccolo commercio e la vendita dei tessuti nella Plaza Mayor, i magazzini di lusso nella Gran Via e nella calle de Alcalá, gli antiquarî nelle vicinanze del Prado, i librai nelle piccole vie che attorniano l'università, ecc. - mentre altre specializzazioni appaiono occorrenze recenti, come il concentrarsi dei negozî di mode nell'elegante quartiere di Salamanca, e delle abitazioni proletarie nella zona meridionale prossima alla Estación del Mediodia. In apparenza le massime densità dell'insediamento si hanno nei due distritos del Centro e dell'Hospicio, corrispondenti al vecchio nucleo cittadino (906 e 1207 ab. per ha., rispettivamente, nel 1928), ma il movimento della popolazione accenna chiaramente, come in tutte le grandi agglomerazioni urbane, a un esodo verso i quartieri periferici, dove non solo gli aumenti verificatisi nell'ultimo trentennio appaiono più rapidi e continui, ma le densità reali attingono e oltrepassano i 2000 abitanti per ha. (quartieri di Chamberi, Buenavista, Hospital, Universidad).

La popolazione madrilena si è quasi quintuplicata durante il sec. XIX; è passata da 350 a 475 mila ab. nel decennio 1875-85; salendo a 540 mila nel 1900. Il decennio successivo si può considerare di stasi: la città contava 560 mila ab. nel 1910, ma cresceva del 21,5% tra il 1910 e il 1920 (750 mila ab.), per toccare nell'ultimo censimento (1930) 883.274 ab., ciò che la pone al secondo posto tra le città spagnole, a poca distanza da Barcellona. A differenza di questa, tuttavia, l'accrescimento della popolazione madrilena è dovuto più che all'eccesso delle nascite sui decessi (3606 unità nel 1921, 5603 nel 1929), all'attrazione che la capitale esercita sulle zone vicine, ancora ad economia prettamente agricola, e in generale su tutta la Spagna, per la sua funzione di centro politico e culturale. L'elemento operaio non vi è cosi numeroso come in altre capitali europee. L'attività industriale (sviluppatasi qui dopo il 1890) mira a soddisfare in sostanza quanto è necessario ai bisogni di un grosso agglomerato, soprattutto nel campo dell'alimentazione (non mancano tuttavia fabbriche di saponi, di profumi, di mobili e di oggetti di lusso). Le costruzioni metallurgiche (anche produzione di materiale elettrico) e le fabbriche d'aeroplani di Carabanchel contano meno di 10.000 operai; per contro le imprese edilizie, che sono le più attive (ed esercitano un'attrazione maggiore sul contado), dànno lavoro in media a 35.000 persone. Una certa importanza conserva l'industria domestica femminile dei ricami e dei merletti, dei quali si fa larga esportazione.

Il commercio è assai attivo, essendo Madrid al centro della rete ferroviaria spagnola (quattro le grandi direttrici: verso Cáceres e Lisbona; Valladolid e Salamanca; Saragozza e Barcellona; Murcia, Granata e Ciudad Real; vi sono inoltre altre cinque ferrovie di minore importanza), ciò che favorisce il suo approvvigionamento in modo da farvi contribuire anche le provincie più lontane. Le comunicazioni interurbane sono assicurate da un buon servizio tramviario, che conta circa 150 km. di linee elettriche, cui sono da aggiungere una cinquantina di km. di tramvie vicinali (a vapore).

Madrid occupa il primo posto fra le città spagnole per numero di addetti alle professioni liberali (50.069 nel 1920), di pensionati (22.407) e di domestici (31.749).

Il clima madrileno è di tipo prettamente continentale con inverni assai rigidi (media di gennaio 4°,3, ma con minimi assoluti frequenti di anche -8°), primavere temperate e spesso piovose, estati caldissime (medie di luglio, 24°,3; massimi assoluti di 36° e più) e autunni di regola sereni e asciutti fino a novembre. Le precipitazioni sono scarse (419 mm. in media l'anno, 88 giorni piovosi e 4 con neve) e mal distribuite, ma le condizioni igieniche si possono dire in complesso buone, e l'approvvigionamento idrico, pure non eccessivamente copioso, è assicurato dall'acquedotto di Loyoza (1858).

In crescente sviluppo è il movimento turistico che tende a valorizzare la vicina zona montuosa della Sierra de Guadarrama, e i magnifici boschi dei Pardo, ed è favorito dal continuo miglioramento dei mezzi di comunicazione (linee automobilistiche).

Monumenti. - Tra gli edifici innalzati a Madrid prima del re Filippo II - che fece di Madrid la capitale del regno - i più notevoli sono: l'ospedale detto della Latina, la chiesa di S. Genesio, la casa dei Lujanes, la cappella del Vescovo, la chiesa di S. Girolamo Reale, la casa dei Cisneros e le torri di S. Pietro e di S. Nicola. Nell'ospedale, fondato verso il 1500 da Francisco Ramírez segretario generale d'artiglieria dei Re cattolici, e da sua moglie Beatriz Galindo detta La Latina, ha speciale interesse il portale gotico. La chiesa di S. Genesio, in via dell'Arenal, fu ricostruita nel 1645; vi si ammira un quadro di Alonso Cano, Gesù al Calvario, e nella piccola sala delle riunioni è una Purificazione al tempio del Greco. La casa dei Lujanes, appartenuta alla famiglia Luján, in piazza de la Villa, anteriore al 1525, è costruita in mattoni e muri alla rustica, coronati da merli. La cappella del Vescovo, edificata nel 1520 con pianta a croce, ha una bella vòlta sulla crociera; il cortile e la facciata col portale e i rilievi delle imposte delle porte sono lavori del Rinascimento; l'altare e le tombe dei fondatori sono forse lavori di Francisco Giralte. La chiesa di San Girolamo reale, nelle vie Alarcón e Moreto, è un edificio dell'ultimo periodo gotico castigliano; conserva quasi completamente nello stato primitivo (1503) l'interno a pianta cruciforme, ma non così la parte esteriore, che fu restaurata nel 1879-82. La casa dei Cisneros, eretta al principio del sec. XVI dal famoso cardinale e uomo politico, nell'interno ha subito molti restauri. Le torri di S. Pietro e di S. Nicola sono gli unici avanzi a Madrid di architettura "mudejar" laterizia, e hanno grande analogia con quelle di Toledo, di Teruel e di Saragozza. Nel 1560, anno quarto del regno di Filippo II, fu edificato il monastero delle Scalze reali, fondato dalla principessa Giovanna, sorella del re. L'ingresso mostra che il suo autore, Antonio Sillero, seguiva ancora l'architettura semigotica, sicché non può attribuirsi a lui la facciata della chiesa (1564) di gusto greco-romano, che è invece di Juan Bautista de Toledo. A sinistra dell'altare maggiore è la tomba della fondatrice, con statua orante di Pompeo Leoni. Nel 1590 fu fondato il collegio di Donna Maria d'Aragona, quarta moglie di Filippo II, con cappella elettiva ed altare disegnati dal Greco. Anche la chiesa del convento della Santissima Trinità fu cominciata sotto il regno di Filippo II, su disegno dello stesso re, e di Juan de Valencia. La costruzione, diretta dal principio (1590) al 1611 da Gaspare Ordóñez, fu terminata solo nel 1680. Juan Gómez de Mora - nipote e discepolo di Francisco de Mora - nominato nel 1611 capomastro delle opere reali da Filippo III, diede subito principio alla costruzione della chiesa e del monastero delle Agostiniane dell'Incarnazione, vicino alla Piazza d' Oriente. La detta chiesa, dalla severa facciata, fu internamente decorata con gran ricchezza da Ventura Rodríguez nel 1755. Il ponte di Segovia sul Manzanares fu costruito verso il 1584 sotto la direzione di Juan de Herrera, al quale viene pure attribuito il palazzo del conte de Polentinos.

