MACRINO d'Alba

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 67 (2006)

MACRINO d'Alba (Gian Giacomo de Alladio)

Francesco Sorce

Nacque ad Alba, come attesta l'iscrizione nella pala da lui eseguita per l'abbazia di Lucedio, intorno al 1465-70, verosimilmente dal notaio albese Giovanni Antonio de Alladio (Villata, 2000, p. 42).

Si ignora l'origine del soprannome con cui il pittore fu solito firmare le proprie opere; mentre il nome di battesimo è con ogni probabilità ricavabile da una nota contenuta nel Libro AA dell'ospedale di Alba, ove si parla di uno "Jo. Jacobj dicti Macrinj de alladio" (cit. da Villata: ibid., p. 39).

La letteratura recente, in ragione di una chiara prevalenza di caratteri centroitaliani isolabili nella sua produzione rispetto alle ascendenze piemontesi e lombarde, ha potuto avanzare l'ipotesi di un periodo di formazione svoltosi a Roma, città nella quale M. dovette avere modo di studiare soprattutto la cultura figurativa elaborata nella bottega di Bernardino di Betto, detto il Pinturicchio.

Alla prassi esecutiva di questo sono riconducibili non solo alcune tipologie fisionomiche delle Madonne col Bambino delle pale d'altare di M. e la composizione di paesaggi "umbro-toscani" disseminati di monumenti della Roma antica e medievale, ma anche elementi squisitamente tecnici di stesura del colore sostanzialmente affini a quelli impiegati dal Pinturicchio nel corso dei primi anni Novanta.

La supposizione del soggiorno romano è altresì corroborata, sia pure in modo non decisivo, dall'impiego reiterato da parte del pittore di decorazioni all'antica derivate dalla volta degli stucchi della Domus Aurea, ma circolanti, come è noto, diffusamente anche attraverso libri di disegni.

La focalizzazione dei tratti stilistici descritti ha indotto a collocare agli esordi dell'attività indipendente di M. la Madonna col Bambino e i ss. Nicola e Martino di Tours (Roma, Pinacoteca Capitolina), situabile - secondo Villata (2000, p. 113) - verso il 1492-93.

Non è possibile stabilire se la pala fu realizzata a Roma, oppure già in Piemonte. Comunque sia, il dipinto è stato posto in relazione con la presenza nella città papale nel 1493 del vescovo di Alba Andrea Novelli e di Benvenuto San Giorgio di Biandrate, futuri committenti di M. e possibili tramiti con l'ambiente capitolino prima e con quello della corte casalese successivamente. A proposito del carattere "umbro" della pala pare necessario prendere in considerazione le note di Aurigemma (pp. 12-14) che, sulla scorta dei dati conservativi, ha sollevato l'ipotesi di un pesante intervento sul dipinto da parte del restauratore ottocentesco Pietro Palmaroli, specializzato nei lavori sulle pitture umbro-toscane, che avrebbe contribuito in modo sensibile all'aspetto centroitaliano dell'opera.

L'ipotetica attribuzione a M. di una Madonna del Latte di collezione privata - formulabile in base alle forti analogie con le due versioni più tarde da lui eseguite, esemplate su un modello leonardesco diffuso nell'ambito degli artisti gravitanti attorno a Martino Spanzotti - e la datazione ai primi anni Novanta del XV secolo hanno persuaso Romano (in Spanzotti, pp. 15, 22 s.) a considerare il dipinto un incunabolo della produzione dell'artista, aprendo un possibile spiraglio sul periodo antecedente il viaggio romano e l'assimilazione del repertorio centroitaliano.

Tornato in patria M. firmò i tre scomparti di polittico - inusualmente asimmetrici per la sua prassi dal punto di vista dell'equilibrio della composizione - raffiguranti la Madonna col Bambino, Gioacchino e l'angelo e l'Incontro di Gioacchino e Anna alla porta Aurea (Francoforte, Städelsches Kunstinstitut).

L'opera, che comprendeva un ordine superiore disperso, era destinata all'altare della Società dell'Immacolata Concezione nella chiesa - distrutta - di S. Francesco ad Alba. Le pronunciate somiglianze esecutive con la pala romana consentono una datazione verso il 1493-94.

Nel 1495 M. firmò, datandolo, il trittico con la Madonna col Bambino, i ss. Giacomo, Giovanni Evangelista, Giovanni Battista e Tommaso d'Aquino e due donatori, del Museo civico d'arte antica di Torino.

