CAROLI, Luigi

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 20 (1977)

CAROLI, Luigi

PPierazzi

Nacque a Bergamo nell'anno 1834 da Anna Benedetta Cattaneo e da Ludovico, che era di famiglia arricchitasi con il commercio della seta. Il C. ebbe un'educazione raffinata e visitò in gioventù numerosi paesi europei: Ungheria, Inghilterra, Spagna, Francia e Svizzera. Abile cavaliere, si arruolò nel reggimento di cavalleria Piemonte reale. Combatté a Magenta e a Solferino contro l'Austria e nel dicembre del 1859 venne promosso tenente nei cavalleggeri di Saluzzo. Già nel corso della seconda guerra d'indipendenza egli usò della sua ricchezza a fini patriottici e umanitari facendo elargire medicinali e biancheria ai soldati feriti.

Legato sentimentalmente alla marchesina Giuseppina Raimondi, il C. fu implicato tra il '59 e il '60 in uno scandalo che segnò in maniera decisiva il successivo corso della sua vita. Della diciottenne Giuseppina s'invaghì Giuseppe Garibaldi tanto da chiederla in sposa al marchese Giulio Raimondi. Il giorno delle nozze, tuttavia (24 genn. 1860), il generale ricevette una lettera, scritta dal C., il quale gli svelava che la marchesina attendeva un figlio da lui, Garibaldi ripudiò e abbandonò immediatamente la giovane sposa.

Le conseguenze più gravi di quell'episodio ricaddero sul giovane C. che fu oggetto di un vero boicottaggio da parte dei fedelissimi di Garibaldi. Pur desiderandolo ardentemente, egli non poté prendere parte alla spedizione dei Mille né alla successiva azione conclusasi tragicamente ad Aspromonte.

Qualche mese più tardi, nel gennaio 1863, scoppiò, nel regno di Polonia una violenta insurrezione contro il dominio russo che, preparata da tempo dal comitato nazionale, fu coronata all'inizio da notevole successo.

In Italia le notizie provenienti da Varsavia sulle vittorie del generale Langiewicz suscitarono ondate di entusiasmo. Un po' dappertutto vennero organizzati comizi, raccolti fondi, emessi proclami a sostegno della causa polacca.

Il colonnello garibaldino Nullo progettò di spingersi con una trentina di volontari fino a Cracovia, dominio austriaco, e di passare da lì nel regno insorto. Nullo espose questi propositi al C., il quale li accettò con particolare entusiasmo anche perché vi intravvide la possibilità di inserirsi nell'ambiente garibaldino. I preparativi per la spedizione, finanziata dal C., erano a buon punto, quando verso la fine di marzo si diffuse la notizia della sconfitta di Langiewicz. Si temette per un attimo di dover sospendere l'impresa.

Ai primi di aprile però l'insurrezione in Polonia riacquistò slancio, il che rinsaldò i propositi bellicosi dei volontari italiani. Il governo torinese considerava con sospetto quell'agitarsi di garibaldini perché temeva qualche atto inconsulto nel Veneto. Si cercò di bloccare in Italia Nullo e i compagni negando loro i passaporti, ma quest'iniziativa ebbe successo solo parziale. Nullo infatti riuscì, minacciando un'interpellanza parlamentare, ad ottenere i permessi di espatrio per sé e per 18 commilitoni.

I volontari partirono alla spicciolata tra il 19 e il 25 aprile. In quella data lasciò l'Italia anche il Caroli. Egli passò per Peschiera, dove fu trattenuto dalle autorità di frontiera austriache, il che non gli impedi di essere il 27 a Vienna e qualche giorno più tardi a Cracovia.

Nullo, nel frattempo, aveva già preso contatto con il Comitato centrale polacco che gli offrì il comando di un corpo composto, oltre che dai volontari italiani, anche da 500 polacchi e 70 francesi. Si ebbero contatti, in quegli ultimi giorni d'aprile '63, anche con emissari di Mieroslawski, generale dissidente dal Comitato centrale di Varsavia, che cercò, ma senza successo, di attrarre gli italiani nella propria orbita.

