FONTANA, Lucio

Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 48 (1997)

FONTANA, Lucio

Alessandra Ponente

Nacque a Rosario di Santa Fe (Argentina) il 19 febbr. 1899 da Luigi e Lucia Bottini, argentina ma di una famiglia di origini italiane.

Il padre, nativo di Comabbio, nei pressi di Varese, aveva frequentato l'Accademia di Brera a Milano e si era trasferito, nell'ultimo decennio dell'Ottocento, a Rosario, dove aveva aperto uno studio di scultura che raggiunse, negli anni, una notevole fama (13. Cervelli, I nostri artisti all'estero, in Natura ed arte, XII [1902-1903], pp. 771-775).

Nel 1905 la famiglia rientrò in Italia, stabilendosi a Milano, dove il F. iniziò il suo apprendistato artistico sotto la guida paterna. Tra il 1914 ed il 1915 egli frequentò la scuola dei capimastri all'istituto tecnico "Carlo Cattaneo" e nel 1916 fu ammesso alla Scuola d'arte applicata all'industria che aveva sede nel Castello Sforzesco. Durante la prima guerra mondiale partì come volontario e fu ferito sul Carso.

Conseguito il diploma di perito edile, si iscrisse, nel 1920, all'Accademia di belle arti di Brera ma abbandonò i corsi l'anno seguente per rientrare in Argentina. Si dedicò, in un primo tempo, al commercio di marmo italiano ed in seguito cominciò a lavorare presso lo studio del padre. Tra il 1924 ed il 1925, spinto anche dal successo ottenuto al concorso per una targa celebrativa di Pasteur per la facoltà di medicina dell'università di Rosario, decise definitivamente di intraprendere la carriera di scultore.

Nel 1925 realizzò alcune illustrazioni per la rivista Italia pubblicata dalla "Dante Alighieri" di Rosario ed esordì all'VIII Salon de bellas artes con Melodias (ubicazione ignota: Crispolti 1986, al quale si rimanda per le citate opere). L'anno seguente fu premiato al primo Salon de artistas rosarinos e partecipò, vincendolo, al concorso per il Monumento a Juana Elena Blanco, realizzato nel 1927, nel quale è evidente il riferimento alle opere di A. Maillol.

Rientrò a Milano nel 1928 e si iscrisse nuovamente all'Accademia di Brera, dove seguì i corsi dello scultore simbolista A. Wildt, frequentati anche da F. Melotti e L. Brogini. Oltre che dal maestro, la cui influenza è particolarmente evidente in due opere di quell'anno, il S. Sebastiano ed El Autiga (con il quale nel 1930 otterrà il diploma all'Accademia), il F. fu suggestionato anche da A. Arkipenko, come dimostrano Atleta e Donna seduta, sempre del 1928. Partecipò con tre opere alla prima Mostra regionale d'arte lombarda del Sindacato fascista belle arti, appuntamento, quello delle sindacali, al quale sarà costantemente presente. Tra il 1928 e il 1929 realizzò inoltre le sculture per la tomba Berardi al cimitero Monumentale di Milano.

Nel 1930 conobbe Teresita Rasini, che diventò in seguito sua moglie. Nello stesso anno partecipò alla Biennale di Venezia con Eva e Vittoria fascista. Nel mese di dicembre tenne la prima personale alla galleria Il Milione dei fratelli Ghiringhelli, allora diretta da E. Persico, dove si davano appuntamento artisti, architetti, poeti e letterati che, pur non opponendosi, in molti casi, al regime, rifiutavano il retorico conformismo della cultura figurativa ufficiale dominata dal "Novecento italiano" di M. Sarfatti.

In quella occasione espose Uomo nero, una figura in gesso colorato con catrame che fu messa in relazione con le opere di O. Zadkine e nella quale Persico (1936) vide "un primitivismo un po' ingenuo ed arbitrario" oltre che il primo segno della "liberazione" dell'artista dai moduli accademici e dal "classicismo" del Novecento.

