RAZZA, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 86 (2016)

RAZZA, Luigi

Giuseppe Parlato

RAZZA, Luigi. – Nacque a Monteleone di Calabria (oggi Vibo Valentia) il 12 dicembre 1892 da Leone e da Carmela De Luca, primo di tre fratelli (Domenico, nato il 17 maggio 1894, e Giuseppe, nato il 31 gennaio 1899). Frequentò a Noto – dove il padre, agente di custodia, era stato trasferito – il liceo-ginnasio Di Rudinì e conseguì la maturità classica nel 1912, manifestando subito una forte passione per il giornalismo.

Trasferitosi nel 1912 in Puglia, si dedicò all’organizzazione sindacale dei contadini prima a Lecce quindi a Corato, Monopoli e Cerignola. Attraverso i giornali che diresse o fondò (Il Tribuno salentino, Il Risorgimento e La Ragione) e le Camere del lavoro che diresse riuscì a unificare l’organizzazione agricola pugliese attorno all’Unione sindacale italiana (USI), il sindacato di tendenza rivoluzionaria di Filippo Corridoni e Alceste De Ambris, e intraprese dure lotte contro il governo insieme con Giuseppe Di Vittorio, che gli successe nella direzione della Camera del lavoro di Cerignola.

Nell’aprile del 1914, in seguito a uno sciopero generale particolarmente violento, Razza fu colpito da un mandato di cattura e riparò a Milano, dove clandestinamente continuò a lavorare per l’USI. Per evitare un altro arresto si trasferì a Lugano dove continuò l’attività sindacale e pubblicistica come redattore capo della Gazzetta ticinese.

Scoppiata la guerra in Europa, tornò a Milano dove, dopo essersi laureato in giurisprudenza, partecipò alla campagna interventista con Benito Mussolini: fu redattore del Popolo d’Italia e tra il 1914 e il 1916 fu membro del comitato centrale e successivamente segretario dei fasci di azione rivoluzionaria.

Riformato per gracilità, nel 1916 si arruolò volontario; allievo ufficiale della brigata Volturno, partecipò alle azioni in Val Posina e sul monte Cimone, nonché alla difesa dell’Altopiano di Asiago; nel 1918 partecipò alla conquista di Trento. Venne decorato con due croci di guerra al valor militare.

Fino al 1923 si divise fra Trento e Milano. Il 23 marzo 1919 partecipò alla nascita dei Fasci di combattimento con Mussolini, che lo nominò segretario dei Fasci del Trentino. Fu quindi redattore capo del quotidiano La libertà e, dal 1921, direttore del Popolo (fondato nel 1900 da Cesare Battisti) e del Giornale di Trento.

Aderì all’organizzazione sindacale fascista di Edmondo Rossoni costituendone i primi nuclei in Trentino e diventandone segretario. Nel 1923 fu chiamato a Milano come segretario della locale Federazione dei sindacati fascisti e, contemporaneamente, fu nominato da Rossoni vicesegretario generale della Confederazione delle corporazioni sindacali fasciste. Nel 1924 fu eletto deputato in Toscana e fino al 1926 rivestì diversi incarichi, soprattutto sindacali: fu reggente dei sindacati fascisti di Fiume, segretario della Corporazione nazionale fascista del teatro, consigliere della Cassa nazionale infortuni, consigliere tecnico nella Delegazione operaia del Bureau international du travail a Ginevra.

Tra il 1927 e il 1934 fu uno dei più importanti dirigenti sindacali fascisti: Rossoni lo nominò nel 1927 segretario della Federazione nazionale dei sindacati fascisti dell’agricoltura, carica che mantenne fino al 1929 allorché, con lo ‘sbloccamento’, Mussolini liquidò la confederazione rossoniana d’accordo con la Confindustria, con Bottai (sottosegretario alle corporazioni) e con Augusto Turati (segretario del Partito nazionale fascista). Dalle ceneri della Confederazione unitaria nacquero otto distinte Confederazioni, una per settore, e Razza divenne presidente della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti dell’agricoltura. Contemporaneamente entrò nel Gran consiglio del fascismo e nel Comitato centrale corporativo. Si impegnò nella realizzazione di una riforma costituzionale in senso corporativo, nella quale la vera rappresentanza fosse quella del lavoro e la corporazione avrebbe dovuto svolgere non solo funzioni di risoluzione delle vertenze sociali, ma anche e soprattutto di programmazione della vita economica e produttiva.