Nell'arte barocca che seguì a quella dei monumenti di Gómez de Mora, lo spirito castigliano non abbandonava, quanto all'impulso e all'abbondanza dell'ornato, l'arte plateresca. Molte delle chiese e cappelle, nonché tutti i conventi che furono costruiti a Madrid sotto il regno di Filippo III (1598-1621), presentano quello stile freddo che l'Herrera aveva iniziato, ma si possono scorgere di già alcune libertà in edifici eretti nei primi anni del regno del successore. Nella chiesa di Sant'Isidoro, edificata (1625-1651) dal gesuita Francisco Bautista, seguace del Vignola, si può già notare l'unione degli ordini dorico e ionico. Sant'Isidoro reale è oggi la cattedrale di Madrid, in attesa che sia condotta a termine la nuova che da molti anni è in corso d'esecuzione su disegno del marchese de Cubas. Tra le altre opere d'arte vi si notano l'immagine del santo titolare sull'altare maggiore, di Pascual de Mena, una Trinità di R. Mengs, sculture del Pereira, del Becerra e di Pedro de Mena; un Cristo e S. Pietro L. Morales. Nel barocco madrileno i frontoni spezzati, sormontati da pinnacoli, contrastano con le facciate lisce e le grandi aperture rettangolari. Nella chiesa del monastero benedettino di Montserrat, terminata da Pedro de Ribera nel 1720, e specie nel campanile, gli ampî e robusti motivi barocchi sostituiscono le decorazioni esuberanti che erano state proprie dell'architettura platereso. Filippo IV e il suo primo ministro conteduca de Olivares fecero costruire il palazzo del Buen Retiro, con boschetti, giardini, stagni e canali, oltre a cappelle, teatri e quartieri. Ne restano soltanto la Sala dei Regni, convertita in museo d'artiglieria, e l'edificio noto sotto il nome di El Casón oggi museo di riproduzioni. I progetti del Buen Retiro erano stati firmati da Juan Gómez de Mora e Giambattista Crescenzi, ma forse disegnati da Alonso Carbonell. Il primo progetto della Casa Concistoriale (1640) sembra opera di Juan Gómez de Mora, vivificata nel frontone dall'arte di Juan de Villanueva, che rese sontuosi i portali di questo edificio tipico dello stile spagnolo che potrebbe intitolarsi "dei Filippi d'Austria" per l'epoca in cui si sviluppò, e che è caratterizzato, tra gli altri elementi, dalle torri quadrangolari coronate da cuspidi piramidali ricoperte di lavagna. La Plaza Mayor di Madrid, toltone l'edificio della "Panetteria", fu incominciata nel 1617 da Gómez de Mora; in essa si celebravano anticamente tutti gli atti pubblici, dagli "autodafé" alle corride di tori. Nel suo centro s'innalza la statua equestre di Filippo III, principiata dal Giambologna, servendosi di un quadro di Pantoja de la Cruz, e terminata nel 1613 dal fiorentino Pietro Tacca. Opera del Crescenzi è l'edificio (1634) ora occupato dal ministero di stato, in piazza Santa Croce; la sua facciata adorna di balconi grandi e semplici, è tagliata nel centro da un gran motivo architettonico costituito da due ordini sovrapposti e da un attico che presenta un enorme scudo. Il palazzo dei Consigli, fatto innalzare dal duca de Uceda mentre regnava Filippo III, è un vasto edificio, di architettura sobria sul gusto di Gómez de Mora. La cappella di S. Isidoro in S. Andrea fu edificata dal 1657 al 1669 sui disegni di Pedro de la Torre; è un'opera di transizione tra lo stile dell'Herrera e quello del Churriguera e dei suoi contemporanei. S. Antonio dei Portoghesi, chiesa di pianta ellittica con pareti e cupola dipinte dal Rizzi, da Carreño de Miranda e da Luca Giordano, fu costruita (1624) su disegno del gesuita Pedro Sánchez. La costruzione della chiesa di S. Gaetano, ora parrocchia di S. Millán, fu diretta da José de Churriguera su progetti, secondo il Ponz, venuti da Roma; la sua facciata ha pilastri e cornicione di belle proporzioni, nicchie con statue nei tre spazî centrali e finestre con frontone negli spazî restanti. È opera di José Ximénez Donoso la parte superiore della facciata della Panetteria già ricordata. Si devono a Pedro de Ribera la maestosa e ornata porta dell'Ospizio, con la statua del re Ferdinando il Santo di Juan Ron, e il progetto dell'intiero edificio, costruito dal 1722 al 1799, oggi in parte demolito, nonché il santuario della Vergine del Porto (1718) dagli elementi decorativi molto semplici, concentrati soprattutto nella facciata. Opera dello stesso architetto, e del suo collaboratore Ron, è il ponte di Toledo, sul Manzanares, i cui piloni e sacelli compongono forme fantastiche, talvolta slanciate, talaltra pesanti. A dirigere i lavori da eseguirsi durante il suo regno, Filippo V chiamò a Madrid un discepolo prediletto del Fontana, l'abate Juvara, ben noto per diverse costruzioni eseguite in Italia e in Portogallo. Recatosi a Madrid, nel 1734 preparò il progetto del palazzo reale (chiamato ora Palazzo d'oriente), ma impedito poi dal male che doveva condurlo alla tomba, non poté dirigere la costruzione, la quale a partire dal 1738, rimase affidata a Giambattista Sacchetti e a Ventura Rodriguez suo aiutante. Dirimpetto al palazzo reale si estendono i giardini della Piazza d'Oriente nei quali spicca la statua equestre del re Filippo IV, eseguita nel 1640 da Pietro Tacca da un disegno di Martínez-Montañés; nella stessa piazza vi sono pure altre statue di antichi sovrani. Dinnanzi alla facciata meridionale si apre la Piazza d'armi, dal cui piano elevato si ha un'ampia veduta del paesaggio castigliano, in primo luogo tutta la gamma di verde del Campo del Moro. La porta principale della facciata ad oriente dà accesso a un cortile quadrato circondato da un portico in cui sono collocate le statue degli imperatori che nacquero nella Spagna: Traiano, Adriano, Teodosio e Onorio. La vòlta della grande scalinata fu decorata da Corrado Giaquinto col Soggetto allegorico La monarchia spagnuola che rende onore alla religione. La sala del trono ha il soffitto dipinto da G. B. Tiepolo; quella della Porcellana del Buen Retiro è ornata coi prodotti di ceramica della manifattura fondata da Carlo III; la cappella, di pianta ellittica, fu decorata dal Mengs e da Corrado Giaquinto. Oltre al palazzo reale, altre opere vennero eseguite a Madrid per impulso di Filippo V, come il seminario dei nobili, la chiesa di S. Tommaso, la fabbrica degli arazzi, le fontane della Porta del sole e della Piazza di Antón Martin (lavoro di Pedro Ribera, ora nel parco dell'ovest). Il genere di costruzione propagato dal Sacchetti durante il regno di Filippo V continuò ancora in quello del successore Ferdinando VI. Il Carlier lo ricondusse a maggior stabilità col lussuoso e vasto convento delle Salesiane, fondato nel 1750 e poi convertito in Palazzo di giustizia, e con la chiesa annessa adorna di rilievi e coronata di cupola e d'alte torri. La commissione preparatoria per lo studio delle belle arti, convocata da Filippo V - della quale facevano parte il Sacchetti, il Marchand, il Bonavia, il Carlier e Ventura Rodríguez - fu sanzionata praticamente sotto il regno di suo figlio, che nel 1752 fondò la Reale Accademia di San Ferdinando. Ventura Rodríguez già aiuto del Sacchetti, era allora in grado di far prova del suo gusto e del suo genio con uno stile proprio che fu appunto lo stile del sec. XVIII spagnolo, pomposo e fiorito, ma memore della bellezza antica. A Madrid egli costrusse la chiesa di S. Marco (1749); la facciata dei Premostratensi; la bella e ricca decorazione del monastero dell'Incarnazione, già nominato, della cappella del Terz'ordine e della cappella maggiore di S. Isidoro reale; il convento di S. Egidio; la ricostruzione della chiesa dei Padri del Salvatore e quella del Palazzo del Duca di Liria; una parte della casa del marchese de Astorga; infine quattro graziose fontane nella passeggiata del Prado, ossia: del Carciofo (con sculture di Alfonso Bergaz e Antonio Primo), di Nettuno (con una scultura di Juan Pascual de Mena), di Cibele (con sculture di Francisco Gutiérrez e Robert Michel), di Apollo e delle quattro Stagioni (con sculture di Manuel Alvarez). Per la chiesa di S. Francesco Grande si preferì al progetto del Rodríguez quello di Fra Francisco de las Cabezas. Il generale Francesco Sabatini condivise il favore e la protezione del sovrano con Ventura Rodríguez e compì a Madrid la Porta d'Alcalá e diversi edifici governativi. Di Manuel Martín Rodríguez, nipote del Ventura, sono i progetti degli edifici dell'Accademia di belle arti e della Lengua. L'architetto maggiore del re Carlo IV fu Juan de Villanueva; egli costruì il Museo del Prado, il Teatro del Principe, l'ingresso al giardino botanico, e l'osservatorio astronomico. Il palazzo del Ministero degl'interni presso la Porta del Sole fu costruito nel 1786 dall'architetto francese Jacques Marquet. Il santuario di S. Martino de la Florida, eretto nel 1792, ha pianta cruciforme e cupola di stile neoclassico, affrescata dal Goya con scene rappresentanti la predicazione del santo titolare e con figure allegoriche. Scarsamente importanti gli altri edifici e monumenti commemorativi.

