Beethoven, Ludwig van

Enciclopedia dei ragazzi (2005)

Beethoven, Ludwig van

Raffaele Pozzi

L'immagine del genio musicale tra Classicismo e Romanticismo

Contemporaneo e lettore di Immanuel Kant, Wolfgang Goethe e Friedrich Schiller, Beethoven incarna la nuova figura del compositore moderno: con lui l'espressione dell'interiorità dell'artista e delle sue dolorose vicende esistenziali viene in primo piano. Col suo lavoro, inoltre, la nuova coscienza storica e morale che aderisce ai grandi ideali di libertà e giustizia emersi dalla Rivoluzione francese investe la creazione musicale. Nella potente novità della concezione della sua musica si avverte il passaggio epocale tra Settecento e Ottocento

Gli anni giovanili a Bonn

Ludwig van Beethoven nacque a Bonn, in Germania, nel 1770. La sua famiglia aveva origini fiamminghe. Il nonno del musicista si era trasferito a Bonn dalle Fiandre intorno al 1730 entrando come strumentista nella cappella arcivescovile. Suo figlio Johann, padre di Ludwig, cantò come tenore nella stessa cappella. Lo studio del pianoforte, dell'organo e della composizione con l'organista di corte Christian Gottlob Neefe garantì al giovane Ludwig una buona formazione musicale. Neefe lo introdusse inoltre in casa del consigliere di corte von Breuning dove Beethoven venne a contatto con molte novità culturali. Nel 1784 fu assunto come organista dal nuovo elettore Maximilian Franz. Questi, dalle idee aperte e illuminate, aveva ampliato l'orizzonte culturale della città fondando tra l'altro un'università presso la quale Beethoven frequentò alcune lezioni di filosofia.

Da Bonn a Vienna

Nel 1787 l'elettore permise a Beethoven un viaggio di istruzione a Vienna, interrotto però dalla morte della madre del musicista. Il progetto venne ripreso alcuni anni dopo e il compositore, grazie anche all'interessamento del conte Ferdinand von Waldstein, poté lasciare definitivamente Bonn per Vienna nel 1792. Lì prese lezioni dal compositore Franz Joseph Haydn, dal celebre insegnante di contrappunto Johann Georg Albrechtsberger e dal compositore della corte imperiale Antonio Salieri per il trattamento vocale della lingua italiana. A Vienna Beethoven si segnalò negli ambienti aristocratici della città per il suo grande talento d'improvvisatore al pianoforte. Il sostegno della colta aristocrazia viennese fu essenziale per l'affermazione della carriera artistica del musicista. Tra gli altri, gli furono particolarmente vicini ‒ tollerando a volte anche le sue asprezze di carattere ‒ il principe Carl von Lichnowsky, al quale egli dedicò la famosa sonata per pianoforte detta Patetica (1799), e il conte Andreas Rasumowskij, che mantenne a sue spese un quartetto d'archi, mettendolo a disposizione del compositore.

A questo primo periodo viennese risalgono lavori orchestrali quali la Prima (1799-1800) e la Seconda sinfonia (1800-02), le prime Sonate per pianoforte, i trii per archi op. 9 (1796-98), i Quartetti per archi op. 18 (1798), i primi tre Concerti per pianoforte e orchestra (1798, 1801, 1802). In queste opere una concezione musicale e formale ancora settecentesca, vicina al mondo espressivo di Haydn e Mozart, convive con elementi originali e innovativi, che rimarranno caratteristici della personalità beethoveniana.

Il Testamento di Heiligestadt

L'entusiasmo per le promettenti prospettive che si aprivano con il trasferimento a Vienna fu raffreddato dai primi sintomi di una malattia, la sordità, che avrebbe tormentato Beethoven per tutta la vita. Il compositore avvertì infatti intorno al 1795 i segnali di una menomazione dell'udito, particolarmente crudele per un musicista, che andarono progressivamente aumentando fino alla completa sordità raggiunta intorno al 1819. Da questo periodo fino alla morte, Beethoven fu costretto a comunicare con gli altri per iscritto, attraverso i quaderni di conversazione che testimoniano il suo stato penoso.

Egli sfogò il suo dolore in uno scritto, sotto forma di testamento, il cosiddetto Testamento di Heiligestadt, che prende nome dalla dimora di campagna vicino Vienna dove fu redatto nel 1802. Indicando nella sordità la ragione del suo impulso a trascorrere la vita in solitudine e a isolarsi dagli uomini, Beethoven scrive: "Questi fatti mi portavano quasi alla disperazione; è mancato poco che ponessi fine alla mia vita, solo l'arte mi ha trattenuto dal farlo ‒ mi sembrava impossibile dover lasciare il mondo prima di aver espresso tutto quello che sentivo dentro". In queste parole si coglie la reazione energica dell'uomo di fronte alle avversità del destino, ma anche il dolore al quale egli oppone una volontà di superamento. Si profila, inoltre, una nuova funzione dell'arte, che non ha scopo di semplice e piacevole intrattenimento ma deve esprimere l'interiorità dell'artista e la moralità dell'uomo.

