LUDI

Enciclopedia Italiana (1934)

LUDI

Gioacchino Mancini

. Si diceva dai Romani ludus una pubblica celebrazione di giuochi tenuta o in un teatro o nel circo, fatta in una ricorrenza religiosa o politica, per il piacere del popolo. La forma più antica della voce è loidus o loedus, il che esclude l'etimologia degli antichi, basata sull'assonanza da Lydus (Λύδος), pretendendosi che i giuochi pubblici fossero stati celebrati dapprima nella Lidia, donde sarebbero passati nell'uso di popoli delle regioni occidentali, e, per il tramite dell'Etruria, a Roma. Il sinonimo di ludus, la voce latina lusus, era propriamente usato a indicare i giuochì privati, mentre per ludi si intendevano i pubblici. Come presso i Greci, anche presso i Romani gli atti del culto erano, fin dai tempi antichissimi, associati a pubblici spettacoli. Per tenere lontana l'ira degli dei, per assicurarsi l'assistenza divina in caso di minaccia di grandi pericoli per lo stato, allo scoppiare di una guerra e dopo superato il pericolo, si soleva far voto di pubblici spettacoli. Emesso il voto, si stabiliva la somma necessaria da prelevarsi dal pubblico tesoro per l'allestimento dei giuochi e, se del caso, si destinava all'uopo una parte del bottino di guerra. I ludi stabiliti con questa procedura si dicevano ludi votivi; potevano essere promessi per una sola volta, ovvero si prometteva l'annuale ripetizione di essi in un determinato giorno o serie di giorni. In tal caso si dicevano ludi stati o annui, e venivano registrati nel calendario ufficiale nel giorno o nei giorni designati.

I ludi, avendo avuto in antico, insieme con i sacrifici, il carattere di feste di propiziazione o di ringraziamento in onore delle varie divinità, furono dunque in intima connessione col culto divino, e anche quando il sentimento religioso andò affievolendosi conservarono, almeno nella forma esteriore, il carattere sacro, fino alla più tarda età dell'impero. Non si celebravano ludi se non preceduti da una cerimonia religiosa e da un sacrificio. Dai ludi pubblici sacri, in onore cioè degli dei, si distinguevano i ludi funebres privati, celebrati in onore di defunti di alta posizione sociale e cioè di magistrati e di ottimati.

I giuochi pubblici si distinguevano, a seconda del luogo ove venivano celebrati in: circenses, se nel circo, scaenici o theatrales, se in un teatro stabile o posticcio, compitalicii, se rappresentati nelle pubbliche piazze. I ludi gladiatorii e i combattimenti con le fiere, di carattere cruento, furono in origine dati soltanto da privati in occasioni di solenni funerali, nei novendiali. Soltanto più tardi cessarono di avere un carattere funebre e privato e furono parificati agli altri ludi; tuttavia anche nei tempi imperiali, quando gli spettacoli gladiatorî erano dati nell'anfiteatro sotto la presidenza dell'imperatore stesso o di magistrati, è probabile che fosse mantenuta la finzione legale e che si credesse di assistere a giuochi privati.

Nei primi tempi della repubblica l'incarico di preparare i giuochi spettò ai consoli, che, secondo la tradizione, furono sostituiti nell'anno 494 a. C. dagli edili allora istituiti. Benché le spese occorrenti fossero a carico dello stato, aumentando in progresso di tempo la sontuosità dei giuochi e degli ornamenti della città e del circo, la somma stanziata, divenuta insufficiente, veniva integrata a mezzo della rifusione di una somma, talvolta anche cospicua, prelevata dal patrimonio degli edili stessi o degli altri magistrati incaricati di apprestare i giuochi. Né era possibile rifarsi della spesa a mezzo di tasse d'ingresso, non essendo concepibile dai Romani che i giuochi pubblici fossero a pagamento. Era soltanto ammesso che in caso di giuochi privati, dati da un impresario (editor ludi), questi potesse stabilire un prezzo d'ingresso. Anche i consoli erano tenuti a dare a loro spese certi giuochi durante l'anno di carica, e così i proconsoli nelle capitali delle loro provincie. I pretori poi in due casi potevano intervenire ai ludi: o quando erano ancora candidati, o già eletti e in funzione nella carica. Come candidati concorrevano nelle spese, come magistrati assumevano la presidenza deì giuochi, assistendovi al posto di onore. Con il getto della mappa o panno di lino, davano il segnale dell'inizio dei giuochi. Augusto affidò in modo speciale la cura dei ludi ai pretori, e stabilì che essi fossero a carico anche dei consoli e dei questori. Egli stesso, durante il suo impero, diede per quattro volte giuochi nel circo, in suo nome, e ben ventitré volte per magistrati assenti da Roma o che non potevano con i proprî mezzi sopperire alle ingenti spese. Assegnò inoltre alle Vestali un posto di onore nel circo, incontro al tribunale del pretore.