V. tavv. CLIX-CLXII.

Musei e Collezioni. - Il Museo del Prado nella sezione italiana è mirabilmente ricco di capolavori del Tiziano, del Correggio, di Raffaello, di Andrea del Sarto; ha opere dell'Angelico, di Giulio Romano, dei principali pittori del sec. XVII e XVIII; nella sezione spagnola ha capolavori del Velásquez (oltre a numerosi ritratti, Las Meninas, La fucina di Vulcano, Sant'Antonio e San Paolo, La Coronazione della Vergine, La Resa di Breda, La filanda) e del Goya, opere importanti del Greco, del Morales, di Herrera il Vecchio, di Vicente-Joan Macip (detto Juan de Juanes), di Navarrete il Muto, di Pedro Berruguete (sec. XV), del Ribera, del Murillo, dello Zurbarán, di Alonso Cano, di Juan B. del Mazo, ecc.; nella sezione fiamminga è ricchissimo di dipinti del Rubens accanto a opere del Van Dyck, del Jordaens, del Teniers; nella sezione olandese si trovano quadri di Hieronymus Bosch, di Antonis Moro, del Rembrandt e di P. Wouverman; nella sezione tedesca opere del Dürer, e in quella francese del Poussin, di Claude Lorrain, ecc. Poche sono le pitture moderne custodite al Prado; ma vi si trovano, in altra sezione, sculture egiziane, greche e del Rinascimento. Il Museo d'arte moderna, riordinato recentemente, rappresenta in modo particolare il sec. XIX. Il Museo di belle arti dell'Accademia di S. Ferdinando custodisce opere del Murillo, di Juan de Juanes, del Morales, del Ribera, dello Zurbarán, del Greco, del Velásquez, del Van Dyck, del Tintoretto, ecc. Il Museo Romantico, in via San Mateo, fondato dalla società degli Amici dell'arte, accoglie pitture del periodo 1808-1860. Il Museo archeologico, installato nel Palazzo della biblioteca e dei musei, contiene oggetti preistorici, antichità iberiche (tra cui sono particolarmente notevoli le statue scoperte nel Cerro de los Santos, presso Yecla, e la "bicha" di Balazote), vasi greci, frammenti di sculture visigote e romaniche, archi dell'Aljaferia di Saragozza, lampade arabe di Granata, il grande vaso di Medina-Azzahara, collezioni di ceramiche ispano-arabe, mattonelle a colori, chiavi, sigilli, ricami e stipetti, gli stalli del coro del monastero del Parral di Segovia, cassoni, paramenti sacri, altari, croci processionali, numerosi oggetti di avorio (tra i quali il crocifisso di S. Isidoro di Leon e gli stipetti ispanoarabi di Pallenza e di Saragozza), porcellane della manifattura del Buen Retiro e cristalli della fabbrica della Granja, una sezione importante di antichità d'America e d'Oceania e una collezione di più di 150 mila monete e medaglie, ecc. Notevole interesse storico e artistico hanno pure: il Museo e la Biblioteca d'oltremare, nel parco di Madrid, con una collezione sistematica di armi e costumi delle isole Filippine e dell'America; il Museo antropologico, nella Passeggiata di Atocha, con avanzi preistorici e una sezione di più di 11 mila esemplari di ceramiche ehe formano il Museo preistorico iberico; il museo nazionale d'arte industriale, in via del Sacramento, con raccolte di ceramiche, vetri, ferrami e tessuti; l'Armeria reale, ch'è una delle più ricche di armi rare, tra cui primeggiano le italiane; il Museo d'artiglieria, nel Palazzo di Monteleón, e il Museo navale, di valore immenso come fonti della storia della Spagna. Nel 1929 fu inoltre fondato il Museo Municipale. Le più importanti collezioni particolari a Madrid sono quelle del duca d'Alba (quadri, arazzi ed armi); del marchese de Castro-Gerona (quadri); del marchese di Cerralbo (quadri, armi e ceramiche); di don Guillermo de Osma (ceramiche musulmane, scultura in legno ed oreficeria); del marchese de Casa-Torres (armi); del conte de Castrillo (ferri e smalti); di don Cristobal Férriz (stampe e disegni); del signor Peyroton (maioliche e bronzi); del signor Vives (bronzi); di don José Lázaro (pitture, intagli in legno, oggetti varî); del generale Espeleta (miniature, avorî).