Al 1930 risale il progetto, mai realizzato, per una fontana commemorativa di G. Grandi, precoce esempio di astrattismo, concepita come una spirale metallica di forme costruttiviste, nella quale appare chiaro il riferimento al dinamismo futurista. Nello stesso anno G. Terragni gli commissionò una Vittoria per il Monumento ai cadutidi Erba (1928-1932), oggi distrutto.

Il bozzetto, eseguito in gesso colorato rosso e oro, presentato alla seconda personale allestita dal F. al Milione alla fine del 1931, viene ricordato da Persico (1932) come "un'opera sconcertante... soluzione di una serie di ponderate esperienze svolte dall'artista per il bisogno di giungere a una forma originale e per il desiderio di liberarsi dai modi plastici più in voga..., affermazione di tutta la nostra arte d'avanguardia". Di questo anno sono alcuni rilievi in terracotta colorata (Figure nere, Donna alla finestra e Le amanti dei piloti) e le prime tavolette graffite, in gesso o cemento, sulle quali il segno descrive forme astratte allusive di quelle naturali, che rivelano un interesse, evidente anche nei disegni contemporanei, per la scrittura automatica surrealista e per l'espressionismo non figurativo di V. Kandinsky.

In occasione della V Triennale di Milano (1933) il F. collaborò con L. Figini e G. Pollini alla decorazione della Villa studio per un artista eseguendo la Bagnante nera e realizzò la scultura in gesso degli Amanti per la Casa del sabato per gli sposi progettata dal gruppo BBPR (gli architetti G.L. Banfi, L.B. Belgioioso, E. Peressutti, E.N. Rogers) e da P. Portalupi. Nel 1934 tenne nuovamente una personale al Milione.

Dopo le dimissioni di Persico (1931) la galleria, animata dal critico C. Belli e dal nuovo direttore, il pittore V. Ghiringhelli, era diventata punto di riferimento per gli astrattisti milanesi, che vi esponevano regolarmente (O. Bogliardi, O. Licini, F. Melotti, B. Munari, M. Reggiani, A. Soldati); ebbe inoltre il merito di contribuire alla conoscenza di alcuni dei principali esponenti dell'avanguardia europea come J. Lurgat, M. Emst, L. Marcoussis, Kandinsky, F. Léger e J. Albers. In questo periodo il F. frequentava anche il bar Craja, dove si riunivano, insieme con gli artisti milanesi, anche gli astrattisti comaschi, M. Rho, M. Radice, e gli architetti razionalisti C. Lingeri, C. Cattanco. Terragni, Figini e Pollini.

Alla V Mostra del Sindacato interprovinciale lombardo (1934) il F. si aggiudicò il premio Tantardini con il Fiocinatore (gesso colorato: Milano, coll. Zavanella) ed espose anche il gesso Signorina seduta, nel quale seppe "risolvere un motivo classico con la felicità di un Lembruch o di un De Fiori" (Persico, 1936: la fusione in bronzo delle due sculture si conserva presso la Civica Galleria d'arte moderna di Milano). Nello stesso periodo realizzò una serie di Sculture astratte bifrontali, in cemento o gesso colorati, che espose alla personale del 1935 al Milione.

Alcune avevano contorni mossi ed irregolari; in altre, invece, era evidente la ricerca di una strutturazione geometrica anche se non in senso neoplastico o costruttivista, ma secondo il principio, come lui stesso lo definirà, di "un astrattismo libero, non geometrico" (Trini, 1968). Forme astratte si ritrovano anche nella Tomba Bestetti (1934) del cimitero di Comabbio.Sempre nel 1935 firmò il manifesto della prima Mostra collettiva di arte astratta italiana allestita nello studio di F. Casorati ed E. Paolucci a Torino, ed aderì con Bogliardi, Ghiringhelli, Licini, Veronesi, Melotti e Reggiani ad Abstraction Création a Parigi. In quell'anno partecipò, inoltre, all'Esposizione universale di Bruxelles con Cavallo rampante (probabilmente distrutto), un rilievo in terracotta colorata realizzato per il padiglione Montecatini dell'architetto L. Baldessari, e alla II Quadriennale romana.

