LUIGI I d'Angiò, re di Sicilia

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 66 (2006)

LUIGI I d'Angiò, re di Sicilia

Patrizia Sardina

Nacque a Vincennes, presso Parigi, il 23 luglio 1339, secondogenito di Giovanni II il Buono, re di Francia, e Bona di Lussemburgo.

Nel 1350 fu investito cavaliere e divenne conte di Poitiers. Nel 1354 Giovanni II lo consegnò in ostaggio a Carlo II di Navarra. Tornato in libertà, nel 1356 L. partecipò alla battaglia di Poitiers, vinta dagli Inglesi, e il padre gli diede in appannaggio le Contee d'Angiò e Maine. Nel 1360 la Contea d'Angiò fu eretta a Ducato e il 9 luglio L. sposò Maria, figlia di Carlo di Blois, duca di Bretagna. Dopo la ratifica del trattato di Brétigny (24 ott. 1360), L. fu consegnato in ostaggio agli Inglesi al posto del padre, ma nel 1363 fuggì con uno stratagemma. Tornato in patria, nel 1364 fu nominato luogotenente in Linguadoca, Guienna e Delfinato dal fratello Carlo V, succeduto al padre sul trono di Francia. Nel 1367 ebbe la signoria di Loudun, in cambio di Champtoceaux, ceduta al duca di Bretagna.

Ottenuto sulla carta dall'imperatore Carlo IV il Regno di Arles, L. ebbe un pretesto per invadere la Provenza, con un esercito comandato da Bertrand du Guesclin, e Giovanna I di Napoli dovette chiedere aiuto a papa Urbano V. Nel marzo 1368 le truppe di L. si impadronirono di Tarascona e in aprile assediarono Arles. In agosto giunsero da Napoli i soldati di Giovanna I; in ottobre L. evacuò Tarascona, su ordine di Carlo V, a novembre firmò un armistizio e lasciò la Provenza. Nel 1370 Urbano V propiziò una tregua tra Giovanna I e L. e l'11 apr. 1371 papa Gregorio XI fece stipulare ai contendenti un trattato di pace.

Nel marzo 1370 L. divenne duca di Turenna. Partecipò a cinque campagne di guerra contro gli Inglesi, conquistando una parte della Guienna. Dal 1375 contese al re d'Aragona Pietro IV il Regno di Maiorca e la Contea di Rossiglione e, tra il marzo 1377 e l'aprile 1378, intavolò trattative con Ferdinando di Portogallo per un attacco simultaneo a Pietro IV.

I monaci di St-Denis riferiscono che L. era di costituzione robusta, altezza inferiore alla media, lineamenti regolari, capelli e barba biondi, possedeva buone capacità oratorie, amava il lusso ed era munifico. Fu su richiesta di L. che nel 1364 Carlo V fondò l'Università di Angers. Sempre attento al decoro delle sue residenze, nel 1364 L. possedeva già 76 arazzi e tra il 1367 e il 1376 fece restaurare il malandato castello di Saumur (riprodotto in modo idealizzato nel XV secolo in una miniatura delle Très riches heures del duca di Berry, dedicata al mese di settembre). Ma l'opera più nota commissionata da L. è il ciclo degli arazzi dell'Apocalisse realizzati per il castello di Angers tra il 1373 e il 1380.

L. si oppose al ritorno a Roma di Gregorio XI, ma quando nell'aprile 1378 divenne papa l'italiano Urbano VI non si mostrò ostile né fissò alcuna scadenza per la restituzione dei 120.000 franchi prestati a Gregorio XI. Tuttavia, dopo che i cardinali dissidenti elessero a Fondi Clemente VII (20 sett. 1378), L. si schierò con entusiasmo dalla sua parte prima ancora del prudente Carlo V. Per sostenere Clemente VII, L. gli concesse in prestito 35.000 franchi, rilasciò un salvacondotto ai legati papali che dovevano raggiungere l'Inghilterra, inviò ambasciatori a Firenze e Milano, scrisse all'imperatore. In cambio, Clemente VII offrì a L. un Regno vassallo della S. Sede, ritagliato nei domini della Chiesa. Con una bolla emanata a Sperlonga il 17 apr. 1379 il papa consacrò lo smembramento dello Stato pontificio, con la creazione del Regno di Adria, comprendente la Marca anconetana, la Romagna, il Ducato di Spoleto, la provincia di Massa-Trabaria, le città di Bologna, Ferrara, Ravenna, Perugia, Todi e tutti i territori della Chiesa, eccetto le province del Patrimonio di S. Pietro situate in Tuscia, Campagna, Marittima e Sabina.