Mentre nei tempi più antichi gli spettatori assistevano in piedi allo spettacolo, furono poi disposti sedili per godere più comodamente le varie fasi dei giuochi. Del resto anche la loro durata andò in progresso di tempo prolungandosi; s'iniziavano in varie ore del giorno, talvolta dalla mattina, e si protraevano sino a sera.

Si celebravano spesso per più giorni consecutivi. Nel loro complesso i ludi dati in giorni fissi, al tempo di Cesare, occupavano 65 giorni dell'anno; nel sec. IV il popolo romano impiegava nell'assistere ai giuochi ben 175 giorni, cioè poco meno della metà dell'intero anno. Questo numero così rilevante era determinato dalla consuetudine di celebrare ludi, oltre che nelle solennità religiose, anche in occasione del natalizio degl'imperatori defunti divinizzati, nella ricorrenza dell'anniversario dell'esaltazione al trono dell'imperatore, di ogni lieto evento nella famiglia imperiale, nei natalizî e negli anniversarî della morte di congiunti dell'imperatore, e in ogni altra lieta circostanza. Altri ludi si celebravano, insieme con i voti emessi al compiersi del quinquennio dall'ascesa al trono dell'imperatore (quinquennales), e poi del decennio (decennales), L del ventennio (vicennales). Questi erano presieduti dallo stesso magistrato che li aveva votati, come del resto si praticava per ogni ludo di carattere votivo.

Il rituale da seguirsi nei ludi, specie per ciò che riguarda la cerimonia religiosa che di regola li precedeva, era fissato, per i giuochi in relazione con il culto nazionale, dai pontefici, per quelli che si riferivano ai culti stranieri dal collegio dei Quindecemviri.

I ludi circenses, i più antichi di tutti i ludi romani, ricollegavano la loro origine con le gare mitiche di Enomao e Tantalo nell'Elide, e con quelle cui partecipò Ercole. Entrati negli usi dei popoli latini, sarebbero stati, secondo la tradizione, istituiti da Romolo, subito dopo la fondazione di Roma, in onore di Nettuno, nella festività dei Consualia. Questi ludi detti Consuales o Magni, si celebravano solennemente nella valle Murcia, tra il Palatino e l'Aventino, con corse di carri e di cavalli. Erano frequentati anche dalle popolazioni circonvicine e fu durante uno degli spettacoli circensi che sarebbe avvenuto il celebre ratto delle Sabine. Furono poi rappresentati nel Circo Massimo, fatto costruire da Tarquinio Prisco. Si celebrarono nelle solennità religiose, in giorni fissi (ludi ordinarii), in occasione di dedicazioni di templi, d'inaugurazioni di basiliche e di altri pubblici edifici, di vittorie e di altri eventi tornanti a onore e gloria del popolo romano (ludi extraordinarii). Partecipava alle gare il fiore della gioventù romana. I ludi erano preceduti da una solenne processione (pompa) che faceva il giro del circo attorno alla spina. Al termine della rituale processione si compievano sacrifici propriziatorî in onore delle divinità. Il preludio era dato da una compagnia di desultores che intrattenevano il pubblico con i loro esercizî di salto e di acrobazia. Seguivano le gare di corse di carri e di cavalli che formavano la parte essenziale dei ludi del circo, intramezzate e seguite da gare ginnastiche (certamen gymnicum), dal ludus Troiae, o da cacce di fiere e di animali (venationes), da lotte a piedi o a cavallo (pugna pedestris, equestris). Talvolta chiudeva lo spettacolo un simulacro di battaglia navale (naumachia) nell'arena inondata di acqua. A completare il lungo programma non mancavano anche esercizî di mimi, saltatori, citaredi, istrioni, funamboli. Se durante la celebrazione fosse avvenuta una profanazione, dato il carattere sacro dei ludi, questi dovevano rinnovarsi (ludi instaurativi). Con la stessa procedura, benché in proporzioni naturalmente più modeste, i ludi circenses erano celebrati anche nelle città italiche, nelle provincie ed anche nei grandi accampamenti militari (castra). Essi furono celebrati sino alla fine dell'impero e oltre.