Vita culturale. - Lo sviluppo intellettuale di Madrid è legato all'importanza storico-politica che la capitale è venuta assumendo attraverso i secoli. Per quanto gl'interessi politici e le ambizioni fastose creatisi attorno alla corte costituissero anche una potente forza di accentramento culturale e artistico, tuttavia quasi tutti gli spiriti più colti che passarono nella città imperiale, nel Cinquecento e nel Seicento, si educarono fuori, nelle celebri università di Salamanca, Toledo, Siviglia, ecc.; anzi l'università di Alcalá de Henares, vicinissima a Madrid, ne costituì fin dal 1500 il vero e proprio centro scolastico. Cosicché a Madrid si ebbero le manifestazioni artistiche più decorative e vistose, come, p. es., la rigogliosa fioritura drammatica; ma non si svilupparono adeguatamente gli studî superiori, specie in rapporto con gli altri centri culturali della nazione. Soltanto con l'incremento erudito del Settecento si venne intensificando la vita accademica della città, a cui l'epoca del Romanticismo e il rinnovato senso della storia diedero più rigogliosi impulsi, fino a che la città divenne, anche di fatto, la capitale intellettuale della Spagna.

Accademie e istituti culturali. - Con il Settecento Madrid vide sorgere le sue accademie e organizzare e ampliare centri di studio, scuole e biblioteche. La Academia española de la lengua fu fondata nel 1713 da Filippo V, indotto dal marchese di Villena, Fernández Pacheco, che ne fu il primo direttore. Suo compito essenziale fu quello di promuovere e affinare lo studio e la purità della lingua castigliana, come fanno fede le sue prime pubblicazioni: il Diccionario de autoridades (1726-39), la Ortografía e Gramática (1771) e, tra le grandi edizioni, quella del Quijote (1780). Riorganizzata più volte, ebbe sempre un numero assai limitato di membri; nel suo ultimo ordinamento conta 42 membri stabili, altrettanti corrispondenti dalle provincie, con un numero illimitato di corrispondenti onorarî stranieri. Da un cenacolo di politici e letterati, che si riunivano in casa dell'avvocato J. de Hermosilla, ebbe inizio, fino dal 1735, l'Academia universal, che l'anno dopo assunse il titolo di Academia de la historia: fu istituita ufficialmente soltanto nel 1738. Sebbene il progetto iniziale di un "Dizionario storico universale della Spagna" non fosse neanche intrapreso, tuttavia rimase suo compito principale l'esplorazione della storia spagnola attraverso gli archivî e le antichità; quest'ultimo incarico le fu affidato nel 1803, e con speciale ordinamento nel 1865, per il quale l'accademia è riuscita a esplorare sistematicamente un gran corpo di monumenti archeologici. Importanti pure le altre accademie, specie l'Academia de ciencias exactas. che sebbene vanti le sue origini nel Cinquecento, solo nel 1847 ebbe il riconoscimento ufficiale; la Academia nacional de medicina, fondata nel 1738; la Academia de jurisprudencia, che ebbe il suo definitivo riassetto nel 1882; la Academia de bellas artes de San Fernando, che risale al 1732 e vanta una feconda attività.

La Biblioteca nacional fu costituita, nel 1712, da Filippo V, con un primo fondo di 8000 volumi, in gran parte portati dalla Francia. Ebbe sempre la cura dei principi regnanti, cambiando più volte di sede, finché nel 1894 fu aperta al pubblico con un suo palazzo proprio. Per il numero dei libri, per il fondo dei manoscritti, per il patrimonio di stampe e disegni, è tra le più importanti; al suo sviluppo hanno contribuito eminenti politici e studiosi: dal letterato e ministro Jovellanos a M. Menéndez y Pelayo e F. Rodríguez Marín. Oltre le biblioteche delle accademie, specie quella della lingua e quella della storia, e degl'istituti universitarî e scientifici, e oltre quelle di carattere generale (senato, municipio, ecc.) e quelle specializzate, è notevole per l'ampiezza e l'indole moderna la biblioteca del cosiddetto Ateneo, istituzione che si sostiene con contributi privati e della quale fanno parte professionisti e intellettuali, che specie in questi ultimi anni hanno esercitato una viva azione politica.

Scuole superiori. - Madrid ebbe nel passato la sua università ad Alcalá de Henares, dove fu fondata dal cardinale Cisneros nel 1498, col titolo Universidad y colegio mayor de San Ildefonso, e aperta nel 1508. Soltanto nel 1836 fu trasportata nella capitale, e fu allora l'unica della Spagna, almeno fino al 1928, che avesse tutte le facoltà e potesse concedere il titolo di dottore. Sono stati vivace tramite di cultura gli Estudios reales de San Isidro, che risalgono a Filippo IV, e il Colegio de San Carlos, istituito nel 1783. Tra gli organi più attivi per la propaganda scientifica, occupa un posto a sé la Junta para ampliación de estudios é investigaciones científicas, dalla quale dipendono oltre all'Instituto nacional de ciencias che sorveglia musei e laboratorî e promuove ricerche in ogni campo, il Centro de estudios históricos, rivolto allo studio delle fonti, all'edizione dei testi critici, all'indagine linguistica, al perfezionamento dei giovani studiosi, ora retto da R. Menéndez Pidal; la Escuela española en Roma para arqueología é historia, e infine la Residencia de estudiantes, creata nel 1910, che ha lo scopo di ospitare e aiutare i giovani che intraprendono gli studî superiori.