L. si impegnava a non dividere il Regno di Adria, non unirlo al Regno di Napoli, rinunciarvi se fosse stato eletto imperatore, re dei Romani, dei Tedeschi o signore di Lombardia, restituirlo alla Chiesa in mancanza di eredi legittimi, difenderlo in caso di minaccia, prestare omaggio ligio alla S. Sede, pagare un censo annuo di 40.000 fiorini alla Camera apostolica, offrire al papa un palafreno bianco ogni tre anni; avrebbe avuto due anni di tempo per preparare la spedizione in Italia; se due mesi dopo il termine fissato la campagna militare non fosse cominciata, l'infeudazione sarebbe stata nulla.

Nella primavera 1379 la compagnia di Alberico da Barbiano, assoldata da Urbano VI, sconfisse a Marino le truppe di Clemente VII, che, dopo una breve e malaugurata sosta a Napoli, si spostò ad Avignone. A giugno Urbano VI aprì un processo canonico per eresia e scisma contro Giovanna I, fautrice di Clemente VII. Di contro, Luigi I d'Ungheria si dichiarò favorevole a Urbano VI, che scelse come erede di Giovanna I Carlo d'Angiò Durazzo, marito di Margherita d'Angiò, nipote della regina.

Nel gennaio 1380 Clemente VII incontrò ad Avignone L. e gli propose di convincere Giovanna I, priva di eredi, ad adottarlo. Con bolla del 1( febbraio Clemente VII fissò le modalità dell'adozione.

L. doveva fornire alla regina quattro galee, offrire il proprio tesoro, prestare aiuto in caso di attacchi contro la Provenza o contro il Regno di Napoli, non chiedere l'immediata consegna dei suoi possedimenti, ma solo qualche base logistica, rispettare l'autorità di Giovanna I e del suo quarto marito, Ottone di Brunswick. Il Papato avrebbe messo a disposizione di L. per quattro anni le entrate della Camera apostolica, ossia tutte le decime di Francia e Linguadoca, le procurationes e le annualità dei prelati francesi, la metà del censo biennale e delle rendite apostoliche dei Regni di Castiglia e Aragona. In primavera Clemente VII si dichiarò disposto a eliminare il divieto di unire il Regno di Adria al Regno di Napoli.

In principio Giovanna I si mostrò esitante, dato che L. era stato un tempo suo avversario, ma quando Urbano VI la dichiarò deposta e sciolse i suoi sudditi dal vincolo di fedeltà, la regina cominciò a prendere in considerazione come suo successore L., che a maggio fu destituito dall'amministrazione della Linguadoca, dove era divenuto impopolare. Il 6 giugno la moglie e i figli di Carlo di Durazzo, in ostaggio a Napoli, si liberarono dalla prigionia, approfittando di una sommossa. Sentendosi in pericolo, il 29 giugno Giovanna I adottò L., gli concesse il titolo di duca di Calabria, appannaggio dei primogeniti del re di Napoli, e stabilì che, alla sua morte, L. avrebbe ereditato il Regno di Napoli e le contee di Provenza, Folcalquier e Piemonte. Privo di truppe e denaro, L. sembrava interessato alla Provenza, più che alla difficile conquista di un Regno lontano, ma a luglio Clemente VII ratificò l'adozione e comunicò a L. che gli avrebbe consegnato la Provenza solo se avesse aiutato Giovanna I.

Per la morte del fratello Carlo V (16 sett. 1380) e la minorità del nipote Carlo VI, erede al trono, L. rimase in Francia a presiedere il Consiglio di reggenza. Nel 1381 Luigi II d'Évreux donò a L. la contea d'Étampes. In Italia Ottone di Brunswick e Rinaldo Orsini si preparavano a respingere Carlo di Durazzo.

Il 1( giugno 1381 Urbano VI investì Carlo III d'Angiò Durazzo del Regno di Sicilia e l'indomani lo incoronò solennemente. Il 4 giugno Giovanna I rese pubblica l'adozione di L. e promise di associarlo al trono appena fosse giunto in Italia. Inoltre, inviò in Francia Antonio de la Rath in cerca di aiuti. Sebbene a fine luglio L. avesse deciso di partire, con il consenso del Consiglio di reggenza, quando giunse la notizia che a fine agosto Giovanna I si era arresa, desistette dal suo proposito. Conquistata Napoli, il 2 settembre Carlo III occupò Castelnuovo e fece prigioniera Giovanna I a Castel dell'Ovo.