Nel 1936 collaborò con E. Persico, M. Nizzoli e G. Palanti al progetto del Salone della Vittoria allestito alla VI Triennale di Milano realizzando la grande Vittoria dell'aria (distrutta), opera che si allontanava dal retorico monumentalismo della scultura ufficiale.

Nello stesso anno espose con gli astrattisti lombardi alla galleria Moody di Buenos Aires e partecipò, con Baldessari al concorso per il Monumento al generale Julio A. Roca per questa città; fu anche presente alla Mostra di pittura moderna italiana di Como.

Iniziò a lavorare come ceramista presso la fabbrica Mazzotti di Albisola, dove strinse amicizia con T. Mazzotti, poeta e scultore futurista amico di F.T. Marinetti. A partire da questo momento, fino al 1939, produsse quasi esclusivamente sculture in ceramica, raffiguranti, in gran parte, animali e nature morte (realizzò, in ceramica, anche delle tavolette graffite ed alcune piccole sculture astratte). Nel 1937 le presentò alla personale ed all'esposizione "Venti firme in una mostra collettiva" al Milione, a Milano, ed alla galleria Jeanne Bucher-Myrbor di Parigi. Le ceramiche parigine furono realizzate nelle manifatture di Sèvres dove cominciò a lavorare nel mese di settembre. Nella primavera di quell'anno si era infatti recato a Parigi ed aveva preso parte all'Esposizione internazionale realizzando i gruppi plastici in gesso dorato per il padiglione delle Compagnie di navigazione italiana, progettato dagli architetti del gruppo BBPR, da F. Zappa e dall'ingegnere M. Russo. Fu anche premiato con una medaglia d'argento per la ceramica. Durante il soggiorno nella città francese frequentò J. Miró, T. Tzara e C. Brancusi, con i quali sostenne accese discussioni sulla scultura. Nel dicembre del 1937 rientrò in Italia. L'anno successivo tenne altre due personali di ceramica al Milione e, nel capoluogo ligure, alla galleria Genova (con L. Berzoini). Realizzò inoltre alcune sculture a mosaico policromo, il S. Protasio per il duomo di Milano ed un rilievo in marmo rosa con La Giustizia tra il potere legislativo ed il potere esecutivo per palazzo di Giustizia di Milano (aula sindacale). Nel 1939 partecipò insieme con F. Albini, I. Gardella, G. Minoletti, G. Palanti, G. Romano al progetto per il palazzo della Luce e dell'Elettricità per l'E42 di Roma (non realizzato) ed eseguì un bassorilievo raffigurante un gruppo di Vittorie sul soffitto del Sacrario dei caduti costruito da G. Albricci, M. Tevarotto e M. Zanuzo all'interno del palazzo, progettato da P. Portalupi, della Federazione dei fasci di Milano (il sacrario è poi diventato l'ingresso della sede centrale dei carabinieri). Alla fine dell'anno espose alla II Mostra di "Corrente" che si tenne nella galleria P. Grande di Torino.

All'inizio del 1940 cominciò a lavorare alla grande testa di Medusa, a mosaico nero ed oro, per la VIII Triennale di Milano. Prima che la mostra fosse inaugurata rientrò in Argentina dove rimase fino al 1947. In questo periodo abbandonò le ricerche sull'astrattismo. Ottenne numerose commissioni da privati, allestì alcune personali (la più importante alla galleria Müller di Buenos Aires) e partecipò alle principali rassegne espositive in diverse città, aggiudicandosi premi e riconoscimenti. Nel 1945 cominciò ad insegnare modellato all'Accademia di belle arti di Buenos Aires e, l'anno successivo, fondò l'Accademia di Altamira con J. Larco e J. Romero Brest. Nello stimolante ambiente della scuola nacque, dalla collaborazione con un gruppo di allievi, il Manifesto blanco.

