MACEDONIA

Enciclopedia dell' Arte Antica (1995)

Vedi MACEDONIA dell'anno: 1961 - 1973 - 1995

MACEDONIA (v. s 1970, p. 451)

K. Soueref
D. Pandermalis

Regione storica della penisola balcanica divisa politicamente tra Grecia, Bulgaria e una delle repubbliche della ex Iugoslavia. Comprende a Ν il bacino del Vardar e si estende a E fino al massiccio del Rodope (v.) e a S fino all'Olimpo. Una lunga fila di monti la separa dall'Albania. A S è limitata dal mare Egeo (golfo di Salonicco, penisola Calcidica, isola di Thasos). La M. è in gran parte montuosa soprattutto nella parte centrale e in quella occidentale con cime che sfiorano i 3.000 m (Olimpo). Verso S e verso E presenta ampie vallate, digradando lentamente verso il mare con pianure costiere spesso paludose.

Assai scarse sono le fonti scritte sulle prime fasi della storia della M.; il principale elemento di documentazione è costituito dalla ricerca archeologica, che offre oggi un discreto, anche se non totalmente esauriente, numero di dati sulla preistoria della regione, fino all'Età del Ferro. Le relazioni della M. con la Grecia meridionale, già nel Tardo Bronzo, sono più intense di quanto sia stato ritenuto in passato. Da quest'epoca e nei secoli successivi le relazioni della M. con il resto della Grecia diventano progressivamente più frequenti, come dimostrano i reperti archeologici sempre più ricchi. L'inizio della storia dei Macedoni e della M. si perde nel mito: è sicuro tuttavia che tra l'VIII e il VII sec. a.C. i Macedoni si trovano insediati alle pendici meridionali dei Monti Pierii e creano il loro stato con capitale Aigai (v.), localizzata sul sito della odierna Verghina. Il periodo della sovranità persiana sulla M. sembrerebbe aver giovato sia all'economia della regione sia al suo collegamento culturale con i grandi centri della Ionia, anch'essi sotto il dominio persiano. Alla fine del V sec. a.C., la capitale fu trasferita dal re Archelao a Pella (v.), vicino al Golfo Termaico, in un'epoca in cui le relazioni della M. con la Grecia meridionale, in particolare con Atene, erano molto più strette e le comunicazioni marittime avevano una notevole importanza per i Macedoni. Se fino al IV sec. a.C. questi furono ritenuti barbari dai Greci, molti indizî inducono, al contrario, a supporre un'originaria, stretta, affinità etnica e culturale, successivamente alimentata dai contatti - come si è visto mai venuti meno - con le aree meridionali, fino all'emergere della dinastia degli Argeadi, che alla metà del IV sec. riuscì a fare della M. la maggiore potenza greca. In precedenza non erano mancate presenze di colonizzatori provenienti soprattutto dalla Grecia insulare, insediatisi prevalentemente nella penisola Calcidica (v.) e in zone costiere. Dopo la morte di Alessandro Magno, la M. ebbe una posizione periferica rispetto al nuovo grande impero e ne perdette subito il controllo. Fu uno dei regni ellenistici, con una sfera di influenza quasi esclusivamente limitata alla Grecia di cui, fino alla conquista romana, costituì il maggiore organismo politico. Dopo la battaglia di Pidna la M. fu prima divisa in quattro confederazioni, poi (148 a.C.) ridotta a provincia (v. Provincie romane).

Preistoria. - La preistoria della M. non è ancora nota in maniera soddisfacente, a causa della ricerca non estensiva e della conformazione geomorfologica che determina la frammentazione del territorio in un insieme di monti, fiumi, vallate e pianure, dal fiume Axios e dalla catena del Pindo, fino al fiume Strimone.

La fertilità dei campi e le zone adatte al pascolo hanno condizionato la presenza umana e le risorse economiche durante la preistoria. La tradizione scritta conserva una moltitudine di nomi di gruppi etnici elladici come Macedoni, Bottiei, Oresti, Elimioti, Palagoni, Lincesti, nonché Peoni e Brigi, noti anche per i loro spostamenti.

Paleolitico. - I resti paleolitici di cacciatori e raccoglitori finora scoperti provengono da Siatista (industria litica) nella M. occidentale e da Petralona (industria litica e ossea) nella penisola Calcidica.

Neolitico. - Il Neolitico Antico scoperto a Nea Nikomedia, nella M. occidentale e a Toumba di Serres, nella M. orientale, è datato con il C14 nel VII millennio a.C., quando risulta già introdotto, nei suoi stadi iniziali, il sistema di vita neolitico.