I ludi scaenici furono introdotti in Roma per la prima volta nel 394 a. C., per placare l'ira degli dei durante una grave pestilenza. Furono rappresentati da artisti venuti dall'Etruria, all'uso toscano, con una serie di danze mimiche in un teatro ligneo improvvisato. In progresso di tempo s'introdussero gli exodia e le atellane, e più tardi tragedie e commedie greche e latine, fra le altre quelle di Plauto e di Terenzio. Se i ludi scaenici accompagnavano i circenses, quelli venivano rappresentati in precedenza.

Gli agoni ginnici e musicali furono in Roma istituiti per la prima volta da Augusto in memoria della battaglia di Azio. Nerone introdusse l'agone o certame quinquennale (ludi Iuvenales), con corse di cavalli, gare ginniche e musicali; a queste prese parte egli stesso, ottenendo facilmente la palma. Furono per l'ultima volta rinnovati dall'imperatore Gordiano III. L'agonistica, così profondamente immedesimata nel carattere stesso del popolo greco, non mise mai profonde radici nel popolo romano, né mai quell'istituzione fiorì presso questo popolo come tra i Greci. Nei solenni ludi romani l'agone aveva un carattere ben diverso da quello dei giuochi greci: i cittadini vi assistevano semplicemente come spettatori, lasciando che atleti di professione dessero prova della loro virtuosità.

Ludi Apollinares, celebrati dal 5 al 13 luglio in onore di Apollo. Furono dapprima votivi, poi resi annuali per ottenere dal nume la conservazione della salute pubblica. E poiché Apollo era considerato quale nume divinatore, questi ludi furono decretati durante la seconda guerra punica, nel 212 a. C., all'appressarsi di Annibale. Dovevano rinnovarsi ogni anno a cura del pretore, in parte a spese pubbliche, in parte a spese di privati. Al termine dei giuochi si celebrava un sacrificio ad Apollo, assistendovi il popolo coronato di fiori. Nel 209 a. C., in occasione di una pestilenza, il pretore Licinio Varo emise una legge per la quale i ludi Apollinares dovevano essere celebrati in perpetuo e iniziati nel giorno stabilito, per culminare con un grande spettacolo nel circo.

Ludi Augustales o divi Augusti et Fortunae reducis o Augustales: avevano luogo dal 5 al 12 ottobre in ricordo del ritorno di Augusto dall'Oriente e dell'erezione dell'Ara Pacis; si univa anche la commemorazione del genetliaco di Augusto (23 settembre). Culminavano il 12 ottobre con le feste Augustalia e un solenne ludo circense. Ne ebbero eura prima i tribuni, poi il pretore peregrino. Celebrati la prima volta nell'anno 11 a. C., dopo la morte di Augusto nel 14 d. C., a iniziativa di Tiberio, divennero stabili e annuali.

Ludi astici: furono una parte dei ludi scaenici graeci che si distinguevano in ludi astici e in ludi thymelici. I primi derivavano la denominazione dai giuochi ateniesi detti Διονυσιὰ ἐν ἄστει e consistevano in rappresentazioni teatrali di tragedie e di commedie; i secondi consistevano in varî generi di trattenimenti, svolti nell'orchestra, quali audizioni di canti a solo e corali, e danze.