L'artista, lavorando con ogni probabilità per una committenza della corte paleologa di Casale, optò per la rappresentazione di una scena di connotazione spaziale lombarda, inserendo tuttavia nello scomparto centrale un fregio la cui ornamentazione all'antica è di matrice romana.

Allo stesso periodo è possibile ascrivere inoltre il Ritratto di pittore (Torino, Museo civico d'arte antica) che la tradizione, attribuendo la tavoletta a M. per ragioni stilistiche, tende a considerare un autoritratto.

Nel 1496 realizzò per la certosa di S. Maria delle Grazie di Pavia il polittico con la Madonna col Bambino, i ss. Ugo di Langres e Ugo di Canterbury e, nell'ordine superiore, la Resurrezione.

Le tavole con gli Evangelisti, che completano attualmente l'opera, sono del Bergognone (Ambrogio da Fossano) e risultano aggiunte già alla fine del Seicento. M. ricevette la prestigiosa commissione forse grazie all'intervento di un Martino de Alladio, menzionato nel capitolo pavese fino al 1495 e probabile parente del pittore. L'artista dovette peraltro riuscire a inserirsi nel cantiere certosino in virtù della sua competenza relativa al repertorio corrente di motivi romani - palesata nei partiti ornamentali e nella rappresentazione di monumenti antichi - in una congiuntura in cui la committenza, convocando il Perugino (Pietro Vannucci), si stava orientando decisamente verso un gusto umbro-toscano. M. iniziò, con quest'opera, a prediligere una gamma cromatica dalla qualità smaltata, che caratterizzò la produzione immediatamente successiva.

Nel corso del medesimo anno affrescò, nella certosa di Valmanera presso Asti, due lunette, perdute, raffiguranti rispettivamente un Compianto con due committenti e una Deposizione nel sepolcro.

Nel 1498 M. licenziò, firmandola, ancora per la certosa di Valmanera (Torino, Galleria Sabauda), la Madonna col Bambino, i ss. Giovanni Battista, Giacomo, Ugone e Girolamo, che costituisce un episodio rilevante nel contesto figurativo piemontese dell'epoca, trattandosi di una grande ancona a spazio unificato dai colori assai luminosi, ricca di citazioni dal bacino stilistico tosco-romano e di decorazioni antiquariali affini a quelle in uso nella bottega pinturicchiesca.

All'anno seguente risale il polittico con la Madonna col Bambino, s. Bernardo di Chiaravalle e il donatore (Annibale Paleologo) e s. Giovanni Battista (Tortona, Vescovado).

M., verosimilmente ormai inserito nell'ambiente della corte paleologa quale pittore prediletto, eseguì, replicando alcune invenzioni della pala pavese, la macchina scenica per l'abbazia di Lucedio su commissione dell'abate commendatario Annibale Paleologo, qui rappresentato in veste di protonotario apostolico. Probabile cimasa dell'opera è generalmente considerato il Compianto oggi in collezione privata (Villata, 2001, scheda 4), che ben si accorda dal punto di vista formale ai presunti scomparti inferiori.

La frequentazione dei personaggi legati alla corte è testimoniata inoltre dal Ritratto di cavaliere di Malta (New York, Pierpont Morgan Library), identificato con Benvenuto San Giorgio di Biandrate, storico e diplomatico del Marchesato di Monferrato, che M. dipinse nello stesso 1499; nonché dal Ritratto di Andrea Novelli (Isola Bella, collezione Borromeo), solitamente assegnato a una data prossima a quella dell'opera newyorkese.

Verso la fine del secolo, in ragione dei tratti stilistici, occorre collocare anche l'Incontro alla porta Aurea di collezione privata (Villata, in M. d'A., 2001, pp. 24 s., scheda 2), che replica lo scomparto sinistro del trittico di Francoforte. L'opera doveva fare parte di un complesso più articolato e, con ogni probabilità, i personaggi a mezzo busto erano stati concepiti a figura intera, come nel dipinto di qualche anno precedente.

Nel 1501 M. firmò la Madonna col Bambino, tra i ss. Francesco, Tommaso d'Aquino, angeli e due donatrici (Alba, Municipio).