Con Servia, nella valle del fiume Aliakmon, ci troviamo di fronte a un insediamento del Neolitico Antico con elementi confrontabili a quelli tessalici del «Proto-Sesklo». A Servia ê meglio rappresentato il Neolitico Medio (V millennio a.C.). Un risultato interessante dello studio faunistico è quello che riguarda l'alimentazione della comunità di Servia in questa fase: è documentata la presenza di bovini, suini e cacciagione. L'insediamento è esteso e i resti di capanne, a pianta quadrata di m 5 di lato, lasciano dedurre una struttura lignea, un focolare circolare su pietre battute nel cortile. Nella fase successiva le abitazioni acquistano in ampiezza (m 7 di lato) e presentano un magazzino seminterrato e un piano superiore. La ceramica di questo periodo è riccamente dipinta in rosso su fondo biancastro, sempre rifacendosi al «Proto-Sesklo», e presenta motivi lineari, a fasce, a fiamma. Il vasellame comprende pìthoi, vasi di forma aperta e di sagoma sferica, coppe con anse verticali a nastro. Fra gli oggetti di ornamento di Servia si distinguono quelli in conchiglia e in pietra levigata, mentre lo strumentario siliceo e osseo si arricchisce di punte di frecce e asce perforate. Gli idoletti in terracotta sono di vario tipo, tra cui quello doppio, noto dalla Grecia meridionale. A Ptolemais e a Kastorià, sempre nella M. occidentale, il Neolitico Medio si presenta differente, tanto da quello di tradizione tessalica, quanto da quello balcanico.

I siti di Dikili Tash e Sitagrì nella M. orientale appartengono al Neolitico Medio e sono culturalmente vicini a strati coevi di siti della valle del fiume Evros, della Bulgaria sud-orientale e della Tracia (Paradimì). La ceramica proveniente da questi due insediamenti è bicroma; attraverso un particolare procedimento di cottura si era ottenuto un colore giallo nella parte superiore e il rosso in quella inferiore del vaso; a volte la decorazione è a solcature e incisa; tra le forme si distinguono un contenitore biconico e un piatto a quattro alti piedi.

Nel Neolitico Tardo (III millennio a.C.) la presenza umana è documentata negli stessi siti della M., mentre sono in aumento gli elementi di contatto fra diverse comunità; in questa fase in alcuni siti si nota la prevalenza dell'orzo rispetto al frumento, l'apparizione del miglio (a Olinto) e ancora la presenza di fichi e uva.

Nella M. occidentale la ceramica di questo periodo è policroma, con motivi curvilinei del tipo «Dimini», o nera a superficie lustrata del tipo «Larissa». Le forme più comuni sono rappresentate da vasi aperti, sferici e biconici.

A Servia, infatti, la ceramica nero-lucida e quella di colore grigio su fondo grigio risultano essere derivate dalla fase precedente. Ceramica nera a superficie lustrata proviene anche dalla M. centrale (Olinto). Le fasi tardo-neolitiche comprendono resti di costruzioni a pianta rettangolare e trapezoidale realizzate con pietre di fiume e fango e sovrastrutture probabilmente di mattoni crudi, nonché resti di un forno. La ceramica di Olinto è costituita in parte da tipi della fase «Dimini» e in parte da tipi noti nella M. orientale e dal tipo nero a superficie lustrata di buona qualità simile alla ceramica di Servia. Nella M. orientale la ceramica caratteristica è quella con decorazione nera su fondo rosso o graffito sulla superficie nera del vaso. La tecnica ceramica e il rinvenimento di frammenti di rame a Sitagrì permettono di collocare l'area in una fascia dove probabilmente si era diffuso il rame dei Carpazi.

Possono considerarsi testimonianze degli scambi tra le comunità della M. la ceramica dipinta in nero su rosso che era introdotta dalla M. orientale nella M. centrale, a Servia, e in Tessaglia; l'ossidiana di Milo importata a Servia e a Nea Nikomedia; gli ornamenti in spondylus provenienti dall'Egeo e rinvenuti nella M. centrale e orientale, nonché nell'area danubiana e balcanica orientale.

