CIMARA, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 25 (1981)

CIMARA, Luigi

Roberta Ascarelli

Nacque a Roma il 19 luglio 1891 da Giuseppe, che era prima guardia nobile del Vaticano, e da Giovanna Putti. Dalla sua aristocratica famiglia il C. ereditò "quella distinzione e quel senso perfetto della misura che gli valsero la definizione di "Lord Brummel del teatro" e, ancora, di "dandy del palcoscenico"" (N. Leonelli, p. 247). Terminati gli studi classici al liceo "Mamiani" di Roma, si iscrisse, vincendo le resistenze paterne, alla scuola di recitazione dell'Accademia di S. Cecilia diretta da Virginia Marini da cui uscì "qualche tempo dopo condannato a vita a fare l'attor giovane e l'amoroso" (come scrisse lo stesso C. in un breve saggio autobiografico, Quarantotto ma non li dimostro, in Scenario, VIII [1939], pp. 540 s.).

Alla fine del corso si presentò al direttore della compagnia stabile dell'Argentina di Roma, A. Chiantoni, ed, ottenne di farsi ascoltare, in una lunga "moralità". Scritturato in questa compagnia debuttò a Padova, sostituendo il primo attore Amerigo Manzini nella parte di Fabrizio in Tristi amori di Giacosa (1912); rimase quindi con il Chiantoni per una stagione, interpretando il ruolo del protagonista in Fuochi di San Giovanni di Sudermann e quello di Metternich in L'Aiglon (o Il conte aquilotto) di Nino Alessi. Nonostante questi successi, l'anno passato con questa compagnia, il cui repertorio "non corrispondeva al suo temperamento moderno" (Leonelli), come del resto quello successivo in compagnia con Lyda Borelli-Pisano-Gandusio non costituirono per il C. un'esperienza soddisfacente. Nel 1915, scoperto da Tina Di Lorenzo, che lo scritturò come primo attor giovane nella sua compagnia, conobbe i primi grandi successi, soprattqtto presso il pubblico femminile, interpretando opere piuttosto audaci per quel. periodo (il protagonista ne Il germoglio di Feydeau e il figlio ne La vena d'oro di Zorzi), in cui dava vita a personaggi d'amoroso inquieti e un po' cinici. Con la Di Lorenzo il C. iniziò un progressivo mutamento di stile, passando dall'interprete "brutale e violento" del film Passione tzigana del 1916, ricordato dal Palmieri (p. 116) all'artista di temperamento. delle farse recitate con Armando. Falconi e, infine, a partire dal 1921, al primo attore raffinato della compagnia Niccodemi, che, da buon romano, "ha innato l'orrore di ogni superfluità, esuberanza, congestione, confusione; e persino quando è arrogante o scortese ha un suo modo di esserlo così aggiustato, così nitido che fa che, pur quando è sgradito, è compatito" (M. Ramperti, p. 449).

II commediografo aveva raccolto attorno a sé una compagnia priva di grandi attori, costituita per lo più da giovani di buona famiglia (oltre al C., la Vergani, figlia di un pubblicista, e Sergio Tofano, figlio di un alto magistrato e per di più laureato in lettere), eleganti nel gesto come nel vestire, dalla recitazione raffinata adatta a rendere l'atmosfera "borghese" delle opere in repertorio. Il C. divenne, dopo un difficile inizio, l'attoretipo di questo complesso per le sue doti di signorilità, di misura e di semplicità: "alla bellezza di Vera Vergani è naturale che Niccodemi abbia cercato come riscontro non indegno la grazia elegante e delicata di Luigi Cimara" (S. D'Amico, p. 114).

Nei dieci anni successivi il C, continuò a interpretare parti di primo attore con rùolo d'amoroso, formando insieme con la Vergani una coppia di grande successo ("Dario Niccodemi - ricorda il C. - non trovò di meglio che farmi debuttare accanto a Vera Vergani in Romeo e Giulietta di Shakespeare. Nei versi, nel costume mi trovai subito a disagio. Nella triste e lagrimosa storia... mi rivelai un vero attor comico. Ma la prova valse a confermarmi attor giovane per eccellenza e da allora per altri tre lustri quando in una commedia c'era una parte di primo attor giovane si è pensato infallantemente a me"). Dopo quella esperienza il C. interpretò essenzialinente personaggi moderni in La nemica, L'aigrette, L'alba, il giorno e la notte del Niccodemi; Il pescatore d'ombra diJ. Sarment; L'adolescente di J. Natanson; Sera di pioggia di P. Riccora; Un uomo di A. Savoir, più adatti al suo temperamento e al suo fisico gracile ed eternamente giovanile, imponendosi all'attenzione della critica. Meno buone le sue interpretazioni di opere più complesse, da Shakespeare a D'Annunzio, in cui non vi era spazio per il suo personaggio insieme romantico e spregiudicato, fatuo e affascinante secondo lo stile del teatro francese.

Giunto alla quarantina, il C. riuscì a modificare il suo personaggio di "amoroso" in quello, più maturo, di primo attore brillante, padre evasivo, marito inquieto, dongiovanni raffinato, mediante uno studio attento delle proprie possibilità espressive. Anche da promiscuo, il C. si confermò attore originalissimo, estraneo a ogni regola accademica e a ogni consuetudine sceniza sia per l'uso, della voce, "strumento arcadico tutto alti e bassi, assurda rincorsa di vocali e consonanti, di intonazioni che avrebbero allarmato un maestro... e che invece in Ciniara diventavano un affascinante gioco di proporzioni" (M. Pensa, L. C., in Il Corriere lombardo, 26 genn. 1962), sia per quello della mimica.