La composizione, contrassegnata da un affollamento di figure inconsueto rispetto alla maniera dell'artista e distinta dall'impiego di modelli già sfruttati per la raffigurazione degli Angeli e della Madonna col Bambino, proviene forse - secondo le ragionevoli ipotesi di Accigliaro (pp. 146-149) - dall'antico altare di S. Tommaso d'Aquino nel duomo di Alba, di spettanza della famiglia Calderari. Lo stesso studioso ha proposto di identificare i due ritratti femminili con Maria e Margherita, figlie di Matteo Calderari, signore di Grinzane dal 1483.

Secondo quanto attestano i documenti, nel 1502 M. tornò a lavorare per la certosa di Pavia, realizzando una Natività che Villata (2000, pp. 159-161) suggerisce persuasivamente di identificare con l'Adorazione dei pastori conservata al Museum of modern art di El Paso, la cui commissione va forse ascritta al piemontese Ugo Cacherano iuniore, presente all'epoca nel capitolo certosino.

L'anno seguente M. firmò la pala per il santuario dell'Assunta di Crea raffigurante la Madonna col Bambino e i ss. Giacomo, Giovanni Battista, Agostino e Gerolamo (Tesoro del santuario).

Nella cornice originale erano incastonati i ritratti di Guglielmo IX Paleologo marchese di Monferrato e della moglie Anna d'Alençon, ora separati dalla tavola principale, ma conservati nello stesso luogo. L'opera fu ordinata dal vicario generale e consigliere del marchese di Monferrato Gian Giacomo San Giorgio di Biandrate - come testimonia l'iscrizione sul cartiglio ai piedi del trono di Maria - che desiderava probabilmente celebrare il ruolo personale rivestito nel fidanzamento tra i due personaggi ritratti. La rappresentazione di Anna d'Alençon, come è stato più volte sottolineato, denuncia un interesse per la ritrattistica leonardesca, risultando facilmente accostabile alla cosiddetta Belle ferronnière del Louvre, databile intorno al 1497. Alla pittura milanese sembra rimandare anche il tipo di panneggio della Madonna, non dissimile da quello elaborato nella cosiddetta Pala Sforzesca (Milano, Pinacoteca di Brera). Villata (in M. d'A., 2001, pp. 40 s., schede 11-12) ha proposto di datare a questo momento anche le due tavole con i Ss. Giovanni Battista e Maddalena e i Ss. Giovanni Evangelista e Michele (Cuneo, collezione della Cassa di risparmio di Cuneo), laterali superstiti di un polittico disperso di provenienza ignota.

Nel 1505 M. dipinse la Madonna in adorazione del Bambino tra i ss. Giuseppe, Giovanni Battista, Girolamo, Solutore e un donatore (Torino, Galleria Sabauda), per un altare del duomo di Torino. L'opera fu con ogni probabilità commissionata da Amedeo Romagnano, vescovo di Mondovì, arcidiacono di Torino e commendatario dell'abbazia torinese di S. Solutore (Romano, 1990, pp. 326-329), con il quale è da identificare il ritratto del donatore, presentato da s. Solutore mentre medita in preghiera sul Cristo fanciullo al quale viene prefigurata la Passione da tre angeli. M. utilizzò per la rappresentazione della Sacra Famiglia gli stessi cartoni dei personaggi del dipinto di El Paso, inserendo nello sfondo alcuni monumenti romani, tra i quali spicca una versione fantastica del Colosseo.

In questo periodo la maniera di M., oltre a manifestare l'annotata attrazione per certa pittura lombarda, si presenta significativamente vicina a quella dell'artista franco-piemontese noto come Maestro di San Martino Alfieri, la cui cultura figurativa francesizzante pare influire per un breve momento sullo spettro delle sue opzioni artistiche.

Nel 1506 collocò un'altra opera nella chiesa di S. Francesco ad Alba, firmando il polittico a sei scomparti con S. Francesco riceve le stimmate al centro, i Ss. Pietro e Bonaventura e i Ss. Luigi di Tolosa e Paolo nei pannelli laterali inferiori, e nei superiori i Ss. Rosa, Lorenzo e Giovanni Battista a sinistra e, a destra, Giovanni Evangelista, Caterina e Antonio da Padova (Torino, Galleria Sabauda). Risulta dispersa la tavola centrale superiore che raffigurava la Vergine in trono col Bambino.