Vita teatrale. - La vita teatrale di Madrid è strettamente legata alla grande letteratura drammatica della Spagna e ne rispecchia naturalmente la matura e potente fertilità; ma intesa come pratica organizzazione - attori, compagnie, edifici, spettacoli, ecc. - non sempre è riuscita ad adeguarsi al genio della produzione artistica. Malgrado lo splendore del sec. XVII, raggiunto con Lope de Vega, Calderón e Tirso, i teatri madrileni ebbero un'esistenza piuttosto umile. Il primitivo teatro spagnolo, uscendo dal tempio e dai palazzi aristocratici, e divenendo popolare, ebbe per scenario la piazza pubblica. A poco a poco si costruirono alcuni locali chiusi lateralmente, ma privi di tetto, chiamati "corrales", cioè cortili, nei quali avevano luogo le rappresentazioni.

Il Corral de la Pacheca, così denominato da Isabel Pacheco che ne era la proprietaria, fu il primo vero e proprio teatro che ebbe Madrid. Venne inaugurato nel 1574 dall'attore italiano Alberto Ganassa, con la sua compagnia di comici, mimi e saltimbanchi. Pochi anni dopo, Juan Granados inaugurava il Corral de la Cruz (1579) e Juan de Ávila quello del Principe (1582), che divisero con la Pacheca durante molti anni il favore dei madrileni. Sullo scorcio del secolo, si aggiunsero altri due teatri rispettivamente nella Calle del Sol e in quella del Lobo. La confraternita della Passione, fondata nel 1565, prese in appalto la Pacheca, che poi venne ceduta a diversi impresarî, finché verso la metà del sec. XVII tanto il teatro del Principe quanto quello della Cruz vennero direttamente assunti dalla Giunta degli ospedali. L'incremento e la crescente popolarità del teatro suscitarono le apprensioni di una parte del clero e di uomini politici e magistrati, che vedevano in esso un pericolo per la religione e per i buoni costumi, tanto da ottenere che Filippo II il 2 maggio 1598 ne decretasse la soppressione. Ma morto quel re e successo il figlio Filippo III, questi, vinto dalle istanze degli ospedali, che erano allora gl'impresarî e vivevano dei redditi del teatro, autorizzò nel 1600 la riapertura dei corrales.

La letteratura drammatica raggiunse nel sec. XVII - il secolo d'oro - un grado di splendore unico: il teatro era in Spagna una vera istituzione, interprete degl'interessi spirituali di tutte le classi sociali, portando sulla scena i tre sentimenti caratteristici del popolo spagnolo: la lealtà verso il re, la fede religiosa, il cosiddetto punto d'onore. Madrid divenne allora, specie con Filippo IV, una grande fabbrica di commedie; non mancarono le opposizioni dei moralisti, favorite dai lutti della corte: sospesi già gli spettacoli dal 1644 per la morte della regina, il re, spinto da istanze e suppliche d'ogni parte, finì con abolirli definitivamente nel 1646.

Il momento del secondo matrimonio di Filippo IV con la giovane nipote Marianna d'Austria, fu quello scelto per autorizzare la riapertura dei corrales. Si ampliarono e migliorarono i teatri del Buen Retiro, del Palazzo Reale, del Pardo e del Real Sitio de la zarzuela (da zarza, rovo), presso il Pardo, dove per la prima volta, nel 1568, si rappresentarono zarzuelas, cioè opere drammatiche e musicali in cui si alterna la recitazione al canto; dotandoli di eccellenti macchinisti, scenografi e altri artisti, non pochi dei quali italiani, come Cosimo Lotti, pittore e architetto fiorentino, Francesco Antonozzi da Ancona, ecc.

Alla morte di Filippo IV (1665) vi fu per la durata di un anno una nuova forzata parentesi nella vita teatrale madrilena. Poi la crescente decadenza politica e militare della Spagna trascinò seco quella delle scienze, delle lettere e delle arti. Morto Calderón e instaurata la nuova dinastia col conseguente cambio di costumi a corte, il teatro nazionale cominciò a declinare rapidamente, quantunque pullulassero gli autori drammatici, che si limitavano a rifusioni e plagi da Lope, Tirso e Calderón. Con tale decadenza e con la mediocrità degli autori, venne anche il cattivo gusto degli attori, la cui recitazione non tardò a degenerare in ridicola declamazione. Gli autos sacramentales diventarono sempre più anacronistici, finché ne venne proibita la rappresentazione (1765); e decaddero pure la loa e l'entremés, mentre crebbe e progredì la tonadilla.

La gran novità di questo periodo fu l'apparizione a Madrid del teatro italiano, prima coi comici portati da Filippo V al suo ritorno da Napoli, e più tardi con la musica drammatica italiana, destinata poi a signoreggiare in tutta la Spagna. Perciò l'arte scenica non seguì nella sua decadenza la letteratura teatrale. La venuta dei comici italiani valse anzi a dotare Madrid d'un nuovo teatro per spettacoli lirici, che fu il primitivo de los Caños del Peral, costruito nel 1704 e così chiamato perché sorse sul terreno già occupato da lavatoi pubblici, nelle vie Carlos III, Arrieta e Piazza Isabel II (oggi Piazza Fermin Galán). Trasformato da corral in un vero e proprio teatro (1708), nel 1738 veniva nuovamente riformato e ampliato dal marchese Scotti, amante del teatro e mecenate di artisti; finché circa un secolo dopo era abbattuto per fare posto al Teatro real, inaugurato nel 1850 con La Favorita di Donizetti.

Nel 1760, salito al trono Carlo III, questi fomentò il teatro, migliorandone gli edifici, regolandone la polizia interna ed esterna e dettando provvedimenti atti a rialzare il decoro degli spettacoli. Nel 1764, auspice il marchese Grimaldi, s'inaugurarono teatri nei sitios (residenze reali) di La Granja, Aranjuez e El Escorial. L'attore di moda allora era Agustí in Montiano, imitatore del teatro italiano e fautore del classicismo francese.

Nonostante la campagna condotta dai neoclassicisti capitanati da Nicolás Fernández de Moratín contro l'antico teatro spagnolo e specialmente contro il già ben morto auto sacramental, il popolo preferiva ancora i suoi classici e perfino insipidi autori dell'epoca, quali il Comella purché alieni dal teatro francese. Fiorì allora la produzione di Ramón de la Cruz, che coi suoi innumerevoli sainetes dimostrò quale fosse il gusto del popolo spagnolo, e che diede alla zarzuela nuovi orizzonti, sostituendo argomenti nazionali e popolari ai soggetti mitologici.

