ANTONIO, Lucio

Enciclopedia Italiana (1929)

ANTONIO, Lucio

Gaetano Mario Columba

Terzo figlio di Marco il Cretese (L. Antonius M. f.), fratello minore, cioè, di Marco il triumviro e di Gaio Nel 54 egli fu con quest'ultimo tra gli accusatori di Gabinio: cinque anni dopo era questore propretore in Asia, e già si presagiva in lui il futuro tribuno della plebe, quale effettivamente fu nel 44. Egli era, come i fratelli, un agitatore cesariano, forse il più impetuoso dei tre: nel partito senatorio era riguardato come il cattivo genio del fratello Marco, a cui una volta anzi avrebbe fatto minacce di morte, perché lo giudicava troppo arrendevole. Ma c'era in lui una devozione sconfinata alla causa del fratello, per la quale fu chiamato pietas. In Roma acquistò grande popolarità e gli vennero alzate delle statue. Da tribuno, dopo la morte di Cesare egli tenne Roma in agitazione con una proposta di legge agraria. Presentò al popolo il figlio adottivo di Cesare, Ottavio, divenuto Giulio Cesare Ottaviano, come atto ostile al partito senatorio. Poi prese parte, a fianco di Marco, alla guerra di Modena, e dopo la disfatta, si ritirò con lui alla volta della Gallia, mentre il senato lo dichiarava pubblico nemico.

Dopo la costituzione del triumvirato, Lucio Antonio fu eletto console, e nel 41 rivestì la carica, celebrando al 1° gennaio un trionfo per vittorie su popoli alpini, non si sa quali. Quell'anno fu il più travagliato e il più agitato di quanti Iucio n'ebbe nella sua carriera politica, e fu anche l'anno con cui essa si chiuse. Dopo la vittoria di Filippi, Antonio si perdeva in Oriente, fra le braccia di Cleopatra, e Ottaviano tornava in Italia col difficile compito di fare ai veterani la distribuzione delle terre promesse in premio.

Fu quello in Italia un momento in cui le conseguenze della guerra civile si sentirono con gravità estrema. Ottaviano era circondato dal generale malcontento. Marc'Antonio si teneva assente e pareva dimentico delle sorti delle sue legioni. Lucio allora tentò, insieme con la cognata Fulvia, di salvare la posizione del fratello e avvantaggiarla di tutte le difficoltà in cui si trovava Ottaviano. Egli prese un atteggiamento ostile al triumviro, si fece campione delle popolazioni italiche gettate nella miseria dalle espropriazioni, volle rivendicare gli antichi poteri del consolato, e così a poco a poco, sostenuto dalla nuova popolarità che gli si formava attorno, si mise a capo d'un movimento contro il triumvirato stesso e a favore della antica costituzione consolare. I veterani sentivano che il dissidio era tutto a loro danno, e si investirono del diritto di decidere della controversia. A Teano si tenne un'adunanza dei loro rappresentanti, che in complesso diede ragione a Lucio. Ma un'adunanza tenuta a Gabii dai legati delle legioni di stanza ad Ancona, si pronunziò in favore di Ottaviano. Si era così aperta la guerra. Lucio disponeva di forze superiori a quelle di Ottaviano e si teneva sicuro della vittoria: respinse perciò le proposte che gli erano fatte da Ottaviano per una soluzione pacifica, e si fece conferire dal popolo il comando militare contro quest'ultimo e contro Lepido, assicurando che Marco avrebbe deposta la sua carica, contentandosi del consolato. Fu intanto sparsa la notizia che questi era contrario alla guerra e ciò bastò perché molti soldati abbandonassero Lucio e passassero ad Ottaviano. Le operazioni militari si svolsero con grande rapidità. Lucio mosse per snidare Agrippa, legato di Ottaviano, che aveva occupato Sutri, ma fu ricacciato a settentrione, verso Perugia, ove venne assediato. I generali antoniani mostrarono poca volontà d'impegnarsi a fondo per liberarlo. La città fu circondata da opere di fortificazione, e si combatté con un largo impiego di ghiande missili. Lucio resistette con disperata energia. Gli assediati si erano ridotti all'estremo, sino al punto che fu negato il cibo agli schiavi. La fame di Perugia rimase proverbiale. Lucio fece un'ultima vigorosa sortita, ma non riuscì a rompere la cerchia nemica. Si fecero allora trattative di pace, e gli assediati ebbero salva la vita: ma le vittime non mancarono. La città di Perugia andò in fiamme (gennaio-febbraio 40 a. C.). Ottaviano mandò onorevolmente Lucio Antonio come legato nella Spagna, mettendo ai suoi ordini due legati che ivi si trovavano; ma insieme diede a questi l'ordine di sorvegliarlo. Lucio non riappare più nella storia né ci resta notizia che Marco si sia interessato di lui, come fece del fratello Gaio. Probabilmente egli finí in Spagna non molto tempo dopo.

Durante il suo consolato, Lucio aveva battuto moneta d'argento (denari) nella quale aveva posto da un lato la sua immagine, dall'altra quella del fratello. Egli vi mostra quella calvizie (frontale), di cui i soldati di Ottaviano lo deridevano all'assedio di Perugia.

Fonti principali per la storia di L. Antonio e soprattutto pel suo momento più importante, il bellum Perusinum, sono Appiano, op. cit., V e Dione Cassio, XLVIII; inoltre Livio, Epit., 125 e 126; Velleio, II, 74; Svetonio, Aug., 14-15, ecc. Accenni a lui e al suo carattere sono in vari luoghi delle Filippiche e delle Lettere di Cicerone.

Bibl.: Druman, Geschichte Roms, 2ª ed., I, pp. 387 segg.; 474; V. Gardthausen, Augustus und seine Zeit, I, i, Lipsia 1893, p. 191 segg.; E. Klebs, in Pauly-Wissowa, Real-Encycl., I, col. 2585 segg.; T. Rice Holmes, The Architect of the Roman Empire, Oxford 1928, p. 93 segg.

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