Nullo, il C. e i loro compagni oltrepassarono la frontiera galiziana il 4 maggio con l'intenzione di conquistare la città di Olkusz. Appena varcata la frontiera essi furono attaccati, all'alba del 5 maggio, vicino a Krzykawka, da truppe russe. Il combattimento prese subito cattiva piega: i polacchi, inesperti, si ritirarono e a nulla valse il comportamento coraggioso e spavaldo dei garibaldini. Nullo venne ucciso, mentre il C. con altri undici commilitoni tra italiani, francesi e polacchi, fu preso prigioniero. I garibaldini ebbero il conforto di poter seppellire il giorno successivo il loro comandante, poi, dopo due settimane di prigionia ad Olkusz, furono tradotti a Czestochowa e da lì a Varsavia. Posti davanti al tribunale militare essi vennero condannati, nel giugno 1863, a morte mediante capestro. Il C. rifiutò di firmare la domanda di grazia e chiese soltanto di venir fucilato. Dopo circa una settimana la pena fu commutata a dodici anni di lavori forzati e all'esilio a vita in Siberia. Il 3 luglio 1863 il C., con altri compagni, lasciò Varsavia, venne trasportato a Pietroburgo e a Mosca. Dopo breve sosta nelle prigioni moscovite il gruppo fu tradotto in "telega", velocissima carretta senza sponde, attraverso Kazan e Perm a Tobolsk. Dalla città siberiana il C., incatenato, venne inviato a piedi e a tappe forzate a Petrovski, dove fu adibito ai lavori nelle cave di argilla. Nell'agosto del '64 fu trasferito ad Aleksandrovsk, dove rimase per un breve periodo, e da lì a Kadai, vicino a Narčinsk sulla frontiera mongola.

Nonostante le terribili condizioni di vita, descritte a vivi colori nel diario di uno dei suoi compagni, il francese E. Andreoli (edito in Provincia di Bergamo, 23 genn.-4 ag. 1869), i prigionieri non persero ogni volontà di resistenza e ogni speranza di salvezza. Essi attesero dapprima, in seguito a false notizie, l'esito di una guerra tra la Russia e le potenze alleate Francia, Italia e Inghilterra. Più tardi, nel marzo del '64, avviarono colloqui con alcuni membri del Comitato centrale polacco, pure imprigionati in Siberia, per organizzare un complotto e sollevare le truppe russe della regione di Amur.

Il C., sfumati tali illusori progetti, cercò rifugio nello studio al quale dedicò tutto il suo tempo libero. Approfondì la conoscenza dell'inglese, apprese il tedesco, cominciò a studiare il russo. Si impegnò in studi storici, filosofici, politici ed economici; tradusse e scrisse delle poesie di cui rimane testimonianza nelle carte consegnate dopo la sua morte dall'Andreoli alla famiglia. Lasciò una relazione sulla spedizione di Polonia, I preparativi della spedizione di Polonia, edita nel 1938 su Bergomum (XXXII, 2-3, pp. 81-87). Nonostante le enormi distanze dall'Italia, egli riuscì a mantenere i contatti, benché sporadici, con i suoi familiari i quali nel frattempo s'erano rivolti allo zar e ad altri personaggi influenti per ottenerne la liberazione. Ogni tentativo però rimase vano. Il C., i cui nervi furono scossi dai patimenti subiti, cominciò a sospettare di essere stato abbandonato dai parenti vogliosi delle sue sostanze. Ammalatosi ai primi del giugno '65 di infiammazione cerebrale, morì dopo lunga e penosa agonia l'8 di quel mese e venne sepolto su un colle vicino a Kadai.

Bibl.: K. Firlen-Bielanska, Nullo i jego towarzysze (Nullo e i suoi compagni), Warszawa 1923, ad Ind.; Id., Relacja L. Carolego o układanej wraz z Nullem wyprawie do Polski w r. 1863 (Relazione di L. C. sulle trattative con Nullo per combinare la spediz. di Polonia), in Kwartalnik Historyczny, XXXVII (1938), pp. 373-378; A. Zanchi, Il dramma di L. C., Bergamo 1936; G. Donati-Petteni, L. C., in Volontari italiani in terra polacca, in Studi garibaldini, IV (1963), pp. 168-175; V. Polli, Garibaldi, Giuseppina Raimondi, Gigio C., Bergamo 1969; C. Arrigoni, Un romanzo dell'800 che torna, Torino 1970, passim, Diz. d. Risorg. naz., II, p. 568 (con ulter. bibl.).

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