Età del Bronzo. - Il Bronzo Antico (prima metà del III millennio a.C.) non è ancora sufficientemente documentato in Macedonia. Le condizioni geomorfologiche e climatiche all'interno della regione hanno favorito lo sviluppo dell'allevamento di bovini nelle pianure centrali e orientali, mentre nella parte occidentale quello della pastorizia. In ogni caso la regione si inserisce in una koinè culturale che dalla M. settentrionale raggiungeva il Ponto Eusino e la Grecia centrale. Tra gli elementi comuni sono da sottolineare la ceramica monocroma, con vasi di forma piuttosto semplice, e la scarsezza di rame e bronzo. Gli insediamenti si trovano nei siti neolitici, in zone pianeggianti. Asce di pietra, punte di freccia e lame di selce, altri strumenti e ornamenti di osso continuano la tradizione neolitica. Tra gli oggetti frequenti in M. sono le «ancore», rinvenute anche in Tessaglia e nella Grecia meridionale. Nel sito di Servia la nuova fase dell'abitato, dopo un episodio di abbandono, si presenta circondata da trincee multiple. La ceramica nera a superficie lustrata, con forme di vasi aperti a labbro introverso, brocche, anse a cannone, apofisi orizzontali, ha paralleli in Tessaglia (Argissa) e in M. centrale (Kritsanà).

Il Bronzo Medio in M. non ha caratteristiche speciali, a eccezione dell'introduzione della ceramica minia grigia lavorata al tornio nel sito di Molivopyrgos nella Calcidica. Per il resto, la ceramica locale continua con le stesse forme e caratteristiche (brocca a becco obliquo, coppa, askòs, kàntharos biansato, tazza monoansata, anse wish-bone). La decorazione varia tra motivi a solcature (a Haghios Mamas nella Calcidica) e a incisione (a Perivolaki, nella pianura di Langadà).

Il Bronzo Tardo presenta in M. abitati sui monticoli preistorici e in altri nuovi siti in località pianeggianti e semipianeggianti, conseguenza di una crescita demografica e di interessi agricolo-pastorali più ampi come la coltivazione del miglio nella M. centrale, la viticoltura, l'ulivo nella M. orientale. Le abitazioni, collegate fra loro, erano costruite in legno, mattoni crudi e argilla (materiali usati tradizionalmente nella regione e che con il passare del tempo hanno formato i tumuli); esse avevano pianta rettangolare o absidata come a Kastanàs, con diverse funzioni, tra cui l'immagazzinamento. La ceramica presenta varí tipi (monocroma, castano-lucida) e forme tradizionali; quella decorata con motivi incisi a spirali e meandri riempiti di pasta bianca, rossa o gialla, diffusa nella M. centrale, quella matt-painted, dipinta in rosso scuro con motivi geometrici (triangoli, zig-zag), diffusa nella M. centrale e occidentale. La ceramica d'importazione micenea, nelle forme abituali (kỳlix, skỳphos, anforette, ecc.) si diffonde dal XIV sec. a.C. in tutta la M. e in particolare nell'area sottostante all'Olimpo, nella penisola Calcidica, nella M. centrale e occidentale. Attraverso le vie fluviali e quelle terrestri gli elementi micenei penetrano in parte nell'entroterra. Presto le imitazioni locali creano un nuovo filone che si radica nella regione e ha una sua evoluzione fino alla prima Età del Ferro. Gli oggetti in bronzo sono spesso prodotti in loco e la metallotecnica è influenzata da tipi elladici e balcanici.

Età del Ferro. - La prima Età del Ferro (XI-VIII sec. a.C.) appare in M. piuttosto una conseguenza culturale delle fasi precedenti; si individuano innovazioni a tutti i livelli, dovute a influenze generiche, come l'introduzione dell'uso del ferro, ma anche a influssi specifici come quelli riscontrabili nei corredi funerari. Le abitazioni di questa fase, nella M. centrale, appartengono a complessi abitativi con fondazioni in pietra e spesso sovrastruttura lignea che in seguito è sostituita da una a mattoni crudi. Nell'abitato di Assiros si incontrano costruzioni absidate indipendenti. L'associazione di tipi miceneizzati con ceramica dipinta opaca, nota come matt-painted, p.es. ad Aianè di Kozani, costituisce probabilmente il fatto più interessante per comprendere in parte la situazione di molti abitati della prima Età del Ferro in questa regione. La diffusione, della ceramica matt-painted, che appare sporadicamente nel XV sec. a.C. nella M. e fiorisce nel XIII e XII sec., costituisce un fenomeno alquanto importante per il periodo della prima Età del Ferro; diviene propria di molte officine locali non solo in territorio macedone, ma anche in quello dell'odierna Albania e della Grecia nord-occidentale dove continuerà fino al VI sec. a.C, con varianti e produzioni qualitativamente più scadenti. I motivi decorativi geometrici - genericamente inseriti nel più esteso fenomeno del Geometrico greco - e le forme del vasellame presentano analogie con la ceramica mesoelladica matt-painted, nota in Argolide e nella Grecia centrale.