Poi con Leandro Fernández de Moratín, figlio di Nicolás, venne ripresa la lotta, e, grazie all'appoggio di Godoy, i gallo-classici riuscirono a togliere al municipio di Madrid l'amministrazione dei due teatri, che aveva fino dal 1632, affidandola a una Giunta, chiamata Mesa Censoria, incaricata di fare e disfare a suo talento quanto si riferiva a opere, rappresentazioni e compagnie. Ma tale giunta non ebbe successo, le buone commedie nuove non vennero, e il municipio finì col riprendere l'amministrazione dei suoi antichi corrales. Con il Romanticismo, agli albori del sec. XIX, e con i primi autori romantici spagnoli, Martínez de la Rosa e Mariano José de Larra, la capitale della Spagna aveva tre teatri importanti: quelli del Principe e della Cruz per compagnie di prosa (dette allora, come ancor oggi, de verso) e quello de los Caños del Peral per spettacoli lirici, tutti e tre amministrati dal municipio. Nel 1804 un incendio distruggeva il Teatro del Principe, che due anni dopo risorgeva per opera dell'architetto Villanueva, e veniva inaugurato il 25 agosto 1807 dalla compagnia di Isidoro Máiquez, il celebre attore che fu anche un gran riformatore del teatro. Fu lui che cominciò a eseguire le rappresentazioni di sera, sostituì l'uso di cartelloni stampati a quelli manoscritti e fece numerare i posti di platea. Nel 1849 lo stesso Teatro del Principe veniva poi trasformato e abbellito e prendeva il nome di Teatro español. Nel 1861 vi agiva la compagnia italiana di Carolina Santoni, con Filippo Prosperi primo attore. Vi sfilarono i più insigni artisti spagnoli, fra cui Rafael Calvo e Antonio Vico. Nel 1894 infine venne rifatto di sana pianta e inaugurato dalla compagnia Guerrero-Mendoza. Il Teatro de la Cruz, completamente rinnovato, veniva inaugurato il 7 aprile 1844 con la prima di Don Juan Tenorio di José Zorrilla.

Lo stato anemico della letteratura drammatica spagnola andò a poco a poco migliorando agl'inizî del regno d'Isabella II, grazie all'impulso dato a letterati e artisti dalla reggente Maria Cristina, che soppresse la censura e permise che i teatri rimanessero aperti anche in quaresima eccetto i venerdì e la settimana santa. Ma con la rivoluzione del 1868 il teatro ricadde nel marasma: risuscitava però con Echegaray, sola oasi nel deserto di ogni ispirazione e di ogni originalità di concezione.

Con la generazione del '98 si faceva sentire anche in Spagna l'influsso delle più larghe correnti intellettuali europee (Benavente, Pérez Galdos, i fratelli Quintero, Santiago Rusiñol, Martínez Sierra, E. Marquina, ecc.) e contemporaneamente ne riceveva incremento lo spettacolo pubblico. Nel sec. XIX, oltre ai teatri Real, Español (ex-Principe) e della Cruz, esistevano i seguenti teatri: Teatro del instituto (1845), denominato successivamente Teatro de la comedia (1849) e Tirso de Molina (1856); Zarzuela (1856) per spettacoli lirici e drammatici; Comedia (1875); Lara (1880), così chiamato dal suo costruttore Candido Lara; Princesa (1885), per spettacoli d'opera e di prosa; Apolo, inaugurato nel 1883 e demolito nel 1932; il Teatro de los Basilios, sorto nel 1850 sulle rovine della chiesa di San Basilio, e piùù tardi denominato Teatro Lope de Vega; Circo olímpico (1856), trasformato poi in Teatro novedades, per spettacoli di zarzuela a ore, nella popolare Calle Toledo, completamente distrutto da un incendio nel 1929; Variedades e Nuevo Teatro del Circo, dove agirono Adelaide Ristori e la compagnia italiana di Carolina Civili; Noviciado, Museo, Buenavista, de las Tres Musas, de la Sartén, Liceo, Genio, Rossini, ecc.

Attualmente i principali teatri madrileni di prosa sono: Teatro español (ex-Principe), appartenente al municipio; Teatro de la Princesa, grande, comodo, elegante. Acquistato nel 1909 dalla compagnia Guerrero-Mendoza, venne da questa riformato e abbellito. Teatro de la zarzuela: fondato nel 1856, questo storico teatro che ricordava tre generazioni venne completamente distrutto da un incendio nel 1909, e ricostruito nel 1911. Ha un vasto palcoscenico ed è capace di 4000 spettatori. Teatro de la comedia: inaugurato nei 1875 da Emilio Mario; distrutto dal fuoco nel 1915, venne rifatto e nuovamente inaugurato nello stesso anno. Teatro Lara: piccolo ed elegante teatro, dedicato esclusivamente a prosa, frequentato dalla migliore società della capitale. Teatro Eslava: fu per varî anni il feudo della compagnia drammatica di Catalina Bárcena, diretta da Gregorio Martínez Sierra. Teatro Calderón (ex-Centro): dapprima destinato a prosa, poi a spettacoli lirici. Teatro Victoria (ex-Reina Victoria): moderno, elegante, centrale, destinato a operette e riviste: inaugurato nel 1916. Teatro cómico (ex-Capellanes): è il feudo della compagnia comica di Loreto Prado ed Enrique Chicote. Teatro Circo de Price, inaugurato nel 1894: vasto teatro, vi agiscono circhi equestri in estate-autunno e compagnie di zarzuela e prosa in inverno. Teatro Cervantes, Teatro Isabel (ex-Infanta Isabel), Teatro Beatriz (ex-Infanta Beatriz), Teatro Fuencarral, piccoli teatri di prosa. Teatro Romea: teatrino inaugurato nel 1894, vi agì dapprima la compagnia Prado-Chicote, passata poi al Cómico; destinato attualmente a spettacoli di varietà. Teatro Goya (ex-Coliseo imperial): completamente rifatto e così denominato nel 1919. Teatro Barbieri: piccolo teatro destinato a zarzuele del género chico: riformato nel 1917. Vi sono poi altri teatri di minore importanza, destinati a zarzuele, a spettacoli di prosa o di varietà, a cinematografo.

Vita musicale. - Della vita musicale madrilena anteriore al sec. XVI non si hanno notizie comunque sufficienti. Un buon impulso diede l'arrivo di Carlo I con le sue due cappelle, una fiamminga e una spagnola. Ma il vero inizio dello sviluppo musicale di Madrid data dal regno di Filippo II, e anzi si può dire che da allora fino al primo Ottocento proprio in quella città si sia formato il nucleo della musicalità spagnola.

