LUZI, Luzio, detto Luzio Romano

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUZI, Luzio, detto Luzio Romano

Susanna Falabella

Non è nota la data di nascita di questo pittore, da porsi intorno al 1510 in ragione di una consolidata tradizione storiografica che ne colloca la prima attività alla fine circa del terzo decennio del Cinquecento.

I documenti più antichi riferibili al L. (conservati presso l'Archivio storico dell'Accademia nazionale di S. Luca a Roma) lo indicano originario di Todi; ma l'attributo "Romano", dal luogo cui quasi esclusivamente legò il suo operato, compare precocemente nelle fonti cinquecentesche (Vasari). Pur tuttavia, non sembra doversi identificare con il L. il Luzio "de Lutiis" residente nei pressi di S. Giovanni dei Fiorentini, registrato come "cittadino romano" in un atto di proprietà del 21 luglio 1519 (Gnoli; Trezzani).

Rimane ancora da precisare l'iter, anche formativo, che gli consentì di prendere parte alla decorazione della residenza genovese di Andrea Doria a Fassolo (ora Palazzo Doria Pamphili) a partire dal 1528.

La presenza del L. accanto ai numerosi collaboratori di Perin del Vaga (Pietro Buonaccorsi) non è documentata ma è ricordata da Vasari (1550, 1568) e ribadita da autori successivi (Soprani; Angelini; Alizeri), discordi sugli effettivi ambiti di competenza del "giovane". Questo esordio sollecita l'ipotesi di un precedente soggiorno romano in cui il L., a contatto diretto con le vestigia classiche, poté maturare il gusto per la grottesca che informa gran parte della vasta produzione grafica progressivamente ascrittagli e tuttora strumento privilegiato per la ricostruzione del suo problematico catalogo. In particolare, lo studio dei disegni di Chantilly (Musée Condé, inv. 94) e di Palermo (Biblioteca comunale, vol. XXIII.H.38, c. 32) consente di riconoscere la cifra distintiva del L. nella giustapposizione meccanica di fedeli citazioni dall'antico e di individuare dunque le sue responsabilità a palazzo Doria estendendole oltre i confini tradizionali: da esecutore dei progetti periniani per gli stucchi degli ambienti di rappresentanza all'esecuzione, e forse ideazione, delle decorazioni, anche dipinte, dei soffitti delle sale private di Cadmo (perduto), dello Zodiaco e dei Sacrifici.

Entro la fine del 1533 il L. dovette spostarsi a Roma: al 1( genn. 1534, infatti, data la registrazione del suo debito all'università dei pittori di S. Luca, quantificato in 2 scudi in base alle disposizioni cui erano soggetti, per l'esercizio dell'arte, coloro che non avevano tenuto bottega in città o "preso lavori d'importantia" anteriormente al 1527 (Roma, Arch. stor. dell'Accademia nazionale di S. Luca, vol. 2, c. 3v: Missirini). I pagamenti da lui riscossi successivamente all'interno della medesima istituzione, dal novembre 1534 al giugno 1536, suggeriscono l'avvenuta nomina a console dei pittori (Tomassetti), a conferma di una raggiunta autonomia operativa cui fece eco la partecipazione a prestigiose imprese decorative.

La prima di esse dovrebbe identificarsi con i lavori nel palazzo Massimo di Pirro, intorno al 1537. La presenza del L. in questa sede, già avanzata dalla critica (Dumont; Gli affreschi di Paolo III(, I, p. 34; II, n. 26), è stata più recentemente circoscritta ai fregi a stucco e dipinti delle sale di Enea, dei Ricevimenti e degli Dei e alla lacunosa ornamentazione a grottesche della loggia (Prosperi Valenti Rodinò, pp. 45-49).

Il ruolo ben più impegnativo svolto dal L. a Castel Sant'Angelo è, invece, puntualmente perimetrabile su una base documentaria edita dai Gaudioso (1976 e Gli affreschi di Paolo III(, cui si rinvia dove non altrimenti indicato).

I pagamenti scalati tra il giugno 1544 e il dicembre 1545 certificano i compiti del L. nella decorazione dell'ala nord dell'appartamento farnesiano, in fase progettuale ed esecutiva e in piena autonomia nei confronti del più anziano Perin, acquisito al cantiere in una fase più avanzata dei lavori. Probabilmente già dalla fine del 1543 il L. intervenne nella biblioteca, riuscito tentativo di restituzione di un ambiente "all'antica", conclusa con il supporto degli aiuti solo a metà giugno 1545. Un gruppo di fogli distribuiti tra varie collezioni europee consente di ricostruire il percorso seguito dal L. nella progressiva messa a fuoco dell'articolato apparato ornamentale distribuito sulla volta e sulle pareti, celebrativo delle origini di Roma e dell'imperatore Adriano, "figura" di Paolo III.