Le grandi opere del primo Ottocento

Dopo il Testamento di Heiligestadt lo stile di Beethoven accentua gli elementi innovativi della produzione precedente. Ciò è particolarmente evidente nella Terza sinfonia detta Eroica (1802-04). Pieno di entusiasmo per gli ideali di libertà, uguaglianza e fraternità espressi dalla Rivoluzione francese, il compositore aveva dedicato la sinfonia, "composta per festeggiare il sovvenire di un grande uomo", a Napoleone Bonaparte, cioè a colui che incarnava e diffondeva in Europa tali ideali. Quando tuttavia Napoleone si fece incoronare imperatore (1804), Beethoven lesse in questo gesto un tradimento dello spirito rivoluzionario e cancellò rabbiosamente la dedica. Il nuovo clima espressivo e la potenza di sviluppo delle idee musicali che emergono in questa sinfonia si ritrovano nella successiva Quinta sinfonia (1807-08), mentre nella Sesta, detta Pastorale (1807-08), Beethoven presenta un altissimo esempio di quella che poi sarà la musica 'a programma', che si ispira a un programma extramusicale. In questo caso il compositore traduce in suoni i sentimenti suscitati dalla contemplazione della natura, un fondamentale tema d'ispirazione del Romanticismo.

L'ultimo Beethoven

Dopo il 1816, nell'ultimo decennio di vita, lo stile di Beethoven si indirizza verso un nuovo mondo sonoro. Il principio del contrasto tra i temi, tra idee e materiali musicali, che caratterizzava i movimenti nella sinfonia, nella sonata per pianoforte e nel quartetto per archi, si attenua. All'eroismo energico della produzione precedente si sostituisce un abbandono al flusso del sentimento, secondo una sensibilità ormai pienamente romantica. Questa evoluzione si coglie chiaramente nelle ultime cinque Sonate per pianoforte (opp. 101, 106, 109, 110, 111), scritte tra il 1816 e il 1822, in cui la forma tradizionale tende a dissolversi. Ciò avviene anche negli ultimi Quartetti per archi (opere 127, 130, 131, 132, 135), composti tra il 1822 e il 1826. Le soluzioni formali e musicali, che prevedono un forte recupero del contrappunto (grammatica della musica), rivelano un'originalità e modernità che il pubblico dell'epoca non fu in grado di comprendere.

Ad analogo ripensamento viene sottoposta la forma della Messa per soli coro e orchestra nella grandiosa Messa solenne (1819-23) e nell'ultima Nona sinfonia (1822-24), il cui movimento finale mette in musica l'Inno alla gioia di Friedrich Schiller. L'inserimento nella sinfonia ‒ forma strumentale per eccellenza ‒ delle voci di un coro che celebra la tensione di tutta l'umanità verso la fratellanza universale presenta una nuova concezione di questa forma, grandiosa e filosofica. Il messaggio illuministico di solidarietà morale e libertà, nonché la sua realizzazione attraverso l'incontro tra musica e parola, tra strumenti e voce umana, si presentano come una sintesi sulla quale si sarebbe interrogata tutta la musica sinfonica dell'Ottocento fino a Gustav Mahler. Il compositore morì a Vienna nel 1827.

Il Fidelio: unica opera lirica di Beethoven

L'esaltazione dei valori di verità, libertà ed eroismo, opposti alla tirannide sconfitta dalla giustizia e dall'amore, è al centro di Fidelio, unica opera lirica composta da Beethoven (1804-05) e sottoposta per due volte a revisione (1806, 1814). La vicenda, ambientata nella Siviglia del Seicento, si basa sull'ingiusto imprigionamento di un giovane patriota, Florestano, da parte di un dispotico governatore, Pizarro. La moglie di Florestano, Leonora, travestitasi da uomo con il nome di Fidelio, si fa assumere nella prigione come secondino al fine di liberare il marito. Pizarro decide di far uccidere segretamente Florestano per metterlo definitivamente a tacere. Leonora/Fidelio però, grazie anche all'intervento inaspettato di don Fernando, un ministro venuto in visita al carcere con un messaggio di libertà e fratellanza, salva Florestano e fa arrestare il perfido Pizarro.

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