Maccheronico

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Linguaggio artificiale, costituito con lessico in parte volgare o dialettale e in parte latino, ma con morfologia, sintassi, metrica e prosodia latina. Ha le sue prime manifestazioni nella letteratura burlesca medievale (canti goliardici; sermons joyeux; farces), ma assume fisionomia definita solo verso la fine del 15° sec. in Italia, e si fissa col Baldus di T. Folengo, che inaugura un vero e proprio genere letterario, raccogliendo seguaci anche in vari paesi europei.

Precursori immediati di Folengo sono un tal Corado, padovano, con il poemetto in esametri Tosontea (anteriore al 1489, pubbl. 1905-06) e T. Odasi, da Folengo riconosciuto come suo maestro, con la Macharonea (dopo il 1492); di poco posteriori a questa sono i Virgiliana del cremonese M. Fossa (1500 ca.), l’anonimo Nobile vigonce opus (1502), da alcuni attribuito a Corrado e da altri a Odasi, la Macaronea contra Savoynos di Bassano da Mantova e la replica a questa di G.G. Alioni (Macaronea contra Macaroneam Bassani, 1° ed. nota 1521).

I motivi che diedero origine al m. furono il fastidio nei confronti della solennità classica e dei suoi imitatori, e intenzioni di parodia letteraria e di satira sociale. Tra i maccheronici italiani posteriori a Folengo: B. Bolla bergamasco (Nova novorum novissima sive Poemata stilo macaronico conscripta, 1604), C. Orsini (Capriccia macaronica, 1638), il gesuita B. Stefonio con la commedia Macaronis forza e la raccolta poetica Macareidos (1869 e 1889), il siciliano P. Zanclaio (Cittadinus maccaronice metrificatus, 1647).

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