Nel testo riecheggiano toni e tematiche di ascendenza futurista e surrealista: "Si richiede il superamento della pittura, della scultura, della poesia e della musica ... in accordo con le esigenze dello spirito nuovo ... queste arti permangono stagnanti in valori estranei alla nostra civiltà, senza possibilità di sviluppo nel futuro... Postuliamo un'arte libera da qualunque artificio estetico ... basata su forme create dal subcosciente, equilibrate dalla ragione" (Manifesto bianco, 1946, in De Sanna, 1993, pp. 162, 164-166).

Nell'aprile del 1947 rientrò a Milano. Realizzò alcuni fregi decorativi in ceramica policroma e grès per un palazzo degli architetti M. Zanuso e R. Menghi in via Senato, n. 11, e riprese la sua attività di ceramista ad Albisola. Insieme con un gruppo di artisti, critici ed architetti diede l'avvio al Movimento dello spazialismo, nato dalle riunioni che si tenevano nella nuova galleria Il Naviglio, di C. Cardazzo, nello studio di architettura di Rogers, Peressutti e Belgioioso e in quello di G. Giani. L'attività dei movimento si concretizzò in una serie di manifesti programmatici.

Il primo, Spaziali, fu scritto, tra la fine del 1947 e l'inizio del 1948, da B. Joppolo, e firmato dal F., G. Kaisserlian e da M. Milani; il secondo fu redatto, il 18 marzo 1948, da A. Tuiller e sottoscritto dal F., Gianni Dova, Kaisserlian e Joppolo (sulla controversa questione della datazione dei manifesti si veda G. Joppolo, in L. F. [catal.], Paris 1987, p. 282). A questi due testi fecero seguito Proposta di un regolamento: Movimento spaziale del 2 apr. 1950, in cui il F. fu riconosciuto iniziatore e fondatore del movimento; Manifesto tecnico. Noi continuiamo l'evoluzione nell'arte, letto dal F. al primo Congresso internazionale delle proporzioni alla IX Triennale milanese nel settembre del 1951; Manifesto dell'arte spaziale. del 26 nov. 1951; Manifesto del Movimento spaziale per la televisione del 17 maggio 1952; Manifesto spaziale del 1953 e Spaziali alla XXIX Biennale di Venezia del 1958.

Nel 1948 prese parte alla Rassegna di arti figurative di Roma ed alla XXIV Biennale di Venezia dove espose, tra l'altro, Scultura spaziale (1947), in gesso colorato di nero.

Il 5 febbr. 1949 allestì alla galleria Il Naviglio L'"ambiente nero" di cui lui stesso parlerà come del primo tentativo di liberazione da una "forma plastica" (Crispolti, 1986, p. 17). Nello stesso anno realizzò i primi "buchi", cui diede il titolo Concetti spaziali, ovvero "il concetto nuovo di vedere il fatto mentale". Bucando la tela "che era alla base di tutte le arti" creò "una nuova dimensione infinita..., corrispondente al cosmo ... E il taglio" - continuava l'artista - "veramente il buco..., non era la distruzione del quadro, il gesto informale..., era proprio una dimensione aldilà del quadro, la libertà di concepire l'arte attraverso qualunque mezzo, attraverso qualunque forma" (Lonzi, 1969, pp. 168, 322).

Nel 1951 partecipò al concorso per la quinta porta del duomo di Milano, bandito l'anno precedente, il cui modello in gesso fu esposto alla IX Triennale (1952). Risultato idoneo per il concorso di secondo grado, nel maggio 1952 si aggiudicò il primo premio ex aequo con L. Minguzzi che eseguirà l'opera nel 1964.