Durante il periodo 1500-1700 troviamo in Madrid tre centri principali dedicati alla musica religiosa: la cappella reale, la chiesa dell'Incarnazione e il monastero delle Descalzas Reales. Nella cappella reale lavorarono A. de Cabezón, seguito dal suo figliuolo Hernando, Diego del Castillo, Bernardo Clavijo del Castillo (organista della corte siciliana e poi clavicembalista di Filippo III e professore nell'università di Salamanca) e Felipe del Vado. Nella cappella reale fiamminga troviamo, tra molti altri, Pierre de Manchicourt, successore del Créquillon; Nicolas Gombert; George de la Hele e Felipe Rogier autore di sei Messe pubblicate a Madrid nel 1598 e dedicate a Filippo III. Non va taciuto a tale proposito, che questa cappella, fino dall'ammissione (nel 1594) del cantore spagnolo Mateo Romero, venne a poco a poco ammettendo sempre maggior numero di musici nazionali, finché terminò la sua esistenza di "cappella fiamminga" nel secondo terzo del sec. XVII. M. Romero, conosciuto sotto il nome di Gran Capitán, tenne la direzione di questa cappella durante gli anni dal 1598 al 1633, avendo al suo fianco Juan B. Comes e Carlos Patiño, suo aiuto e poi successore. Al Patiño tenne dietro Juan Pérez Roldán (morto nel 1684). Presso le Descalzas Reales troviamo, dal 1586 al 1608, T. Luis de Victoria, José Elias, allievo di J. Cabanillas, Miguel de Ambiela (morto nel 1733) e molti altri. All'Incarnación troviamo, fra gli altri, il già citato C. Patiño, Matias e Juan de Veana, Matias Ruiz, José Marin, Juan Pérez Roldán, Antonio Rodríguez de Hita e Jaime Balius (morto nel 1822).

Per studiare la musica madrilena profana dei secoli XVII e XVIII dobbiamo fondarci specialmente sull'attività dei musicisti della Camera reale, dei varî teatri e delle grandi case patrizie. Infatti al lavoro di quei musicisti si deve, nel sec. XVII, la fioritura della musica profana spagnola: opera, zarzuela, commedia musicale, tonos humanos, villancicos, madrigali, canzoni, letras, sonetti, tonadas, letrillas, sonadas, cantar de sala, follia, jácaras, romanze, romanze a dialogo, novenas, seguidillas, décimas, ecc. Tra i compositori figurano Mateo Romero, Juan Blas de Castro, Gabriel Diaz, Francisco Gutiérrez, Juan Palomares, Alvaro de los Ríos, Manuel Machado, Miguel de Arizu e Carlos Patiño. Le collezioni del tempo ci offrono così pagine per sole voci come pagine nelle quali la melodia tende a rilevarsi tra il tessuto polifonico, e finalmente pagine che mostrano il trionfo completo dello stile monodico-accompagnato.

La storia della musica teatrale madrilena, quasi del tutto oscura ancora vent'anni addietro, ci è stata rivelata di recente grazie agli studî di Emilio Cotarelo y Mori e di José Subirá. La prima opera rappresentata in Spagna è l'egloga pastorale La selva sin amor (1629), su testo di Lope de Vega, musica d'autore a noi ignoto. Celebre fu ai suoi tempi La purpura de la rosa, rappresentata nel 1660; il testo era di Calderón de la Barca, della musica s'ignora l'autore. Giova ricordare che Giulio Rospigliosi (più tardi papa Clemente X), cui tanto deve lo sviluppo del teatro religioso in Italia, fu nunzio a Madrid dal 1646 al 1653, pochi anni cioè prima dell'opera Celos aun del aire matan (1660), testo di Calderón de la Barca e musica di Juan Hidalgo. Calderón introdusse la zarzuela con la "rappresentazione in due giornate" intitolata Eljardín de la Falerina (rappresentata alla reggia di Madrid nel 1648) e inoltre diede con El laurel de Apolo (1658) un saggio di favola scenica a parti cantate e parti in recitativo "a imitación de Italia" come avverte egli stesso.

L'arte italiana, che tanta influenza ebbe sull'evoluzione dell'opera e della musica da camera in Germania, in Francia, in Austria, ecc., non ebbe però in Spagna quella diffusione che il forte appoggio datole dalla corte avrebbe potuto determinare. Nel sec. XVIII la corte chiama quasi esclusivamente maestri italiani: F. Coradini, F. Falconi, Porretti, Mele, Corselli e, celebre tra gli altri, Carlo Broschi (il Farinello), i quali debbono sostenere strenua lotta per resistere di fronte all'attività geniale di José de Torres Martines (morto nel 1738), di Antonio Literes (morto nel 1747) e di José Nebra (morto nel 1768). Intanto giungeva a Madrid, chiamatovi dall'ex-allieva Barbara Maria di Braganza, sposa dell'infante Fernando, Domenico Scarlatti, e vi assumeva la carica di clavicembalista di corte; secondo le ricerche di L. Bauer, egli rimase a Madrid dal 1729 al 1757 (cioè fino alla morte).

All'opera italiana si contrapponeva, nella seconda metà del sec. XVIII, vicino al dramma lirico tipicamente spagnolo (autori: Literes, Nebra, Rodriguez de Hita, ecc.), la tonadilla scenica, sorta d'intermezzo posto tra una "giornata" e l'altra d'ogni commedia. In seguito però il favore per la musica italiana andò crescendo. Tra gli ultimi esponenti della feconda costellazione di maestri italiani nella Spagna settecentesca, che ebbe il suo centro in Madrid, troviamo anche Luigi Boccherini, morto proprio in questa città nel 1805. Al tempo di Ferdinando VII giunge all'apogeo, in Madrid, la voga della musica rossiniana. Nel 1830 Maria Cristina fonda il conservatorio madrileno (il primo in Spagna), che tra i primi insegnanti ebbe P. Albéniz, R. Carnicer e G. B. Saldoni, tutti devoti all'arte italiana. S'inizia così un movimento culturale i cui primi fondamenti sono posti da H. Eslava con la sua grande pubblicazione musicologica intitolata Lira sacro-Hispana (Madrid 1869) e i cui sviluppi si debbono a F. A. Barbieri e a F. Pedrell. A F. A. Barbieri (1823-1894) si deve lo sviluppo metodico della cultura strumentale madrilena, in grazia dell'orchestra della Società dei concerti, da lui fondata. La sua opera fu continuata, dal 1863 in poi, da J. de Monasterio, il quale promosse anche una buona attività di concerti da camera con la Società quartettistica. F. A. Barbieri ed E. Arrieta (1823-1894) si dedicarono inoltre alla ripresa del genere zarzuela secondo il grande modello calderoniano; T. Bretón, seguito da R. Chapí e da F. Pedrell (il quale ultimo fin dal 1894 insegnava al conservatorio madrileno) dà opera alla creazione d'un melodramma veramente nazionale. Continuatori della buona musica madrilena del passato sono I. Albeniz, M. de Falla, J. Turina, C. del Campo, allievi del conservatorio; Arbós e Pérez Casas, direttori rispettivamente dell'Orchestra sinfonica e della Filarmonica. Al loro fianco O. Esplái, E. Halffter e A. Salazar rappresentano la componistica e la critica musicale odierna a Madrid.