L'artista lavorò in questa circostanza per Enrico Balistero - padre guardiano del convento francescano di Alba - come indicava un'iscrizione nella cornice originale andata perduta. È possibile ipotizzare un'identificazione del committente con il personaggio raffigurato nel "ritratto" recato dal frate Elia (o, forse, Leone), rivolto in preghiera verso s. Francesco. La difformità esecutiva tra i pannelli ha fatto pensare di norma a un ampio concorso della bottega; mentre l'autografia di M. sarebbe riscontrabile nella scena delle stimmate.

L'anno successivo, riservando anche in questo caso la maggior parte dell'esecuzione ai collaboratori, M. realizzò ancora per la chiesa albese di S. Francesco la Madonna incoronata dagli angeli col Bambino tra i ss. Michele, Bernardino, Chiara e Stefano, oggi in collezione privata (Villata, 2000, pp. 181-183), ripetendo il modello della Madonna col Bambino di Crea.

È datata 1508 la Madonna in adorazione del Bambino con i ss. Giuseppe, Nicola da Tolentino, Agostino, Gerolamo e angeli musicanti, dipinta per la chiesa agostiniana di S. Giovanni Battista ad Alba, forse per la famiglia cittadina dei Cantoni.

M., come spesso aveva fatto in passato, si servì di cartoni precedentemente utilizzati, rielaborando ancora il disegno e la composizione dell'Adorazione di El Paso e della pala per il duomo torinese. Per motivi di ordine stilistico si può datare a questa fase matura della sua produzione anche la tavola raffigurante i Ss. Gregorio Magno e Ambrogio (Torino, Galleria Sabauda), scomparto conservato di un polittico disperso, forse destinato a una chiesa agostiniana di Alba. Verosimilmente tra il 1508 e il 1510, M. riprese il tema della Madonna del Latte (collezione privata: Villata, 2000, pp. 193-195) derivata dalla Madonna Litta di Leonardo (San Pietroburgo, Ermitage), con il quale l'artista - se è corretta la menzionata attribuzione di Romano (2002) - si era già confrontato agli inizi della carriera. Tra la fine del primo e l'inizio del secondo decennio del Cinquecento, inoltre, replicò nuovamente il soggetto con qualche variante, eseguendo una Madonna del Latte e due angeli conservata in collezione privata (Villata, 2000, pp. 191 s.). Agli anni tardi della carriera di M. va ascritta anche la pala eseguita per la parrocchiale di Neviglie d'Alba, raffigurante lo Sposalizio mistico di s. Caterina e i ss. Vincenzo Ferrer, Giovanni Battista, Francesco, Girolamo e Maddalena.

Il 21 ott. 1513 siglò una tela - unica conosciuta in un corpus costituito esclusivamente da tavole - raffigurante la Madonna col Bambino, ora in collezione privata (ibid., pp. 199 s.), ultima opera nota di M. che rielaborò, in un vero e proprio collage, molti degli elementi figurativi tipici del suo bagaglio espressivo. La data di morte di M. non è nota, ma deve essere comunque situata tra la data di quest'opera e il 1528, quando Paolo Cerrato lo menzionò, ormai defunto, nel suo poemetto De Virginitate (ibid., p. 103).

Fonti e Bibl.: G. Romano, Sugli altari del duomo nuovo, in Domenico Della Rovere e il duomo nuovo di Torino, a cura di G. Romano, Torino 1990, pp. 326-329; E. Villata, M. d'A., Savigliano 2000 (con bibl.); Il polittico di M. d'A. nella certosa di Pavia. Il restauro, a cura di P.C. Marani - M. Olivari, Voghera 2001; M. d'A. Protagonista del Rinascimento piemontese (catal., Alba), a cura di G. Romano, Savigliano 2001; E. Villata, ibid., schede 1-13; W. Accigliaro, A margine dei recenti studi e delle celebrazioni albesi. Annotazioni sulla tavola dipinta di M. nel Municipio di Alba, in Boll. della Soc. per gli studi storici, archeologici ed artistici della provincia di Cuneo, 2001, n. 125, pp. 141-151; M.G. Aurigemma, A proposito del M. della Pinacoteca Capitolina, in Intorno a M. d'A. Aspetti e problemi di cultura figurativa del Rinascimento in Piemonte. Atti della giornata di studi, Alba, 2001, Savigliano 2002, pp. 11-24; Spanzotti, M. e una Madonna fortunata (catal.), a cura di G. Romano, Torino 2002; U. Thieme - F. Becker, Künstlerlexikon, XXIII, pp. 523-525.

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