Entro il luglio 1545, servendosi ancora in misura consistente dei collaboratori, il L. concluse il vestibolo della biblioteca, le sale del Tesoro, dell'Adrianeo e dei Festoni. Dal maggio al dicembre 1545 lavorò nella sala centrale e nei due camerini laterali della "Cagliostra", affiancato da Perin impegnato nella decorazione del corridoio di accesso alla medesima. L'operato del L. si accompagna ancora e problematicamente a quello del maestro fiorentino nel cosiddetto corridoio pompeiano; per quest'ultimo è noto un solo pagamento riferibile al L., del 6 giugno 1545, comprensivo peraltro di altri lavori, ciò che autorizza a ridimensionare la portata del suo intervento a favore di Perin. Tuttavia, la porzione certamente ascrivibile al L., la volta vicino all'ingresso della sala Paolina ove lo stucco è abbandonato a favore della decorazione pittorica, rimane come indizio di un'interessante evoluzione stilistica in atto, sollecitata da un rinnovato studio delle fonti classiche, segnatamente, degli ambienti privati della Domus Aurea.

Altri interventi del L. a Castel Sant'Angelo sono andati perduti e per alcuni di essi risulta difficile individuare l'ubicazione originaria: è il caso degli "stucchi e pitture" in una "cappella" e della "Madonna" nel "cortile de la porta di mezo", eseguiti rispettivamente tra il maggio e l'ottobre e l'agosto e l'ottobre del 1545, ai quali sono stati ricondotti progetti variamente ascrivibili al L. o al suo entourage (Prosperi Valenti Rodinò, pp. 53 s.).

Rimane in fase di assestamento il catalogo del L. per gli anni attorno alla metà del secolo poiché, a fronte della scarsità dei documenti, la sua mano si riconosce in sedi diverse per tangenza stilistica ai lavori di Castel Sant'Angelo.

Immediatamente a ridosso della fine del quinto decennio dovrebbe porsi la decorazione del soffitto di una sala al piano terreno del palazzo Mattei di Paganica, in collaborazione con Domenico Zaga: sono attribuibili al L. le storie delle lunette, solo in parte conservate, e l'ornamentazione a grottesche della volta. Il significato di un eventuale intervento del L. negli ambienti aggiunti da Paolo III nel palazzo dei Conservatori intorno al 1544 (Pietrangeli, 1973; Gaudioso, 1976, p. 27), riproposto in tempi più recenti sulla scorta di una nutrita produzione grafica per i fregi delle sale delle Oche e delle Aquile (Prosperi Valenti Rodinò, pp. 56, 74), apre a riflessioni più stimolanti. Se ne ricava, infatti, il peso che il L., in rapporto continuativo con la committenza Farnese, avrebbe avuto sul contestuale evolversi a Roma del genere decorativo, con funzione di divulgatore privilegiato del fregio all'antica suddiviso in riquadri in cui il dialogo fra scene figurate e ornato a grottesche si risolve a pieno vantaggio di queste ultime.

La versatilità del L. nella decorazione di ambienti sacri si delinea con difficoltà, a causa delle esigue tracce sopravvissute: l'acconto di 5 scudi ricevuto il 19 nov. 1548 per dipingere la tribuna della chiesa di S. Maria in Via, privo di ulteriori riscontri (Bertolotti, 1884, p. 21), e uno studio, conservato a Windsor, per il monumento funebre del cardinale Cristoforo Jacovacci (morto nel 1541), di cui non è nota la realizzazione (Clayton).

La fisionomia del L. "pittore di storia", ancorché meno indagata, è in parte anch'essa ricostruibile con il supporto dei disegni.

In particolare, è il foglio con la Battaglia del lago Regillo (Firenze, Gabinetto dei disegni e delle stampe degli Uffizi, Inv., n. 1091 S) a consentire l'attribuzione al L. del fregio con episodi di storia romana in una stanza del piano nobile di palazzo Stati Cenci Maccarani. Nella medesima sede, in un periodo verosimilmente compreso tra 1546 e 1551, il L. sarebbe intervenuto anche nel fregio di un'altra sala del piano nobile, recante citazioni dal ciclo periniano di Amore e Psiche a Castel Sant'Angelo, e nella volta a grottesche della libreria al piano terreno.