Dall'XI sec. a.C. la Pieria, la Calcidica e la piana di Salonicco, a differenza delle zone settentrionali e occidentali, sono collegate ulteriormente all'Eubea, all'Asia Minore, alle isole dell'Egeo e alla Grecia centrale e meridionale, come dimostra l'adozione di tipologie ceramiche protogeometriche proprie di quelle zone. I tipi di ceramica della prima Età del Ferro in M. si possono raggruppare in ceramiche d'impasto dei tipi monocroma, a incisioni, a solcature; ceramiche lavorate al tornio dei tipi grigia, striata e con decorazione geometrica. Si può segnalare una tendenza conservatrice nel substrato locale della ceramica e un'assimilazione di elementi nuovi nelle aree settentrionale e nord-orientale, in quella centrale e in quella meridionale. A differenza delle epoche precedenti, le informazioni sulla prima Età del Ferro macedone provengono dalla scoperta di un grande numero di manufatti funerari. Sembra infatti accrescersi l'interesse degli individui nei confronti della memoria di sé da lasciare ai posteri.

Questa idea si materializza con la diffusione delle tombe di famiglia e delle necropoli organizzate. Le sepolture erano accompagnate da corredi che sono indicativi del sesso e della posizione sociale del defunto. Il caso delle necropoli sotto l'Olimpo e nella Pieria è indicativo: i tumuli coprono tombe a cista litica e i corredi sono costituiti da ceramica di tradizione locale e da ceramica di stile protogeometrico eseguita al tornio, confrontabile con quella tessalica, da ornamenti in bronzo di tipo danubiano e da elementi tipicamente elladici come la doppia ascia. Il caso di Verghina è caratteristico della M. centrale e occidentale: i tumuli ricoprono inumazioni in fosse e in pìthoi con corredi di ceramica locale e protogeometrica, armi in ferro e bronzo di tradizione centro-europea. Nelle necropoli di Sykià e di Torone in Calcidica e in quella di Kilkìs nell'entroterra della parte centrale della regione prevaleva l'uso dell'incinerazione. Nelle sepolture di Torone si associano ceramiche locali e ceramica con decorazione protogeometrica di tipo euboico. D'altra parte la varietà di utensili, armi e ornamenti in ferro rinvenuti nella M. suggerisce, contemporaneamente a quanto avviene nel resto della Grecia, l'adozione di tecnologie per la lavorazione del materiale e di tipi ispirati a quelli elladici, egei e balcanici. I giacimenti di ferro in terra macedone facilitarono lo sviluppo della metallurgia e della metallotecnica.

Durante la prima Età del Ferro si raggiunge in M. un'unità culturale con specifiche caratteristiche locali. Dal X al VI sec. a.C., la M. non partecipa in modo organico allo sviluppo delle pòleis arcaiche. La sua presenza appare piuttosto frammentaria e discontinua nella riproduzione, p. es., di tipi della ceramica sub-protogeometrica o nella elaborazione di bronzi di tradizione locale e tracia. Si tratta del periodo di incubazione della M., prima che il potere della dinastia degli Argeadi diventi il veicolo di un'altra unità di forze umane che parteciperà attivamente alla storia di tutta la Grecia dal lV sec. a.C. in poi.

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(Κ. Soueref)

Dal periodo arcaico all'età ellenistica. - La M. costituisce, oggi, uno dei principali poli di interesse della ricerca storico-archeologica greca e internazionale; ciò certamente in seguito ai grandi scavi condotti ad Aigai (Verghina), con lo splendido palazzo e le monumentali tombe reali, dove le pitture parietali, di straordinaria fattura, costituiscono un nuovo, interessantissimo capitolo della storia dell'arte greca (v. Greca, Arte: Pittura). Significativi per la civiltà macedone di età classica ed ellenistica sono gli scavi sistematici condotti a Pella e a Dion con il rinvenimento di edifici pubblici, impianti abitativi e santuari, spesso arricchiti da preziose opere d'arte (di particolare importanza i mosaici di Pella).