Nell'ambito della Triennale realizzò, anche, il Soffitto a luce indiretta per l'atrio del palazzo dell'Arte, e l'Ambiente spaziale al neon, un tubo luminoso, lungo circa cento metri, sospeso sullo scalone d'onore.

Numerosi furono negli anni Cinquanta i suoi interventi in campo architettonico. Tra questi, il soffitto per un salone del Kursaal Margherita di Varazze (1951-1952), oltre a quelli per il cinema del padiglione della Società E. Breda e per il cinema del padiglione Sidercomit (all'estemo dei quale collocò anche il Nastro metallico a parete), realizzati in occasione della XXXI Fiera di Milano del 1953; un altro soffitto, sempre per il padiglione Breda, alla successiva edizione della Fiera (1954) e le decorazioni in terracotta per la facciata della chiesa dell'Assunta ai Piani di Celle Ligure (1958).

Con la serie delle Pietre (1951-1956), dei Barocchi (1954-1957) e dei Gessi (1954-1958) si avvicinò alle esperienze dell'informale. Nel 1952 entrò in contatto con il movimento nucleare esponendo, con E. Baj e M. Vio, a Como, alla galleria del Corriere, e a Milano, alla galleria Bergamini, con J.C. Colombo, S. Dangelo e A. Tullier. Scrisse, inoltre, l'introduzione al catalogo della mostra Peinture nucléaire alla galleria St.-Laurent di Bruxelles.

Nel 1954 fu presentato da G. Giani alla Biennale di Venezia, dove inviò, oltre ai "buchi", alcune opere degli anni Trenta e Quaranta. Durante l'estate prese parte, con C. Appel, Corneill, A. Jorn, Baj, Dangelo, S. Matta ed E. Scanavino, all'"Incontro internazionale di Albisola della ceramica" cui fece seguito la collettiva "Ceramiche. Incontro internazionale di Albisola" organizzata da T. Mazzotti nell'ambito della X Triennale milanese.

Nel 1955 a Milano partecipò a "Il Gesto: rassegna internazionale delle forme libere" organizzata dai nucleari alla Galleria Schettini; nello stesso anno modellò la pala del Sacro Cuore per la chiesa di S. Fedele, inaugurata l'anno seguente, e nel 1957 collaborò con l'architetto M. Zanuso alla decorazione della cappella dell'Istituto delle carline di Milano, oggi distrutta.

Del 1957-58 sono gli Inchiostri ed alcune sculture composte da piastre metalliche sagomate sorrette da gambi filiformi, che espose alla retrospettiva, presentata da G. Ballo (catal., pp. 19 ss.), allestita nell'ambito della Biennale di Venezia del 1958. Alla fine del 1958 realizzò i primi "tagli" - le Attese - tracciati su tele monocromatiche dalle quali erano eliminati gli elementi materici informali. Del 1959 sono i Quanta, multipli di tele con tagli, di forme e dimensioni diverse.

Negli anni Sessanta progettò numerosi ambienti spaziali: Esaltazione di una forma realizzato in occasione della mostra veneziana "Dalla natura all'arte" a palazzo Grassi (1960), dove espose anche gli sferoidi in terracotta con buchi o tagli intitolati Nature (1959-1960); Ambiente al neon - Fonti d'energia per "Italia '61" a Torino; Ambiente spaziale: utopie, per la XIII Triennale di Milano (1964). Altri furono allestiti, nel 1966, alla retrospettiva al Walker Art Center di Minneapolis ed alla XXXIII Biennale di Venezia; nel 1967 alla personale allo Stedelijk Museum di Amsterdam, alla mostra "Lo spazio dell'immagine" a Foligno ed alla galleria del Deposito di Genova; infine, nel 1968, alla galleria La Polena, sempre nel capoluogo ligure, a "Documenta 4" a Kassel ed alla XXXIV Biennale veneziana, realizzato dopo la sua morte. Tra le numerose mostre alle quali prese parte nel 1960 si ricorda "Monochrome Malerei" allo Schloss Morsbroich di Leverkusen.

