LODRONE, Ludovico

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 65 (2005)

LODRONE (Lodron), Ludovico

Vittorio Mandelli

Nacque intorno al 1484 presumibilmente a Lodrone (oggi Lodrone di Storo), nel Trentino, da Paride Antonio di Giorgio, del ramo dei Lodrone detto delle Giudicarie (De Festi, tav. III, n. 22), e da Maria contessa di Brembate.

L'avo paterno, Paride, detto il Grande, celebre capitano di ventura, morì al servizio della Repubblica di Venezia combattendo nel Milanese (1439). La Serenissima, a cui premeva avere alleati affidabili per meglio controllare i confini con l'Impero, ne gratificò i discendenti con onori e diversi privilegi feudali in terra veneta, che si aggiunsero a quanto già la famiglia possedeva nel Trentino. Uguale credito Paride il Grande ottenne alla corte di Vienna, come è provato dal titolo comitale, concesso da Federico III d'Asburgo ai suoi due figli, Giorgio e Pietro (6 apr. 1452). Anche Paride Antonio, padre del L., uomo d'arme per tradizione familiare, fu al soldo della Repubblica. Violento di carattere, compromise irrimediabilmente i rapporti con Venezia facendosi coinvolgere, allorché era alla guardia di Bergamo, nell'omicidio di Antonio de Bonzi (6 marzo 1484). Colpito da bando e taglia di 5000 scudi (30 sett. 1484), si trasferì in Trentino, offrendo i suoi servizi ai duchi d'Austria. Fu l'inizio di lotte per il patrimonio e le terre tra Paride Antonio, al quale dava man forte il fratello Francesco, e l'altro fratello, Bernardino, fedele a Venezia: il prevalere di una delle parti avrebbe implicato, per l'Impero o la Repubblica, l'acquisto di vantaggi strategici forse decisivi. Paride Antonio gestì al meglio i matrimoni dei figli a noi noti. A parte Daniele, monaco benedettino, e il L., presto avviato alla carriera militare, tutti si accasarono con famiglie di gran nome. Sebastiano sposò Valentina di Ulderico Frundsberg, sorella di Ulderico (III), vescovo-principe di Trento e, rimasto vedovo, in seconde nozze Domitilla Griffoni contessa di Sant'Angelo. Giuliano ebbe come consorte Apollonia Lang, sorella di Matteo, vescovo-principe di Salisburgo (De Festi, p. 46). Ginevra andò sposa al conte bresciano Giovanni Maria Martinengo e, in secondo voto, a Mariotto Calini. Anna fu maritata a Georg von Frundsberg, celebre condottiero, noto per avere adeguato il modo di combattere dei lanzichenecchi ai tempi moderni, tanto da renderli il migliore reparto di fanteria a disposizione di Carlo V.

Sono poche le notizie pervenute sul periodo di formazione del L., forse trascorso in qualche compagnia di ventura, tra le tante che le parentele potevano proporgli. L'ipotesi sembra confermata da quanto scrive De Festi (p. 47), che lo vuole giovane ostaggio, dato dal re di Francia, Luigi XII, a Ferdinando II il Cattolico, durante la guerra per il possesso del Regno di Napoli (1498). Al soldo dell'Impero durante il periodo della Lega di Cambrai e della Lega santa, fu, insieme con il padre e il cugino Giovanni Battista di Francesco, agli ordini di Frundsberg. Soccorse Austriaci e Spagnoli a Brescia, da tre mesi sotto l'assedio di Veneziani e Francesi (21 dic. 1515). "Pratichissimo" del territorio, guidò le compagnie di lanzi di G. Roggendorf (Roncandolfo) in una marcia, imprevedibile data la stagione invernale ormai avanzata, conducendole "per dirupi de' monti, et per sentieri inusitati" (Paruta, p. 233), arrivando nella città assediata con 7000 fanti, rifornimenti e denaro (Sanuto, XXI, col. 420). Ripartì subito per organizzare rinforzi e portare altro contante: gli Spagnoli reclamavano le paghe e minacciavano di passare al nemico. Sulla via di Brescia, presso la rocca d'Anfo (28 genn. 1516), in un agguato dei Veneziani, fu catturato da G.C. Orsini, non prima, però, di avere messo al sicuro la cassa con il denaro (ibid., col. 495).