Ludi bubetii: celebrati boum causa forse nel giorno delle Parilia (21 aprile), festa dei pastori e dei bifolchi; sono menzionati soltanto da Plinio (Nat. Hist., XVIII, 12). Furono forse in relazione con la dea Bubona (August., De civit. dei, IV, 24, 34).

Ludi capitolini: secondo alcuni autori istituiti da Romolo in onore di Giove Feretrio. Secondo Livio (V, 20) furono invece stabiliti dopo la cacciata dei Galli nel 390 a. C. Si celebravano sul Campidoglio ed erano presieduti non da un magistrato, ma dai magistri di un collegio formato da abitanti delle due alture del sacro colle, detto Collegium Capitolinum. Consistevano in gare di pugilato e di corsa, cui si univano varî divertimenti, fra i quali la corsa con l'otre (ἀσκωλιασμός).

Ludi Castoris in Ostia: giuochi molto antichi dati in Ostia il 27 gennaio in onore dei Dioscuri. Vi interveniva a presiederli il pretore urbano e più tardi il prefetto di Roma.

Ludi cereales e Megalenses: i primi in onore di Cerere, i secondi della Mater Magna (μεγάλη ϑεός). I Megalenses precedevano i Cereales svolgendosi dal 4 al 10 aprile (calend. Maffeiano), o dal 4 al 12 aprile (calend. Prenestino), avevano cioè termine quando s'iniziavano i Cereales. La pietra caduta dal cielo, simulacro della dea, fu trasportata a Roma da Pessinunte nel 205 a. C.; i ludi furono però iniziati soltanto quando fu eretto il tempio della dea sul Palatino e cioè nel 191 a. C. In principio furono soltanto scenici, celebrati sul Palatino avanti il tempio della dea, poi anche circensi, negli ultimi giorni; molte commedie di Terenzio furono appunto rappresentate in questi ludi. Li curavano gli edili curuli. Nei giorni nei quali si svolgevano, si recavano doni alla dea e si facevano scambievoli inviti a cena, facilmente degeneranti in orge. Sopravvissero a lungo e li troviamo ancora menzionati nel calendario Filocaliano del sec. IV. I ludi Cereales, precedevano per 7 giorni il sacrificio a Cerere, durando dal 12 al 19 aprile. In origine furono forse votivi, poi divennero annuali. Erano solenni e detti santissimi. Cominciavano con una pompa che si svolgeva dal Campidoglio al Circo Massimo. Celebrati con rito peregrino, avevano carattere e significato espiatorio. Erano dapprima presieduti dai due edili curuli, cui furono aggiunti da Cesare i due edili ceriali.

Ludi compitalicii: erano celebrati ogni anno nei compita della città in onore dei Lares compitales, a cura dei vicomagistri. Erano una gioiosa festa popolare cui prendevano parte gli abitanti del vicinato. Ciascuno vi contribuiva con offerte di focacce portate dalle proprie case e partecipava al banchetto cui seguivano giuochi e passatempi varî.

Ludi florales: istituiti per oracolo della Sibilla nel 238 a. C. ut bene omnia deflorescerent: furono dapprima votivi. Trascurati poi dopo alcuni anni sterili, la penuria fu attribuita alla dimenticanza di questi ludi e perciò nel 174 a. C. furono stabiliti annui, dal 28 aprile al 3 maggio. Consistevano in ludi scenici e circensi. Nel circo si davano cacce di animali domestici, da giardino e campestri, capre, conigli, ecc., simulando corse e combattimenti. Campioni ne erano le cortigiane: i ludi degeneravano spesso in sfrenata licenza.

Ludi Martiales: cadevano in giorni feriali, il 12 maggio e il 1° agosto, celebrandosi alla prima data l'erezione dell'edicola di Marte sul Campidoglio (20 a. C.), alla seconda la dedicazione del tempio di Marte Ultore, nel Foro di Augusto (a. 2 a. C.). Duravano un sol giorno e consistevano unicamente in giuochi del circo. Si ha menzione di altri ludi Martiales celebrati nei primi giorni di marzo, fino al 14.

Ludi Palatini: di carattere più privato che pubblico, furono dati nel 14 d. C., da Livia, in onore dell'allora defunto imperatore Augusto, per la durata di 3 giorni. Consistettero soltanto in ludi scaenici.