La presenza del L. a palazzo Spada ricordata dalle fonti seicentesche (Baglione; Martinelli) dovrebbe collocarsi nella prima fase decorativa dell'edificio, anteriore al 1550, e riconoscersi al pianterreno negli interventi in un piccolo camerino e in una volta a grottesche nell'ambiente a destra dell'ingresso e, nel piano nobile, nel fregio della sala di Enea.

Più probabilmente nella seconda metà del quinto decennio e anteriormente alla morte di Paolo III, in diretta contiguità con i lavori di Castel Sant'Angelo, di cui era castellano dall'aprile 1545 Mario Ruffini, il L. intervenne a Frascati nella villa del fratello di quest'ultimo, Alessandro: i fregi di tre ambienti sul lato est e di due sul lato nordovest della fabbrica, caratterizzati dalla comune dominante del motivo a grottesca alternato a riquadri figurati o di paesaggio, denunciano, nonostante il cattivo stato conservativo, stringenti affinità con le soluzioni sperimentate dal pittore nel cantiere farnesiano.

Accreditato ufficialmente quale specialista del genere decorativo, il L. sembra continuasse a operare sulla scena romana senza soluzione di continuità almeno per due decenni.

Il 19 genn. 1553 fu incaricato di stimare, insieme con Marcello Venusti, gli affreschi sino allora compiuti sotto la direzione di Daniele Ricciarelli da Volterra nella cappella Della Rovere a Trinità dei Monti (Bertolotti, 1881, II, p. 293).

Ancora da circostanziare è la sua probabile partecipazione ai cantieri di villa Giulia e palazzo Firenze promossi da Giulio III. Solo in parte più agevole per ragioni stilistico-iconografiche è, invece, il riconoscimento di un suo intervento, forse solo in veste direttiva, per le decorazioni del soffitto della sala di Alessandro Magno e della volta e delle pareti della saletta Romana nel palazzo del cardinale Tiberio Crispi, oggi Del Drago, a Bolsena, tra il 1559 e il 1562.

Tra il 1563 e il 1565 prese parte ai lavori delle logge al terzo piano del palazzo Vaticano, coordinati da Daniele da Volterra (Bertolotti, 1882), realizzando verosimilmente la porzione di inquadramento delle storie bibliche nel primo braccio; entro il 1565 concluse la decorazione della volticina antistante alla sala di Costantino (ibid.). Nello stesso biennio, e ancora in collaborazione con Daniele da Volterra, prese parte alla fase iniziale dei lavori per i lacunari in stucco dorato del soffitto di S. Giovanni in Laterano, perduti (Bertolotti, 1881, I, pp. 61, 136).

Nel 1569, infine, su incarico di Tommaso de' Cavalieri e Prospero Boccapaduli, deputati alla Fabbrica del Campidoglio, decorò la volta del vestibolo di ingresso del palazzo dei Conservatori.

Il lavoro, perduto, dovette soddisfare le aspettative della committenza che nel 1575 lo incaricò della decorazione delle volte delle scale, due nel primo ripiano e tre nel secondo (Pecchiai). Queste ultime veicolano un complesso programma iconografico, la glorificazione della Roma classica e cristiana, illustrato in un gruppo di studi preparatori divisi tra Windsor (Blunt), Haarlem (Tuyll van Serooskerken) e Palermo (Prosperi Valenti Rodinò, pp. 63-66). Utilizzando in quest'ultima impresa il solo stucco bianco, il L. sembrò affermare l'opportunità di un ritorno al gusto archeologico del primo Cinquecento di matrice raffaellesca, in provocatorio distacco dagli orientamenti contemporanei.

Non si conoscono il luogo e la data di morte del Luzi.

Non è nemmeno certa l'identificazione del L. con il "Lutios de Lutis" citato in atti di proprietà del 1582 (Davidson, 1966). A integrare coerentemente il profilo della sua personalità rimangono, tuttavia, i numerosi fogli relativi a progetti, di ignota realizzazione, nell'ambito dell'oreficeria e dell'arte applicata: una produzione grafica che attesta le molteplici possibilità di riflessione date dalle stesse fonti classiche che ispirarono la sua attività artistica.

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