Scarne le notizie sugli anni seguenti. Era a Trento il 31 luglio 1521 (ibid., XXXI, col. 142). Le fonti (Zillner, p. 79) lo segnalano poi a Milano, alla presa di Genova (28 maggio 1522), all'assedio di Marsiglia (agosto 1524) e a quello di Pavia (ottobre 1524 - 24 febbr. 1525). Qui, luogotenente di F. Zollern, secondo De Festi (p. 48), oppure, più verosimilmente, nella compagnia di lanzi del cugino (Guazzo, p. 7), si distinse nella difesa della città sin dai primi assalti dei Francesi (28 ott. 1524). Di nuovo a Trento, fu incaricato dal vescovo-principe Bernardo Cles di reprimere la sommossa contadina del Gaismair (maggio-agosto 1525), quindi sostituì Frundsberg, partito per la Dieta di Augusta, nel riorganizzare le nuove leve della fanteria (21 nov. 1525). A tale compito attese, come informano le relazioni dei rettori veneziani riportate da Sanuto, soprattutto dopo la pubblicazione della Lega di Cognac (22 maggio 1526) e la conseguente ripresa delle ostilità. Portò rinforzi, 8000 lanzi, agli Imperiali, assediati a Cremona da Veneziani e Francesi, passando per Mantova (14 sett. 1526), dove chiese, ma non ottenne, di poter acquartierare le truppe (Sanuto, XLII, col. 659).

Di ritorno a Trento, reclutati 400 cavalieri e 2000 fanti, si unì alla nuova armata di lanzi di Frundsberg (16 nov. 1526). Attraverso la via di Anfo e Mantova, si congiunse, presso Fiorenzuola d'Adda (9 febbr. 1527), con le forze del duca Carlo di Borbone, il conestabile di Francia passato agli Imperiali, che stava iniziando la nuova campagna militare. Sfruttando le indecisioni dei generali della Lega, ma pure la disperazione dei soldati, da mesi senza paghe, il Borbone, scartata l'idea di prendere Firenze, decise di puntare direttamente su Roma, dove la possibilità di preda era più grande e le motivazioni al combattimento dei soldati di Frundsberg, quasi tutti di confessione luterana, forse maggiori. Ma Frundsberg, colpito da apoplessia, dovette riparare a Ferrara (16 marzo 1527). Fu il L. a sostituirlo nell'assalto alle mura di Roma (5 maggio 1527) sottoscrivendo poi (12 luglio 1527), insieme con gli altri comandanti cesarei, l'atto di resa di papa Clemente VII (Sanuto, XLV, col. 249).

Non si sa molto del comportamento del L. durante il sacco della città. Una lettera di Vincenzo da Treviso (15 giugno 1527), sintetica ed efficace descrizione di quei giorni, ricorda la più che generosa protezione che diede ai servitori di Andrea Corner della Regina, arcivescovo di Spalato. Intuibile, quindi, che uguale e, anzi, maggiore riguardo il L. abbia riservato all'arcivescovo, figlio del ricchissimo procuratore Marco, aiutandolo a lasciare Roma per tempo senza pagare alcuna taglia (Sanuto, coll. 435 s.).

L'agosto seguente B. Varchi (p. 91) lo documenta sulla strada di Civitavecchia e di Civita Castellana. Doveva prenderne possesso, in seguito agli accordi intercorsi con il papa, ma trovò le città saldamente in mano ai collegati di Cognac, decisi a tenerle. Raggiunse, quindi, il cugino Giovanni Battista alla difesa di Alessandria, da dove partì per cercare rinforzi. Il podestà di Brescia, A. Barbaro, lo dice sulla via del Tirolo (10 sett. 1527), "per far zente et lanzinech et condurli in Italia" (Sanuto, XLVI, col. 52). Inutilmente, però, dal momento che, solo due giorni dopo, gli Imperiali si arresero ai Francesi di Odet de Foix visconte di Lautrec (12 sett. 1527).

Il precario stato degli interessi degli Asburgo in Italia, soprattutto nel Milanese, impose una nuova spedizione, guidata da Enrico II duca di Brunswick (marzo 1528). Per serrare le fila delle alleanze il L., insieme con Frundsberg, ristabilitosi, fu a Ferrara a chiedere aiuti ad Alfonso d'Este (26 marzo 1528) e a Mantova da Federico Gonzaga (21 maggio 1528). Raggiunto Brunswick a Peschiera, prese parte all'assedio di Lodi, fallito per la peste e gli ammutinamenti delle truppe. Sfaldatasi l'armata imperiale, riparò, attraverso la Valtellina, nel Tirolo (2 ag. 1528).

Un anno dopo, il rettore di Brescia lo segnala (15 ag. 1529), insieme con uno dei figli di Frundsberg, tra Merano e Bolzano, "con 6000 fanti pagati et molti cavalli, et che aspettavano altri 6000 fanti comandati" (ibid., LI, col. 334). Furono impiegati nell'assedio di Firenze, nel quale il L. ebbe modo di distinguersi in battaglia (21 giugno 1530), ma, soprattutto, gestendo bene l'occupazione della città (14 sett. 1530), tanto da essere ricordato da Varchi come "uomo rarissimo di fede e virtù" (p. 445).

Per i mesi seguenti abbiamo notizie da atti notarili (De Festi, p. 50), che lo vedono contendere ai cugini Alessandro e Giorgio di Bernardino il possesso del feudo di Storo nel Trentino (20 apr. 1531).