Ludi piscatorii: erano celebrati, a cura del pretore urbano, sulle rive del Tevere, nella festa dei Neptunalia (23 luglio). Le spese si sostenevano con il ricavato della vendita di quei piccoli pesci che nel dì dei Volcanalia (23 agosto) si gettavano nel fuoco a fine espiatorio. Altri ludi piscatorii erano dati ogni anno il 7 luglio a cura del corpus piscatorum del Tevere in onore del dio Tiberinus.

Ludi plebeii: erano ludi fissi celebrati dopo il banchetto sacrificale in onore di Giove (epulum Iovis) che soleva essere solennizzato il 14 novembre nel tempio di Giove Capitolino, avendo inizio il giorno successivo. Furono istituiti in memoria della riconosciuta e confermata sovranità popolare, la secessione della plebe sul monte Aventino. Furono considerati come una solennità complementare del convito stesso, e, dapprima votivi, divennero poi stabili (stati) e annuali. La loro durata, che nei tempi più antichi fu di uno o due giorni, fu poi estesa a 14 giorni, dal 4 al 17 novembre; come in questi, gli ultimi tre giorni erano destinati a giuochi circensi nel circo Flaminio del Campo Marzio, mentre nei primi 11 giorni si erano susseguiti ludi scenici (calend. Anziate, Maffeiano ed Amiternino).

Ludi romani o Magni: feste del patriziato, in contrapposto ai ludi plebeii. Furono istituiti, secondo la tradizione, da Tarquinio Prisco, con corse di cavalli e gare di pugilatori venuti dall'Etruria. In origine furono forse celebrati alle idi di marzo e durarono da uno a tre giorni, esclusivamente con gare circensi. Più tardi furono spostati al settembre e affidati alla cura degli edili; essendovi stati introdotti anche i ludi scenici uniti ai circensi, la loro durata fu estesa a 16 giorni, dal 4 al 19 settembre. Gli ultimi 5 giorni erano dedicati ai ludi circensi. Precedeva i ludi circensi una solenne processione che si partiva dal Campidoglio e, attraverso il Foro e il vico Tusco, si dirigeva al Circo Massimo. Giunta la pompa al Circo si immolavano vittime dai sacerdoti, quindi si dava principio alle gare.

Ludi saeculares: furono per la prima volta celebrati, si dice, da Valerio Publicola, per l'oracolo dei libri sibillini, nell'anno 509 a. C., nei campi già di Tarquinio e da questo consacrati a Marte, presso il Tevere, nel Tarentum, ove esisteva un'ara sotterranea sacra a Dite e a Proserpina, sulla quale si soleva sacrificare per allontanare ogni male dal popolo romano. Publicola avrebbe istituito i ludi per invocare la prosperità e la libertà del popolo romano. Il decemviro Popilio Lenate avrebbe deciso di rinnovarli a ogni fine di secolo, e prescritto che avessero la durata di 3 giorni e di 3 notti. Effettivamente non furono celebrati precisamente alla fine di ogni secolo, ma soltanto a grande distanza di anni. Da Popilio Lenate ad Augusto furono celebrati tre volte (249, 146, 17 a. C.), circa cioè ogni 100 anni; per questo furono detti saeculares. Non si celebravano più da 110 anni quando Augusto volle rinnovarli con grande solennità nel 17 a. C. Nei ludi di quest'anno, nella prima notte, Augusto stesso sacrifica nove agnelle e nove capre nel Campo Marzio alle Parche e prega per l'incolumità, la grandezza e la vittoria eterna di Roma. Nella seconda e terza notte si fanno libazioni di focacce a Ilithya, divinità protettrice dei parti, nella terza si sacrifica una scrofa pregna alla Terra madre. Nelle cerimonie diurne sacrificano Augusto e Agrippa due buoi a Giove sul Campidoglio, il secondo giorno due vacche a Giunone, il terzo alcuni pani ad Apollo e a Diana sul Palatino. Si celebrano inoltre giuochi e gare nel circo, fra i quali l'antico giuoco italico del ludus Troiae, e si dànno spettacoli scenici di carattere religioso. S'imbandiscono lettisternî e sellisternî alle divinità, centodieci matrone pregano con l'imperatore, e ventisette fanciulli e altrettante fanciulle cantano sul Palatino il carmen saeculare di Orazio. Per sette giorni durarono le feste, con spettacolì e rappresentazioni onorarie (ludi honorarii) su teatri lignei improvvisati nel Campo Marzio, e nei teatri di Pompeo e di Marcello. I ludi saeculares furono rinnovati da Claudio nell'anno 47 (800 di Roma), da Domiziano (88), da Antonino Pio (147), da Settimio Severo (204), da Filippo, nel millennio della fondazione di Roma (248), e da Gallieno (262).