Nel gennaio 1382 L. si trovava ancora a Parigi, dove promise al Consiglio di reggenza e a Clemente VII di intervenire nella questione napoletana. Il 19 febbraio, con il trattato di Lione, Amedeo VI, conte di Savoia e cugino di Clemente VII, s'impegnò ad aiutare militarmente L., in cambio della cessione del Piemonte angioino e del sostegno in una futura spedizione di natura imprecisata. Il 22 febbraio L. I arrivò ad Avignone, dove il 1( marzo Clemente VII lo nominò duca di Calabria ed erede del Regno di Napoli. A marzo Bernabò Visconti, signore di Milano, garantì a L. aiuti militari. Il 30 maggio Clemente VII lo investì del Regno di Sicilia e Gerusalemme e promise l'indulgenza plenaria a coloro che fossero morti durante la spedizione. Prima di partire per l'Italia, L. I dovette riportare l'ordine in Provenza, dove riuscì a bloccare la Lega d'Aix e a farsi riconoscere erede di Giovanna I dal clero, dalla nobiltà e da una parte delle città provenzali. Lasciata Avignone, L. I raggiunse le truppe, concentrate a Pont-Saint-Esprit e a Carpentras, da dove partì il 13 giugno. Varcò le Alpi con un esercito disciplinato e consistente, riunito grazie alle rendite della Camera apostolica e alla sovvenzione di 200.000 franchi del re di Francia. Nelle fonti il numero dei soldati oscilla tra 15.000 e 50.000 uomini; L. I afferma che ad agosto il suo esercito contava 60.000 cavalieri e le adesioni aumentavano di giorno in giorno. Francesco da Vico, Bernard de la Salle e Rinaldo Orsini contribuirono al reclutamento e un buon numero di città e baroni napoletani, abruzzesi, pugliesi e calabresi seguì L. I, che cercò di guadagnarsi anche il favore delle città dell'Italia centrosettentrionale. Ma, mentre i Visconti e i Savoia lo sostenevano, Firenze e Arezzo parteggiavano per Carlo III e simpatizzavano per Urbano VI, Bologna esitava a seguire Clemente VII, Genova era fedele a Urbano VI.

Attraversata la Savoia, L. I giunse in Piemonte, e tra fine giugno e i primi di luglio 1382 soggiornò a Torino e Rivoli, negoziando nuove alleanze con la collaborazione di Amedeo VI. A fine luglio L. I arrivò in Lombardia, ricevuto da Bernabò Visconti, e perfezionò le trattative iniziate a marzo, stabilendo che il proprio figlio, Luigi, avrebbe sposato Lucia, figlia di Bernabò, con una dote di 200.000 fiorini e le spese di mantenimento di 500 cavalieri. Ad agosto l'esercito angioino attraversò l'Emilia-Romagna sostando presso Parma, Bologna, Imola, Faenza e Ravenna, poi L. I preferì seguire la via dell'Adriatico e passare dalla Marca anconetana piuttosto che affrontare le città toscane, alleatesi per sbarrargli il cammino.

A fine luglio 1382 giunse nella baia di Napoli la flotta provenzale, comandata dal conte di Caserta, che fece scorrerie a Castellammare di Stabia, Ischia e Capri. Il 27 luglio Giovanna I perì in circostanze misteriose (ufficialmente a causa di una malattia, più verosimilmente assassinata) e Carlo III ne comunicò subito la morte ed espose la salma nella chiesa di S. Chiara, mentre L. I e Clemente VII cercarono di nascondere la notizia il più a lungo possibile. Secondo Léonard, alla morte di Giovanna I la monarchia franco-napoletana finì e non vi fu una "seconda Casa d'Angiò", ma nacquero due dinastie separate, i Valois-Provence (il cui capostipite fu L. I), che controllarono la Provenza, ma non riuscirono a regnare stabilmente a Napoli, gli Angiò-Durazzo, re di Napoli, ma privi di possedimenti in Francia.

Il 17 sett. 1382 L. I entrò a L'Aquila, accolto solennemente dalla popolazione, e investì alcuni conti e baroni abruzzesi. Poi si diresse in Campania, ma incontrò difficoltà per la carenza di denaro e per le epidemie. Passò da Caserta e a ottobre giunse a Maddaloni, dove ricevette l'omaggio dei baroni campani e dei cittadini di Napoli.