Come organizzatore sindacale potenziò il settore agricolo difendendo per quanto possibile il salario, fortemente penalizzato dagli effetti della ‘grande crisi’ del 1929. Durante la sua presidenza, la Confederazione passò da 847.000 iscritti a 2 milioni, risultando così la struttura sindacale più numerosa. Razza la indirizzò su tre obiettivi: il potenziamento organizzativo e numerico per ottenere il rispetto delle norme contrattuali e della regolarità nelle procedure delle vertenze; il superamento del salario tradizionale attraverso la partecipazione dei lavoratori agli utili; la riforma della legislazione del lavoro attraverso nuovi strumenti assicurativi e previdenziali in grado di sopperire alla compressione salariale.

Fu particolarmente presente nel dibattito sull’istituzione e sullo sviluppo del sistema corporativo, soprattutto dalle pagine della rivista La Terra, diretta da Rossoni, e del quotidiano Il Lavoro fascista, di cui era vicedirettore. In particolare sostenne che la corporazione «a ciclo produttivo» avrebbe favorito l’instaurarsi di un sistema di economia programmata controllata dallo Stato mentre la «corporazione di categoria» avrebbe favorito i gruppi privati. Mussolini adottò, però, una soluzione mista contro la quale Razza manifestò pubblicamente forti perplessità.

Nel 1930 Razza venne nominato primo commissario del neoistituito Commissariato per le migrazioni e la colonizzazione interna, dipendente della presidenza del Consiglio, e creò una struttura dotata di ampi poteri e sostanzialmente autonoma per promuovere direttamente le colonizzazioni agrarie sia nel territorio metropolitano, in particolare nell’Agro pontino, sia nelle colonie, soprattutto in Libia.

Alla fine del 1933, nel pieno del dibattito sul corporativismo, fu rimosso dalla presidenza della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti dell’agricoltura, ma, per non privarsi della sua competenza tecnica e politica, Mussolini, nel gennaio del 1935, lo nominò ministro dei Lavori pubblici. Nei pochi mesi in cui fu ministro, Razza cercò di contrastare la disoccupazione e progettò opere di bonifica sociale dei borghi rurali e dei centri cittadini.

Inviato da Mussolini in Africa orientale per una missione esplorativa, il 7 agosto 1935 il suo aereo esplose in volo, per motivi che l’inchiesta sull’incidente non riuscì a individuare, dopo essere decollato dal Cairo alla volta di Asmara; con lui persero la vita i quattro uomini dell’equipaggio, il suo segretario, Vincenzo Minasi e il barone Raimondo Franchetti, esploratore e africanista.

Fonti e Bibl.: Non si ha notizia di un archivio Razza, mentre le carte delle organizzazioni sindacali fasciste sono andate perdute (ma alcuni documenti della Confederazione nazionale dei sindacati fascisti dell’agricoltura sono conservati a Roma presso l’archivio della Confederazione generale italiana del lavoro).

E. Savino, La nazione operante. Profili e figure, Milano 1934, p. 73; Ministero dei Lavori pubblici, In memoria di L. R., Roma 1935-1936 (estratto dagli Annali dei Lavori pubblici, 1935, n. 9); La Pubblica Assistenza, rivista quadrimestrale delle Opere assistenziali, VIII-IX (1935), 25-26, n. monografico dedicato a Luigi Razza (riedito da Mapograf, Vibo Valentia 1992); M. Missori, Gerarchie e statuti del P.N.F. Gran Consiglio, Direttorio nazionale, federazioni provinciali: quadri e biografie, Roma 1986, pp. 42-44, 46, 264, 301, 310, 325 s.; V. Cappelli, Il fascismo in periferia. Il caso della Calabria, introduzione di P. Bevilacqua, Roma 1992, pp. 15-37, 163-169; N. Salimbeni, L. R. Uomo da non dimenticare, Vibo Valentia 1998; P. Neglie, Sindacalismo rivoluzionario e lotte contadine: ruolo e attività di L. R., in Annali della Fondazione Ugo Spirito, XI (1999), pp. 123-130; G. Pardini, L. R. Vicende elettorali in Toscana (1924-1934), ibid., pp. 131-161; G. Parlato, L. R. tra confederazione e corporazione, ibid., pp. 163-184; Id., La sinistra fascista. Storia di un progetto mancato, Bologna 2000, pp. 225 ss.; F. Fanto, La vita e la politica a Vibo Valentia dal 1918 al 1940, Vibo Valentia 2003.

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