Fu un breve intermezzo familiare, interrotto dalla richiesta di Carlo V di nuove leve (12 giugno 1532) per contrastare l'avanzata dei Turchi di Solimano, le cui avanguardie, fatta preda in Stiria e Carinzia, minacciavano Vienna. Il L. vi giunse alla testa di 11.200 fanti, e lavorò alle opere di difesa. Secondo una sua lettera (13 ag. 1532), la città era "ridutta a tal bene et munita, di sorte che non hano da temer turchi vengi sotto" (Sanuto, LVI, col. 927) e forse per tale ragione l'assedio alla fine non ebbe luogo. Il prestigio del L. ne uscì accresciuto: alle sue nozze (18 sett. 1536) con Orsola Cles di Aliprando, nipote del vescovo-principe di Trento, era presente Ferdinando re dei Romani (Bugatti, p. 843). Quando gli nacque il figlio Lucio Fortunato o Massimiliano Postumo (1537-59) - le fonti non concordano sul nome - era presso l'odierna Osijek, in Croazia, per fermare una nuova invasione turca.

Tradito dal capitano generale Giovanni Catzanier, che fuggì abbandonandolo, il L. morì a Osijek, combattendo eroicamente, il 9 ott. 1537. Si dice che la sua testa sia stata portata a Solimano a Costantinopoli.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia, Collegio, Lettere secrete, f. 12 (28 sett. 1530); f. 13 (31 luglio 1532); Collegio, V, Relazioni, f. 37 (20 sett. 1538); Calendar of State papers relating to English affairs… in the Archives… of Venice…, IV, a cura di R. Brown, London 1871, p. 259; Relazioni dei rettori veneti in Terraferma…, a cura di A. Tagliaferri, XI, 4, Milano 1978, p. 27; M. Guazzo, Historie…, Venetia 1552, pp. 423, 425 s.; G. Ruscelli, Sopplimento… nell'Historie di monsignor Giovio…, Venetia 1560, pp. 444, 447; G. Bugatti, Historia universale…, Venetia 1571, pp. 793, 811, 843, 853-856; G. Sagredo, Memorie istoriche de' monarchi ottomani…, Venetia 1673, pp. 373-382; B. Corsetti, Lodronii Leonis vetustatis ac virtutis inclytae monimenta, Brixiae 1683, pp. 22-30; P. Paruta, Historia vinetiana…, in Degl'istorici delle cose veneziane…, III, 1, Venezia 1718, pp. 233, 243 s.; A. Morosini, Historia veneta…, ibid., V, ibid. 1719, p. 233; B. Varchi, Storia fiorentina…, Colonia 1721, pp. 91, 372, 445; E. Capriolo, Dell'istoria della città di Brescia…, Brescia 1744, p. 297; F.W. Barthold, Georg von Frundsberg, Hamburg 1833, passim; A. Moriggi, Leben und Heldentod des Grafen Ludwig von L., Innsbruck 1863; G. Salvioli, Nuovi studi sulla politica e le vicende dell'esercito imperiale in Italia nel 1526-1527, in Archivio veneto, XVII (1879), pp. 9, 19 s.; F.V. Zillner, L. L., in Allgemeine Deutsche Biographie, XIX, Leipzig 1884, pp. 79 s. (vedi anche VIII, p. 157, s.v. Frundsberg, Georg von); M. Sanuto, I diarii, XXI, XXXI, XL-XLVIII, LIII, LIV, LVI, Venezia 1887-1901, ad indices; G. di Sardagna, La guerra rustica nel Trentino (1525): documenti e note, Venezia 1889, pp. 24, 31, 100; C. De Festi, Genealogia e cenni storici, cronologici e critici della nobil casa di Lodron, in Giorn. araldico genealogico italiano, XXI (1893), pp. 43-50, tav. III, n. 22; A. D. Pierrugues, Giornale del principe d'Orange nelle guerre d'Italia…, Firenze 1897, pp. 47, 49; P. Guerrini, Per la storia dei conti di Lodron, in Atti della I.R. Accademia di scienze lettere ed arti degli Agiati in Rovereto, s. 3, XV (1909), p. 330; G. Papaleoni, Dina Lodrone e la sua famiglia, in Studi trentini di scienze storiche, XIV (1935), 1, p. 433; Id., … Nuovi documenti, ibid., 4, p. 248; C. Pasero, Il dominio veneto fino all'incendio della Loggia (1426-1573), in Storia di Brescia, II, Brescia 1963, pp. 290, 309, 313, 322; R.R. Heinisch, Paride Lodron principe e arcivescovo di Salisburgo, Rovereto 1998, pp. 15 s.; A. Stella, Il Bauernführer Michael Gaismair…, Bologna 1999, p. 204.

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