Recenti scavi nella necropoli di Sindos e altre tombe scoperte a Verghina, rappresentano, con i corredi tra i quali figurano oggetti di qualità assai elevata, una testimonianza della ricchezza raggiunta già nel periodo della dominazione persiana dalle popolazioni di alcune aree della M. e dei legami culturali stretti con l'Asia Minore. Questi complessi sono il segno tangibile, assieme a numerosi altri (v. derveni), del prestigio internazionale conseguito dallo stato macedone nel momento di maggior splendore e dell'attiva presenza alla corte reale e in generale nell'ambiente macedone di personalità e scuole artistiche assieme a botteghe di alto artigianato, tra le più qualificate del mondo greco. Sappiamo peraltro che la M. aveva attirato da tempo l'interesse di alcune città greche, le quali dall'VIII sec. a.C. avevano iniziato la colonizzazione delle zone costiere dell'Egeo settentrionale, fino al Ponto Eusino. Una delle colonie più antiche è Metone (v.) fondata nel 733 a.C. da coloni di Eretria, che dovrebbero aver fondato anche Dikaia nella zona orientale del Golfo Termaico, presso Salonicco, dove si trovava anche la città di Terme. Rilevanti sono pure le recenti scoperte ad Aianè, nella M. occidentale, dove il ritrovamento di importanti tombe, sculture arcaiche e vasi, attesta la presenza di una società che aveva stretti rapporti con la Grecia meridionale. La zona preferita dai coloni fu la Calcidica, dove furono fondate alcune delle più importanti città della Grecia settentrionale (Potidea, Sane, Mende, Scione, Torone, Acanto, Sermile, Singos, ecc.). Al contrario, altre aree, più interne e impervie, rimasero ai margini di questi più avanzati sviluppi, mantenendo caratteri alquanto primitivi (v. rodope).

Singoli siti. - Alcune sub-regioni e molti centri della M. sono illustrati in voci a sé stanti alle quali si rimanda per una trattazione più esauriente dei singoli problemi: v. aigai; dion; kozani; mieza; pella; pidna; Salonicco; sane; serres; sindos; toumba (Salonicco); vería. Per Akanthos, Anthemous (pianura di), Aphytis, Mende, Nea Kallikrateia, Nea Michaniona (Aineia), Nea Syllata, Nikete, Polychronon, Posidi (Mende), Potidea, Sane, Sykia, Torone v. calcidica, penisola.

Sono di seguito presentati altri siti dove recentemente sono stati condotti scavi e ricerche, che completano il quadro generale dell'archeologia macedone, quale si è venuto a configurare in questi ultimi anni.

Edessa. - Edessa è ripartita tra la città bassa dove scorrono le acque provenienti dalle cascate e l'acropoli c.a 120 m più in alto, ai margini della città odierna. Due passi, utilizzati ancor oggi, rendono possibile la comunicazione dei due settori. Il muro di cinta della città bassa raggiungeva in lunghezza i 1.200 m, aveva grandi torri quadrangolari e porte, di cui tre sono state scavate; fu costruito dopo la fine del IV sec. a.C. e ha subito molti restauri.

Il tratto più ampio scavato nell'area urbana si trova all'interno della porta meridionale: di qui parte una strada lastricata fiancheggiata da colonnati. I ruderi in vista, che conservano ambienti destinati a laboratori o a magazzini, appartengono al periodo protobizantino. Nella stessa zona sono state trovate incise su membrature architettoniche sparse le iscrizioni dedicatorie alla dea Ma, la Dea Madre, che in età imperiale presenta anche i caratteri di una divinità guerriera. È possibile che il suo santuario si trovi in un qualche punto di quell'area. L'estensione della città bassa è di c.a 230 acri, mentre quella dell'acropoli è di soli 35. Gli elementi che sono stati messi in evidenza dai recenti scavi consentono di completare il percorso del muro sull'acropoli, dove racchiude entro i suoi tre lati uno spazio a forma di triangolo isoscele disteso, di cui il terzo lato è rappresentato dal margine della roccia scoscesa. Forse qui si veneravano Zeus Hypsistos e Dioniso.

Le necropoli circondano sia l'acropoli sia la città bassa. I corredi più antichi risalgono al IV sec. a.C. Da ciò appare chiara l'importanza del centro che certamente svolse un ruolo decisivo essendo il punto di controllo del principale accesso dalla M. settentrionale alla zona di pianura e alla capitale dello stato. Non è peraltro casuale che in quel punto passasse anche la Via Egnazia. Nel corso del VI sec. d.C. si manifesta nella vita di Edessa una profonda crisi, ma malgrado ciò la città si riprende nel periodo medio-bizantino.