Allo, scioglimento della compagnia Niccodemi, nel 1931, il C. recitò in varie formazioni (Elsa Merlini e Sergio Tofano, 1931-34; Kiki Palmer 1934-35; Laura Adani e Umberto Melnati, 1935-36; Ama Magnani, 1936-37; Paola Borboni, 193738; Cellini e Pavese - anche direttore -, 1939-40; Evi Maltagliati, 1940-41), alternando con eguale successo il ruolo di amoroso a quello di promiscuo. Negli anni della guerra si dedicò essenzialmente al cinema, dove lavorò saltuariamente e con discreto successo per tutta la sua carriera interpretando per lo più il tipo dei dongiovanni; tornò quindi al teatro nel 1944 con Romanticismo di Rovetta e con la rivista Niente abbasso solo evviva, cui seguirono nel 1945 La prigioniera di E. Boutet in compagnia con Evi Maltagliati e nel 1946 Un uomo come gli altri di Salacrou con Lilla Brignone. Nella stagione 1948-49 formò compagnia con Leonardo Cortese e Sarah Ferrati - sostituita successivamente da Margherita Bagni -, imponendosi nuovamente con due opere di grande impegno, Le mani sporche di J.-P. Sartre e Ardelia o la margherita di J. Anouilh, in cui si dimostrò attore drammatico e penetrante. Negli anni '50 tornò ad un genere "leggero" con Dream girl di E. Rice (compagnia Gioi e Ferzetti, 1951), Chi è di scena di M. Galdieri (in compagnia con la Magnani, 1952), Oh amante mia di T. Rattigan (1954). Nel 1955 prese parte all'allestimento del Giardino dei ciliegi di A.Čechov presentato dal Piccolo Teatro di Milano, e nel 1960 recitò nel Rinoceronte di E. Jonesco con lo Stabile napoletano. Formò poi compagnia con Laura Adani e presentò nel 1960 LucyCrown di J.-P. Aumont (da un romanzo di I. Shaw) e La stampa è libera di A. Saitta e, nel 1961, Romanticismo di G. Rovetta. Fu quindi costretto ad abbandonare le scene per una grave malattia.

Morì a Roma il 25 genn. 1962.

Filmografia: Passione tzigana, 1916; Elevazione, 1918; La colpa vendica la colpa, 1919; La telefonista, 1932; Frutto acerbo, Teresa Confalonieri, 1934; Re burlone, 1935; L'aria del continente, La damigella di Bard, 1936; Gli ultimi giorni di Pompei, 1937; Dora Nelson, Ricchezza senza domani, 1939; Validità giorni dieci, Il piccolo re, Il signore della taverna;1940; Primo amore, Luna di miele, Redenzioni 1942; Mater dolorosa, L'amico delledonne, 1943; Il fiore sotto gli occhi, 1945; Adamo ed Eva, 1950; Senza bandiera, 1951; Carne inquieta, Altri tempi, Gli uomini non guardano il cielo, 1952; Lulù, Cento anni d'amore, 1953.

Il fratello minore del C., Giovanni, nato a Roma il 1° febbr. 1889, iniziò a lavorare nel cinema per caso, rispondendo all, 'annuncio di un quotidiano e si impose, dopo inizi piuttosto incerti, in Quand l'amour refleurit con Diana Karenne (1916). Passò quindi al teatro nella compagnia di Irma Gramatica nel 1919 e partecipò alla messa in scena di La vena d'0ro di Zorzi (che ripropose nel 1928 in versione cinematografica da protagonista insieme alla Karenne); fu, dal 1921, nella compagnia di Wanda Capodaglio, "dove potette vagliare le sue possibilità passando sempre a parti più importanti ed ottenendo un successo con L'amorosa tragedia di Sem Benelli" (Il Mattino, 22 maggio 1931). Sostenne ruoli da primo attore dal 1924, prima con la compagnia Gentilli-Zoncada quindi, dal 1930, con la compagnia Borboni-Lupi. Con quest'ultima formazione si recò nel 1931 in America latina, ottenendo un lusinghiero successo al teatro Odeon di Buenos Aires còn Yourrah di Verneuil, confermato dalla fortuna di Qualcuno di Molnár (1931) e di Taide diV. Tieri (1932). Nel 1933 prese parte all'edizione reinhardtiana di Sogno di una notte di mezza estate di Shakespeare al giardino di Boboli a Firenze (protagonisti Evi Maltagliati e Memo Benassi). Negli anni Quaranta Giovanni abbandonò la scena per dedicarsi, con la moglie, l'attrice Lina Franceschi, alla prosa radiofonica a Roma, Torino, Firenze e nuovamente a Roma, e, saltuariamente, al cinema (Cercasi bionda bella presenza, 1942).

Morì a Roma il 21 dic. 1962.

Filmografia: Passa una donna, 1913; Capriccio di gran signore, Cuore azzurro, Le primule insanguinate, 1914; Ettore Fieramosca, 1915; Canaglia dorata, 1919; I due sergenti, Corte d'Assise, 1930; Campo di maggio, 1935; La regina della scala, 1937.

Fonti e Bibl.: Necr. di A. Fratelli, Ricordo di Gigetto, in Sipario, XVII (1962), p. 70; S. D'Amico, Il tramonto del grande attore, Milano 1929, pp. 140, 144, 260 s.; E. F. Palmieri, Teatro ital..., Bologna 1939, p. 251; N. Leonelli, Attori tragici Attori comici, Milano 1940, I, pp. 449 s.; E. F. Palmieri, Vecchio cinema ital., Venezia 1940, pp. 116-215 passim; M. Ramperti, L. C., in Scenario, IX (1940), pp. 449 s.; Enc. d. Spett., III, coll. 762 ss.

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