Al 1961 risalgono i primi Olii che presentò ad "Arte e contemplazione" a palazzo Grassi a Venezia e alla Martha Jakson Gallery di New York. La metropoli americana gli ispirò la serie dei Metalli, a cui lavorò fino al 1965, esposti nel 1962 a Torino all'International Centre of Aesthetics Research e alla personale alla galleria L'Ariete. In questo stesso anno lavorò con l'architetto I. Parisi e lo scultore F. Somaini al Monumento ai caduti di Cuneo. Tra il 1963 e il 1964 realizzò La fine di Dio, un gruppo di tele ovali monocromatiche coperte da uno spesso strato di olio, squarciate da buchi e strappi. La forma ovale ritorna, con frequenza, anche nei Buchi eseguiti dal 1963 al 1968. Tra il 1964 ed il 1966 realizzò un gruppo di Concetti spaziali, detti Teatrini. Del 1967 sono le Elissi in legno laccato ed una serie di sculture in metallo verniciato, eseguite, insieme con le precedenti, da S. Tosi su progetto del Fontana. Allo stesso anno risalgono i costumi e le scene per il balletto Ritratto di Don Chisciotte, libretto di A.M. Milloss, musica di G. Petrassi, messo in scena, con allestimento di N. Benois e coreografia di M. Pistoni al teatro alla Scala di Milano.

Nel 1968 si stabilì nella casa di famiglia a Comabbio. dove morì il 7 sett. 1968.

