UHLAND, Ludwig

Enciclopedia Italiana (1937)

UHLAND, Ludwig

Lionello VINCENTI

Poeta tedesco, nato il 26 aprile 1787 a Tubinga, ivi morto il 13 novembre 1862. Costretto a seguire gli studi giuridici, fu giovanissimo guadagnato dall'amore della poesia e della storia. Incominciò a poetare esercitandosi nei toni sentimentali e idillici di Matthisson, Hölty, Klopstock, per indulgere quindi - venuto a conoscere Ossian, la raccolta dei Volkslieder herderiana e alcune fonti latine dell'antichità germanica - al gusto delle immaginazioni cavalleresche con ballate di motivo e costume medievali. Ma già nel 1805 dimostrava di sapersi mettere sulla strada d'una sua originale intimità, per modesta che ancora fosse (Gesang der Jünglinge, Die Kapelle, Die sanften Tage, ecc.). L'aveva aiutato a liberarsi la poesia di Goethe; i Minnesinger di L. Tieck e il Wunderhorn di A. von Arnim e Cl. Brentano ebbero importanza decisiva per l'orientamento dei suoi studî e della sua poesia. Con alcuni compagni d'università (K. Mayer, K. H. Köstlin e soprattutto Justinus Kerner) costituì un gruppo di romantici svevi, che combatté anche con un giornale di breve vita (Sonntagsblatt) qualche battaglia anti-illuministica. Si strinsero relazioni con Heidelberg e si collaborò alla Zeitung für Einsiedler di Arnim e Brentano. Nel saggio Über das Romantische (1807) Uhland mostrava però d'avere ancora una idea imprecisa della complessità del fenomeno romantico: poco intendeva dei suoi spiriti filosofici, e meglio si sentiva attratto dagli interessi poetici e storici dei Tieck, Brentano, Grimm. Quando, conseguita la laurea in giurisprudenza, il padre lo mandò a Parigi (maggio 1810-gennaio 1811), perché si approfondisse nella conoscenza del codice napoleonico, gli studî più attenti il giovine poeta li fece nella Biblioteca Nazionale, leggendo, trascrivendo e traducendo quante più poté canzoni di gesta. Nasceva in lui il dotto, ma ancora il dotto fecondava il poeta, come si vide negli anni seguenti trascorsi a Tubinga prima, avvocato senza clienti, e poi a Stoccarda, volontario in un ministero di cui non divenne impiegato stabile, non avendo voluto prestare giuramento al re. Mentre gli si chiarivano la natura e lo svolgimento dell'epica francese, gli nascevano pareccnie delle sue più belle poesie. Aveva raggiunto, così giovine, la sua eccellenza; il volume pubblicatogli dal Cotta nel 1815 lo rivelò al gran pubblico. Sia le liriche e sia le ballate mostravano lo stesso cammino verso una sempre maggiore obbiettività - come il poeta diceva - cioè immediatezza d'ispirazione e semplicità di struttura, evidenza di pensiero e d'immagine, schiettezza di verso e di suono. Si poté dire che le liriche di U. paiono essersi formate di per sé stesse, come i canti popolari. Ma pur nei più freschi canti di primavera si avvertono risonanze profonde, e sotto gli atteggiamenti generici non di rado è la sublimazione indicata dal poeta con la formula: essergli la vita divenuta immagine e la realtà sogno. Non si vuol negare che spesso la visione è troppo comune e il canto troppo monotono o asciutto. La sua padronanza dell'arte U. la provò trattando più forme, anche il sonetto e l'ottava, quest'ultima sulle orme d'Ariosto, nel frammento di poema Fortunat und seine Söhne. La sua maggior maestria però va cercata nelle ballate e nelle romanze, nelle quali il poeta riusciva a rappresentare una persona o un avvenimento o una situazione con plastica vivezza pur avvolgendoli nell'atmosfera cara al fantasiare romantico. Dalle ballate della giovinezza a quelle della maturità, da Die drei Lieder, Klein Roland, Roland Schildträger a Der Castellan von Coucy, Taillefer, Schwäbische Kunde, Graf Eberhard der Rauschbart, Bertran de Born, Der Waller, ecc., conseguiva U. un magistero, che lo rendeva carissimo al suo popolo, e gli assicurava una larga fama europea. Un altro lato della sua produzione poetica è il patriottico. Nessun suo componimento raggiunse la popolarità, oggi ancora verdissima, di Ich hatte einen Kameraden; altri canti, sorti nell'epoca della lotta per gli antichi diritti del parlamento svevo, conservano solo un interesse storico.