Europos. - L'antica Europos è stata scoperta nel 1931 nella zona collinare presso il moderno villaggio che porta lo stesso nome, nella valle del fiume Axios. Chiave per l'identificazione risultò essere la base iscritta di M. Minucio Rufo, che viene onorato dalla ευροπαιων η πολις. Il rinvenimento più noto di tutta l'area è il kouros arcaico che si conserva nel Museo Archeologico di Kolki. Particolarmente significativo è un ritrovamento del 1989, la base onoraria di M. Iusteio, figlio di Lucio, che probabilmente si identifica con il legatus di M. Antonio Scala, nel periodo in cui quest'ultimo rivestì un ruolo egemone in Macedonia. I recenti scavi hanno messo in luce un abitato e un gruppo di tombe di epoca imperiale.

Oisyme. - A O del villaggio di Nea Peramos, nel golfo di Eleutere, si trovano i resti di Oisyme, colonia di Thasos fondata dopo la metà del VII sec. a.C. (Thuc., IV, 107). Lo scavo sull'acropoli, iniziato nel 1987, ha portato alla scoperta di un tempio arcaico con ingresso a O e uno stretto pronao. È incerto se il tempio avesse anche un àdyton nella sua prima fase dal momento che il muro divisorio nella parte posteriore della cella poggia su uno strato di distruzione degli inizî del V sec. a.C. Al centro della cella è stata scoperta una eschàra rettangolare con basi cilindriche per colonne lignee, poste agli angoli. Il riempimento all'interno dell'edificio conteneva abbondante ceramica del IV sec. a.C. La distruzione del tempio avvenne nel II sec. a.C.; probabilmente vi si teneva il culto di Atena (effigiata sulle monete della città). La ceramica più antica rinvenuta sull'acropoli di Oisyme si data alla fine del VII sec. a.C. e proviene da botteghe cicladiche, ioniche orientali e tasie. Si sono anche rinvenuti frammenti ceramici anteriori alla fondazione della colonia.

Pangaion, Santuario dell'Eroe Aulonìtes. - Il culto dell'Eroe Aulonìtes nell'area di Pangaion ha avuto particolare notorietà in seguito allo scavo di Filippi. Nel 1968 Ch. Koukouli Chrysanthaki localizzava il Santuario dell'Eroe sulla sommità di una bassa collina presso il villaggio di Kipià. Lo scavo iniziato nel 1987 portò alla scoperta di un edificio rettangolare (m 23 x 16) con atrio sul lato orientale e due grandi sale a Ν e a S. Queste contenevano banconi in muratura a forma di triclinio congiunti tre a tre in ciascuna sala. All'incirca al centro dell'edificio e a O dell'atrio si trova una piccola struttura rettangolare in pietra dove si sono rinvenute abbondanti ceneri e ossa combuste di animali. Si tratta sicuramente dell'altare del santuario che poteva avere la forma di una eschàra. Nel riempimento dell'altare si rinvennero ancora molti frammenti di vasi, ma anche punte di lancia, coltelli e utensili di ferro. Sembra che oltre ai sacrifici, avvenissero nel tempio anche simposi rituali, come si può dedurre dai triclini e dai bolli di anfore con la parola ηρωος o le lettere hp e θε

I più antichi reperti appartengono all'età ellenistica (una testa di marmo che assomiglia tipologicamente ad Asclepio e vasi, alcuni dei quali recano graffita una dedica all'Eroe). Il rinvenimento più recente è un tesoretto di monete di Costanzo II (337-361 d.C.). Nei rilievi votivi del santuario l'Eroe è raffigurato a cavallo in una scena di sacrificio o di caccia. L'epiteto di Aulonìtes si riferisce alla sua qualità di protettore del passo (=αύλών) tra il Pangeo e il Monte Symbolon. Il culto dell'Eroe Aulonìtes sembra esaurirsi nel corso del IV sec., mentre nella stessa epoca sulla collina antistante viene costruita una basilica paleocristiana.

Petres. - A NO dall'odierno villaggio di Petres, sulle pendici di un'altura, scavi iniziati nel 1982 hanno portato alla luce un'interessante città montana di epoca ellenistica. Il sito era ben difeso e poteva controllare l'arteria centrale della Via Egnazia. Le mura erano realizzate in pòros e racchiudevano una superfìcie che raggiungeva un'estensione di 200 acri. Il sistema urbanistico si adattava alle difficili condizioni del terreno. Le case erano costruite a gruppi di tre o quattro unità cui si accedeva da strade che seguivano le curve di livello del terreno ed erano larghe c.a 2,50 m. Esse sono di due tipi: a) case con pianta rettangolare allungata con accesso sul lato breve; b) case con pianta a forma di L, cioè con larga facciata. Gli edifici sono a due piani e non hanno un cortile. Nel piano inferiore sono accertati spazi destinati all'attività lavorativa e all'immagazzinamento. Ancora qui veniva effettuata la preparazione dei pasti. Il piano terreno era costruito con pietre in basso e più in alto con blocchi squadrati. Nel piano superiore, costruito con legni, fango e paglia, si trovavano gli ambienti di soggiorno per gli abitanti delle case. In tutto sono state scavate diciotto abitazioni, parti di due edifici pubblici e di un santuario.