Storia. - La storia della capitale della Spagna comincia in età assai più recente, ed è assai meno ricca e complessa di quella di altre grandi città spagnole. Scarsissima la sua importanza nel Medioevo: si è già accennato che nel sec. X Magerit era un posto fortificato di frontiera, fra il territorio musulmano e quello cristiano, nel 1083 definitivamente occupato da Alfonso VI re di Castiglia; che poi ottenne privilegi di città, già all'inizio del sec. XII. Ma bisogna attendere il sec. XV, perché Madrid acquisti alquanto maggiore importanza, sotto i regni di Giovanni II e di Enrico IV di Castiglia, che vi risiedettero. Era tuttavia sempre una città di secondaria importanza rispetto a Barcellona, Toledo, Valladolid, quando nel 1561 Filippo II vi trasferì la corte, facendone la capitale del vasto impero spagnolo (e tale rimase, quantunque al principio del sec. XVII Filippo III trasportasse nuovamente la corte a Valladolid); ciò che significò un rapidissimo incremento demografico, edilizio, ecc. Senza particolare rilievo fu la sua storia, a eccezione degli eventi del 1808, quando, il 2 maggio, la popolazione madrilena insorgeva contro i Francesi del Murat. L'insurrezione fu domata nel sangue: molti insorti furono fucilati, dando luogo a tragiche scene rievocate poi dal Goya: Ma fu allora accesa, nella capitale, la prima scintilla della grande rivolta contro la Francia.

La Provincia di Madrid. - La provincia di Madrid occupa la parte nord-occidentale della Nuova Castiglia e si stende dalla Sierra de Guadarrama al medio corso del Tago, al quale vanno tutte le sue acque. Se si prescinde dal fianco meridionale della Sierra, dove compaiono larghe masse dì terreni eruttivi, il terreno risulta essenzialmente di due grandi zone distinte: una fascia di alluvioni recenti, che si distende al piede del pendio montuoso, toccando a S. il corso del Jarama, e la molto più estesa massa miocenica che la continua fno al Tago. Quest'ultima è costituita essenzialmente da terreni arenacei, marnosi e sabbiosi con largo sviluppo di formazioni gessose e saline, e rappresenta perciò una zona adatta quasi soltanto alla pastorizia, tranne i brevi fondi valle dei fiumi maggiori (Henares, Jarama, Tajuña, e Tago), dove i materiali di riporto consentono la creazione di più o meno ampie huertas e le colture, specie quelle di piante arboree, mentre la vite ha in genere una larga diffusione. La parte NE. della provincia abbraccia infine una serie di sproni montuosi, con poche estese zone vallive interposte; fra tutte la più importante è quella di Lozoya, fra il Peñalara e le Cabezas de Hierro. Tutta questa regione è caratterizzata da una discreta ricchezza forestale, ancora in gran parte non tocca dal diboscamento che ha tenuto dietro allo sviluppo della capitale. Ma in complesso l'economia della provincia non si allontana gran che dalle forme agricolo-pastorali proprie di tutta la Castiglia, e anche l'insediamento vi è relativamente scarso, quando si faccia astrazione dall'agglomerato madrileno e dall'influenza che esso esercita sulle zone finitime. I prodotti principali, oltre i cereali (soprattutto grano), sono rappresentati dai vini (larga rinomanza hanno quelli di Arganda), dagli olî, canapa, ortaggi e frutta (nella zona prossima a Madrid). L' allevamento segna la solita prevalenza del bestiame minuto (pecore, pochì cavalli e muli); non mancano pregiati bovini in alcuni distretti montuosi della Sierra, dove il centro più notevole sotto questo riguardo è Colmenar Viejo (6500 ab.). Grande è la ricchezza delle sorgenti minerali; nessuna delle quali è convenientemente sfruttata.

La popolazione vive accentrata in nuclei di regola non molto grandi (1000-1500 ab. in media), una dozzina soltanto dei quali superiori ai 5 mila ab. (senza tener conto dei centri prossimi a Madrid). Il più popoloso è Alcalá de Henares, sul fiume omonimo (11 mila ab.), la Complutum dei Romani, antica residenza degli arcivescovi di Toledo e famosa per un'università fiorente nel sec. XVI.

La popolazione totale della provincia, che contava 1.067.637 ab. nel 1920, salì nel 1930 a 1.231.487, con una densità di 154 ab. per kmq., una delle più alte della Spagna. Ove però non si tenga conto della capitale, che rappresenta da sola oltre il 70% di quella popolazione, la densità scende a 40 ab. per kmq., inferiore a quanto segna in complesso la Spagna.

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Il trattato di Madrid.

L'accordo stipulato a Madrid il 5 ottobre 1750 tra la Spagna e l'Inghilterra non è che una correzione e un completamento del trattato di Aquisgrana (18 ottobre 1748), con cui gl'Inglesi avevano ottenuto il rinnovo della convenzione dell'Asiento (1713), relativa alla tratta dei Negri, e dell'antico diritto d'inviare ogni anno una nave nei dominî coloniali spagnoli: clausole che la Spagna aveva mostrato subito di non volere rispettare ed eseguire. Parve che tra i due stati dovesse riaccendersi la guerra; ma poi prevalse l'opera pacificatrice dell'ambasciatore britannico B. Keene e del ministro di Ferdinando VI, José de Carvajal, noto per i suoi sentimenti anglofili. D'altra parte, gl'interessi commerciali, comuni ai due paesi, premevano in senso favorevole a un'intesa più ampia e duratura. Infatti il trattato di Madrid non si limitò ad annullare le clausole sopra indicate (art. 1), ma ristabilì a favore del commercio inglese nei porti spagnoli le tariffe doganali ch'erano in vigore durante il regno di Carlo II (art. IV), concesse all'Inghilterra d'estrarre il sale dall'isola Tortugas (art. V), e determinò per i sudditi britannici in Spagna il trattamento spettante alla nazione favorita (art. VII). Questo complesso di norme, pure riconoscendo implicitamente la supremazia marittima inglese, giovò allo sviluppo del commercio spagnolo e regolò i rapporti tra le due potenze fino al costituirsi dell'alleanza borbonica (Patto di famiglia del 1761) contro la Gran Bretagna.

Bibl.: Il testo del trattato in: Tratados, convenios y declar. de paz y de comercio que han hecho con las potencias extranjeras los monarcas españoles de Borbón, ord. e illustr. a cura di D. A. del Cantillo, Madrid 1843; J. Bécker y González, España e Inglaterra. Sus relac. desde las paces de Utrecht, Madrid 1906; M. Marfil Gracia, Relac. entre España y la Gran Bretaña desde las paces de Utrecht hasta nuestros días, Madrid 1907; M. Ferrandis Torres, El equilibrio europeo de Don José Carvajal, in Rev. Hist., I, Valladolid 1924.