Non soltanto col verso partecipò U. alla lotta politica. Dal 1819 al 1826 fu deputato al Landtag del Württemberg, e, rieletto più tardi, non esitò, nel 1833, a rinunziare alla cattedra di lingua e letteratura tedesca (offertagli dall'università di Tubinga nel 1829), avendogli il governo ricusato il congedo necessario per esercitare il suo mandato. Rimase sulla breccia politica fino al 1838; ma nel 1848 fu poi chiamato nel parlamento generale tedesco. Dalle iniziali posizioni particolaristiche, temprandosi nei lunghi anni della reazione principesca, U. era pervenuto al concetto della necessaria libertà e unità del popolo tedesco senza esclusione dell'Austria. Al parlamento nazionale serbò fede sino all'ultimo, e il suo nome rimase in Germania il simbolo dell'idea unitaria e democratica.

Dopo la precoce fioritura giovanile il poeta tacque presto in lui. Solo due volte nel 1829 e nel 1834, la sua vena riprese a gettare con qualche abbondanza. E si spense l'amore per la drammatica: di una trentina di drammi restano scenarî e frammenti in verso e in prosa. I temi non erano diversi da quelli delle ballate: gl'Italiani possono ricordare un Corradino e una Francesca da Rimini. Due sole opere furono compiute, Ernst, Herzog von Schwaben (1816-17) e Ludwig der Bayer (1818), assai migliore il primo del secondo, ma neppur esso documento di una genuina capacità drammatica.

Se U. non riuscì ad evocare sulla scena il Medioevo, che amava, con tanto maggior fortuna l'indagò nei minuti studî durati tutta la vita. Dallo studio dell'epica francese era passato a quello della saga germanica, del Nibelungenlied, del Minnesang, della mitologia, delle saghe sveve. Tutto il lontano passato poetico della sua nazione avrebbe voluto ridestare; non molto portò a compimento: l'eccellente saggio su Walther von der Vogelweide (1822), le lezioni sulle saghe franche e normanne, quelle sulla letteratura medievale fino ai secoli XV-XVI, i saggi sul mito di Thor e di Odino, diverse ricerche particolari. Il più rimase allo stato di preparazione o di frammento, come la grande raccolta di Volkslieder di tutte le stirpi tedesche e il trattato relativo. I vaghi concetti teorici e i metodi empirici, a cui si affidava, furono spesso di pregiudizio al suo lavoro: tuttavia parecchie sue intuizioni furono più tardi universalmente accolte, e più di un suo scritto si può ancor oggi leggere con profitto.

Ediz.: Un'edizione completa delle opere di U. manca. Si ha però un'edizione critica delle sue poesie: L. U. Gedichte a cura di E. Schmidt e J. Hartmann, voll. 2, Stoccarda 1898; L. U. Gesammelte Werke, volumi 8, con introduzione, a cura di W. Reinöhl, Lipsia 1914 (la migliore scelta moderna, comprendente anche i due drammi e molti degli abbozzi drammatici); A. von Keller, U. als Dramatiker, Stoccarda 1877 (che pubblica tutta l'opera drammatica di U.), U.s Schriften zur Geschichte der Dichtung und Sage, a cura di W. L. Holland, A. v. Keller, F. Pfeiffer, Stoccarda 1865-73, voll. 8; L. U.s Briefwechsel, Stoccarda 1911-17, voll. 4; U.s Tagebuch (1810-1820), a cura di J. Hartmann, Stoccarda 1898.

Bibl.: L. U.s Leben, aus dessen Nachlass und eigener Erinnerung zusammengestellt von seiner Witwe, Stoccarda 1874; H. Schneider, U. Leben, Dichtung Forschung, Berlino 1920; T. Longo, L. U. con speciale riguardo all'Italia, Firenze 1908 (contiene la minuta storia della fortuna dell'opera di U. in Italia e una ricca bibliografia); H. O. Burger, Schwäbische Romantik, Studie zur Charakteristik des Uhlandkreises, Stoccarda 1928.

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