Pharges. - Era il più importante centro urbano nella valle del Pangeo in Pieria (Herodot., VII, 12). La sua posizione è stata identificata nella collina a NE del villaggio di Orphani già nel secolo scorso. Scavi degli ultimi anni hanno portato alla luce gruppi di fosse circolari scavate nella roccia naturale. Alcune sono in comunicazione tra loro tramite piccoli condotti. È chiaro che il loro riempimento non ha rapporti con la loro destinazione originaria. Probabilmente erano state scavate per l'immagazzinaggio di beni. Contenevano peraltro abbondanti frammenti acromi, a vernice nera, a figure nere, come pure ossa di animali e conchiglie marine. La superficie del colle è disseminata di ruderi appartenenti a edifici antichi.

Phlorina (Haghios Panteleimon). - Su un'altura a S della odierna capitale del distretto di Phlorina, nel 1930 è stata individuata una città ellenistica. I recenti scavi hanno dimostrato che le case erano disposte a gruppi di tre per ciascun isolato e si trovavano su spiazzi contigui. Strade lastricate e rampe di gradini facilitavano la circolazione. Sembra che il carattere dell'abitato fosse agricolo e industriale. Della prima di queste attività sono prova i magazzini di prodotti agricoli e gli spazi per la loro lavorazione; la seconda si deduce dal rinvenimento di un gran numero di pezzi di massa di ferro, di molti oggetti e utensili dello stesso metallo e di un forno per metallurgia con copertura a cupola. Tra gli oggetti in argilla rinvenuti nell'abitato sono degni di nota diversi vasi a vernice nera e alcuni con raffigurazioni a rilievo (Ilioupersis, ecc.), che provengono dalle botteghe di Pella. L'abitato di Haghios Panteleimon, di cui non conosciamo il nome antico, fu fondato nella seconda metà del IV sec., probabilmente all'epoca di Filippo, e visse fino al II sec. a.C.

Stagira. - Il sito dove nel 384 a.C. nacque Aristotele, è stato identificato con sicurezza da Ph. Petsas quando, nel 1968, fu rinvenuto in mare un kouros semilavorato e fu scoperto, con lo scavo, un muro antico 1 km a E di Olympias. Sulla base della notizia di Tucidide (IV, 88) Stagira era una colonia di Andros. Gli scavi, iniziati nel 1990 sulla scoscesa altura dove si trova il centro antico, hanno messo in luce la fortificazione della città, edifici pubblici e privati. Il muro di epoca classica (V sec. a.C.) ha uno spessore di c.a 1,50 m; è costruito con blocchi non lavorati sulla faccia esterna e all'interno è riempito con pietre e terra. Il muro ellenistico sul lato della spiaggia è più spesso (1,70 m) ed è costituito da blocchi ben tagliati con un riempimento interno. Il suo tracciato è maggiormente protetto, in relazione alle conoscenze più sviluppate dell'arte della fortificazione in epoca ellenistica.

Tragilos. - Città dell'antica Bisaltia, localizzata nel 1900 dal Perdrizet su un colle a NO dell'attuale abitato di Antonochori. Gli scavi sono iniziati nel 1966. Il settore più antico della città si trova sulla cima di un'altura e si data in un periodo che va dalla fine del VI a dopo la metà del V sec. a.C. Alla stessa epoca appartiene una parte dei rinvenimenti effettuati nelle necropoli. Al contrario il grande edificio che è stato scavato in epoca più recente (lungh. 26 m) appartiene all'ultima fase di Tragilos (metà del IV-inizî del III sec. a.C.). È caratterizzato da pietre squadrate e gli ambienti guardano verso un portico che si apre sul grande cortile. La pianta ricorda analoghe abitazioni private di questo periodo. Le dimensioni dell'edificio e la qualità della costruzione sono al di sopra della media. Nell'area della città non sono stati trovati reperti di epoca successiva al III sec. a.C., quando probabilmente l'abitato fu trasferito in qualche località vicina.