Persi moltissimi cavalli per mancanza di foraggio, L. I andò a svernare a Montesarchio e quindi si recò a Cerreto Sannita, inseguito dall'esercito di Carlo III, mentre il numero dei cavalli si era ridotto ulteriormente, per il freddo e la fame. Diviso l'esercito, L. I spedì un contingente a compiere scorrerie in Campania, inviò ambasciatori a Milano per riscuotere la seconda rata della dote di Lucia Visconti, e ad Avignone per chiedere sostegno finanziario a Clemente VII. Rinaldo Orsini ricevette 50.000 fiorini ad Avignone, Pierre de Craon 90.000 ducati a Milano, ma a L. I il denaro non giunse mai.

Tra la fine del 1382 e l'inizio del 1383 L. I e Carlo III pensarono di risolvere la contesa con un duello, da svolgersi nell'isola di Capri (secondo Valois), o nella pianura di Isola presso Capua (secondo Cutolo). Il 26 dic. 1382, in vista del duello, L. I fece testamento a Cerreto Sannita. L'8 febbr. 1383 Carlo III rilasciò un salvacondotto ad Amedeo VI, incaricato di effettuare un sopralluogo, in previsione della sfida armata, ma il 1( marzo il conte di Savoia morì di peste nel castello di Santo Stefano, l'esercito sabaudo fece ritorno in patria e l'idea del duello fu accantonata.

La guerra continuò in Molise e i contendenti si scontrarono a Pietracatella il 5 apr. 1383. Giacomo Del Balzo, figlio del duca d'Adria e di Margherita d'Angiò, legò a L. I (con testamento del luglio 1383) il Principato di Taranto, il titolo di imperatore di Costantinopoli, despota di Romania e principe d'Acaia. Giunto in Puglia, L. I ottenne Taranto, dove ricevette l'aiuto di molti nobili pugliesi e il 30 agosto s'intitolò re di Sicilia e di Gerusalemme.

Il 26 settembre L. I dettò un nuovo testamento a Taranto, dove rimase a lungo. Clemente VII gli concesse nuovi sussidi e preparò una flotta; il nipote Carlo VI re di Francia inviò in Italia un'armata guidata da Enguerrand de Coucy.

A fine ottobre 1383 Urbano VI, temendo l'avanzata delle truppe clementiste, incontrò Carlo III per ricucire i contrasti. Raggiunto un accordo, il 10 novembre il papa entrò a Napoli, accolto trionfalmente. Il 1( genn. 1384, durante la messa di Capodanno, Urbano "fece la cruciata à dosso alo Duca d'Angioia come ad heretico" (I Diurnali, p. 37); il 13 maggio dichiarò L. I eretico e ribelle alla Chiesa in concistoro e gli intimò di comparire al suo cospetto. In primavera, il Senato veneziano non consentì a L. I di armare tre galee. A giugno Carlo III sfidò a Barletta L. I, che ebbe la meglio nelle scaramucce, ma dovette ritirarsi per mancanza di viveri.

Mentre attendeva l'arrivo dell'armata francese in Puglia, L. I era tanto a corto di denaro che fu costretto a indossare una cotta di tela dipinta e a impegnare o vendere gioielli e vasellame d'argento. I cavalli scarseggiavano e alcuni cavalieri dovettero accontentarsi degli asini.

A fine luglio 1384 L. Iottenne pacificamente Bari, dove nominò capitani, giustizieri, viceré, e il 15 settembre diciassette cavalieri napoletani gli giurarono fedeltà nella chiesa di S. Nicola. Presa Bisceglie e dopo essersi accordato con una parte dei cittadini contrari ai Durazzo, L. I impedì che i suoi soldati la saccheggiassero.

L. I morì a Bari di tumor gutturis la notte del 20-21 sett. 1384.

Con un codicillo aggiunto al testamento in punto di morte, L. I pregò Clemente VII, i cardinali di Avignone e Carlo VI di completare la sua conquista, ordinò alla moglie Maria di Blois, che si trovava in Francia, di mandare al più presto il primogenito Luigi in Italia e costituì un governo provvisorio di tredici reggenti (nove regnicoli e quattro francesi), presieduto da Enguerrand de Coucy; durante la messa celebrata a Bari Luigi fu acclamato re di Sicilia. Nel testamento L. I chiese di essere sepolto nella cripta della Ste-Chapelle di Parigi, mentre il cuore doveva andare ad Angers e le viscere a St Martin di Tours. Il suo corpo, collocato in un feretro di piombo, restò a lungo a Bari e fu poi traslato a St-Maurice d'Angers, insieme con il cuore, mentre le viscere furono interrate a St Martin di Tours.

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