Fonti e Bibl.: Dell'ampia bibliografia presente nel catalogo generale del F. edito nel 1986 a cura di E. Crispolti, si riportano qui solo alcuni titoli essenziali, oltre a una selezione di quelli pubblicati successivamente: E. Persico, Vittoria per il monumento ai caduti di Erba, in La Casa bella, V (1932), pp. 50 s.; G. Ruberti, Lo sport nell'arte dei giorni nostri alla II Quadriennale romana, in Rivista illustrata del Popolo d'Italia (Milano), 1935, p. 38; U. Nebbia, La seconda Quadriennale, in Emporium, LXXXI (1948), p. 103; E. Persico, L. F., Milano s.d (ma 1936); V. Costantini, Scultura e pittura italiana contemporanea (1880-1926), Milano 1940, pp. 373 s.; Prima Mostra nazionale d'arte contemporanea (catal.), Milano 1948, n. 322; M. De Micheli, Scultura italiana del dopoguerra, Milano 1958, ad Indicem; M. Seuphor, La sculpture de ce siècle, Neuchátel 1959, p. 265; G. D[orfles], L. F.: tagli nelle tele, in Domus, luglio 1959, pp. 27-30; N. Ponente, in Dictionnaire de la sculpture moderne, Paris 1960, s. v.; M. Biancale, Arte italiana: Ottocento-Novecento, II, Roma 1961, pp. 470, 472, 475 (ripr.); C. Lonzi, Una mostra di L. F. a Milano, in L'Approdo letterario, XI (1965), ottobre-novembre, pp. 124 s.; J. van der Marck, Exhibition preview: L. F., in Art in America, LIV (1966), gennaio-febbraio, pp. 60 s.; F. Sossi, Luce, spazio, strutture, Taranto 1967, ad Indicem; Un ambiente spaziale di L. F., in Galleria del Deposito, V (1967), agosto-settembre, pp. n.n.; F. e lo Spazialismo (catal.), Ancona 1968; G. Ponti, L. F., in Domus, settembre 1968, pp. n.n.; T. Trini, A colloquio con F., ibid.; G. Dorfles, L. F., son oeuvre et son influence, in L'art de notre temps, I, Bruxelles 1969, pp. 138-144, 149-151, 158; C. Lonzi, Autoritratto, Bari 1969, ad Indicem; C. Chirici, L'avventura creativa di F., in Le Arti, XXIV (1974), ottobre, pp. 25-28; C. Belli, Lettera sulla nascita dell'astrattismo in Italia, Milano 1978, pp. 19, 24-26; M.G. Messina, L. F., Roma 1984; F., catalogo generale, a cura di E. Crispolti, Milano 1986; L. F. e il sacro (catal.), a cura di G. Mascherpa, Milano 1986; C. De Carli, La religiosità nell'opera di L. F., in Arte cristiana, LXXIV (1986), pp. 196-200; G. Mascherpa, Il sacro e l'arte contemporanea, ibid., pp. 191-195; L. F. (catal.), Paris 1987 (con ulter. bibl.); F. e lo Spazialismo (catal.), Lugano 1987; T. Toniato, in Spazialismo a Venezia (catal.), Venezia 1987, pp. 9, 50 s.; D. Marangon, ibid., pp. 21-24; M. Teresa Roberto, in La collezione della Galleria civica d'arte moderna di Torino 1945-1965 (catal., Torino), a cura di P. Fossati - R. Maggio Serra -M. Rosci, Milano 1987, pp. 313 s., 252-257; R. Bossaglia, in E42. Utopia e scenario del regime (catal., Roma), a cura di M. Calvesi - E. Guidoni - S. Lux, Venezia 1987, II, p. 237; Omaggio a F. (catal., Venezia-New York), a cura di F. Licht, Padova 1988; F. the total artist (catal., Toronto-San Francisco-Chicago), a cura di A. Bonito Oliva, Milano 1988; E. Crispolti, L. F. "Via Crucis 1947" (catal., Galleria d'arte Niccoli), Parma 1988; M. De Luca, F. e lo Spazialismo, in La Tartaruga, marzo 1988, pp. 93-100; D. Marangon, Lo spazialismo di Fontana..., in Critica d'arte, III (1988), ottobre-dicembre, pp. 60-69; G. Serafini, Le Corbusier e F. L'utopia e il concetto, in Terzoocchio, XIV (1988), febbraio, pp. 8-11; La scultura a Genova e in Liguria. Il Novecento, a cura di F. Sborgi, Genova 1989, ad Indicem; L. Cavallo, I disegni inediti di L. F., in Arte, ottobre 1989, pp. 64-69; W. Guadagnini, Una matita al neon. Disegni di L. F. alla Galleria civica di Modena, in Art e dossier, V (1990), 46, pp. 43-54; A. Zevi, L. F.: una diversa quarta dimensione, in L'Architettura, XXXVI (1990), pp. 213-218; L. F. e il disegno (catal.), a cura di F. Gualdoni, Bologna 1990; Scultura italiana del Novecento, a cura di C. Pirovano, Milano 1991, ad Indicem; P. P. Pancotto, in L. F. La scultura in ceramica (catal., Bologna), a cura di P.G. Castagnoli - F. D'Amico - F. Gualdoni, Milano 1991; M. Calvesi, in F., Veronesi, Dorazio al Teatro alla Scala. Bozzetti e figurini 1967-1981 (catal.), Milano 1991, pp. 20 s.; G. Petrassi, ibid., pp. 23 s.; V. Crespi, ibid., pp. 121 s., 131-138; B. Coli, Un progetto di L. F. del 1939. La fontana di F., in Art e dossier, VI (1991), 61, pp. 19-22; L. Velani, Astrazione in nero e oro. Il gallo di L. F., ibid., pp. 23-25; La pittura in Italia. Il Novecentoli 1900-1945, a cura di C. Pirovano, Milano 1992, ad Indicem; La pittura in Italia. Il Novecento/2 1945-1990, a cura di C. Pirovano, Milano 1993, pp. 717 s. e ad Indicem; J. De Sanna, L. F., materia, spazio, concetto, Milano 1993 (con ult. bibl.); P. Campiglio, L. F. La scultura architettonica negli anni Trenta, Nuoro 1995; L. F. Retrospektive (catal.), Frankfurt a. M. 1996; Encicl. Ital., App., II, 1, p. 960.

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