Bibl.: In generale, aspetti storici: J. N. Kalléris, Les anciens Macédoniens. Etude linguistique et historique, 2 voll., Atene 1954, 1976; N. G. L. Hammond, A History of Macedonia, I. Historical Geography and Prehistory, Oxford 1972; N. G. L. Hammond, G. T. Griffith, A History of Macedonia, II. 550-336 B.C., Oxford 1979; M. D. Hatzopoulos, L. D. Loukopoulou, Philip of Macedonia, Atene 1980; Β. Barr-Sharrar, E. Ν. Borza, Macedonia and Greece in Late Classical and Early Hellenistic Times, Washington 1982; W. Lindsay Adams, E. Ν. Borza, Philip II, Alexander the Great and the Macedonian Heritage, Washington 1982; Arte dei Macedoni, dall'età micenea ad Alessandro Magno (cat.), Atene 1988; N. G. L. Hammond, F. W. Walbank, A History of Macedonia, III. 336- i6j B.C., Oxford 1988; Ancient Macedonia (cat.), Atene 1989; E. Ν. Borza, In the Shadow of Olympus. The Emergence of Macedón, Princeton 1990; La civilisation grecque. Macedoine, royaume d'Alexandre le Grand (cat.), Atene 1993.

Dall'arcaismo all'età ellenistica: S. S. Miller, Hellenistic Macedonian Architecture, Its Style and Painted Decoration (diss. Bryn Mawr College), Ann Arbor 1977; B. Gossel, Makedonische Kammergräber (diss.), Berlino 1980; G. Touratso- glou, Το ξίφος της Βέροιας. Συμβολή στη μακεδόνικη οπλοποιια των υστέρων κλασικών χρονών, in Αρχαία Μακεδονία, IV, Salonicco 1986, pp. 611-651.

Singoli siti: Edessa: Ph. Petsas, in Αρχαία Μακεδονία, I, Salonicco 1970, p. 204 ss.; E. Kakavoghiannis, in Εδεσσαικα Χρονικά, Χ, 1976, p. 16 ss.; A. Chrysostomou, in AErgoMak, I, 1987, p. 161 ss.; II, 1988, p. 55 ss.; III, 1989, p. 189 ss. - Europos: E. Oberhummer, in RE, VI, 1909, c. 1309, s.v.; S. Kougeas, in Ελληνικά, V, 1932, p. 5 ss.; P. M. Petsas, in Makedonika, IX, 1969, p. 103 ss.; Th. Sannopoulou, in AErgoMak, III, 1989, p. 189 ss. - Oisyme: G. Bakalakis, in Prakt, 1938, p. 98 ss.; E Giouri, in ADelt, XX, 1965, p. 447 ss.; E. Giouri, Ch. Koukouli-Chrysanthaki, ibid., XXIV, 1969, p. 349 ss.; eaed., in AErgoMak, I, 1987, p. 363 ss.; Ch. Koukouli-Chrysanthaki, A. Papanikolaou, ibid., IV, 1990, p. 487 ss. - Pangaion (Santuario dell'Eroe Aulonìtes): Ch. Koukouli-Chrysanthaki, D. Malamidou, in AErgoMak, ΠΙ, 1989, p. 553 ss.; IV, 1990, p. 503 ss. - Petres: P. Adam-Veleni, Ανάγλυφο Αθήνας απο τις Πετρες Φλώρινας, in ΑΜΗΤΟΣ. Τιμητικός τομος για τον Μ. Ανδρο- νικο, Salonicco 1987, Ρ· ι ss.; Ρ. Adam-Veleni, G. Velenis, in AErgoMak, I, 1987, p. 9 ss.; iid., ibid., II, 1988, p. 5 ss. - Pharghes: M. Nikolaidou- Patera, in AErgoMak, I, 1987, p. 343 ss.; III, 1989, p. 489 ss.; IV, 1990, p. 517 ss. - Phlorina: A. Keramopoullos, in Prakt, 1930, p. 74 ss.; 1932, p. 44 ss.; G. Bakalakis, ibid., 1933, Ρ· 7° ss.; τ934> Ρ· 91 ss.; M. Lilivakà, J. Akamatis, in AErgoMak, IV, 1990, p. 67 ss. - Stagira: M. Zähmt, Olynth und die Chalkidier (Vestigia, 14), Monaco 1971, p. 247 ss.; A. Cambitoglou, in Prakt, 1975 e ss.; Α. Cambitoglou, G. Papadopoulos, in AErgoMak, III, 1989, p. 439 ss. - Tragilos: M. Nikolaidou-Patera, in AErgoMak, III, 1989, p. 483 ss.; IV, 1990, p. 513 ss.

(D. Pandermalis)