Ludi.Taurii: istituiti secondo la tradizione da Tarquinio il Superbo agli dei sotterranei, furono di tanto in tanto rinnovati per espiazione. Erano accompagnati da sacrifici notturni nei prati Flaminî, avanti la Porta Carmentale, in onore di Dite, Proserpina, Giunone, Giove, Apollo e Diana.

Ludi venatorii: erano dati nel Quinquatrus in onore di Minerva il 19 marzo; poi furono estesi alla durata di 5 giorni. Consistevano in giuochi scenici e venatorî.

Ludi Victoriae Caesaris: furono istituiti da Cesare in occasione della dedicazione del tempio di Venere Genitrice (26 settembre, 46 a. C.). Soltanto più tardi divennero fissi e celebrati dal 20 al 30 luglio. Dopo Cesare furono curati da uno speciale collegio; venuto questo meno all'incarico assunto vi provvide lo stesso Augusto pro collegio; nel 32 d. C. furono presieduti dai consoli. Gli ultimi 4 giorni, degli 11 della durata totale di questi ludi, erano destinati a gare nel Circo.

Ludi Victoriae Sullanae: istituiti in ricordo della vittoria di Silla alla porta Collina (i novembre 82). Si protraevano dal 27 ottobre al 1 novembre. Si riferisce a questi ludi la memoria sul denaro del pretore Sesto Nonio Sufenate: l(udos) V(ictoriae) p(rimus) f(ecit).

Nel calendario Filocaliano del sec. IV si trovano menzionati ludi di nuova istituzione del regno di Diocleziano, dei tetrarchi e di Costantino, relativi a vittorie imperiali e ai genetliaci degl'imperatori, quali i ludi Adiabenici (dal 28 al 31 gennaio), i ludi Gothici (dal 4 al 9 febbraio), natalis divi Constantini (27 febbraio), i nidi Maximati (dal 4 al 9 maggio), i ludi Persici (dal 13 al 17 maggio), i ludi Francici (dal 15 al 20 luglio), victoria Sarmatica (27 luglio), victoria Marcomanna (30 luglio), i ludi triumphales, in memoria della vittoria su Licinio del 18 settembre dell'anno 323 (dal 18 al 22 settembre), i ludi Alemannici (dal 4 al 10 ottobre), i ludi Sarmatici (dal 25 novembre al 1° dicembre), i ludi Lancionici (dall'11 al 14 e dal 16 al 18 dicembre).

Bibl.: L. Friedländer, Darstellungen aus der Sittengeschichte Roms, 10ª ed., Berlino 1919-21; II, p. 295 segg.; J. Marquardt, Röm. Staatsverwaltung, III, 2ª ed., Lipsia 1885, p. 482 segg.; Bussemaker e Saglio, in Daremberg e Saglio, Dictionnaire des antiquités grecques et romaines, Parigi 1882, I, p. 1187 segg.; G. Lafaye, ibid., II, col. 1563; E. Pollack e Chr. Hülsen, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., III, col. 2571 segg.; I. N. Madvig, Die Verfassung und Verwaltung der römischen Staates, II, Lipsia 1882, p. 695 segg.; G. Wissowa, Religion und Kultus der Römer, 2ª ed., Monaco 1912, p. 449 segg.; G. Vaccai, Le feste di Roma antica, 2ª ed., Torino 1927, p. 178 segg. e passim; P. Romanelli, in Notizie degli scavi, 1932, p. 313 segg.

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